mercoledì 31 agosto 2011

CIELO A PECORELLE

La foto che vedete qui accanto l'ho scattata a Gallipoli, in Puglia, durante il viaggio in Salento di cui vi ho parlato pochi giorni fa: io, Mauro Laurenti e Graziano Romani ci siamo andati per festeggiare i cinquant'anni di Zagor nel corso di "Nuvole di Carta", una bella manifestazione fumettistica e multimediale organizzata in riva al mare dal bravo Biagio Valerio, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno di professione ma appassionato di fumetti per inguaribile vocazione. Guardando i batuffoli di bambagia sparpagliati in cielo mi sono venute in mente tante piccole cose sparse che avevo da dire e che mi è mancato il tempo per mettere nero su bianco su questo blog. Perciò, eccomi a far ordine nel bloc notes.

Cominciamo dalla fine, ovvero dall'ultimo argomento trattato nel post precedente. Vale a dire, Gallieno Ferri. Alcune settimane fa ho ricevuto una mail da Loris Cantarelli, storico collaboratore di "Fumo di China", intitolata "Regalino". Vado a leggerla incuriosito: "Ciao Moreno, sono di ritorno da un viaggio in Anatolia, e per mitigare seppur parzialmente la very bad news della scomparsa di Angelo-Trampy ti giro due pagine del mensile di bordo della Turkish Airlines con tanto di clamoroso svarione finale su Mister No... bah! Un abbraccio e alla prossima (anche se FdC sta per sbarcare su Facebook... non mi avranno!)". Loris, che in cinque righe ha dimostrato di essere un fedelissimo lettore di questo blog, allegava la scansione di un articolo in due pagine apparso sulla rivista "SkyLine", distribuita sugli aerei della compagnia di bandiera turca. Sono stato ben lieto di scoprire che vi compariva una intervista a Ferri tradotta in due lingue (quella patria e l'inglese), a ulteriore testimonianza della straordinaria popolarità di Zagor sulle sponde del Bosforo (ma anche di Mister No: la copertina qui sopra è opera di un autore locale, Aslan Sukur, a cui sono state a lungo affidate le cover sia dello Spirito con la Scure che del pilota di Manaus).

La cosa non mi ha, però, stupito: sia perché durante il viaggio compiuto a Istanbul lo scorso novembre ho potuto toccare con mano l'entusiasmo attorno all'eroe di Darkwood, sia perché l'intervista pubblicata su "SkyLine" l'ho realizzata io stesso. Infatti, è stato un giornalista turco a commissionarmela tramite la Casa editrice che aveva invitato me e Ferri nella vecchia Bisanzio. Una volta ricevute le domande, scritte in inglese, le tradussi a Gallieno che, per telefono, mi dettò le risposte, subito trascritte e ritrasmesse a chi di dovere: fui avvisato che sarebbero apparse sulla rivista della Turkish Airlines, ma poi non ne seppi più niente.

Adesso, grazie a Cantarelli, ho scoperto che finalmente il pezzo è stato pubblicato: non solo su carta, ma anche on line. Ho subito inviato la notizia al sito giornalistico e fumettistico AF News che l'ha prontamente rilanciata.

Le foto dell'articolo sono invece tratte dall'edizione turca del saggio mio e di Graziano Romani "Gallieno Ferri: una vita con Zagor", corredata di molte più immagini rispetto a quella italiana (mi risulta che il volume sia ormai esaurito). Non ho nessuna responsabilità, invece, sullo "svarione" riguardante Mister No, contenuto in una didascalia, là dove un qualche redattore ha scritto che il personaggio nolittiano sarebbe privo di qualunque scrupolo morale.

Nella sua mail, Loris accenna anche alla scomparsa di Angelo De Marco, "Trampy" per gli amici zagoriani. Giuseppe Reina, uno dei responsabili del forum ZTN, che di Angelo era grande amico, mi segnala che a Poggio Moiano, durante la manifestazione "Nuvole in Sabina", a cui hanno partecipato anche Mauro Laurenti e Sandro Chiarolla, alcuni forumisti hanno voluto ricordare Trampy con unamostra di tavole originali, realizzando anche un poster con una frase scritta da Angelo sul suo profilo su Facebook (lo vedete qui accanto).

Anche a Catania, durante Etna Comics, il 9 settembre, conto di invitare Reina (che in quell'occasione sarà accanto a me) a dire qualcosa su De Marco, che chi l'ha conosciuto continua a sentire presente e la cui passione per lo Spirito con la Scure prosegue in quella di tutti gli altri lettori, come lui abitanti di Darkwood.

A proposito di mail, ne ho ricevuta una da un vecchio amico, Giancarlo Malagutti. Di chi si tratta? Di un autore poliedrico, in grado sia di scrivere che di disegnare, passato attraverso mille esperienze tra cui anche alcune bonelliane.

E' attivo sulla scena fumettistica addirittura dal 1973, anno in cui ha realizzato le matite di alcune storie apparse sul mensile Horror. In seguito ha collaborato con Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon, e ha pubblicato su L'Intrepido e Il Monello. Sue anche alcuni inchiostri di Diabolik su matite di Sergio Zaniboni. Nel 1981 realizza la versione a fumetti di alcune serie televisive giapponesi (l'unica cosa che non gli perdono).
Nel 1982 crea la serie I Reporters, disegnata da Zaniboni, e sceneggia per Martin Mystère, Lupo Alberto e Cattivik. Attualmente è al lavoro (testo e disegni) su una lunga saga in 12 volumi del nuovo personaggio Mathias (ne vedete qui accanto una tavola).

Da sempre appassionato zagoriano, Giancarlo mi scrive così: "Caro Moreno, ho fatto una tavola divertente (almeno per me) per festeggiare i 50 anni di Zagor. Se te la invio la pubblichi sul tuo blog? Sempre che ti piaccia". Mi piace e, sia pure in ritardo, eccola pubblicata: testo e disegni di Malagutti, colori della brava (anzi, bravissima) Eva Castelli.


Un'ultima mail da segnalare è quella di Carlo Bartolini, vale a dire il personaggio che nella foto in bianco e nero qui accanto tiene in mano una copia del libro "I campioni della bugia" di cui vi ho parlato e di cui fu uno dei curatori, essendo anche, all'epoca, fra gli organizzatori del "campionato italiano della bugia" che si svolge ogni anno in agosto a Le Piastre, in provincia di Pistoia, località non lontana dal luogo dove sono nato (e questo forse spiega il mio piccolo talento affabulatorio, dato che raccontare storie è, in fondo, inventare delle bugie).


Dopo aver letto quel che ho scritto riguardo al volume (contenente un mio testo umoristico) e riguardo al nostro comune amico, il vignettista Antonio Tubino, Carlo mi ha inviato appunto la foto, risalente ai giorni dell'uscita della pubblicazione: mi vedete giovanissimo e più magro di trenta chili, accanto al sempre sorridente (e tuttora snello) Luca Boschi.

Per finire, qualche foto dal Salento. Vi segnalo quelle scattate nel Museo dell'Accoglienza allestito a Santa Maria al Bagno di Nardò, là dove si è svolta la manifestazione "Nuvole di Carta". Si tratta di un edificio sorto a ricordo e testimonianza di un campo profughi gestito da inglesi e americani tra il 1943 e il 1947, in cui furono ospitati migliaia e migliaia di ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista, in attesa di un ritorno a casa o di una partenza verso una nuova patria. Un murales salvato dal degrado e restaurato mostra l'ansia dei profughi di dimenticare i campi di sterminio e cercare un futuro di pace in Palestina. Purtroppo le cose non sono andate per il verso giusto neppure là.















La dottoressa Ilaria Falconieri ci ha fatto da guida nel Museo dell'Accoglienza. Eccola accanto a uno dei murales ebraici disegnati dai profughi tra il 1943 e il 1947 a Nardò.
















Io e Mauro Laurenti firmiamo il registro del Museo.




















Le cartoline delle spiagge del Salento. In realtà, io e Laurenti siamo gli unici andati in visita laggiù a non aver trovato neppure un lido di sabbia: e sì che ci avevano detto che ce ne sono belli come in Sardegna o come ai Caraibi. Eppure, a Nardò e Gallipoli sono tutti scogli; a Santa Maria di Leuca, scogli; in altri due o tre posti dove ci siamo affacciati, scogli. Alla fine, per fotografare della sabbia ho dovuto fare uno scatto a una cartolina.


















Io e Graziano Romani. Da notare il cappellino con la scritta ZKOD, "Zagor King of Darkwood", titolo del CD di Graziano.
















