lunedì 28 maggio 2012

DIARIO DI VIAGGIO


Sono appena tornato da un viaggio in Dalmazia durato quattro giorni, dal 24 al 27 maggio 2012. Ci sono andato dopo aver ricevuto, insieme a Marco Verni, l’invito al MaFest di Makarska, la più importante manifestazione fumettistica croata, che si svolge ogni anno in maggio in una bellissima cittadina sul mare, a un centinaio di chilometri da Spalato. In una delle scorse edizioni fu invitato anche Gallieno Ferri. Sono sempre più o meno una decina gli ospiti italiani, che sul luogo si uniscono a fumettisti locali e a grandi nomi dell’olimpo internazionale. Questa volta, oltre a me e Verni, i bonelliani erano (in ordine alfabetico) Giancarlo Alessandrini, Lola Airaghi, Bruno Brindisi, Stefano Casini, Roberto De Angelis, Nicola Mari, Renato Queirolo e Andrea Venturi. Doveva esserci anche Pasquale Frisenda, ma un problema famigliare, purtroppo, lo ha trattenuto in Italia.


Ogni anno, ciascuno degli invitati ha realizzato una sua personale locandina (a corredo di una sua personale mostra di tavole originali) con gli eroi del fumetto disegnati nel contesto di qualche scorcio del luogo, per cui, alla fine, la galleria di questi poster è davvero strepitosa. Qui accanto vedete l'illustrazione di Stefano Casini, più sotto quella di Nicola Mari. Anche gli ospiti 2012 non hanno fatto eccezione, e dunque (per dirne uno a caso) anche Marco Verni ha fatto un disegno in cui Zagor e Cicio si arrampicano sulle rupi sopra Makarska: le cartelle, i poster, le magliette e gli altri gadget zagoriani ricavati da questa illustrazione sono andati esauriti, vista la grande popolarità dello Spirito con la Scure nei paesi della ex-Yugoslavia. Avevo sempre sentito parlare un gran bene del MaFest, e avendo la fortuna di poterci andare mi sono reso conto di come, effettivamente, si tratti di una bella manifestazione in un posto del mondo baciato dalla bellezza. La costa dalmata è stupenda, le isole di fronte a Makaraska (così come capita a molte città della Croazia affacciate sull’Adriatico) danno al mare l’aspetto di un lago. Le montagne subito alle spalle della spiaggia accentuano questa impressione. Quelle che seguono sono le foto scattate con il mio telefonino durante alcuni momenti della kermesse, e le notizie che ho postato sul mio “coso” su Facebook collegandomi dalla stanza d’albergo.



24 maggio. Mi sono connesso dalla Croazia per un saluto: siamo appena arrivati dopo un volo da Milano a Spalato con scalo e cambio di aereo a Monaco. Io e Marco Verni condividiamo la stanza in un albergo di Makarska, con una bellissima vista sul mare. A cena incontreremo gli altri ospiti, tra cui c'è lo sceneggiatore di Thorgal e di XIII, Jean Van Hamme. Con noi c'è anche Riccardo Jacopino, regista del documentario su Zagor che uscirà a Lucca Comics 2012 (lo vedete filmare Marco Verni al lavoro nella foto di apertura).


25 maggio. Aggiornamenti da Makarska (costa dalmata della Croazia). Il luogo è molto bello, peccato soltanto che il tempo non ci aiuti a goderne le meraviglia (cielo nuvoloso, molto vento, qualche goccia di pioggia a tratti). Il primo appuntamento pubblico mio e di Marco Verni è stato ieri sera alla cena degli ospiti, in un ristorante sul mare. Al nostro tavolo c'erano Andrea Venturi, Lola Airaghi, Nicola Mari e Stefano Casini. A tavolo accanto, Giancarlo Alessandrini, Bruno Brindisi e Roberto De Angelis. Più lontano,il tavolo dei francesi a circondare il nume Van Hamme, lo sceneggiatore dal tocco di Re Mida. Poi ci sono i balcanici, con il testa Darko Perovic (Magico Vento, Shangai Devil) e Bane Kerac, il disegnatore serbo che vorrei avere su Zagor (e lui sarebbe ben lieto di accontentarmi). Serata molto divertente, fra chiacchiere e risate, ma anche con il racconto drammatico di Nicola Mari, che è ferrarese, sulla sua esperienza del terremoto. Verso mezzanotte concerto rock in un locale vicino. Stamattina, svegli alle 8.30 e colazione con i primi assonnati colleghi che già erano in piedi. Passeggiata sulla spiaggia per ossigenare il cervello e adesso lavoro in terrazza (Marco disegna, io scrivo) in attesa delle tre ore di kermesse con il pubblico che ci attendono a partire da mezzogiorno. Sono previste anche esposizioni di tavole originali. Ci sono in giro un sacco di magliette di Zagor, tra cui quelle con un disegno di Marco Verni stampate dall'organizzazione per i membri dello staff. Riccardo Jacopino, il regista del documentario, sta filmando tutto, tramonti compresi.


25 maggio. Tra le cose notevoli viste in vendita negli stand di Makarska, l'edizione croata dello Zagor Collezione Storica di Repubblica, che è cartonata, e l'edizione ugualmente cartonata di Dylan Dog (tre storie alla volta) che le copertine inedite realizzate appositamente da Bruno Brindisi. Entrambe le collane sono pubblicate da Libellus.


26 maggio 2012. Alle 13.30 circa, il Presidente croato Ivo Josipovic è venuto a visitare il MaFest di Makarska, in Dalmazia, soffermandosi a salutare gli autori di fumetti italiani ospiti. Anche io e Marco Verni abbiamo potuto fare la sua conoscenza e stringergli la mano. Il regista Riccardo Jacopino ha potuto filmare tutta la visita, dall'arrivo al momento in cui il Presidente è passato tra i banchi della mostra mercato, e lo ha ripreso mentre esamina lo Zagor Collezione Storica a colori in edizione croata, chiedendo poi di poter tenere il numero uno: gli abbiamo dato la copia che avevo io, e dunque quella che ho fotografato e postato qui sul "coso". I commenti di Josipovic riguardo a Zagor saranno uno dei pezzi forti del documentario che Jacopino sta finendo di girare.


26 maggio. Una cosa curiosa: fra i fan di Zagor incontrati a Makarska, c'è anche don Ante Zderic, il parroco del posto, che non solo è venuto a farsi fare disegni e autografi ma ha anche accettato di farsi intervistare da Riccardo Jacopino per il documentario, dicendo che lui lo consiglia a tutti i suoi parrocchiani come eroe positivo da cui prendere esempio. Vedrete che bel tipo che è don Ante: padre Ralph in confronto sembra Alvaro Vitali. Gli ho fatto anch'io un disegno in cui si vede lo stesso prete che dice a Cico: "Ciao, sono don Ante". E Cico: "Sono 'don' anch'io: don Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales".


27 maggio. Ultimo collegamento da Makarska, prima della partenza. Lasceremo l'albergo subito dopo pranzo, diretti all'aeroporto di Spalato, da cui decolleremo per Monaco e da lì faremo ritorno a Milano. Soltanto domani io e Marco Verni potremo vedere lo Zagorone che in tanti, come ci dicono i messaggi su Internet e sui telefonini, hanno già trovato. Ieri è stato un giorno molto intenso perché abbiamo avuto un turno di firme e disegni dalle dodici alle quindici, e poi un incontro con il pubblico (conferenza con un traduttore) molto affollato alle diciassette, per un'ora. Subito dopo gli autori presenti, Marco compreso, hanno messo all'asta dei loro disegni (gli originali delle illustrazioni realizzate per il MaFest ma anche altri loro lavoro messi a disposizione degli organizzatori) per una raccolta fondi a scopo benefico (l'aiuto a una persona che ha bisogno di denaro per cure molto costose). Non dimentichiamo la visita del Presidente, le riprese del documentario, le conversazioni e le foto con i lettori croati che riconoscono me e Marco per strada e ci fermano, con nostra sorpresa ma anche soddisfazione. Qui in Croazia ci è capitato di vedere ragazzini di tredici o quattordici anni discutere di Zagor con gli albi in mano facendosi vedere a vicenda gli albi e mimando fra loro l'uso della scure del nostro eroe, esattamente come facevamo io e Verni alla loro età, in Italia.

A forza di venire in Croazia ho cominciato a capire qualche parola e a farmi degli amici che ritrovo in ogni viaggio, da Andrej, che fu nostro interprete a Zagabria nelle due precedenti occasioni, a Bernard, il patron della Ludens (che stampa la collana Zenith), a Dado & Dado (i due titolari della Libellus, che stampano l'edizione a colori), o Marko Sunic (l'editore di Ken Parker e di tanto fumetto d'autore, qui sull'altra sponda dell'Adriatico). Ma ricorrenti sono anche i volti dei fan, che non mancano mai di venirci a trovare: Alen, Tomislav, Filip e tanti altri. E' bello poi trovarsi a colazione, pranzo e cena con colleghi italiani e infine fare causa comune con artisti stranieri, come Bane Kerac, un mito vivente in Serbia, con cui ho stretto un sodalizio favorito anche dal fatto che siamo nati lo stesso giorno, il 7 settembre (incredibile ma vero). Grazie a tutti gli amici sloveni, croati, serbi o macedoni che ho incontrato a Makarska e che spero di incontrare di nuovo.



Andrej, uno degli organizzatori e nostro interprete personale, viene a prenderci in aeroporto a Spalato.


La prima colazione dopo l'arrivo.


Marco Verni disegna alcune strisce di Zagor.


Al lavoro anche in Croazia! Stavo scrivendo "L'ultimo scontro", la storia con il duello finale tra Zagor e Mortimer.


La vista dalla nostra camera d'albergo.


Marco Verni con il suo poster del MaFest.


Marco Verni con i poster del MaFest 2012.



L'infaticabile Lola Airaghi al lavoro.



Gadget zagoriani.


La piscina dell'albergo: bella, ma con l'acqua troppo fredda!


Marco Verni, dall'altra parte dell'Adriatico rispetto alla spiaggia romagnola vicino alla quale lui (forlivese) vive di solito.


Il mare a Makarska.



Gadget in vendita. Quella che tiene in mano l'addetto dello stand è la cartelletta con il disegno di Marco Verni.


L'ingresso della mostra, con il poster di Stefano Casini.



Le montagne a ridosso della spiaggia di Makarska.



