giovedì 10 marzo 2011

IL TUO CULO E IL TUO CUORE


Ho dedicato a Roberto Vecchioni un post pochi giorni fa, subito dopo la sua vittoria sanremese. Capita l'occasione di citarlo di nuovo, e la colgo al volo più che volentieri. E' successo infatti che un altro mio pezzullo, quello intitolato "Nudo di donna", abbia provocato numerose reazioni e un dibattito a mio avviso molto interessante.
Siccome la discussione si è sviluppata in una serie di commenti, che sfuggono il più delle volte ai lettori disattenti o frettolosi, vale la pena di riportare in un articolo apposito il senso degli interventi e delle mie risposte, così da integrare (anche a futura memoria) le idee che ho cercato di esporre nel mio primo testo, che prendeva spunto dalla reazione scandalizzata di genitori ed educatori di una scuola elementare di fronte a uno scatto pubblicitario di Terry Richardson affisso in un cartellone davanti alle aule.

Che cosa c'entra Vecchioni? C'entra, perché tra le sue canzoni ce n'è una da me molto amata, che dice una profonda verità, quella su cui tutti i maschietti all'ascolto potrebbero dirsi d'accordo se soltanto non ci fosse da ossequiare il politicamente corretto o da seguire la moda un po' farisaica che impone facce scandalizzate di fronte a qualunque parte del corpo femminile venga mostrata ai nostri sguardi. Non si capisce perché anche una pur castigata nudità, infatti, debba essere considerata come "mercificazione" del corpo della donna anche se esibita, magari con giocosa malizia e solare complicità, da fanciulle libere di esprimere la propria femminilità e la propria sensualità come più le aggrada, in ossequio alla naturalezza invece che al perbenismo o al moralismo.
La canzone del grande Vecchioni è, naturalmente, "Il tuo culo e il tuo cuore", contenuta nell'album "Il cielo capovolto", con in copertina, guarda caso, un nudo di Klimt (era un'opera del pittore viennese anche l'immagine di Adamo ed Eva del post precedente).

Potete ascoltarla in fondo all'articolo (e mai come in questo caso, "fondo" si potrebbe tradurre in inglese con "bottom"), qui basterà citare i versi iniziali, quando il cantautore dice alla propria donna: "La tua intelligenza non ha limiti, è fuori discussione - io però con quella, amore scusami, - non ci faccio una canzone. Preferisco quel tuo modo unico - di piangere e sognare - ma confesserò che non sottovaluto - di vederti camminare". E poi: "Quando tu cammini sembri un angelo - di incerta tradizione - quando poi ti chini- è insostenibile, disumana tentazione. - Ci son notti che starei a guardartelo - per ore, ore ed ore - altre notte che vorrei farmi piccolo - fra le pieghe del tuo cuore". Insomma, ci siamo capiti. E se fossimo sinceri, diremmo tutti che è vero, è proprio così, è la fotografia della nostra genetica più che della psicologia di quello che ho sentito definire "maschio italiota".


Il culo cantato da Vecchioni (per carità, contestualizzato nella totalità femminile che è un universo assolutamente meraviglioso) va censurato perché è un "oggetto sessuale"? E' forse una colpa provocare un richiamo sessuale, cosa che fanno vicendevolmente da milioni di anni tutti i maschi e le femmine delle specie sessuate? Una volta che io desidero una donna perché è femmina, c'è una donna che è oggetto del mio desiderio. Immagino talvolta di essere stato anch'io desiderato in quanto maschio, e dunque sono stato oggetto a mia volta. "Desiderare" significa guardare le stelle. Una cosa bella e sublime. I matrimoni finiscono quando non c'è più il desiderio, ed è una cosa reciproca e non limitata alla parte maschile del cielo. Mi pare inoltre di capire che lo scatto di Richardson incriminato, che mostra uno scorcio del sedere di una ragazza, pubblicizzasse una linea di abbigliamento femminile e dunque volesse attirare l'attenzione delle donne. La bellezza di una foto, di una posa, di un corpo non è una questione di genere. Personalmente apprezzo anche i nudi maschili: c'è mercificazione anche nel corpo di Roberto Bolle o di Gabriel Garko o è solo un problema femminile?
Per la cronaca, sono celebri foto di Richarson anche quella poco sopra e poco sotto queste righe, e le tre lingue di ragazze intrecciate in un bacio. Sono di Oliviero Toscani le pubblicità Benetton e quella con la modella anoressica.

Qualcuno ha detto che la pubblicità di Richardson sarebbe "mercificazione" perché ha intento pubblicitario e non artistico. Qualcun altro si è detto scandalizzato perché il nudo venga usato come richiamo per vendere magari automobili, che dunque non c'entrano niente con il corpo femminile e sarebbe "gratuito". Ora, quest'ultimo argomento è molto debole perché paragonare una bella macchina a una bella donna è qualcosa che viene spontaneo (non a me, a chiunque) e non svaluta la donna ma nobilita la macchina.
Inoltre, se passasse l'obbligo di usare messaggi pubblicitari che colleghino i prodotti unicamente a slogan e immagini della stessa tipologia, dovremmo vietare, perchè gratuito, perfino Calimero (che c'entra un pulcino con un detersivo?) o l'ippopotamo Pippo (che c'entra un pachiderma con i pannolini?) e sarebbe la fine della fantasia e della creatività dei pubblicitari. Ma in realtà, il nudo viene usato perché è un richiamo assolutamente naturale, che ci riporta alle nostre pulsioni primarie e alle nostre origini. Sono gli uomini che hanno fatto del nudo una colpa e un peccato. Noi nasciamo nudi, ed è bellissimo stare nudi, come sa chi ha fatto del naturismo almeno una volta della vita (a me è successo, ma sempre all'estero, dove in questo sono più civili di noi). Il nudo è uno spettacolo che verrà replicato finché ci sarà qualcuno che lo apprezza. Dato che lo show va in scena dall'inizio del mondo, è probabile che durerà ancora un po' e che non sia poi così deleterio come si teme. Come tutti gli spettacoli, poi, ci sono quelli a cui non piace: lasciamo che tutti godano del tipo di bellezza che preferiscono, essendo la bellezza un valore opinabile, a patto che non si impongano modelli né in un senso né nell'altro.