Il palco su cui abbiamo fatto l'incontro sui cinquanta anni di Zagor.















Mauro Laurenti disegna, inquadrato anche su un maxi schermo davanti a un folto pubblico.















Graziano Romani in concerto, accompagnato dalla band di Francesco Di Vitto, figlio del disegnatore Domenico di Vitto (al basso).




































Io, Mauro Laurenti e Graziano Romani a Santa Maria di Leuca, là dove l'Italia finisce.















Alessandra, la mia compagna, strozza Giovanni Muciaccia, di "Art Attack", anche lui ospite della manifestazione. "Maledetto! - gli dice - Per colpa del tuo programma i miei figli hanno incollato per anni fogli di carta sulle pareti e tagliuzzato i divani con le forbici!".

lunedì 29 agosto 2011

FERRI DEL MESTIERE

I supereroi esistono. O almeno, io ne conosco uno. Si chiama Gallieno Ferri, e da cinquant’anni disegna Zagor. Da sessantadue, fa fumetti. Di anni, all’anagrafe, va per gli ottantatré. Eppure, pochi giorni fa, è venuto in redazione a Milano per consegnare le tavole e le copertine realizzate durante il mese di agosto (quando la gente senza superpoteri va in vacanza) e mi ha invitato a passare qualche giorno con lui in montagna: “Devi venire insieme a me a fare il rafting sullo Stura”, mi ha detto. “Il rafting? – ho risposto – Cioè, in canoa sulle rapide?”. “No, in canoa no, TU non ci riusciresti”, ha spiegato lui che, invece, ci riuscirebbe senza problemi, visto che è una vita che discende con le pagaie i fiumi della Liguria e delle Alpi Marittime. Il rafting che Ferri ritiene ancora alla mia portata è quello su un gommone nel quale dovrei imbarcarmi in compagnia sua e di un accompagnatore, una guida locale.

Mi immagino già la scena: io afferrato con tutte le mie forze alle maniglie del natante, denti stretti e i capelli ritti sperando che l’esperienza finisca nel più breve tempo possibile (e sperando anche di poterla raccontare); lui invece a remare energicamente intento a raccontarmi di nuovo, con il sorriso sulle labbra, come se la cavò quel giorno che, saltando da una cascata, il kayak gli si ribaltò e lui rimase intrappolato sott’acqua a testa in giù.

Del resto, qualche anno fa gli proposi di realizzare una copertina di Zagor (quella de "Il prezzo del tradimento") in cui lo Spirito con la Scure affrontava in canoa un salto d’acqua, con la punta dell’imbarcazione già sospesa nel vuoto, prima di volare di sotto per proseguire la navigazione. Gli spiegai come vedevo la scena, e gli raccomandai di sottolineare il coraggio dell’eroe e la pericolosità dell’impresa. Ferri, con la massima naturalezza, mi assicurò che il disegno gli sarebbe riuscito benissimo: “Una cosa del genere l’ho fatta io stesso mille volte”. Gallieno è l’unico disegnatore di supereroi (Zagor ha gli stessi poteri di Batman) in grado di fare personalmente quel che compie il suo personaggio.

Un paio di anni fa portai la famiglia a Recco a mangiare la celebre focaccia con il formaggio (un’esperienza mistica che raccomando a tutti), e a fine pasto ci chiedemmo se fosse o meno il caso di andare a disturbare Ferri a casa sua, dato che lui abita lì vicino, in una casa affacciata sul mare. “No, magari dopo pranzo si mette a letto, vorrà riposare, non è più un giovanotto”, dico. Però, io e i miei ci incamminiamo per una passeggiata fin sulla spiaggia. Non facciamo in tempo ad arrivare che vediamo un windsurfista sfrecciare verso riva e giungere sulla battigia con l’agilità di Silver Surfer, fermandosi proprio davanti a noi: Gallieno, in perfetta tenuta da sport acquatico. Ci racconta che stava lavorando davanti alla finestra e, come sempre gli capita in simili circostanze, visto il mare perfetto aveva mollato i pennelli per scendere in acqua con la tavola. E visto che ci siamo, ci narra anche di quella volta che, proprio in quelle acque, venne inseguito da un pescecane mentre faceva windsurf. “Ho ancora il ritaglio di giornale che ne parla - aggiunge, nel caso non ci credessimo - del resto, a riva si era fatta gente a vedere mentre cercavo di rientrare con la pinna dietro”.

Io ci credo senza bisogno di prove. Non si disegna Zagor come lo disegna lui, se non si è mai stati inseguiti dagli squali o non ci si è mai ribaltati in canoa dopo aver saltato una cascata. E per scrivere anch’io storie all’altezza della situazione, ho deciso che andrò a fare rafting. Sperando che Ferri si tuffi a salvarmi, gridando “ayaahaaak!”, dopo che un’onda mi avrà sbalzato in acqua.
Una simile impresa, del resto, non aggiungerebbe nulla alla sconfinata ammirazione e all'affetto filiale che nutro verso di lui. Spero di averlo sufficientemente dimostrato con il libro che gli ho dedicato nel 2009, scritto con Graziano Romani e intitolato "Gallieno Ferri, una vita con Zagor" (Coniglio Editore, due edizioni in Italia e due traduzioni all'estero). Qui accanto vedete una copertina inedita di quel volume, la prima che fu studiata mache poi bocciammo in favore dell'altra che fu effettivamente data alle stampe. Ma anche Saverio Ceri ama moltissimo il lavoro del maestro recchese: è proprio a lui e ai suoi primi cinquant'anni in Bonelli che egli ha voluto dedicare la nuova puntata di "Diamo i numeri".

Diamo i numeri 12

Gallieno Ferri:
i suoi primi
cinquanta anni bonelliani

di Saverio Ceri


Il 15 giugno scorso abbiamo festeggiato il cinquantesimo anniversario dello spirito con la scure, inevitabilmente quella data fissa anche un’altra importante ricorrenza per un disegnatore dell’editore di Via Buonarroti. Si tratta ovviamente di Gallieno Ferri che festeggia le sue nozze d’oro con la casa editrice che porta oggi il nome del suo pard zagoriano Sergio Bonelli alias Guido Nolitta.
Ferri è il quarto disegnatore a raggiungere questo traguardo dopo Franco Donatelli (pubblicato per 57 anni dal 1945 al 2002), Giovanni Ticci (dal 1958 a oggi: 53 anni) e Francesco Gamba (1953/2006; anche lui 53 anni). Nella sua cinquantennale carriera bonelliana Ferri ha realizzato 20109,67 tavole. Quanto a prolificità lo batte, per ora, soltanto Gamba, che ha dalla sua circa 1500 tavole in più.

Il disegnatore ligure ha prestato i suoi pennelli a 4 soli personaggi in ambito bonelliano: Comandante Mark, Mister No, Giubba Rossa e Zagor: per il primo ha realizzato solo cover, per il secondo ha realizzato la prima avventura e le copertine per circa 10 anni, 143 le strisce illustrate per il terzo, al quarto ha dedicato la propria vita professionale: quasi ventimila tavole e quasi 900 copertine per non contare locandine, albetti speciali, illustrazioni per kermesse fumettistiche, cover per fanzine e volumi di saggistica e mille altre cose ancora. Ferri, forse più di Nolitta, è Zagor.

La graduatoria per personaggi evidenzia come la carriera bonelliana di Ferri sia legata allo Spirito con la Scure. Oltre il 99% della sua produzione per l’amico editore Sergio Bonelli è dedicata al Re di Darkwood, anche se il suo primo incarico fu per due episodi di Giubba Rossa, che videro la luce però solo il mese successivo all’esordio di Zagor. Questi i numeri:

Zagor 19.943 tavole
Mister No 119
Giubba Rossa 47,67

Per lo Spirito con la Scure, Ferri ha lavorato sulla collana Zenith (17807 tavole), per Zagor speciale (1504 tavole) e sui primi 5 fuoriserie dedicati a Cico (632 tavole). Con le sue 2136 tavole pubblicate su speciali, Ferri è saldamente al 6°posto tra i più prolifici illustratori di numeri fuori serie, mentre con le sue 90 cover realizzate è attualmente il più prolifico copertinista di albi extra.