Operatori cinematografici e fotografici al lavoro! Riccardo Jacopino, il regista del documentario su Zagor, con un collega croato.



Disegno anch'io!  (sì, ma qui aggiungo soltanto la mia firma a un disegno di Marco Verni).


Marco Verni davanti all'edizione "luminosa" del suo poster zagoriano per il MaFest 2012. Il pannello era nella piazza centrale di Makarska.


Renato Queirolo, Ornella Castelli (della redazione Bonelli) e Andrea Venturi a passeggio dopo cena per le vie di Makarska.




La spiaggia di Makarska.


Bruno Brindisi, Giancarlo Alessandrini e Marco Verni.


Anche Zagor sembra contento di essere stretto al petto da questa ragazza croata.


26 maggio 2012, alle 13.30 circa, il Presidente croato Ivo Josipovic in visita al MaFest. A destra in primo piano si riconoscono Giancarlo Alessandrini (accanto a me che scatto la foto) e Bruno Brindisi.


Marco Verni è sempre disponibile per le belle signore bionde.


Io con Jean Van Hamme, lo sceneggiatore di Thorgal e di XIII, uno dei miei miti!


Io con Bane Kerac, uno dei massimi disegnatori serbi, attivo in tutto il mondo, al quale mi piacerebbe poter affidare una storia di Zagor.


In Croazia, anche le ragazze leggono Zagor!


Marco Verni disegna per una giovane fan croata che gli ha chiesto un autografo.


Io e Marco Verni con Tristan Krstic, avvocato croato che lavora a Bruxelles, venuto ad accompagnare lo sceneggiatore Jean Van Hamme.



Roberto De Angelis e Bruno Brindisi


Marco Verni fotografato dai suoi fan.


L'isola di Brac vista da Makarska, al tramonto.

mercoledì 23 maggio 2012

BLOG CHAT


Il 6 maggio sono stato ospite di una videochat in diretta negli studi RAI di Saxa Rubra a Roma, ospite della redazione del TG3 Web e del giornalista Riccardo Corbò. In quell’occasione ho anche registrato un paio di interviste andate in onda in altri contenitori.  Durante la videochat ho risposto a molte domande arrivate via web. Il tempo è stato tiranno,  e non sono riuscito a rispondere a tutti. Ho chiesto a Riccardo Corbò di poter avere i testi dei quesiti e approfitto del blog per evadere le richieste in sospeso.

Puoi raccontarci qualche aneddoto umano e lavorativo su Sergio Bonelli? Quanto è difficile tenere alto il suo testimone, avendolo addirittura sorpassato come autore Zagoriano?

Comincio subito dicendo che ho “sorpassato” Sergio Bonelli soltanto per quantità di tavole pubblicate sulle pagine di Zagor e non già per qualità. In ogni caso, Nolitta resta comunque irraggiungibile per numero di pagine complessive sommando quelle dello Spirito con la Scure, Tex, Mister No e gli altri personaggi per cui ha scritto delle sceneggiature. Gli aneddoti che riguardano Sergio sono tantissimi, dato che lo conosco dalla metà degli anni Ottanta (decidendo di non mettere nel conto quel tipo di conoscenza e di frequentazione che c’è fra un autore e i suoi lettori, e dunque escludendo la mia “amicizia” con lui da ragazzino che leggeva incantato le sue storie). Il primo episodio che mi viene da ricordare è quello relativo alla prima volta che sentii la sua voce al telefono. Avrò avuto quindici anni. Cresciuto a pane e Nolitta, appena scoprii, leggendolo su una fanzine, che dietro lo pseudonimo con cui firmava le storie di Zagor si celava in realtà l’editore del personaggio, scrissi una lettera per spiegargli quanto lo ammirassi e come desiderassi essere bravo come lui nell’inventare storie. Rimasi folgorato nel vedermi rispondere con una missiva firmata di suo pugno: non avrei mai sperato tanto. Così, scrissi di nuovo, e lui di nuovo replicò. Cominciò una fitta corrispondenza, e sembrava che Sergio avesse colto in me i segni della sua stessa passione per i fumetti, e per quel modo di farli che gli era proprio, dato che mi invitava a esprimere giudizi e dargli consigli. Finché, un giorno, mentre ero a tavola di ritorno dalla mattinata scolastica, suona il telefono. Mia madre va a rispondere e mi chiama: “C’è un certo Sergio Bonelli per te”. Mi cade la forchetta nel piatto. “Ciao Moreno, sono Sergio. E’ un po’ che ci scriviamo e ho pensato che avrei fatto prima a chiamarti direttamente a casa, invece di risponderti per lettera”. Ecco, Bonelli era (anche) così. Da allora, abbiamo sempre mantenuto contatti diretti e alla fine mi ha “scelto”, sicuramente dopo avermi osservato bene per tanti anni, per entrare a far parte dello staff dei suoi collaboratori. Raccogliere il suo testimone è una impresa così difficile che preferisco  non pensarci e andare avanti come se lui ci fosse ancora, chiedendomi sempre, prima di prendere ogni decisione che cosa mi avrebbe detto di fare, se potessi andare a chiederglielo.
 
Chi è meglio tra te e Mauro Boselli? :-D

Sicuramente Mauro Boselli. E non lo dico per piaggeria o per falsa modestia. Mauro riesce a scrivere duecento tavole di sceneggiatura ogni mese e sono sempre sceneggiature densissime di fatti, personaggi, caratterizzazioni, documentazione. Grondano cultura e intelligenza da ogni virgola. Boselli  ha letto tutto, sa tutto, si ricorda tutto, fa tutto. Niente che porti la sua firma è mai banale. Poi, facciamo a gara nel nostro ufficio su chi ha vinto più premi (li ostentiamo tutti esposti sui nostri rispettivi scaffali, come sa chi è venuto a farci visita) e lui ne ha il doppio dei miei. Dunque, non c’è partita.

Com'è lavorare con una leggenda vivente come Gallieno Ferri? Come ti raffronti con questa divinità zagoriana?

Mi ritengo un privilegiato, perché Gallieno, oltre a essere un  punto di riferimento, un monumento ambulante, mi onora della sua amicizia ed è come un secondo padre. Ricordo ancora quando Decio Canzio mi disse che avrebbe affidato la mia prima sceneggiatura proprio a lui. Già non riuscivo a credere di aver visto accettare un mio testo, poterlo vedere disegnato da Ferri mi sembrava qualcosa di esagerato. Il mio entusiasmo rischia di non essere capito (o non essere creduto sincero) da chi non sappia che cos’è Gallieno per chi è cresciuto leggendo Zagor. Zagor è Ferri e Ferri è Zagor. E Zagor è il sogno, l’avventura, la fantasia perché Ferri è stato capace di creare un universo magico da cui si riceve un imprinting. Altri personaggi possono permettersi di passare di mano in mano senza che se ne avverta il trauma, ma per gli zagoriani, alla fine, c’è solo il Maestro.

Una domanda semplicissima: come sta andando lo splendido settimanale a colori ?

Mi dicono: “bene”. Alcuni aggiungono: “benissimo”.


I personaggi della Sergio Bonelli editore sono facilmente riconducibili a determinati generi narrativi. Anche quelli che vivono di contaminazioni, come Magico Vento o Napoleone, erano circoscritti da precise tematiche. Zagor invece, passa dal western all'horror alla fantascienza, alla magica, all'avventura, al viaggio, al comico, etc etc. In quali di questi territori Zagoriani ti senti più a tuo agio?

Zagor è il fumetto della contaminazione per eccellenza, della trasversalità tra i generi, delle citazioni  multimediali. E’ questo il segreto della sua longevità editoriale. Il mix delle suggestioni è così connaturato con il suo DNA che nessuno sceneggiatore potrebbe dirsi davvero adatto allo Spirito con la Scure se non fosse in grado di confrontarsi con tutti i regni della narrativa. Noi che scriviamo storie ambientate a Darkwood dobbiamo (o dovremmo) saperci sbizzarrire nell’umoristico come nel fantastico. Poi è chiaro che ciascuno ha le proprie preferenze. Le mie vanno verso le avventure con una componente gialla e quelle che si rifanno a fatti storici o che prevedono la comparsa sulla scena di personaggi realmente esistiti.


Le storie di Zagor mi ricordano molto le avventure di Superman e Batman negli anni '60. Piene di robot, alieni, viaggi del tempo, mostri di ogni generi, situazioni surreali ma per questo spassosissime. Batman e Superman dopo un decennio hanno cambiato marcia. Zagor è rimasto fedele alla sua linea. Chi ha fatto bene e chi male?
Zagor è stato “progettato” per adeguarsi ai tempi dato che ha una struttura in grado di ricevere input e rielaborarli. Nolitta si inventava creature mutanti ispirate al Mostro della Laguna Nera, o licantropi e vampiri presi in prestito dai film in bianco e nero che vedeva da ragazzo. Boselli attinge dai racconti di Lovecraft, Hodgson o Howard. Io magari mi ispiro a Stephen King. Ma alla fine, sono sempre le suggestioni che hanno fecondato la mente dell’autore di turno che finiscono per creare le nuove storie. La linea è dunque soltanto quella di captare e ritrasmettere.  Lo Spirito con la Scure si presta perfettamente a fare da ricetrasmittente.

Moreno, sei molto attivo sul tuo blog e su facebook. Cosa ti offre questa interattività col pubblico? Perché tantissimi autori tuoi colleghi invece pare che aborrino il contatto interattivo?

Chi mi segue in rete sa che, a dire il vero, io sono assolutamente negato con la tecnologia e spesso suscito l’ilarità dei miei aficionados raccontando le incredibili disavventure che mi capitano quando ho in mano un cellulare o cerco di azionare un navigatore satellitare. Tuttavia, sono perfettamente conscio delle potenzialità dell’interconnessione e mi sono gettato anima e corpo in questo tipo di interazione con il pubblico, vincendo i miei timori e la mia diffidenza. Dedico un’ora o due della giornata ai social network e al blog, e credo di essere riuscito (libero poi chiunque di smentirmi) a creare un mio particolare linguaggio, diverso da quello degli altri, nel tono e nella scelta degli argomenti. Comunicando  via Internet ho un feedback immediato e riesco a far sapere in giro quello che vado facendo, giusto per raggiungere chi potrebbe essere interessato. Inoltre, alla fine, si creano anche delle amicizie. Mi accorgo inoltre che, dovunque vada, c’è sempre qualcuno che dice: “ti leggo sul blog” o “ti seguo su Facebook”. Non so dire perché altri autori non abbiano questo stesso mio tipo di atteggiamento, posso immaginare che entrino in gioco le indoli e i caratteri.
 