L’anno in cui l’autore genovese ha visto pubblicate più tavole è il 1962, quando videro la luce ben 646 pagine da lui disegnate, una buona annata anche il 1988 con 641 tavole e il 1969 con 626. In altre 12 occasioni poi il grande Ferri ha sfondato quota 500 tavole annuali, meglio di lui solo Francesco Gamba che ha superato tale soglia in 22 occasioni.
Nessuno ha fatto meglio di Fergal (come si firmava a inizio carriera), invece in quanto ad anni consecutivi di pubblicazione. Gallieno ha infatti pubblicato almeno una tavola su albi bonelliani dal 1961 al 2003, per ben 43 anni di seguito. La completa assenza di storie ferriane nel 2004 è stato un piccolo evento, quindi, ripetutosi solo nel 2010. Per la cronaca, in questa classifica di “costanza”, seguono Galep con una striscia positiva di 39 anni e il solito Gamba con 33. Più indietro Donatelli e Letteri. Tra gli autori in attività Freghieri vanta il miglior score, visto che è stato pubblicato tutti gli anni dal 1985 a oggi, per battere il record di Ferri dovrebbe riuscire ad apparire almeno una volta l’anno fino al 2028!
Ferri è stato il più prolifico autore bonelliano dell’anno in 5 occasioni, nel ’75, nell’88, nel ’92, nel ’96 e nel 2001.

Una graduatoria che vede Fergal nettamente al comando è quella dei copertinisti, almeno per quanto riguarda gli albi nel formato attuale. Ferri, a oggi, ha realizzato 758 cover, oltre 300 più di Alessandrini e 350 più di Galep, fermatosi a 406 copertine. Se invece prendessimo in considerazione anche le cover delle strisce, Galep solo con le sue 973 strisce di Tex, risulterebbe insuperabile, senza aggiungere le mitiche raccoltine dello stesso Tex, e decine di altre cover per serie a striscia minori.
Gallieno Ferri con le sue 233 cover per le strisce (non contandone due, effettivamente di difficile attribuzione ferriana), sarebbe oggi a 991 cover bonelliane, quindi, se non sbaglio i conti, nel marzo del 2012 firmerà la sua millesima copertina in casa Bonelli.
Queste le collane per cui ha realizzato le 758 cover giganti.

Zenith Gigante 553 copertine
Mister No 115
Cico Speciale 27
Zagor Speciale 23
Maxi Zagor 16
Col.Almanacchi 13
Allegati Zagor Spec. 6
Mark speciale 3
Allegato Mark Spec. 1


Da segnalare che Ferri è tra i rari casi di autori che compaiono in 3 graduatorie: disegnatori, copertinisti e… sceneggiatori. Come i fan di Zagor ben sanno infatti tra i primi episodi della serie ben 7 storie portano la firma di Gallieno anche alla voce testi. Con 541,67 tavole scritte ( o meglio 1625 strisce), Ferri è il 17° sceneggiatore zagoriano in ordine di tavole prodotte e si trova attualmente intorno all’80°posto nella classifica generale della case editrice.

Oltre a disegnare su sceneggiatura propria, Fergal ha tramutato in immagini i racconti di altri dodici scrittori. Questa la classifica completa degli autori che l’hanno accompagnato in questi 50 anni di fumetti

Nolitta 9033,33 tavole
2° Burattini 3804
3° Toninelli 1702
4° Capone 973
5° Boselli 972
6° Sclavi 870
7° Bonelli G.L.759,67
8° Castelli 606
9° Ferri 541,67
10° Nicolai 386
11° Canzio 238
12° Russo A. 160
13° Colombo 64

Questi i numeri bonelliani del grande Gallieno Ferri, ma alla sua già lunga carriera zagoriana vanno aggiunti quasi 12 anni esatti: il 16 giugno del 1949 infatti con il primo albo de “Il fantasma verde” delle edizioni Barabino-Aipa di Genova, Ferri vide coronato il suo sogno di ragazzino di disegnare fumetti. Da allora non ha più smesso: 62 anni di crescente e meritatissimo successo.

Saverio Ceri



mercoledì 24 agosto 2011

DARKWOOD, SALENTO

Nel post precedente parlavo di un ritorno in redazione dopo un paio di viaggi in giro per il Mediterraneo, ed eccomi di nuovo in procinto di mettermi in cammino. Continua infatti l’incredibile tour del cinquantennale zagoriano, iniziato lo scorso novembre con la trasferta a Istanbul e proseguito poi a Scanno, Brindisi, Milano, Torino, Verona, Lucca, Parma, Godega, Pavia, Zagabria, Kraguievac, Raiano, Prato e Rimini. Dall’elenco mancano due visite del sottoscritto ai detenuti di San Vittore, che forse andrebbero inserite. In ogni caso, di tutti questi appuntamenti vi ho dato notizia e di solito fatto la cronaca dalle colonne di questo blog.

Ma le date della tournee non sono finite. Ce ne sono ancora almeno quattro, in altrettante, bellissime piazze italiane. E non è detto che la lista non possa allungarsi ancora. Tutto si potrà dire delle celebrazioni per i cinquant’anni dello Spirito con la Scure, tranne che l’evento sia passato inosservato o che gli autori del personaggio si siano tirati indietro di fronte alla fatica di viaggiare per raggiungere quanto più pubblico possibile, fare disegni a tutti, parlare e raccontare, ascoltare richieste e proposte o magari critiche se non complimenti, stringere mani, mettersi in posa per le foto, firmare dediche.

In attesa di Etna Comics, con un incontro zagoriano previsto per il 9 settembre a Catania (ne riparleremo), è adesso la volta della Puglia e più precisamente del Salento. I festeggiamenti per i cinquant'anni del Re di Darkwood saranno infatti uno degli eventi dell'imminente prossima edizione di "Nuvole di Carta", un festival multimediale che si svolgerà il 26, 27 e 28 Agosto 2011 a Santa Maria a Bagno di Nardò (Lecce), non lontano da Gallipoli. Si tratta della località affacciata sul mar Ionio, particolarmente incantevole in quel tratto di costa: chi si trovi in vacanza da quelle parti o abiti nella zona a mio avviso non dovrebbe mancare per tutto l’oro del mondo, ma senza dubbio il posto merita una visita anche dovendo muoversi da più lontano, perfino volando fino a Brindisi (l’aeroporto più vicino) da Roma o da Milano, magari per farsi un ultimo weekend sulla spiaggia e abbinare ombrellone e fumetti (due piaceri che ben si sposano fra loro). Peraltro, non soltanto Zagor e non soltanto gli eroi di carta animeranno la manifestazione, che ha un calendario decisamente ricco, oltre che particolare. In ogni caso, ecco le coordinate che mi riguardano, nel caso qualche fruitore di questo blog voglia incrociare la sua pista con la mia, o con quella dei miei due compagni di avventura, che saranno Mauro Laurenti e Graziano Romani.
Venerdì 26 agosto alle ore 21,30 ci sarà un evento zagoriano esattamente nel “piazzale degli eventi”, davanti allo sfondo di incomparabile bellezza delle “Quattro Colonne”. L’appuntamento prevede un dibattito, proiezioni di immagini, disegni dal vivo, anticipazioni, presentazione del romanzo "Le mura di Jericho" con protagonista lo Spirito con la Scure e del saggio "Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io". Subito dopo Graziano Romani, cantautore rock con decine di album all'attivo e collaborazioni prestigiose italiane e internazionali, concluderà la serata con un concerto gratuito dedicato a Zagor, eseguendo i brani del suo CD "Zagor King of Darkwood". Ad accompagnarlo, la stessa band del favoloso concerto di Raiano. Peraltro, sono abbastanza sicuro che Graziano possa accennare qualche nota del suo prossimo, imminente album “My name is Tex”, che a Pavia meritò una standing ovation. Verranno anche dati fumetti in omaggio, messi in vendita i libri presentati e c’è inoltre un disegno eseguito appositamente da Mauro Laurenti per l’occasione. Insomma, ci sarà di che divertirsi e di sicuro, come si suol dire, saranno gli assenti ad avere torto.

martedì 23 agosto 2011

VOTA PATRICK

Appena tornato da un ultimo scampolo di vacanza (dopo la Grecia, la Magna Grecia), e rientrato da pochi minuti in redazione dopo un’assenza di una ventina di giorni, sento squillare il telefono sulla mia scrivania. “Sarà Mauro Marcheselli che mi convoca immediatamente nel suo ufficio”, mi dico. No. Quella di Mauro sarebbe stata la seconda telefonata. La prima è di un lettore di Zagor, Vincenzo di Pescara: si lamenta con me per qualcosa che ha appena scoperto. “Ma come – mi dice - io credevo che dopo la chiusura di Tex Collezione Storica, Repubblica partisse la con la ristampa a colori di Zagor! E invece, comincia Tex Speciale!”.

Già, perché con il n°239 il Tex di Repubblica raggiunge la serie regolare e ricomincia da uno, presentando a colori la serie dei Texoni. Personalmente avrei preferito chiudere con un 240° volume (tanto per arrivare a un numero pari) riservato magari a un “indice analitico” con elencati nomi di personaggi, di luoghi e di autori e i rimandi alle singole storie; oppure arrivare fino al n° 250 ristampando a colori anche gli almanacchi e i Maxi, giusto per mettere a disposizione dei lettori l’intero corpus texiano, ma ovviamente i miei sono “desiderata” che lasciano il tempo che trovano: non ho nessun ruolo nella faccenda e sono lieto (visto il mio daffare e anche la grande responsabilità che ne deriverebbe) di non averlo. Fatto sta che, in effetti, almanacchi e Maxi non si ristampano, e i Texoni sì: sarà bello rileggerli in policromia. L’ipotesi che, dopo Tex, Repubblica ristampi anche Zagor è invece, appunto, soltanto un’ipotesi che imperversa e sui cui forse si fanno anche delle scommesse (mi piacerebbe, in tal caso, sapere le quote).

Dopo aver raccolto il grido di dolore di Vincenzo di Pescara, vado a vedere se ci sono domande in sospeso nel “filo diretto” che ormai da diversi anni tengo con i forumisti di SCLS. Subito, trovo quella di Andrea che mi chiede: “Ciao Moreno, volevo tediarti con una domanda che probabilmente ti hanno fatto in molti ma sulla quale nessuno ha ricevuto risposte certe. Si farà la ristampa a colori di Zagor? Chiedo di quella a colori perché in b/n non sapremmo che farcene, o almeno io non saprei che farmene, anche se forse la comprerei lo stesso. Ti confesso, infatti, che dopo aver letto i Tex di Repubblica, faccio fatica a leggere il mensile, sia per il colore (del quale non riesco più a fare a meno), sia per il formato. Hai già capito che tutti noi ci auguriamo che la risposta sia positiva. Dacci almeno una speranza o un termine entro il quale sapremo tutto”.

La speranza credo la si possa dare, dato che lo stesso Sergio Bonelli, rispondendo a chi gli chiedeva la stessa cosa durante gli incontro di Riminicomix ha detto che si stanno valutando varie ipotesi e che le vacanze estive, in pratica, porteranno consiglio. Sull’argomento ho già scritto un articolo su questo blog: se ci saranno novità, positive o negative, quando si potranno rendere di pubblico dominio non mancherò di scriverne altri (dunque, rimanete sintonizzati).

Intanto, la predilezione di Andrea per una ristampa a colori è confermata da un sondaggio fatto da un altro appassionato lettore, Michelangelo, presso i forumisti sia di SCLS che di ZTN. Copio qui di seguito la mail che mi ha scritto per informarmi dell’esito della consultazione: “Ciao Moreno, ecco i risultati che potrebbero aiutare nella scelta migliore di un'eventuale ristampa zagoriana. I votanti sono 85 ( tra ZTN e SCLS), un numero attendibile da un punto di vista statistico peridentificare meglio i gusti e gli orientamenti degli zagoriani.
FORMATO: Tex Repubblica 73%, Bonelli 7%, altro 20%.
FOLIAZIONE: 300/320 pagg. 45%, 240/250 pagg. 33%, Altro 22%.
COLORE: SI 84%, NO 16%.
PERIODICITA': quattordicinale 52%, settimanale 31%, altro 17%.
PREZZO: Disposti a spendere fino a 6 euro 8%
Disposti a spendere 7/9 euro 45%
Disposti a spendere 10 euro o piu' 33%
Altro 14%.
COVERS:
Laurenti 26 %, Ferri 15%, Torricelli 9%, Nuccio 8%, Della Monica 7%.
Altri 35%."

A proposito di sondaggio, allegata a uno degli ultimi volumi di Tex Collezione Storica c’era una cartolina, con la quale la Casa editrice chiede ai lettori di visitare il loro sito e rispondere aun breve e semplice questionario”. Tra le varie domande, ce n’è una a cui, come risposta, è prevista anche la preferenza per Zagor che potrebbe servire come pungolo verso il definitivo sì alla ristampa. Ora, cari Vincenzo, Andrea e Michelangelo, se fossi in voi, un click in favore dello Spirito con la Scure lo sprecherei. Poi, fate voi.

domenica 14 agosto 2011

NON SONO SU FACEBOOK

Non più tardi di un paio di mesi fa, durante un viaggio lontano da casa, sono capitato davanti alla vetrina di un negozio specializzato in T-shirt dalle scritte originali, e ho visto la maglietta che faceva per me. Con una grafica accattivante, una frase stampigliata sul petto diceva: “Non sono su Facebook”. Purtroppo, la rivendita era chiusa e io dovevo ripartire, per cui la maglietta è rimasta lì. Secondo me, c’è ancora: temo infatti di essere l’unico, almeno nei paesi del G20, a non essere su Facebook. Se non la compro io, quella T-shirt chi se la compra?

Come forse ricorderete, mi è capitato di accennare altre volte alla mia assenza dal più frequentato dei social network, assenza senz’altro inseribile nel lungo elenco delle cose che tutti fanno e io no (non ho mai visto una partita di coppa, non ho mai giocato alla playstation, non ho mai scaricato un film con eMule, non ho mai dormito in tenda, non ho mai ascoltato il discorso del presidente la sera di San Silvestro, non ho mai esposto una bandiera alla terrazza di casa, eccetera). Parlandone, ho fatto lo sbaglio di promettere che un giorno avrei spiegato il perché. Perciò, sono costretto a mantenere l’impegno, dato che anche di recente qualcuno me lo ha ricordato (promettendomi a sua volta che avrebbe cercato di farmi cambiare idea).

In realtà, accingendomi a scrivere, temo di dover fare la stessa premessa fatta quando parlai dei readers per e-book: e cioè, spiegare come io sappia già che mi pentirò di quanto sto per dire, potendo ogni affermazione venire usata contro di me a riprova della mia incoerenza, se non della mia ottusità. Sicuramente, presto sarò costretto a mutare atteggiamento. L’evolversi delle cose mi renderà inevitabile usare Facebook così come leggere i libri elettronici. Tuttavia, questo articolo servirà se non altro a fotografare un momento della mia vita, questo in cui non sono ancora un frequentatore della piazza telematica più affollata del mondo, e a spiegare al me di domani (ormai convertito all’uso dilagante) i motivi della mia renitenza.

Immagino che il motivo per cui prima o poi (temo più prima che poi) cederò anch’io alle sirene di Zuckerberg sarà prosaicamente pratico: chi partecipa a eventi pubblici, si dà all’arte e pubblica libri, ha in Facebook uno straordinario veicolo di pubblicità e di promozione. Quando l’amico Giorgio Giusfredi ha organizzato la presentazione lucchese del mio romanzo “Le mura di Jericho”, ha fatto circolare la notizia nel giro delle sue amicizie internettiane, e di amico in amico la voce si è sparsa: l’evento è stato un successo. La parola “amicizia” in questo caso va ovviamente intesa nel senso di “condivisione di uno spazio su Facebook”, e questo ne sminuisce molto la portata: i miei figli hanno centinaia di persone a cui hanno accordato la loro “amicizia” su Facebook, ma non sanno neppure chi siano molte di loro. Già questo abuso (nel senso di vero e proprio stupro) di una parola in qualche modo sacra potrebbe bastare a far storcere il naso. Tuttavia, non sono tipo da formalizzarmi per cui sono senz’altro disposto a tollerare l’uso di una terminologia impropria che diviene propria se inserita in uno slang (come magari fanno i massoni, per esempio, per cui si dice “muratore” intendendo ben altro da quel che di solito si intende). E, certamente, la possibilità di far conoscere il proprio lavoro o promuovere la propria attività è un’opportunità da non sottovalutare. Purtroppo, ci sono però delle evidenti controindicazioni.

Quel che ho sentito dire, e visto sbirciando nei computer altrui, mi ha lasciato molto ma molto perplesso, al punto da farmi chiedere come sia possibile che gli altri (non io) accettino di sottoporsi allo stress e ai rischi che l’uso di Facebook comporta. Parlerò prima degli altri e poi di me, perché io sono sicuramente un caso anomalo: la mia nota idiosincrasia verso l’elettronica mi rende difficile persino far partire un lettore CD, figuriamoci aprire un profilo su un social network: io non faccio testo. Dunque gli altri si iscrivono a Facebook. La prima cosa che viene da chiedersi è: ma sono matti? Razionalmente, è qualcosa di inspiegabile.