Da un po' di tempo si discute molto dello stato della critica del fumetto. Gli stessi articolisti on line, dichiarano che il loro è un lavoro amatoriale, senza compenso e che più di tanto non si può pretendere da loro. Tu che sei partito con ottime fanzine sempre di alto livello professionale, per quanto non remunerative, che pensiero hai al proposito?

Quando io ho cominciato a scrivere “di” fumetti, e dunque a cimentarmi nei panni del critico, c’erano varie riviste di livello professionale su cui esercitarsi ed erano in voga le fanzine, cioè le riviste amatoriali. Per quanto potesse essere scarsa una fanzine, e io credo di aver collaborato con testate di tutti i livelli, il fatto stesso che servisse dare alle stampe un proprio testo e farsi acquistare dai lettori per poter essere letti, faceva sì che la critica fosse comunque soggetta a una prima scrematura. I fanzinari troppo esagitati, o incompetenti, avevano vita breve. Se una fanzine si creava un suo pubblico e durava per un certo arco di tempo, voleva dire che c’era del buono. Oggi, grazie a Internet, chiunque può collegarsi a un forum e “criticare” qualunque cosa. Magari, senza avere la competenza necessaria, o soltanto per sfogare un proprio malumore per un appuntamento galante andato in bianco. Dunque, bisogna prendere con le molle certi giudizi estremi e taluni commentatori. Vero è, però, di contro, che proprio in rete si scoprono persone molto esperte e in grado di scrivere molto bene. E senza dubbio oggi si scrive di fumetti più che in qualunque altra epoca passata. Dunque, che dire in conclusione? Che il criticism telematico è una grande opportunità di conoscenza, di approfondimento, di comunicazione e di informazione, però bisogna selezionare gli interlocutori degni di fiducia, diffidando degli esagitati. Ma questa è una regola, credo, che valga  anche in ogni chat.


Non sopporto più Groucho. E' rimasto una spalla recita battute che ormai ha fatto secondo me il suo tempo. E' un'occasione sprecata, essendo un ottimo personaggio di base. Tu che hai un'ottima capacità comica e hai fatto svettare Cico, hai mai pensato di realizzare qualche storia di Dylan, o anche a solo di Groucho? Pensaci!

Ci ho pensato e ho anche messo da parte qualche idea. Finora mi sono mancati il tempo e l’occasione. Né, devo dire, mi è mai stato chiesto di scrivere anche soltanto una storia breve per il Dylan Dog Color Fest. Sarebbe proprio su questa testata che mi piacerebbe fare un intervento, toccata e fuga.

Oltre a scrivere le sue avventure ti occupi anche di coordinare la redazione. Cosa vuol dire gestire tutte queste persone (quante sono in tutto, a proposito)? Come si porta in edicola, ogni mese, un albo di Zagor?

Lo staff di Zagor è composto da una decina di sceneggiatori (me e Boselli compresi) e una ventina di disegnatori (alcuni a mezzo servizio, come gli Esposito Bros ed Emanuele Barison). In più, ci sono un paio di letteristi. Il mio lavoro in redazione consiste nel coordinare l’attività di tutti costoro, affidando incarichi e controllandone lo svolgimento, fino a portare ogni mese sul tavolo del direttore (oggi, Mauro Marcheselli) una storia finita e pubblicabile. Io faccio da garante della qualità del prodotto finito, e dunque mi assumo tutte le responsabilità anche del lavoro altrui.

Hai detto che gli almanacchi dell'avventura cambieranno, ci puoi dire cosa succederà?

Confermo il cambiamento già a partire da quest’anno, per poi avere una sorpresa ancora più grande il prossimo. Ma rivelerò ogni cosa soltanto a tempo debito.

Ho visto che sul Web,ci sono decine di video di una fantomatica,ma bellissima Zagor TV.Come mai un editore come Bonelli si occupa anche di televisione?

La Zagor TV non è gestita dalla Bonelli ma da un gruppo di appassionati, che lavorano gratuitamente di propria iniziativa.

Moreno, perchè non premi in Bonelli affinché decidano di varare storie inedite per un prossimo Speciale Cico? E poi, lo Zagor Humor Fest, che era in realtà un triste pesce d'aprile, potrebbe diventare prossimamente realtà?

E’ da poco arrivata in redazione una petizione firmata da centinaia di lettori che chiedono la riapertura della collana degli Speciali Cico. La consegnerò a chi di dovere e poi vedremo, anche se non sono in condizione di dare speranze. Lo Zagor Humor Fest non è stato un “triste” pesce d’aprile, ma un “allegro” pesce d’aprile”! Se dipendesse da me, ovviamente, sarebbe già realtà. Ma i tempi sono difficili, per i fumetti comici.

Al di là dell'entusiasmo dei partecipanti alle fiere di settore, quanta diffidenza e luoghi comuni riscontri ancora sulle nuvole parlanti? E quali iniziative proporresti per avvicinare la nostra opinione pubblica sul fumetto a quella che hanno ad esempio in Francia?

In Francia c’è una tradizione culturale anni luce più favorevole al fumetto della realtà italiana, difficile ormai colmare il gap. Da noi, purtroppo, subiamo ancora il retaggio degli anni in cui il fumetto veniva indicato come responsabile del traviamento della gioventù. Basta vedere come, a tutt’oggi, è difficile vedere programmi TV in cui siano ospiti dei fumettisti (e quando ci sono, sono meritori). Non c’è altro da fare che continuare a svolgere al meglio il nostro lavoro, scrivendo e disegnando, nella speranza che le cose cambino.


Cattivik contro berluscon, ho guardato le date, è del 1992. Venti anni dopo, chi è il vero genio del male?

Cattivik. I personaggi a fumetti restano, i presidenti del consiglio passano.


Moreno, posseggo il tuo libretto "Cattivik contro la Rai\". Ora ti vedo là in diretta. Sei sicuro che non ti stanno organizzando una trappola? :-D

Complimenti per la memoria e lo spirito collezionistico. “Cattivik contro la RAI” faceva il paio con “Cattivik contro Berluscon’” ai tempi in cui il Cavaliere era ancora soltanto “Sua Emittenza”, e dunque un imprenditore televisivo e non un politico.


Moreno, ma perché non è mai stata presa in considerazione l'idea di fare una linea di action figures di Zagor? Il personaggio è perfetto, ha una gallery di alleati e di nemici quasi più bella di quella di Guerre Stellari, lo stesso dicasi per le ambientazioni. Vorrei avvicinare mio figlio piccolo al personaggio, ma ancora non legge. Gioca con una serie di minchiate tali, che sogno di vederlo con dei bei pupazzetti di Zagor. CHe pure io, tra parentesi, non disdegnerei di sognare.

I produttori di action figures dovrebbero farsi avanti presso la Bonelli, facendo le loro proposte. Se lo facessero, e se il progetto andasse in porto, sarei il primo degli acquirenti.


Puoi anticiparci qualche cosa, in assoluta anteprima, della saga in sudamerica? Come ti sei rapportato al territorio, rispetto alle avventure di Mister No?

Ormai della trasferta in Sud America si è detto tantissimo e si sono viste molte anteprime. Rimando a un mio approfondito articolo sul sito Bonelli. L’anteprima potrebbe essere questa: durante il viaggio, Zagor incontrerà Charles Darwin!


Moreno, sono stato un fervido lettore dell'età dell'oro di Lupo Alberto e Cattivik. Cosa ha portato al declino editoriale di quelle due splendide riviste?

Lupo Alberto è ancora in edicola. Cattivik, purtroppo, no. Ed è un peccato  perché il Genio del Male mi divertiva un sacco, sia come lettore che come autore. Purtroppo, il fumetto comico, in Italia, è andato sempre più perdendo lettori. E i lettori di Cattivik e Lupo Alberto erano soprattutto giovani e giovanissimi, proprio la fascia maggiormente a rischio concorrenza da parte delle chat, delle playstation, delle TV.








lunedì 21 maggio 2012

DUE PASSIONI

La biblioteca di Babele 6

Per ricapitolare che cos’è questa rubrica, basterà dire che fin dai tempi del liceo, ogni volta che ho letto un libro mi sono appuntato le mie impressioni a caldo scrivendo una piccola recensione che servisse a ricordarmi meglio il contenuto del volume. Con il tempo ho ricopiato sul computer i fogli scritti a mano, e ho cercato di coltivare questa abitudine. Così, ho finito per accumulare centinaia e centinaia di mini-recensioni, alcune troppo brevi e frettolose per essere pubblicate, altre invece decisamente più elaborate. "La biblioteca di Babele" mette a disposizioni di tutti proprio queste ultime, sperando di fare cosa gradita ai più e magari suggerire a qualcuno il recupero di qualche libro del passato. Avevo promesso (o minacciato) di pubblicare delle puntate mensili, ma l’ultima risale al 24 marzo. Così, questa volta presento due recensioni insieme, unite dal fatto che si tratta di due romanzi che raccontano due passioni al limite o oltre il limite dell’insania: "Non ti muovere", di Margaret Mazzantini, e "Follia", di Patrick McGrath.

I libri già recensiti (in ordine alfabetico):
L'arte di ottenere ragione, di Arthur Schopenauer (febbraio 2012)
Il codice da Vinci, di Dan Brown (gennaio 2012)
Il diario di Eva, di Mark Twain (marzo 2011)
I ponti di Madison County, di Robert James Walker (marzo 2012)
Storia delle mie disgrazie, di Pietro Abelardo (dicembre 2011)






Margaret Mazzantini
NON TI MUOVERE
Romanzo – Mondadori
cartonato  - 298  pagine - Euro 16,53

In genere, diffido dei libri che vincono i Premi Letterari italiani, come dei film che vincono quelli cinematografici.  E’ un vecchio pregiudizio che ha come unica eccezione il Bancarella, dato che lì votano i librai e non i critici (ammesso che sia vero). E’ stato dunque vincendo diffidenze e pregiudizi che mi sono accostato a “Non ti muovere”, il libro che ha vinto l’edizione 2002 del Premio Strega.  E mi è piaciuto parecchio, ho persino versato qualche lacrimuccia sul finale, mi ha messo angoscia all'inizio e mi  sono ritrovato molto nel protagonista, meravigliandomi che una donna avesse potuto scegliere di scrivere un libro parlando in prima persona nei panni di un uomo, e indovinando così tanto. L'autrice, Margaret Mazzantini, è nata a Dublino, vive a Roma, e ha esordito nel 1994 con "Il catino di zinco", pubblicato da Marsilio.

"Non ti muovere" sono le parole che un padre dice alla figlia, sdraiata sul lettino d'ospedale dopo un grave intervento per trauma cranico. Lui, il padre, Timoteo, è chirurgo in quello stesso ospedale in cui sua figlia Angela è stata portata d'urgenza, dopo l'incidente con il motorino. E mentre la figlia è in camera operatoria, sotto i ferri, anche l’anima del padre viene sezionata da un implacabile bisturi, quello con cui il protagonista mette a nudo sé stesso di fronte alla propria coscienza. Timoteo sviscera un ricordo custodito gelosamente per anni, il ricordo di una passione e di una morte, rievocato da un’altra morte incombente. Il ricordo di una storia d'amore durata un anno, finita quindici anni prima. Quindici come gli anni di Angela, visto che lui non aveva lasciato la moglie perché lei era incinta. L’altra era una donna estremamente diversa dalla moglie perennemente assente, sempre impegnata altrove, donna di classe ma forse proprio per questa prevedibile, ordinaria, inquadrabile, etichettabile, dunque banale, dunque simbolo della gabbia dorata di un matrimonio accettato per convenzione. Tutt’altra cosa la relazione iniziata per caso, quasi con violenza e brutalità. Per questo non si era rallegrato abbastanza per l'arrivo della figlia, anzi, era scappato via dall'ospedale lasciando mamma e bambina per raggiungere l'altra. L’altra che invece aveva convinto ad abortire e che per le conseguenze di quell’aborto (ogni nostra azione genera conseguenze), era morta. E lui, Timoteo, era tornato a casa, aveva fatto il padre, ma tenendosi sempre in disparte, sempre un poco assente dietro un ricordo impossibile. Mentre l’uomo ricorda, la moglie, una giornalista brillante, è assente, come al solito (sono sempre assenti le mogli che non si accorgono dei tradimenti, e preferiscono non accorgersene), e anche se si affretta a ritornare, le lunghe ore davanti alla sala operatoria sono vissute dal Timoteo in solitudine, metafora della sua solitudine interiore, di uomo che nessuno davvero conosce. Difficile, del resto, conoscere davvero qualcuno, così come conoscersi. Del resto, Timoteo si meraviglia di sé stesso e delle sue reazioni. Ma forse la vera protagonista del romanzo è Italia, la sua amante. Poco attraente, volgare nel trucco e nella miseria dei vestiti aveva però, fin dal primo casuale incontro, suscitato in lui un'attrazione fisica inspiegabile, una specie di ossessione che aveva finito per sublimarsi in una forma di autentico amore. Ma è un sentimento a cui il chirurgo non permette di incidere nella serenità del suo quotidiano benessere.

Margaret Mazzantini è riuscita a penetrare nei meandri di una coscienza maschile, ha saputo anche interpretare, con grande sensibilità, la sconvolgente caduta di difese, l'uscita dall'ipocrisia, la nuova consapevolezza che, da un trauma, un individuo può conquistare. E, senza operare giudizi, se non quelli che lo stesso protagonista dà di sé, emerge una pietà infinita per tutti coloro che vivono e amano, che si dibattono tra menzogna e verità, che non possono sfuggire ai momenti cruciali, discriminanti, della vita. Italia muore, ma anche Timoteo è una vittima. Tornando a fare il bravo maritino, dopo la morte dell’amante, non ha guadagnato niente. Si è scontrato con la difficoltà di essere davvero se stessi e di comunicare con gli altri, ed ha perso. Terribili e insormontabili le difficoltà interiori imposte dalle regole della società che ingabbia.  La storia fra lui e Gramigna, fuori dalle etichette e dalle convenzioni, assurda e inconfessabile, è intensa e commuove.


Patrick McGrath
FOLLIA
Romanzo - Adelphi
Diciottesima edizione novembre 1999
Collana Fabula
Titolo originale: “Asylum”
Traduzione di Matteo Codignola
brossurato - 304 pagine -  lire 32.000

"Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni. La storia di Stella Raphael è una delle più tristi che io conosca".  Queste sono le parole con cui comincia il bel romanzo di Patrick McGrath con pratogonista appunto Stella, moglie del vicedirettore di un manicomio, Max, uomo fondamentalmente inetto, tanto preso dalle sue ambizioni professionali e di carriera quanto succube di una madre ricca e altezzosa quanto, soprattutto, distratto nei confronti della consorte. 

“Stella era una donna profondamente frustrata, che subì le prevedibili conseguenze di una lunga negazione e crollò di fronte a una tentazione improvvisa e soverchiante – scrive Mc Grath nei panni dell’io narrante, l’anziano psichiatra Peter Cleave - Come se non  bastasse, era una romantica. Traspose la sua esperienza con Edgar Stark sul piano del molodramma, facendone la storia di due amanti maledetti che sfidano il disprezzo del mondo in nome di una grande passione”.  Stella Raphael, vivendo con il marito all’interno del manicomio dove questi lavora, conosce uno dei pazienti lì ricoverati, che sta abbastanza bene da poter godere di una certa libertà fra le mura dell’ospedale e viene addirittura impiegato dal marito Max per restaurare una vecchia serra del giardino, visto che l’uomo, Edgar Stark, è un artista. Egdar è dentro per aver ucciso la moglie, vittima della sua folle gelosia. E’ attraente e interessante, e Stella ne subisce il fascino. Fra i due nasce una storia d’amore e di passione, ma dai risvolti indubbiamente patologici. Il pazzo, ché di pazzo si tratta, evade dal manicomio e di lì a poco Stella lo raggiunge, fugge dal marito e dal figlio e comincia a vivere una vita abbrutita nei sobborghi più squallidi di Londra, senza alcuna prospettiva e senza alcuna attesa per il futuro, paga solo del rapporto totalizzante con lui, in un drammatico crescendo di degrado fisico e psichico. Edgar peraltro, pur riprendendo a esprimersi da grande artista qual è, comincia a manifestare di nuovo i segni del suo squilibrio, al punto che Stella se ne spaventa e alla fine fugge, senza però riuscire al troncare un legame psichico deviato. 

Quando Stella torna da Max, la cui carriera è rovinata, per un intero inverno vive con lui, che cerca inutilmente di recuperarla alla “normalità” della sua mediocrità, in stato quasi catatonico, finché una tragedia la porta a essere internata a sua volta nel manicomio di Peter Cleave: il figlio Charlie cade in uno stagno e lei non fa nulla per salvarlo. Le cure di Peter sembrano recuperarla all’equilibrio mentale, e il vecchio amico pensa addirittura di prenderla a vivere con sé, ma solo quando è ormai troppo tardi si rende conto che la donna sta fingendo la sua guarigione, mentre in realtà è ancora Stark che vagheggia, e non potendolo riavere (Edgar è stato riacciuffato ed chiuso a sua volta nello stesso manicomio) preferisce suicidarsi. Il romanzo è molto coinvolgente e a tratti inquietante (l’unico punto debole è, a mio avviso, il proposito di Cleave di sposare Stella) e serve a gettare una luce sinistra sull’aspetto “patologico” dell’amore, dimostrando come l’innamoramento non sia sempre (anzi, secondo alcuni psicologi non lo è mai) segno di salute e di gioia, ma anzi possa assumere a volte (anzi, secondo alcuni, sempre) le valenze della follia e dell’insania.

venerdì 18 maggio 2012

IL TRAILER CHE SCONFISSE LA MORTE


In un post di qualche settimana fa,  mi sono azzardato a vergare il testo che segue. «Marco Verni ha finito di disegnare il secondo Zagorone, “L'uomo che sconfisse la morte”. E mi ha mandato una mail in cui scrive: "Di tutte le storie che ho fatto insieme a te è quella più riuscita... se fossimo a giochi senza frontiere mi giocherei il jolly. Sinceramente non mi vengono in mente critiche che possano essere fatte a questa avventura a parte quelli che diranno che sarebbe stato meglio fosse stata disegnata da Ferri, Laurenti ecc. ecc". Personalmente, mi pare che questa storia sia perfetta per Marco. E gioco il jolly anch'io».


Ormai ci siamo: l’albo gigante n° 2 sta per uscire in edicola, e mentre scrivo è in corso di stampa. I giochi sono fatti, non resta che aspettare il giudizio del pubblico. Un giudizio che attendo, con rispetto e anche con un certo timore, tutte le volte che una mia storia arriva in edicola, e dunque ormai da oltre vent’anni, ma che questa volta mi sembra assumere un valore particolare. Non soltanto perché io e Verni ci siamo sbilanciati scommettendo sulla bontà del nostro lavoro, ma anche perché si tratta di capire se, dopo il successo di vendite dello scorso anno, la collana degli Zagoroni sia destinata a ripetere l’exploit, o no. Il riscontro in termine di copie vendute de “Il castello nel cielo” è andato oltre le mie aspettative, e c’è di chi esserne soddisfatti, ovviamente.  L’albo, del resto, era molto atteso. Appunto per questo, come capita alle cose che suscitano gradi speranze, ha suscitato anche qualche delusione. In molti hanno contestato, per esempio, la scelta di inaugurare la collana dei giganti con una storia fantasy decisamente sui generis. Si sarebbe preferita una storia classica, tradizionale, più “rassicurante”. Ovviamente, si può anche concordare. Mi immagino però allora le obiezioni di chi sarebbe saltato su per dire: “Ma come? Fate il primo Zagorone e non ci mettete dentro niente di particolare, di strano, di insolito? Fate una storia classica, tradizionale e rassicurante che avrebbe potuto tranquillamente finire nella serie regolare?”.