Vediamo perché. Per cominciare, già all’inizio si deve superare un terzo grado da stato di polizia, dichiarando le generalità complete della carta di identità, le scuole frequentate, il luogo di lavoro, l’indirizzo della mamma, il telefono della fidanzata, il numero di scarpe, il peso, il giro vita e perfino le idee politiche. In seguito, poi, viene chiesto di dire “mi piace” o “non mi piace” alle più svariate linee di pensiero, aderendo a gruppi che chiedono la proibizione per legge del gorgonzola piuttosto che l’impiccagione in piazza Loreto del primo ministro di turno. Il che va pure bene, per carità, ma se poi uno manda il curriculum per essere assunto in una ditta il cui titolare è ghiotto di gorgonzola e porta all’occhiello la coccarda del partito politico del primo ministro? E’ ovvio che se dovessi assumere qualcuno, per prima cosa andrei a fare un giro sul profilo Facebook del candidato a leggere un po’ delle stupidaggini che scrive.

La cosa grave è che quel che uno scrive, inserisce e dichiara su Facebook non resta confinato in un sito accessibile soltanto a pochi intimi, dove ci va soltanto chi sa dove andare, ma è di pubblico dominio nella vasta cerchia della propria parentela e dei propri amici e conoscenti. Se uno apre un profilo, è quasi inevitabile che abbia fra i contatti la moglie e la fidanzata, magari anche la mamma e lo zio. Vorrei vedere chi riesce a nascondere alla consorte o a uno qualunque del proprio entourage di essere su Facebook, sia pure sotto falso nome: fatti magari chiamare Abelardo Mortesecca, ma se metti una foto nel profilo e ti fai accettare come amico da una collega, tutti gli altri dell’ufficio ti vedranno nella pagina di lei. O ti sgameranno da ciò che dici. Poi, vallo tu a spiegare alla moglie perché lei non è fra le tue amicizie e quella collega sì. Quindi, chi usa Facebook si deve rassegnare ad avere in lista tutti, ma proprio tutti, gli amici e i parenti (più una quantità di infidi sconosciuti da cui ci si può aspettare qualsiasi cosa).

Ora, se il capoufficio fantozzianamente cinefilo invita qualcuno a vedere una rara copia de “La corazzata Potemkin” con sottotitoli in cecoslovacco, e il sottoposto si dichiara mortalmente dispiaciuto di non poter andare in quanto trattenuto al capezzale della nonna moribonda, mentre invece invita gli amici a casa a vedere in DVD “Giovannona Coscialunga”, come potrà impedire che dai commenti degli altri su Facebook la bugia non venga scoperta? “Dove vai, caro?”, chiede la moglie al marito Gino. “Michele mi ha chiesto di aiutarlo a svuotare il solaio”, risponde il consorte. Poi, il giorno dopo, la moglie scopre una cartella di foto, scattate magari da un comune conoscente, in cui si vedono Gino e Michele in prima fila davanti a una ballerina di lap dance.

Mi si dirà: male non fare, paura non avere. Oh, beh, io posso non aver paura di niente, ma non è di me che stiamo parlando: è del resto del mondo. Possibile che nessuno tema questi rischi, con tutta la gente che ne combina (e nella maggior parte dei casi fa benissimo) di cotte e di crude? Ma, poi, suvvia, non importa che ci siano cose particolarmente gravi da nascondere. Chiunque può trovare una scusa per evitare di incontrare qualcun altro in un momento in cui non è il caso. Come evitare che la balla, pur innocua e magari a fin di bene, venga scoperta per vie traverse? Possibile che non si rompano amicizie, finiscano matrimoni, si creino guai, si viva nell’angoscia per colpa di quello che si può leggere su Facebook? Magari chi scrive una cosa non immagina nemmeno di stare per provocare un maremoto. Basta uno che digiti: “Ho visto Ludovico in piazza Garibaldi, ieri sera” o metta una foto in cui per l’appunto Ludovico passeggi ignaro sotto il monumento equestre dell’Eroe dei Due Mondi, ed ecco l’amico, il collega, la moglie, la mamma di Ludovico trasecolare: “Come, in piazza Garibaldi? Ma non mi aveva detto che era in ufficio a fare gli straordinari?”. Magari Ludovico era lì di nascosto per comprare un regalo da consegnare alla persona che trasecola, ma allora ecco che Facebook o sciupa la sorpresa o sciupa il clima in cui il regalo avrebbe dovuto essere consegnato. In ogni caso, un disastro.

Ma c’è di peggio. Ammettiamo che io mi iscriva, semplicemente cliccando su un “mi piace”, a un gruppo che è favorevole all’eutanasia o alla riapertura delle case chiuse. Ecco magari scatenarsi un caso famigliare con la mamma, lo zio prete, l’amico bigotto. “Ma davvero tu pensi queste brutte cose?”. E giù a dover spiegare il perché e il percome, a persone a cui tieni e che comunque vada da quel momento in poi ti guarderanno con sospetto. E se uno scrive che è di destra, o di sinistra, in un ambiente di lavoro di segno opposto? Automaticamente, verrà ostacolato, estromesso, ghettizzato o chissà che da quelli abituati ad attribuire etichette politiche agli altri e ad agire di conseguenza (io non lo farei mai, ma purtroppo c’è chi lo fa ed è uno dei motivi per cui detesto gli schieramenti politici). Non serve neppure che uno dichiari per chi vota, per scatenare questo tipo di ostracismo: basta semplicemente aderire a qualche gruppo, pur sacrosanto, ideologicamente schierato. Il che non significa che uno non debba mai schierarsi, figuriamoci, però ogni cosa andrebbe fatta nel giusto contesto: perché mai, di fronte ai suoi figli e agli amici dei suoi figli, un padre dovrebbe dire di essere un assiduo frequentatore, con la moglie, di un club privè dove si fanno gli scambi di coppia? E’ una pratica senz’altro divertente e del tutto raccomandabile, ma parliamone tenendo in considerazione l’uditorio e calcolando le conseguenze.

I primi che, se fossero furbi, non dovrebbero iscrivere a Facebook sono, ovviamente, gli adolescenti e i giovanissimi. Questo perché i loro genitori scopriranno tutto quello che fanno semplicemente facendosi accettare (con il loro vero nome o spacciandosi per loro coetanei) tra gli amici dei figli.

Un’altra delle cose tremende di Facebook è la chat. Ora, la chat è una cosa tremenda dovunque la si faccia: è una assoluta, inutile perdita di tempo, uno vuoto pneumatico che non di rado porta l’abbrutimento più totale (nella mia esperienza, in chat si dicono e si scrivono soltanto cazzate, e la volgarità del termine è funzionale al discorso). Ma, giustamente, ognuno è libero di passare il tempo come crede, anche dandosi martellate sugli attributi. Il guaio è quando la chat monopolizza le menti e impedisce di lavorare, dormire, vivere. C’è gente che chatta a tutte le ore, anche dall’ufficio dove, di regola, si dovrebbe fare ben altro. Finché uno lavora in proprio, fatti suoi: ma se a chattare sono gli impiegati del comune che dovrebbero sbrigare una mia pratica, la cosa mi indispettisce un po’. Il problema è che con Facebook uno si ritrova con molta facilità ad avere cento, duecento, trecento contatti i quali, in ogni momento, possono inviare un messaggi privato. Cioè, tu sei lì che vuoi leggere o scrivere qualcosa nel modo più veloce possibile, perché giustamente hai da fare altro, ed ecco che Tizio, Caio e Sempronio, che invece non hanno niente con cui gingillarsi, ti chiedono contemporaneamente di conversare. Che fai? Se non rispondi, sembri scortese. Se disabiliti la chat, quelli si lamentano: “Eh, ma tu non ci sei mai”.