Ho abbastanza esperienza per sapere che, qualunque cosa si faccia, si viene contestati da qualcuno. Peraltro, “Il castello nel cielo” non era neppure una storia troppo fantasy. L’azione si svolge quasi del tutto a Darkwood. Ci sono anche due personaggi nolittiani che più nolittiani non si può, come i frati Gelsomino e Serafino. I mostri che si vedono non sono neppure troppo stravaganti (degli orchi non dissimili da Shrek, qualche pterodattilo come si sono visti in Jurassic Park, e due scolopendre divenute giganti per magia). In molte altre storie, gli sceneggiatori si sono sbizzarriti con molta più libertà di quanto abbia osato fare io, portando per esempio Zagor in autentici regni fantastici in altre dimensioni, come hanno fatto per esempio Tiziano Scavi inventando Golnor, o Mauro Boselli scrivendo “Il principe degli elfi” o “Gli eroi del ramo rosso” (questi ultime storie, disegnate proprio da Marco Torricelli, autore del primo Zagorone). In ogni caso, “Il castello nel cielo” non voleva parlare di orchi e di draghi ma della “magia” di chi crea mostri del genere, cioè del vero e proprio incantesimo dell’affabulazione. Si è celebrato il cinquantennale di Zagor festeggiando l’arte di chi scrive delle storie e dà vita a cose che non esistono: l’arte, insomma, dello stesso Guido Nolitta, creatore di Darkwood (e autore non di una, ma di cento storie fantastiche).

Questa volta, però, con “L’uomo che sconfisse la morte”, non ho più scuse (e non le hanno neppure i lettori). Si tratta di una storia classica e tradizionale. Ma non rassicurante. Infatti, è stata pensata apposta, fin dalle prime tavole, per dare una scossa a chi legge. Per far discutere. Per non lasciare indifferenti.

In un altro articolo apparso qui sul blog, ho scritto qualcosa a proposito dei modi per promuovere il fumetto ai giorni nostri, quando non basta esporre un albo in edicola per farlo notare ai potenziali interessati. Una delle tecniche suggerite, era quella di sfruttare YouTube. In attesa che ci si possa attrezzare noi della redazione, per fortuna ci soccorre la  Zagor TV.  Giuseppe Reina ha infatti curato un trailer de “Il castello nel cielo”, che è il migliore fra quelli (tanti) finora messi in rete dal suo staff composto solo da appassionati. Il trailer, che potete vedere qui sotto, è stato montato a Beaumont in California da Attila Juhas e ha partecipato alla sua realizzazione anche Angelo Cortellini per la colorazioni. 
Esiste addirittura la possibilità di vederlo anche in HD! Basta andare su questo link, cliccare sul pulsante IMPOSTAZIONI (l'icona sembra un'ingranaggio o una corolla di fiore) e aumentare la qualità da 360p a 720p.La nitidezza risulterà ancora maggiore:

http://www.youtube.com/watch?v=WiO7zIFk79w&feature=g-all-u

Questo trailer è il video della Zagor TV con in ASSOLUTO il maggior numero di visualizzazioni nei primi 2 giorni: quasi 500! Buona visione.


martedì 15 maggio 2012

DOVE COSANO LE AQUILE

Continua a piacermi, mettere insieme questi articoli con il "coso" nel titolo, che ormai sono una bella sfilza: trovate l'elenco poco più sotto, con i rispettivi link per andare a cercarli a colpo sicuro (nel caso vi interessasse farlo).  Per chi ancora non le conoscesse, le regole del gioco sono queste: più o meno una volta al mese, raduno in un unico articolo le cose più divertenti o interessanti (testi, immagini e facezie, segnalazioni) pubblicate sul mio “coso” su Facebook.  I testi che seguono hanno il pregio di essere brevi e scollegati fra loro, e dunque si possono leggere solo quelli che hanno il titolo più divertente o l'illustrazione più accattivante.

Marzo 2012: Un coso così
Febbraio 2012: Cose dal coso
Gennaio 2012 : Il primo coso dell'anno
Dicembre 2011: L'ultimo coso dell'anno
Novembre 2011: Io coso, tu cosi, egli cosa
Ottobre 2011: Da coso nasce cosa





NON CI RESTA CHE PIANGERE
1 aprile. Chi segue questo blog, sa che i miei figli sono costretti una volta al mese a guardare con me un "film obbligatorio", come Fantozzi e i suoi colleghi dal direttore cinefilo professor Guidobaldo Maria Riccardelli. Ormai, dovunque vado, mi imbatto in genitori che mi dice: "Bravo! Quando i miei figli saranno abbastanza grandi, li obbligherò anch'io", e in ragazzi che mi dicono: "Ma lei obbliga i figli a vedere i film?". Preciso che faccio vedere pellicole come "Qualcuno volò sul nido del cuculo", e non "La corazzata Potemkin". Comunque sia, con mia grande sorpresa, il "film obbligatorio" visto ieri pomeriggio non è piaciuto alla prole. Eppure si trattava di "Non ci resta che piangere". Non hanno riso praticamente mai, e vedevo che facevano fatica a seguire la storia. Ho chiesto i motivi del mancato apprezzamento. Sono stati questi: 1) il film è lento e non capita niente, ci sono più chiacchiere che accadimenti; 2) non si spiegano i motivi del viaggio nel tempo; 3) i fatti raccontati non giungono a nessuna conclusione e tutti gli incontro sono lasciati in sospeso (non si sa se Troisi conclude con Amanda Sandrelli, chi è e che fine fa la mezza mora Peynado, se Vitellozzo viene liberato dal Savonarola, eccetera); 4) non si capisce nulla quando parla Troisi (avrebbero dovuto mettere i sottotitoli). Devi dire che, pur continuando a restare divertito dal film, anch'io nel rivederlo non l'ho trovato il capolavoro che mi è parso anni fa. Forse è un po' invecchiato.




C'ERA UNA VOLTA UNA GRANDE AVVENTURA
2 aprile. Da "La fabbrica di cioccolato" di Roald Dahl.

C'era una volta una grande avventura :
la consuetudine alla lettura!
Pieni di libri i comodini,
scaffali, tavoli e anche lettini!
Tutti leggevano e il tempo volava,
e con il tempo la mente viaggiava :
storie di draghi, regine e pirati,
di navi e tesori ben sotterrati;
deserti, giungle e fitte foreste,
cannibali e indios a caccia di teste.
Paesi strani e luoghi mai visti,
malvagi, eroi, tipi buffi o tristi :
di spazio pei sogni ce n'era a iosa,
leggere era un'attività meravigliosa!
Racconti, favole, romanzi , fumetti,
volumi, tomi, libelli e libretti,
ce n'era gran scelta e varietà,
e tutti leggevano a volontà.
Se erano piccoli i bambini
qualcuno per loro leggeva i destini
di Biancaneve e la mela stregata,
e della Bella Addormentata.
Quanti bei libri, quanti piaceri
potevano scegliere i ragazzi di ieri!
Perciò vi preghiamo, fate il favore,
buttate in cortile il televisore!
Con uno scaffale riempite lo spazio
e pur se i ragazzi saranno uno strazio
per qualche giorno guardandovi male,
colmate di libri quello scaffale,
vedrete che poi, passata la crisi,
pian piano smettete di essere invisi :
per far qualcosa, per curiosità
saranno colpiti dalla novità!
Sfogliando un libro quasi per caso
più non potranno staccarne il naso :
Riscopriranno che grande diletto
è leggere un libro o un giornaletto.



ANCHE I BESTSELLER PIANGONO
3 aprile. Sul n°20 di "La Lettura", il supplemento domenicale del Corriere della Sera, c'è un articolo intitolato "Anche i bestseller piangono" in cui Giuliamo Vigini scrive: "Nella fase che attraversiamo, persino i bestseller soffrono: dal 2007 al 2011 i primi dieci delle classifiche hanno registrato un calo di fatturato intorno al 48%". Cioè, i libri più venduti vendono oggi la metà rispetto a cinque anni fa. Figuriamoci quelli meno venduti. E dunque non meravigliamoci delle vendite in calo dei fumetti. Anzi, meravigliamoci del fatto che Zagor (parlo dal mio pulpito) venda ancora quasi quarantamila copie e sia attorno a questa cifra da cinque anni.


3 aprile. Emanuele Barison. Illustrazione western.




3 aprile. Copertina dell'LP (in vinile BIANCO) appena ristampato da una casa discografica olandese di due brani realizzati nel 1985 da Emanuele Barison e Paolo Piuzzi (Barison è quello a destra nella foto).



3 aprile. Mauro Laurenti. Matita della storia di Zagor "Amazzonia".




4 aprile. Mauro Laurenti. Copertina del portfolio di Zagor in 50 copie numerate e firmate, con le copertine degli albi dell'edizione cartonata serba numero 12, 13, 14, 15 e 16.


5 aprile. Una foto d'epoca con Sergio Bonelli, Giovanni Luigi Bonelli, Giorgio Bonelli e Galep insieme al mare.




MI VENDO
5 aprile. I dati di vendita di Zagor nel 2012, fanno emergere un quadro confortante per stabilità: si è partiti con 38.000 copie in gennaio, si è saliti a 49.000 copie con il numero a colori del cinquantennale, si è rimasti sulle 41.000/40.000 per tutta l'estate, si è di nuovo scesi, come sempre accade a 38.000 a fine anno. A queste cifre vanno però aggiunte le copie di Zagor Raccolta, che rimanda in edicola una parte delle rese, ricopertinando due albi alla volta (e sono altre 3000 copie a uscita). Il dato interessante è però il fatto che il venduto di 40.000 copie (agosto 2011) è stato ottenuto con una tiratura di 66.000 copie: un ottimo risultato.



UMANO, TROPPO UMANO
6 aprile. Sto leggendo "L'opera al nero", di Marguerite Yourcenar. In un passaggio del libro, ambientato nell'Europa del Cinquecento, assistiamo all'impiccagione di un sarto di nome Adriano condannato perché convertitosi al calvinismo e dunque eretico. Anche sua moglie viene condannata per lo stesso motivo ma, essendo donna, si ritiene sconveniente appenderla in alto nella pubblica piazza e dare modo così ai passanti di sbirciarle sotto la gonna. Per questo motivo, secondo l'usanza, si preferisce seppellirla viva insieme al marito. Le prime considerazioni che mi vengono in mente sono: 1) le religioni, che dovrebbero (in linea di massima), ispirare sentimenti d'amore e fratellanza, scatenano invece, praticamente da sempre, odio e violenza, e disprezzo per la libertà di pensiero, anche a dispetto dei principi predicati dai fondatori (Gesù perdonava le adultere e le prostitute); 2) i roghi degli eretici o le lapidazioni dei peccatori sono state senza dubbio figlie del loro tempo e non imputabili soltanto alle religioni stesse (nel senso che nel Cinquecento si mandavano a morte anche i ladri o chi faceva propaganda politica contro i re), ma, altrettanto indubitabilmente, le religioni non sono state in grado di ispirare alcun sentimento di clemenza che moderasse i peggiori istinti dell'animo umano, vittima delle tenebre di una ignoranza che, spesso, erano proprio gli insegnamenti oscurantisti delle più ottuse autorità spirituali a non permettere dissipare - e questo indipendentemente da tutto il bene che si possa pensare dei principi fondamentali contenuti nei libri sacri o nelle opere dei santi, dei profeti o dei maestri; 3) in conclusione, le religioni sono sempre state umane, troppo umane: si può anche credere in Dio o di un Libro dei Libri, ma alla fine c'è sempre una struttura gerarchica terrena, fatta da uomini e talvolta da uomini miseri, che si propone di mediare fra noi e il divino e di interpretare il reale volere del Creatore.


ALLA CONQUISTA DEL MONDO
6 aprile. E' uscito l'Annuario del Fumetto di Fumo di China. Fra le tante, tantissime cose interessanti, la meno interessante è un mio articolo dal titolo "Alla conquista del mondo" che parla dei fumetti bonelliani pubblicati all'estero nel 2011.


6 aprile. Emanuele Barison. Illustrazione western.

I VENDICAUTORI
8 aprile. Paola Barbato (Vedova Nera) , Claudio Chiaverotti (Hawkeye), Pasquale Ruju (Hulk), Antonio Serra (Capitan America), Mirko Perniola (Iron Man), Alfredo Castelli (Nick Fury) e Moreno Burattini (Thor) in una divertente caricatura di Nicola Rubin.



NON CI SONO PIU' I FILM DI UNA VOLTA
8 aprile. Sono andato a vedere "The Raven", con John Cusack nei panni di Edgar Allan Poe. E' uno di quei film che li guardi e poi, alla fine, alzandoti dalla poltrona, non sai dire se ti è piaciuto o no. Stavo appunto valutando, fra me, i pro e i contro, quando, uscendo dalla sala ho sentito il commento di un altro spettatore che, con aria disgusta, diceva: "Che schifo. Film belli non ne fanno più". Questo giudizio mi ha permesso di decidermi. Non è vero! "The Raven" non fa affatto schifo. Anzi, se uno mi dice così, a me viene da replicare che una sentenza così netta è ingiusta. Vedo subito, per contrappasso, tutti i lati positivi. Primo: che bella idea! Un serial killer comincia a uccidere le sue vittime "citando" i racconti di Poe, a partire da "I delitti della Rue Morgue", il primo giallo "codificato" della storia della letteratura, e lo scrittore viene coinvolto in prima persona nella caccia all'assassino, che ha rapito la donna amata dallo scrittore. Secondo: è un giallo vero e proprio con un bel finale che cita "Il cuore rivelatore", un colpevole relativamente a sorpresa e la bella trovata di far vedere costui far scrivere allo stesso Poe l'epilogo della storia. Terzo: essendo un giallo e non un film horror, non si indulge troppo nella truculenza e nello splatter (a parte la scena tratta da "Il pozzo e il pendolo"): per me questo è un pregio. Quarto: la storia descrive bene, secondo me, il personaggio di Poe (alcolizzato, frustrato, convinto di essere un grande poeta ma costretto a scrivere racconti horror dai suoi editori) e soprattutto spiega in modi ingegnoso il retroscena del tre giorni "misteriosi" prima della morte dello scrittore. I lati negativi? Il pur bravo John Cusack è troppo bello e non abbastanza cupo per essere un Poe credibile e la regia non sa creare la tensione che uno si aspetterebbe da una storia del genere. Però, mica tutti possono essere Steven Spielberg. Tornando a casa, mi sono riproposto di far tornare a incontrare Zagor con Edgar Allan Poe, magari proprio in una avventura tenebrosa dai risvolti gialli. Mi sono anche ricordato di aver fatto io stesso una parodia (a mio avviso, riuscita) dei "Delitti della Rue Morgue", in "Cico Detective".



GIURO CHE NON MI SPOSO
8 aprile. A pagina 165 di "Giuro che non mi sposo", di Elizabeth Gilbert (BUR, 2012), l'autrice di "Mangia, prega, ama", trovo citata questa acuta osservazione dell'antropologo Lionel Tiger, a proposito del tasso di divorzi giunto ormai al cinquanta per cento tra le coppie americane: "E' stupefacente che, malgrado le circostanze, il matrimonio continui a essere consentito per legge. Se quasi la metà di qualsiasi altra cosa finisse in modo così disastroso, di sicuro il governo non esiterebbe a bandirla. Se la metà dei tacos serviti nei ristoranti causasse la dissenteria, se metà della gente che fa karate si rompesse le mani, se solo il sei per cento della gente che va sull'ottovolante riportasse traumi fisici, la popolazione pretenderebbe un pronto intervento da parte delle autorità". Se io matrimonio fosse un farmaco che non funziona o fa danni nel cinquanta per cento dei casi, aggiungo io, l'Organizzazione Mondiale della Sanità lo avrebbe già messo al bando. E' per questo che mi stupisco quando i gay chiedono di potersi sposare anche loro, che hanno la fortuna di noin poterlo fare, per non sentirsi discriminati. Sarebbe più sensato far cessare ogni discriminazione vietando il matrimonio agli eterosessuali.



QUALCUNO CHE VENGA A SVEGLIARVI
9 aprile. Ho comprato (e letto preventivamente per valutarne i contenuti) un libro appena uscito, a beneficio di mia figlia, che si accinge a seguire le orme paterne iscrivendosi al Liceo Classico: si tratta di "Come non farsi bocciare a scuola", di Matteo Rampin e Farida Monduzzi (Salani, 2012). Molti dei consigli, tutti giusti, servirebbero anche in ambito extra-scolastico. Ma, fra le tante cose degne di nota, mi sono appuntato soltanto due frasi. Una, è una citazione da George Bernard Shaw: "L'unico periodo in cui la mia istruzione si è interrotta, è stato quando andavo a scuola". L'altra, è una frase dei due autori che voglio tenermi davanti tutte le volte che scrivo una sceneggiatura e spero di essere letto dai ragazzi dell'età di mia figlia: "Oggi si vive e si pensa più velocemente che in passato. Per sincerarvene, guardate un film di fantascienza degli anni Cinquanta di genere catastrofico: prima, però, ricordatevi di avvisare qualcuno che vi venga a svegliare dopo mezz'ora".



9 aprile. Mauro Laurenti. Zagor e le sue donne.




ESIBIZIONI SU CARTA
9 aprile. Sono appena rientrato a casa dopo aver visto, a Milano, il musical "Priscilla, la regina del deserto". Uno spettacolo "en travesti" assolutamente straordinario, da cui è impossibile non rimanere coinvolti. La storia è quella di tre drag queen che affrontano un viaggio on the road da Sidney al Alice Spring per andare ad esibirsi in un casinò della sperduta località del centro australiano, facendo incontri felici e meno felici lungo la strada ma sempre riuscendo ad affrontare ogni vicissitudine senza rinunciare ad essere loro stesse. Le canzoni che si susseguono, suonate e cantate dal vivo, sono decine e decine di classici di Gloria Gaynor, Donna Summer, Tina Turner, Cindy Lauper e chi più ne ha più ne metta, in un tripudio di abiti sfavillanti e coreografie travolgenti. Mi è venuto in mente un paragone tra il teatro e il fumetto: ci saranno pure nuove forme di spettacolo e nuove tecnologie, ma le emozioni che danno le esibizioni live così come quelle che dà la carta stampata non saranno mai le stesse date dagli schermi dei computer.




10 aprile. Un saluto doveroso a un nuovo disegnatore nello staff di Dylan Dog, il bravo Sergio Gerasi, che era ora che entrasse! Inoltre, complimenti anche allo sceneggiatore de "L'assassino della porta accanto" (DD 307, aprile 2012), Fabrizio Accattino, che ha ideato una vicenda insolita, senza Groucho e senza indagini. E anche senza soprannaturale, una volta tanto, cosa che io personalmente apprezzo.



10 aprile. Non fatevelo sfuggire, il n° 320 di Martin Mystère. E' l'albo del trentennale e contiene 66 pagine in più, quelle di una versione inedita del primo numero. Impossibile, per me, non tornare indietro con la memoria all'aprile del 1982 quando comprai "Gli uomini in nero" e cominciai subito il conto alla rovescia dell'attesa dell'episodio successivo. "Nel corso di trent'anni il BVZM è divenuto così riconoscibile da potersi trasferire in altre epoche o in altri mondi senza bisogno di dare spiegazioni e senza tema di perdere la propria identità", scrive Castelli a pagina 4. E in effetti ecco Martin Mystère protagonista di una avventura ambientata in un magico calderone di citazioni e suggestioni degli anni Trenta, in cui Java diventa King Kong, Travis è Dick Tracy e in Washington Mews sorge un grattacielo invisibile costruito dal professor Enigm di "Topolino e il mistero dell'Uomo Nuvola". Giancarlo Alessandrini è superlativo come e forse più di sempre, a partire dalla copertina. Buon compleanno, Martin!


10 aprile. Giampiero Casertano. Miniposter di Martin Mystère inviato in omaggio, con le firme degli autori, ai lettori che inviano ritagli di giornali con notizie "mysteriose" (anni Ottanta).


CARO AMICO TI SCRIVO
11 aprile. Mail appena ricevuta da un lettore recuperato, che dà anche una testimonianza di come si possa agire sugli edicolanti. “Caro Moreno, volevo farti i complimenti per il tuo blog che è veramente interessante, per le tue storie di zagor e anche per quelle di cico che erano divertentissime. Zagor è fantastico! pensa che nel mio paese l'inedito non arrivava più da tanti anni e io sono riuscito a farlo tornare, ordinandolo alla mia edicola di fiducia. Con questo personaggio ho vissuto un periodo stupendo della mia vita di lettore di fumetti e quando mi sono di nuovo immerso nel suo mondo fantastico è stato come rinascere. Il 'sense of wonder' zagoriano mi ha letteralmente rapito... ma comunque anche tu lo saprai bene, sicuramente!”




11 aprile. Gianni Sedioli. Superzagor d'annata. Schizzo fatto nel 1995 per puro divertimento.



11 aprile. Giuseppe Prisco. Illustrazione dal titolo "Il ritorno di Kaimakan" (è l'antagonista di Zagor nel Maxi "Uomini in guerra").



LA NOMINATION
11 aprile. Io e Graziano Romani abbiamo ottenuto la nomination per il Premio ANAFI 2012 nella categoria dei migliori saggisti, per il nostro libro "Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io". Il problema è che tutti gli altri quattro concorrenti della cinquina finalista sono titoli eccezionali. Sarà dura spuntarla!