L’affollamento dei contatti poi porta a una incredibile serie di annunci che ti avvisano: “Pinco ha scritto un messaggio sulla pagina di Pallino”. Ma chi se ne frega! Perché me lo devono dire? Se uno ha cento amici e tutti scrivono cinque cose sulle pagine di altri cinque, mi ritrovo informato di duemilacinquecento messaggi altrui di cui non mi importa una beata mazza (e se me ne importasse, vuol dire che sarei malato). Il guaio è quando qualcuno scrive qualcosa sulla tua pagina. Già, perché, che io sappia, quel che uno scrive appare immediatamente senza moderazione e tutti i tuoi contatti (cioè le persone più care, i parenti, gli amici, i colleghi, gli allievi) lo possono vedere. Ora, tutti hanno dei rivali. Gente invidiosa, colleghi convinti che tu gli abbia fatto le scarpe, mariti delle colleghe con cui hai avuto una tresca (o convinti che sia così anche se non è vero, ovviamente perché lei non te l’ha data e non perché tu non ci abbia provato), ex amanti gelose, frequentatori della sauna gay a cui hai inavvertitamente dato il tuo contatto. E se uno di questi esce fuori con un racconto o con delle foto che ti sputtanano? E se le mette su Facebook durante la tua settimana bianca così che per sette giorni non le puoi togliere e tutti, ma proprio tutti, i tuoi contatti hanno letto e visto? Si badi bene: potrebbero essere anche cose non vere, ma intanto qualcuno le ha dette e poi dopo valla a fermare la calunnia. Mi si dirà: sono cose che non succedono. Vabbé, è come quando si va al mare e ci dicono che in quel punto di costa gli squali non ci sono. Vorrei sapere che cos’è che impedisce a uno squalo di esserci. Io non nuoto mai del tutto tranquillo, se non in piscina. Iscriversi a Facebook vuol dire, in pratica, vivere nel terrore.
In una testimonianza raccolta su Internet si può leggere:

Mi è capitato di cancellare un contatto (è troppo chiamarla ‘amica‘) dopo averle permesso di imbrattarmi la home con la sua iscrizione a dodici gruppi. C’è chi si lascia, chi si separa, e chi molla tutto per andare alla ricerca di un contatto su Facebook, al quale pensa durante tutto il giorno, idealizzando e creando nella propria testa un mito, magari con un semplice messaggio di posta inviato, o due minuti di chat condivisa! Avevamo msn messenger e lo abbiamo tolto perché nonostante mettessi il tuo stato su ‘occupato‘ avevi talmente tanti contati che non riuscivi a fare una ricerca su Internet o a finire di scrivere un pezzo, che ti lampeggiava in arancine il nome di qualcuno, oppure (oddio) il trillo(!)… nooo…i trilli! Che odio! L’instant message è diventato una caccia all’uomo, un modo di comunicare peggio degli sms: inespressivo, dove non metti una virgola, un punto,dove non puoi dare e far capire il tuo tono, ed il tuo stato! L’altro è più veloce di te ha scrivere! E’ la fine! Non farai mai in tempo a dire un pensiero che sarà passato già ad altri dieci discorsi. Mario dice che non si vuole iscrivere a Facebook se no si lascia con la ragazza. Lorenzo dice che si è cancellato da Facebook, per continuare a stare con la propria moglie. Luca ha cancellato Maria dai suoi contatti perché la loro storia è finita e non vuole più saperne di lei, vedere e sapere quello che fa lo fa solo stare male. Manuela non ha tra i contatti suo marito, perché sennò impazzirebbe di gelosia, e inizierebbe a dubitare di lui. Silvia ha cancellato Edoardo, perché ha letto che Marina ha scritto sul suo wall ed ha pensato che… Federica e Paolo hanno un account in comune, perché si amano e non hanno segreti (allora chi non lo ha in comune ha dei segreti?). Marco, con Facebook ci lavora soltanto e nessuna donna gli scrive messaggi ambigui! Tutte storie vere, magari con nomi inventati…ma tutto vero! Con questo non voglio assolutamente dire che senza Facebook i rapporti andrebbero a gonfie vele, e trionferebbe l’amore eterno…no! Non è così, ma sicuramente vivere con l’ansia, e l’angoscia (curiosità) che non sappiamo cosa fa il nostro amico, perché la sua amica ha scritto quello e perché si connette e non scrive nulla o perché si connette, scrive sui wall degli altri, ma poi cancella dal suo profilo che ha scritto sul quel wall!”.

Anche la supertecnologica Patrizia Mandanici ha qualche dubbio:

“Mi sono ritrovata iscritta senza il mio consenso a un gruppo. Facoltà certo riservata agli "amici", ma vorrei conoscere qualcuno che ha 'amici' su Facebook di cui sa abbastanza da fidarsi dei suoi gusti in tutti i campi, compresi quelli politici e ideologici. Io tra gli 'amici' ho tanti appassionati di fumetti che non ho idea se siano nazisti, omofobi, clericali, o che so io; se questi mi iscrivessero a forza in un gruppo di cui non condivido le idee e i propositi io lo verrei a sapere tramite una email, e poi dovrei comunque andare sulla pagina del gruppo per disiscrivermi. Questo ammesso che io non abbia il computer rotto, non sia in vacanza o malata; altrimenti per giorni risulterei una sostenitrice di quel (possibile) abominevole gruppo. Questa cosa a quanto pare succede da quasi un anno, abbastanza sottaciuta. Per me è una cosa molto più che fastidiosa, direi che potrebbe diventare la classica goccia che fa traboccare il vaso e che potrebbe farmi decidere di andarmene da Facebook. Ci sono già diverse cose che non vanno in quel posto, gestione della privacy in primis: perché bisogna sempre informarsi altrove per settare al meglio le varie opzioni? Perché di default in tutti i vari servizi deve essere tutto aperto, piuttosto che iniziare dal massimo della ristrettezza che poi noi, se vogliamo, andiamo ad 'aprire'? Perché non esiste neanche un settaggio in cui io possa rifiutarmi a priori di essere iscritta a un gruppo (o dove perlomeno mi arrivi una mail in cui io possa accettare oppure no?)”.

Uno dei vantaggi che, mi dicono, si avrebbero aprendo un profilo su Facebook è che così ti puoi far ritrovare da tutti i vecchi compagni di scuola, quelli dell’università, gli ex colleghi o gli amici d’infanzia. Orrore! C’è gente (non io, per carità) che non li sopporta, i vecchi compagni di scuola, altri che impiegano anni a far perdere le proprie tracce a certi seccatori, altri ancora che sono contenti di cambiare città o spiaggia o bar per non rivedere persone da cui sono assillati e infastiditi, e uno appena si iscrive al social network di Zuckemberg se li ritrova tutti fra i piedi? Non parliamo poi degli stalker. O dei perditempo, dei guardoni, degli spioni, dei morbosi, dei curiosi, degli impiccioni, dei malevoli o dei malintenzionati. Come si fa a mettere su Facebook le foto della propria figlia e non temere di attirare l’attenzione di un pedofilo? O a dire pubblicamente “per un mese sarò in vacanza all’estero” e non aver paura che arrivino subito gli scassinatori? Come si fa a non lasciarsi sfuggire nessun dato sensibile di cui i delinquenti sono a caccia, fosse anche soltanto un indirizzo, una password, un numero di telefono, un codice IBAN? E anche se non ci se lo fa sfuggire, come si fa a non vivere nell’angoscia di averlo fatto?

Tutto quanto che ho scritto finora pone dei dubbi non tanto, ripeto, alla mia iscrizione a Facebook ma a quella degli altri. Stando così le cose, perché gli altri si iscrivono? Mah. Se penso poi a che cosa capiterebbe se mi iscrivessi io, sorgono altre perplessità. Io faccio un lavoro che mi espone al giudizio del pubblico. Il mio nome, sia pur nel ristrettissimo ambito del fumetto italiano, è moderatamente conosciuto. Posso ragionevolmente immaginare che, se aprissi un profilo, avrei con facilità alcune centinaia di lettori che mi chiederebbero l’amicizia, che io sarei ben lieto di concedere. Bene: per non deludere tutti i miei contatti, dovrei cercare di scrivere qualcosa ogni giorno, o almeno abbastanza spesso: se no, perché avrei aperto il profilo? Anche ammettendo che vada tutto bene e che io non mi ritrovi iscritto a qualche gruppo di sostenitori della pedofilia o di propugnatori della razza ariana, di sostenitori della dittatura del proletariato o dell’omofobia, ogni giorno mi ritroverei collegato avendo alcune decine di messaggi personali a cui rispondere. Facendolo, mi troverei alcune richieste di chat. Dovrei andare a vedere che ha scritto il mio collega autore rispondendo a un suo contatto, perché magari la cosa mi riguarda. Dovrei scremare le segnalazioni di link, di video, di blog, di test, che pioverebbero da ogni dove. Morale della favola: dovrei fatalmente dedicare un’ora al giorno a questo tipo di attività. Il che vuol dire trenta ore al mese, trecentosessatantacinque ore in un anno. Avete idea di quante pagine di Zagor potrei scrivere in quelle ore? Di quanti libri potrei leggere? Con quante coccole potrei vezzeggiare la mia fidanzata. Ahimé, è chiaro che si tratta di scelte da fare. Per il momento, scelgo di dedicarmi alla fanciulla che mi sta accanto.
Scusatemi, ma ho di meglio da fare.

venerdì 12 agosto 2011

IL NOSTRO CARO ANGELO

Ho ancora un messaggio sul cellulare, che non ho cancellato per tenerlo come promemoria, risalente agli inizi dello scorso luglio. Dice: "Ciao Moreno, allora che dici: c'è una speranzina di vederci domenica? Non per ripetermi ma se non puoi, te lo dico con tutto il cuore, non ti preoccupare che ti capisco. L'importante è che Zagor va alla grande e che tu dedichi tutte le tue energie a lui e ai tuoi. Un abbraccio, Angelo".
E' l'ultimo SMS che ho ricevuto da Angelo De Marco, un amico che non ho mai avuto la fortuna di incontrare di persona, ma con cui sono in contatto da più di venticinque anni. Il nostro mancato incontro era diventato un tormentone su cui un po' scherzavamo, un po' mi faceva sentire in colpa, visto che il fatto di vederci dipendeva soltanto da me. Lui, non avrebbe mai potuto raggiungermi: una grave e incurabile malattia lo immobilizzava da molti anni.