I finalisti:
Antonio Carboni, HugoPratt-Tuttifumetti (ed. Cong)
Alfredo Castelli, Fantomas (ed. Coniglio)
Burattini-Romani, Guido Nolitta (ed. Coniglio)
Franco Spiritelli, La tigre ruggisce ancora (Catalogo mostra Falconara M.ma)
Gadducci-Gori-Lama, Eccetto Topolino (ed. NPE)


11 aprile. La revisione del secondo Zagorone, "L'uomo che sconfisse la morte" (Burattini/Verni) è conclusa, adesso le ultime letture e poi in stampa!



SOLD OUT
11 aprile. Ho ricevuto una comunicazione ufficiale da parte di Cartoon Club che segnala come "Le mura di Jericho", il mio romanzo con Zagor protagonista, è ufficialmente esaurito. Mille copie vendute in un anno, sold out, e peccato non averne stampate di più. Forse ci sarà una ristampa. E pensare che non è neppure andato in libreria, ma solo in fumetteria.



PARTITI? NO, ANCORA QUI
12 aprile. Di solito non parlo di politica e (tranquilli) non lo farò neppure adesso, visto che quello in cui intendo avventurarmi è soltanto un ragionamento terra terra assolutamente bipartisan sulla funzione dei partiti in quanto tali. Sinceramente, non riesco ad appassionarmi al dibattuto sull'utilizzo del finanziamento pubblico alle forze politiche. Che me ne cala, infatti, se con i soldi ricevuti un partito ci paga le multe, un altro ci ristruttura la casa del segretario, un altro compra un appartamento a Montecarlo, un altro organizza feste e un altro ancora manda in vacanza le segretarie? Una volta che gli sono stati dati, che servano a una cosa o servano a un'altra, per me è assolutamente uguale: non ci sono più nelle casse pubbliche. Lo scandalo è averglieli dati. Dopodiché, inutile sindacare. Io sono del parere che i partiti, in quanto anche loro parassiti della società al pari degli evasori fiscali, non dovrebbero essere foraggiati con le tasse dei cittadini, almeno da quelli che, come me, non sentono il bisogno della loro sopravvivenza. Se volete, vi spiego perché (tanto sono chiacchiere che lasciano il tempo che trovano).
I partiti sono dannosi perché non consentono alle persone ragionevoli di mettersi d'accordo sulle cose di buon senso. Se in Parlamento ci fossero dei parlamentari liberi di votare sulla base della propria coscienza, costoro ascolterebbero un dibattito, sentirebbero i pro e i contro, e poi direbbero: sono d'accordo con questo, o sono d'accordo con quell'altro. Invece, i parlamentari devono obbedire, come adepti di tante sette di invasati, alla disciplina di partito. Quel che dice il capo, fanno. Hai voglia a dibattere, a spiegare, a cercare di far capire, a convincere. Si vota per "partito preso" (è proprio il caso di dirlo) e dunque basterebbe mandare a votare i segretari o i presidenti o lider maximi o i Divini Otelma della situazione.
I partiti sono dannosi perchè occupano gli spazi: piazzano i loro uomini (per lo più incompetenti) in ogni dove, alla RAI, alla direzione dei teatri, nelle aziende pubbliche, in quelle partecipate, negli ospedali, nelle banche, nei giornali e chi più ne ha più ne metta.
I partiti sono dannosi perché propongono programmi preconfezionati e omnicomprensivi. Non so a voi, ma a me mai è capitato di essere del tutto d'accordo con tutto quello che dicono i programmi dei partiti. Talvolta mi sembra giusta una cosa che dice Pinco, talaltra una cosa che dice Pallino. Però, i partiti propongono un menu completo, prendere o lasciare. Così, se ci fosse chi (faccio un esempio) è favorevole alla riapertura della case chiuse ma anche contrario all'abolizione dell'Articolo 18, però d'accordo con la TAV ma nello stesso tempo vorrebbe il divorzio breve o la fecondazione eterologa, che deve fare? A che santo votarsi, più che partito votare? Perciò, in attesa che si possano scegliere dei candidati liberi di esprimersi, di discutere, di confrontarsi, di schierarsi trasversalmente, io quando sento la parola "partito" arriccio il naso e, nella cabina elettorale, non riesco a turarmelo.
Ovviamente io non ho messo in discussione la democrazia parlamentare. Semplicemente, non vedo a che cosa servano i parlamentari se non possono votare liberamente dopo essersi fatti un'opinione in seguito a un dibattito ma devono votare le leggi sulla base di ordini ricevuti dai vertici del partito. Sono i partiti-setta, i partiti ideologici, i partiti che hanno risposte preconfezionate sulla base del "o con noi o contro di noi" che, secondo me, non funzionano, oppure che non mi piacciono. La democrazia può esistere anche con partiti meno categorici, meno ideologicizzati, meno talebani, meno opprimenti. Sono per la piena libertà di coscienza dei parlamentari. Poi, se ci sono quelli che preferiscono le tessere, i congressi, le bandiere, i paraocchi, i catechismi, i riflessi condizionati, vanno bene anche quelli, per carità. Siamo, appunto, in democrazia.


13 aprile. Su XL (il mensile di Repubblica) n°75 (aprile 2012) ci sono sei pagine dedicate a Zagor con un lungo articolo e con due interviste, a me (di Diego Malara) e a Gallieno Ferri (di Luca Raffaelli).




13 aprile. Mauro Laurenti. Il grande Blek.


PORTE CHIUSE
13 aprile. Viaggio spesso in treno, e come sa chi viaggia spesso in treno come me, uno degli annunci più ripetuti dagli altoparlanti, da un po' di tempo a questa parte, è il seguente: "Alcune porte di questo treno, contrassegnate da una etichetta gialla, sono fuori servizio. Vi preghiamo di servirvi delle porte adiacenti". La prima volta che ho sentito questo annuncio e ho visto le porte con la famigerata etichetta gialla, ho pensato: "Questo è un regionale, di quelli bistrattati, vecchio come il cucco, pronto per lo sfasciacarrozze". Sennonché, le porte che non si aprono le ho trovate poi, regolarmente, su tutti i convogli, dovunque diretti: Intercity, Eurostar, Frecciabianca, Frecciarossa. Ormai sono dappertutto, come un virus che sta attaccando i cardini di tutte le ante. Ai miei occhi, è un mistero: che su un treno si guasti una porta, e non la riparino per tutta una giornata, ci può stare. Ma su tutti i treni? E non le riparano mai? E perché? La questione non è peregrina, per uno che parte da Viareggio e a Viareggio ritorna, vista la strage. Diciamo che sulla manutenzione dei vagoni sono diventato un po' ipersensibile.


13 aprile. Le bozze dello Zagor 613 (maggio 2012) con le correzioni trovate nell'ultima lettura (la quinta). Cinque piccoli interventi su altrettante pagine. Si vede la differenza di formato fra le tavole dei Di Vitto (più piccole) e quelle di Prisco (più grandi), dato che l'albo è diviso fra due storie (che sono comunque in continuity).



14 aprile. Alessandro Tapinassi, in arte Snupo, guardate (e sentite) che lettori ha Zagor.




INSEMINAZIONE TRAUMATICA
16 aprile. Sul numero de "Le Scienze" di aprile (2012) c'è un interessante articolo sulle cimici dei letti che, a quanto pare, sono tornate a minacciare i nostri sonni. Fra le tante cose che lo studioso Kenneth F. Haynes ci dice, ecco uno dei passaggi che più mi ha colpito: "Il sesso delle cimici è una cosa brutale. Il maschio ha un pene a forma di sciabola che utilizza per perforare lo strato esterno, o cuticola, dell'addome della femmina: una forma di accoppiamento chiamata 'inseminazione traumatica'. Le femmine hanno vari adattamenti per sopportare queste dannose copulazioni. Un solco a V nell'addome incanala la penetrazione, così che faccia danni meno gravi". Si resta basiti. Non soltanto perché questi squartamenti avvengono nei nostri letti, ma perché rimango di stucco nell'immaginare Kenneth F. Haynes o qualunque sue collaboratore, o collaboratrice, che con la lente d'ingrandimento si mettono a guardare la cimice maschio tutto ingrifato che, con il cosino a sciabola sguainato, insegue sotto le lenzuola la cimice femmina che scappa da tutte le parti, dicendole, come Fantozzi: "Pina! Ti apro in due come una mela!". E una volta che gli scienziati vedono raggiunta la povera preda, che fanno? Non intervengono? La lasciano squarciare? Si mettono a guardare gli insetti nella loro intimità? Li filmano? Certo che se anche le cimici maschio hanno questi organi erettili atti a penetrare, vuol dire che anche noi ometti ci siamo evoluti da un progenitore comune. Chissà chi è stato il primo animale ad avere l'erezione. Meno male che almeno noi homo sapiens non ce l'abbiamo più a sciabola e non squarciamo l'addome delle amate. Però, a dire il vero, in qualcuno, nonostante l'evoluzione, deve essere rimasta nel DNA qualche traccia di una più stretta parentela con le cimici.


17 aprile. Fotomontaggio intitolato "Zagoriani", realizzato da un forumista di ZTN (segnalazione di Giuseppe "Ramath" Reina).



17 aprile. Tavola di Pino Prisco (tratta dalla storia di Zagor "La mummia delle Ande", di prossima pubblicazione) soltanto parzialmente inchiostrata.



17 aprile. Dal forum ZTN: battuta di Tonino Arnò.


ITALIAN GRAFFITI
17 aprile. Dalle mie parti c'è un modo di dire che trovo di difficile traduzione. Ci provo: "ma icché gli parrà?", vale a dire: "ma che cosa gli sembrerà di fare", o "di essere"? Si dice quando qualcuno fa qualcosa di discutibile che però per lui, evidentemente, deve avere un gran significato. A me capita di pensarlo tutte le volte che vedo una scritta sui muri, di quelle incomprensibili, però fatte arrampicandosi come l'Uomo Ragno o con grande spreco di bombolette spray. Di recente, davanti alla pensilina dove prendo il treno, hanno restaurato un edificio delle ferrovie che non so che cosa sia, qualcosa come un torretta di controllo. Era un fabbricato fatiscente, e stranamente le FS hanno pensato di rimetterlo a nuovo, dandogli un aspetto migliore. Gli operai non hanno fatto in tempo a smontare le impalcature dopo aver imbiancato la facciata, che qualcuno (presumibilmente nottetempo) ci si è arrampicato sopra e ha imbrattato la parete con una grande scritta (fatta malamente, devo dire) il cui senso mi è incomprensibile. Come mi è incomprensibile il perché all'autore dell'impresa non andasse bene il muro bianco e men che mai perché, non andando bene a lui, si sia convinto che non andasse bene neppure a me, o agli altri, al punto da prendersi la briga di provvedere personalmente. E che logica c'è dietro la spesa, sicuramente non piccola, necessaria per la vernice spray? In tempi di crisi, poi. Sia chiaro, io non critico: vorrei soltanto capire. Magari se qualcuno mi spiega, capisco e apprezzo. Per ora mi chiedo soltanto: ma icché gli parrà? Sono in buona compagnia, dato che anche Umberto Eco paragona, in un suo articolo, la gente che scarabocchia i muri a quelli che suonano il trombone per strada di notte: l'arte dovrebbe essere fruibile previo consenso, e se mi fa piacere ascoltare l'esibizione di un trombettista, la ascolto, ma se non mi fa piacere, ci dovrebbe essere un luogo e un orario deputato per dar fiato alle trombe e uno per riposare i timpani, nel rispetto dei diritti di tutti. Eco diceva questo in generale riguardo a tutti i graffitari: io, invece, talvolta apprezzo un bel murales (magari non quando copre i finestrini dei treni e non mi fa vedere la fermata della metropolitana). Ma le scritte scarabocchiate in maniera illeggibile, che senso hanno? Mah. Ci fosse almemo scritto "W la Foca" o "Governo ladro". Ma quando si tratta di scarabocchi in cui è persino difficile riconoscere le lettere di un qualche alfabeto, che dire? Perché qualcuno si prende la briga di scrivere un "messaggio" che non comunica nulla? Anche se si tratta di un messaggio di rivolta o di protesta, fateci capire contro chi.


19 aprile. Sto scrivendo una storia in cui Zagor è più o meno QUI.



I PIU' VIRTUOSI
20 aprile. Carlo Chendi, lo sceneggiatore di migliaia di storie Disney (ma non solo), ha scritto una lunga introduzione al graphic novel di Paco Roca "L'inverno del disegnatore" (Tunuè). E' una introduzione in cui si affronta, con tono ilare ma sapendo di parlare di problemi seri, il tema del riconoscimento dei diritti d'autore a chi scrive e disegna fumetti (ma, in generale, a chiunque crei un'opera di fiction). Un aneddoto raggelante riguarda la Mondadori dei tempi di Formenton, che gestiva la produzione Disney. Pare che di fronte alle richieste degli autori di vedersi riconosciuti dei diritti sulle ristampe e sulle edizioni estere, i maggiorenti abbiano risposto (cito quando dice Chendi): "Bene, se vogliono che paghiamo loro i diritti d'autore, ci facciano causa. Nel momento che ci fanno causa, non lavoreranno mai più per noi". Oggi le cose sono molto cambiate, in Italia e in giro per il mondo, anche se, stando alla testimonianza di Chendi, la Disney, che non è più sotto la Mondadori, continua a creare qualche malumore tra i collaboratori. "A mia conoscenza - conclude Chendi - la Casa editrice più virtuosa, quella che restituisce regolarmente tutti gli originali e riconosce tutti i diritti agli autori su tutte le utilizzazioni delle loro storie e dei loro personaggi, è la Sergio Bonelli Editore". Bisognerebbe che qualche volta lo tenessero in considerazione tutti quei blogger e quei frequentatori di forum che, più per abitudine e per partito preso che per altro, sul Web sono usi parlarne male.

SONO SOLO HISTORIETAS
25 aprile. Ho appena scritto una recensione di un graphic novel di un autore spagnolo, Paco Roca, ed eccomi a segnalare il Dylan Dog Color Fest primaverile, quello tematico, dedicato all'Historieta, ovvero al fumetto iberico e argentino. Quattro grandi illustratori di lingua spagnola (cinque, se si considera il copertinista Gomez - il più debole del gruppo) si sono cimentati con l'Indagatore dell'Incubo. La formula è quella delle storie brevi (trentadue tavole), a colori: a me, l'idea è sempre piaciuta. Enrique Breccia, a cui tocca il compito di aprire le danze, realizza addirittura (complice Luigi Mignacco, che ha in Dylan il suoi personaggio ideale fra i tanti che ha sceneggiato) un omaggio a "L'Eternauta", il capolavoro di Hector G. Oesterheld. Il mio preferito, sia nei testi che nei disegni, è però il racconto "Il patto diabolico", scritto da Giovanni Gualdoni e disegnato da Alfonso Font, uno dei miei miti personali fin dai tempi delle sue Storie Nere e di Clarke & Kubrick. Gli altri autori sono Fernandez (in coppia con Ruju) e Ortiz (con Cavaletto).



GENTE INUTILE
25 aprile. Ho sempre considerato un po' come un "traditore" lo scrittore, o l'intellettuale, o l'artista, o l'attore, o l'uomo di spettacolo, o l'uomo libero e intelligente in generale che si fa eleggere nelle fila di un partito. Va a fare qualcosa di grigio, di inutile, di insignificante, e a ripetere frasi e concetti che altri hanno deciso per lui. Il Parlamento non è fatto per i creativi, ma per gli imboscati. Deputati e i senatori in buona sostanza si limitano a votare per schieramento e non secondo coscienza. Tutti i parlamentari eseguono gli ordini del capo del proprio partito e dunque basterebbe che votassero i quattro o cinque segretari e potremmo risparmiarci gli stipendi degli altri. Leggo oggi su una rivista le dichiarazioni di un deputato che, invece di presenziare in Aula, essendo un cardiologo, preferisce operare i pazienti. L'assenteismo, certo, va sempre condannato. Ma il ragionamento del tipo è questo: "Posso essere più utile come medico che in Parlamento a farmi manovrare come una pedina. Il Parlamento non serve. L'aula è stata espropriata delle sue funzioni. Starci è una perdita di tempo e una violenza contro la persona". Come dargli torto? Poi, per carità, io sono il primo a voler collegare lo stipendio da parlamentare alle presenze in aula. Però non mi sembra che anche i peones più presenzialisti (che magari vanno lì a scaldare il banco) siano molto più utili degli assenti abituali. Per quel che fanno (o gli fanno fare, cioè votare a comando) per me possono anche stare a casa. o). Qualcuno ha obiettato che la sua esperienza di medico avrebbe potuto servire come supporto "tecnico" a eventuali iniziative legislative in campo ospedaliero, il punto è proprio questo: se uno arriva in Parlamento convinto di poter mettere al servizio del Paese la sua esperienza, lo ascoltano? La competenza di qualcuno, viene presa in considerazione? I ministri della salute sono medici? Quanti quelli finiti a Montecitorio convinti di poter dare il loro contributo, per poi accorgersi che nessuno li stava a sentire su nulla perché comandano soltanto i signori delle tessere e delle correnti, gli ammanicati e gli intrallazzatori? 


LA BANCARELLA
26 aprile. Sono passato davanti a una bancarella di libri usati e ho visto la serie 1-6 (completa) della prima edizione de "Il miglio verde", di Stephen King, un romanzo che venne pubblicato a puntate, appunto in sei piccoli volumetti. All'epoca, li comprai appunto uno per uno, in edicola, restando assolutamente irretito dalla storia. Quando poi uscì la raccolta in un unico tomo, regalai a non so chi i volumetti a puntate e mi tenni quello. Però, a rivederli, mi è tornata la voglia di riaverli. Costavano due euro l'uno. Dodici euro in tutto. Erano come nuovi. Li ho presi. Eccheccavolo


29 aprile. Milano. Parco Sempione. Domenica 29 aprile 2012. Riesco ancora a farlo :-)



THE AVENGERS
30 aprile. Sono andato a vedere "The Avengers", il nuovo film Marvel firmato da Joss Whedon. Bello. Qualche annotazione sparsa. 1) Era in 2D e non ho sentito la mancanza della terza D. 2) La scena più bella è quando Natasha Romanoff, alias La Vedova Nera, si confronta con Loki prigioniero in un cilindro di vetro, allorché Scarlett Johansson è inquadrata da dietro. La tuta nera aderente le sta davvero bene sul lato B. 3) Viceversa, continuo a trovare ridicolo il costume di Capitan America (mi sembrava ridicolo anche sui fumetti, ma a Jack Kirby si perdona tutto): meno male che se ne rendo conto anche lui e lo dice in un dialogo del film. In ogni caso, a me sembra ridicolo anche l'attore Chris Evans. E pensare che gli hanno fatto fare due supereroi: è anche la Torcia Umana nei film dei Fantastici Quattro! Che succederà se ci sarà un cross over fra i FQ e il Cap? O anche soltanto se ci sarà un nuovo film con il Quartetto del Baxter Building? 4) L'attore più convincente nel ruolo che interpreta è Chris Hemsworth, nella parte di Thor. 5) Nei fumetti, a me Thor non è mai piaciuto per come parla in modo altisonante e magniloquente e per le arie che si dà (ho sempre preferito, tanto per capirci, lo spiritoso Uomo Ragno), al cinema per fortuna mi sembra funzionare un po' di più. 6) Non ho capito che cosa c'entrino la Vedova Nera e Occhio di Falco con Hulk e Thor (è come paragonare la potenza di fuoco di un cannone con quella di una fionda). E quello di saper far centro con le frecce non mi sembra granché come superpotere. 7) Tutto sommato Samuel L. Jackson è un Nick Fury convincente, nonostante che nei fumetti il personaggio sia bianco, ma del resto anche Kingpin ha subito lo stesso trattamento nel film di Devil, ed è andata bene. 8) Iron Man e Robert Downey rubano la scena agli altri, ma a me sta bene. Dopo aver visto l'attore nei panni di Chaplin, tanti anni fa, ho deciso che mi sarebbe piaciuto rivederlo sempre e comunque. 9) In confronto agli X-Men, gli Avengers sono una squadra molto più disorganica, disomogenea e raffazzonata, e io preferisco i primi, che hanno un loro perché più interessante e problematico. 10) In "The Avengers" si ride tanto, e di gusto. Bene, bravi, bis! 11) Stan Lee fa un'apparizione più difficile da notare rispetto a quelle degli altri film. 12) Alla fine della proiezione, nella sala (affollatissima) si è levato un applauso a cui mi sono unito volentieri.