Quando lessi il suo nome per la prima volta, mi colpì subito la località da cui mi scriveva: la cittadina del mittente sulla lettera era un piccolo borgo del Sud, nel Cilento, al confine tra la Campania e la Basilicata. Angelo non scriveva a me, ma al Club del Collezionista che io, con alcuni amici, avevo fondato a Campi Bisenzio, vicino a Firenze, e che da poco aveva iniziato a pubblicare una scalcinata fanzine dal nome "Collezionare". Avevamo pochissimi lettori, e tutti della zona: che ci scrivesse qualcuno da così lontano era davvero entusiasmante. De Marco fu uno dei primissimi ad abbonarsi alla nostra rivistina, nonostante i numeri degli esordi fossero davvero miseri. Iniziammo a scriverci: all'epoca non sapevo della sua malattia, oppure non aveva ancora raggiunto la gravità degli anni successivi. Angelo mi riempiva di complimenti per "Battista il Collezionista", il primo personaggio che provai a sceneggiare, e ha seguito sempre tutto ciò che ho fatto non mancando mai di farmi giungere i suoi commenti, di solito molto affettuosi. Il che mi faceva particolarmente piacere perché i suoi giudizi erano acuti, informati e competenti: sembrava conoscere alla perfezione non solo la storia del fumetto italiano (era ferratissimo, per esempio, su quello degli anni Cinquanta) ma anche i retroscena del lavoro degli autori contemporanei. Ho scoperto poi che era in corrispondenza con molti grandi nomi, e poteva vantare una incredibile collezione di disegni fatti apposta per lui da fumettisti di tutte le scuole, in particolare quella bonelliana.

Quando, negli ultimi anni, sono nati in rete i forum di Zagor, De Marco è divenuto uno dei più attivi forumisti di ZTN con il nickname di Trampy: lo Spirito con la Scure, infatti, era il suo eroe preferito. Dato che la malattia lo costringeva a passare le giornate disteso sul letto o sul divano, Angelo trovava una via di fuga dalla realtà trasferendosi a Darkwood ogni volta che gli era possibile, e lì poteva camminare come tutti gli altri. Non che vivesse in un mondo onirico senza contatti con il resto del mondo: al contrario, grazie a Internet poteva scrivere a tantissimi amici, e con Skype intavolava conversazioni e discussioni dimostrando, oltre alla sua cultura fumettistica, la sua carica di umanità e la sua simpatia. Gli zagoriani, poi, sono particolarmente portati a socializzare e solidarizzare: così, dato che Trampy non poteva muoversi per partecipare ai raduni, gli utenti di ZTN si sono dati da fare per organizzare degli incontri a casa sua. La quale, ribadisco, non era esattamente dietro l'angolo. Tuttavia, il partire per andare a trovare Angelo è diventata una sorta di bella abitudine che si ripeteva non meno di un paio di volte l'anno. E, praticamente fin da subito, agli amici del forum hanno cominciato a unirsi alcuni autori di Zagor: il primo è stato Mauro Laurenti, a cui sono aggiunti successivamente, in più occasioni, anche altri, come Marcello Mangiantini e Jacopo Rauch. Ho sempre letto con commozione e ammirazione la cronaca di questi incontri, e ne ho parlato ogni volta con Sergio Bonelli per fargli vedere come lo Spirito con la Scure fosse in grado di creare comunanza di buoni sentimenti e di amicizia fra i lettori. In una Posta di Zagor, addirittura, Sergio ha citato il nome di Angelo come un amico in gravi difficoltà di salute a cui la lettura dei nostri albi riusciva a dare un po' di sollievo, e questo serviva anche a noi autori per sentirci motivati a offrire sempre il meglio di noi stessi. Ricordo lo scrupolo di Bonelli nel non voler indicare il cognome e la località di residenza di Trampy, a tutela della sua privacy: tuttavia, il messaggio era per lui, e Angelo ne fu contentissimo. Del resto, quando potevo non mancavo mai di fargli avere qualcosa dalla redazione: disegni autografati, albetti difficili da reperire e, nello scorso novembre, gli ho spedito persino una cartolina da Istanbul con le firme di tutti gli autori presenti in quella occasione. In più, continuavamo a scriverci mail, mandarci SMS e sentirci per telefono.

Ricordo la fremente attesa di Angelo per lo Zagorone, da lui particolarmente agognato: era in contatto anche con Marco Torricelli e riusciva a farsi mandare in anteprima alcune tavole via via che venivano disegnate. Restava il cruccio, per me, di non essere mai riuscito ad andarlo a trovare. Tutti mi dicevano che lui ne sarebbe stato felicissimo. Gli promettevo sempre che lo avrei fatto, ed ero convintissimo che prima o poi ci sarei riuscito. Mi informavo da chi c'era già stato su qual era la strada da seguire e quanto tempo ci voleva: molte ore di viaggio, sicuramente, ma le avrei fatte. Ogni volta facevo un progetto: ci andrò in occasione della mostra di Napoli, mi dicevo. Poi a Napoli non ci andavo, e quando ci sono andato ero in treno in compagnia di Ferri, impossibile arrivare fino da Trampy. Mi riproponevo di aggregarmi alla prima spedizione di Rauch e Mangiantini, che in fondo partivano in macchina dalla Toscana per andare fin laggiù. Ma poi capitava che c'erano dei problemi con i figli e mi era decisamente impossibile approfittare del passaggio: rimandavo convinto che di lì a poco ci sarebbe stata un'altra occasione. E ogni volta spiegavo ad Angelo il perché e il percome non avevo potuto raggiungerlo: faccio una vita complicata (certo, mai come la sua), sono sempre in viaggio fra Milano e la Toscana, ho dei figli sparsi per il mondo, mille cose da scrivere, scadenze di lavoro improrogabili eppure già prorogate oltre ogni ragionevole limite, eccetera eccetera. Trampy mi rispondeva con una comprensione così affettuosa che ogni volta mi commoveva: ecco uno che avrebbe tutte le ragioni per avercela con il destino, la sorte, la vita e il resto del mondo, e invece è sempre sorridente, e soprattutto in grado di infondere coraggio e serenità agli altri. Eppure la sua situazione era drammatica: una sorella colpita da una malattia simile alla sua, una madre anziana, poca assistenza, difficili condizioni economiche. Dove trovava la forza per sorridere?


L'ultima volta che ho creduto di poter andare, finalmente, a trovarlo, è stato in occasione dei Comics Days di Raiano, in Abruzzo. Partendo dalla provincia dell'Aquila, mi sono detto, allungherò in tragitto fino a quella di Salerno. Mi sono illuso fino all'ultimo di poterlo fare, trattenendomi in viaggio un giorno in più. Poi, la disillusione: sia io che la mia compagna avremmo dovuto essere al lavoro già il lunedì mattina, senza possibilità di assentarci. Ho dovuto di nuovo dire ad Angelo che non ci saremmo visti fino a dopo l'estate, quando sicuramente, cascasse il mondo, sarei partito in auto anche da solo, pur di mantenere una promessa tradita fin da troppo tempo.


Ieri ho scoperto che il mondo è davvero cascato. Un altro SMS, quello di un amico, peraltro letto in ritardo, mi ha gelato il sangue. Diceva soltanto: "E' morto Angelo Trampy". Le prime notizie dicono soltanto che Angelo se ne è andato il 10 agosto dopo quattro giorni di ricovero in ospedale. Prima di partire aveva portato con sè l'albetto di Zagor "Anubi Voudou", uscito a Rimini, per cercare di leggerlo. Vorrei tanto che ci fosse riuscito, e avesse visto la mia ultima storia, di una sola pagina, realizzata con Marco Verni e Gianni Sedioli, così come tanti anni fa leggeva le mie prime prove di "Battista il Collezionista". So che al funerale ci sono andati alcuni forumisti e anche Mauro Laurenti. Come al solito, mancavo io.











giovedì 11 agosto 2011

SCUSATE IL RITARDO

"Ho tanto da fare che vado a letto", recita un proverbio savoiardo. Del resto, una volta Jerome Kapkla Jerome, l'autore del fondamentale "Tre uomini in barca" (uno dei dieci libri che porterei con me sull'isola deserta), scrisse: "E' impossibile godere fino in fondo l'ozio se non si ha una quantità di lavoro da fare". Stando così le cose, avendo lasciato ben dodici storie in sospeso per addirittura dieci giorni di crociera mi sarei dovuto gustare la vacanza come una sorta di gita premio in paradiso. Ma, come diceva Giorgio Manganelli, "ogni viaggio si conclude con un 'invece'". Perciò, ahimè, non sono riuscito a scollegare del tutto il cervello e ho passato diverse ore insonni, sul letto o sulla sdraio, rimuginando su quali scuse avrei inventato con i vari disegnatori lasciati senza lavoro a causa della mia partenza.

Però, neppure Apollo sta sempre con l'arco teso: e questa è una citazione da Orazio, dato che ci tengo a far sapere che ho fatto il classico e dato che la mia è stata una vacanza in Grecia. Così, sono partito nonostante gli impegni, convinto che per godersi la vacanza fosse importante mettere in pratica la massima di Renard: "mangiar bene, dormir bene, andare dove si vuole e soprattutto evitare come la peste i principali monumenti delle città". In una settimana in giro per le isole dell'Egeo sono riuscito a visitare un solo museo, dove però mi sono innamorato della Venere che vedete nella foto qui accanto. Beh, in effetti è una immagine di una donna nuda, non sarà mica sfruttamento del corpo femminile? E' persino in una posa un po' da velina. Non è che ora quelli dell'Associazione Genitori andranno a far chiudere il museo archeologico di Rodi?
















Nelle restanti foto, mi vede te immerso in una vasca idro con la mia nuova fidanzata, giovanissima, biondissima e con gli occhi azzurrissimi. Scherzo, ovviamente: si tratta di mia figlia. Non ero, infatti, in viaggio solitario e romantico con la mia dolce metà Alessandra ma con tutta la prole. Mi vedete negli altri scatti con loro, compresa la foto in cui sono obbligato a condividere anche quello che io chiamavo il "letto del popolo", dato che non lo trovavo mai libero.


Continuando con le citazioni, faccio mia la frase di San Francesco di Sales: "Ho cercato il riposo dappertutto, e l'ho trovato solo in un cantuccio con un piccolo libro". Tanto piccoli, i miei libri non sono stati, dato che in crociera ho finito "La regina dei castelli di carta", 850 pagine, l'ultimo volume della trilogia di Millennium, di Stieg Larsson (Marsilio), e ho iniziato "Limit", 1350 pagine, di Frank Schätzing, l'autore de "Il quinto giorno" e "Il diavolo nella cattedrale" (Nord).

Riguardo al primo, esisteranno senz'altro degli snob presuntuosi con la puzza sotto il naso, di quelli ai quali tutto ciò che ha successo fa storcere la bocca e arricciare il naso, in grado di dire peste e corna dei monumentali tre romanzi che compongono la saga di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist. Però, se volete il mio parere (quello di uno a cui piacciono le belle storie e i bei personaggi anche se sono pulp), sappiate che se inizierete a leggere il primo, "Uomini che odiano le donne", senza farvi scoraggiare dalla mole, dopo cento pagine non sarete più in grado di smettere fino all'ultima riga del terzo, rimpiangendo la prematura scomparsa del talentuoso scrittore svedese, morto a soli cinquant'anni nel 2004. Come ha scritto Mario Vargas Llosa su El Pais: "Ho letto la trilogia di Stieg Larsson con la stessa febbrile eccitazione con la quale da bambino e da adolescente lessi Dumas, Dickens e Victor Hugo, chiedendomi a ogni pagina: e ora, che succederà?". La ricostruzione del passato nascosto e gli imprevedibili sviluppi che le sue conseguenze sortiscono sul presente sono sempre, per me, elementi di fascino: io trovo "spiegazionista" lo stile di Larsson, e per quanto mi riguarda questo è un pregio. Se volete, torneremo a parlarne.


E' ancora troppo presto per parlare, invece, di "Limit" (sono soltanto a pagina 350), ma le prospettive futurologiche su cui Schätzing spalanca le finestre sono affascinanti e inquietanti al tempo stesso, e di sicuro farebbero la gioia di Isaac Asimov, se the good doctor fosse ancora tra noi. Del resto, la tecnologia di cui si parla (il romanzo è ambientato nel 2025) non è pura fantascienza, ma basata su conoscenze di cui già gli scienziati dispongono. Mi hanno colpito diversi passaggi in cui si parla della politica come non più in grado di dare risposte ai problemi dell'umanità, gestita com'è da incompetenti: è qualcosa su cui mi capita sempre più spesso di riflettere. In ogni caso, a proposito di progresso scientifico, sono sicuro che Asimov sarebbe perfettamente d'accordo con Remy de Gourmont (che non è un personaggio di Schätzing, ma un poeta e romanziere francese vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento) quando diceva che l'ozio è la più grande conquista dell'umanità. Il vero merito della civiltà è consentire agli uomini di riposare senza avere l'assillo della continua ricerca del cibo, e una società è tanto più arretrata quanto meno i suoi membri possono oziare. Oscar Wilde, del resto, non aveva dubbi: il fine dell'uomo è coltivare l'ozio. Credo che dirò questo, ai miei disegnatori, per scusarmi del ritardo.


Intanto, prima di ricominciare a scrivere per loro, ecco qualche notizia per voi. Innanzitutto, Alan Ford Story prosegue. E' stato formato un nuovo contratto che prolunga la ristampa cartonata fino al volume n° 120 (cioè, fino al 240° episodio della serie). Tuttavia, dato che dopo cento articoli non riuscivo più a garantire un pezzo alla settimana per altre venti uscite, la collana proseguirà senza di me. Credo di aver dato il mio contributo: inizialmente mi era stato chiesto un impegno solo per trenta volumi, poi la serie è stata allungata a sessanta, poi a novanta, poi di altri dieci. Ho ripercorso tutte le tappe della carriera di Max Bunker analizzandone tutte gli aspetti (compresi quelli da scrittore, regista, direttore editoriale) e tutti i personaggi: mettendo insieme tutte le circa 800 cartelle dei miei cento articoli si comporrebbe un libro paragonabile a quelli di Stieg Larsson. Dunque, passo volentieri ad altri la palla e sono lieto che sia la Mondadori che la MBP si siano trovati d'accordo sul nome che ho suggerito io: Francesco Manetti, che fu con me coautore dell' Alan Ford Index edito da Paolo Ferriani. Lo vedremo all'opera a partire da Alan Ford Story n° 101.

Seconda notizia: da qualche mese sono al lavoro su un progetto molto impegnativo che, quando giungerà in porto, consegnerà alle stampe un volume a fumetti di oltre cento pagine dedicato al contributo toscano all'Unità d'Italia. Il progetto, commissionato dalla Regione Toscana e dal gruppo di Lucca Comics al sottoscritto e alla Scuola del Fumetto di Firenze, prevede dieci racconti di dieci pagine ciascuno, uno con protagonista un personaggio di una delle dieci province toscane, con una introduzione disegnata del grande Sergio Staino. Il mio ruolo è stato quello di dirigere uno staff di giovani sceneggiatori e giovani disegnatori usciti dalla scuola, guidando i primi nella scrittura delle storie e i secondi nella realizzazione delle tavole. Anch'io ho scritto uno dei racconti, quello ambientato nella provincia di Pistoia (là dove sono nato), che sta venendo disegnato dal bravo Riccardo Pieruccini, lucchese, con cui anni fa già realizzai un volume ("La frontiera di ghiaccio"), il quale è riuscito a dare una brillantissima versione di Massimo D'Azeglio, protagonista della storia. Che cosa c'entra il piemontese D'Azeglio con Pistoia? Per saperlo, dovrete leggere il volume, previsto per l'autunno. Perché esca davvero, però, mi devo rimettere al lavoro. Basta oziare, checché ne dica Oscar Wilde.