Perché la ragazza di Central Park fotografata da Richardson dovrebbe essere causa della rovina della società occidentale e una ragazza con il burqa la salvezza del mondo?
Ma, soprattutto, dov'è lo scandalo nell'usare dei glutei per attirare l'attenzione sulle forme arrotondate di una autovettura? Un sedere può essere bello come sono belli gli occhi ("ci son notti che starei a guardartelo / per ore ore ed ore"). Se lo si usa, vuol dire che la tecnica funziona: ergo c'è una normale, naturale e dunque legittima sensibilità collettiva all'argomento. Alla radio, ho sentito di recente usare come argomento a favore dell'acquisto di una automobile il fatto che lasci tutti gli altri indietro al semaforo, a morire di invidia (lo slogan puntava proprio sull'invidia suscitata). Mi sembra più diseducativo questo di qualsiasi bel sedere mostrato su un cartellone. Peraltro, mi sembrano più diseducativi gli squallidi palazzoni su cui sono affissi di solito le pubblicità, piuttosto che le pubblicità stesse: ben vengano delle belle foto a coprirli, e a celarne la bruttezza (voluta dagli amministratori politici) ai nostri figli.

A volte si continua a rimarcare l'idea della "mercificazione" o della "carne un tanto al chilo". Ora, non credo che le modelle si vendano come schiave. Mi pare, al contrario, che esprimano il loro desiderio di liberta! Se in passato le donne erano obbligate a coprirsi da capo a piedi e a restare chiuse in casa a occuparsi dei figli e delle faccende domestiche. E' stata una grande conquista, quella della donna, di potersi spogliare e poter lavorare nel mondo della pubblicità, dello spettacolo, del commercio, della moda! Le modelle semplicemente manifestano ed esprimono attraverso il loro libero modo di essere, la propria interpretazione della femminilità. Sarebbe terribile un mondo con un solo modello di donna, magari quello puritano. Lasciamo liberi tutti di essere come sono.

La mia consulente tecnologica personale, Patrizia Mandanici, mi ha scritto: "Io non voglio obbligare nessuno a vedere le cose come le vedo io; ma non voglio neanche un mondo dove lo sguardo maschile sulla donna sia monodirezionale e imperante (se ci sono modelle che si prestano e sono felici cosa significa, che quel modello di donna dovrebbe andare bene alle altre milioni di donne?). Forse non ci si rende conto di tante cose quando si vive in una metà del mondo (e capisco che la cosa è reciproca, ma non per cose forse che vanno a toccare l'identità, l'intimità, il rispetto). E' difficile vivere da donna - lo è sempre stato, credo che lo continuerà ad essere. Continuo a credere che ci sono tanti tipi di uomo che vivono la loro maschilità in maniera differente - così come le donne la loro femminilità".

Vorrei distinguere bene il problema della "difficoltà di essere donna" da quello del nudo artistico e pubblicitario. Mi pare che le donne abbiano tutto da guadagnare, dal punto di vista del mal di vivere o della difficoltà di identificazione sessuale o psicologica (che, assicuro, colpiscono anche gli uomini) da una società in cui si è liberi di essere come si è e come si vuole, piuttosto che in una dove i modelli imposti sono censori e moralisti.
La più bella definizione di moralista che ho sentito è: "uno che non sopporta la felicità degli altri". Sono la libertà e la felicità i valori primari da difendere (a costo della vita) dai talebani di tutti i tipi. E non è che il fatto di apprezzare una forma femminile in una foto impedisca a chiunque (per esempio a me) di appezzare le donne in tutti i loro modo di essere. Personalmente, posso trovare bello lo sguardo di una donna sotto il velo islamico (ricordando che sono islamici gli inventori della danza del ventre), bellissimo il volto di Rita Levi Montalcini, adorabile la simpatia di Margherita Hack, senza che questo mi impedisca di trovare affascinante Nathalie di X Factor, Marilyn Monroe o Moana Pozzi. Trovo che mettere paletti all'espressione di sè, della propria femminilità (o mascolinità), del proprio corpo, sua sbagliato proprio per chi li pone, perché chi lo fa si autolimita i panorami di cui godere. Non capisco perché, se ammetto di apprezzare la sensualità di un gesto, di una posa, di uno scatto fotografico, di una coreografia, debba essere tacciato di vetero maschilismo o, che so, di idiozia fallocratica. Giuro di essere perfettamente in grado di apprezzare una donna nella sua completezza così come in tutti i suoi particolari.


Riguardo alla morale, a cui a volte ci si appella, si dice spesso che oggi non c'è più, una volta invece c'era. Siamo rimasti dunque all' o tempora o mores di Cicerone. Ma davvero la morale di ieri era migliore di quella di oggi? I nostri nonni andavano nelle case chiuse così si salvavano i matrimoni. Forse più che morale c'era più ipocrisia. Le morali cambiano con il tempo e con le latitudini, meno male che non si cuciono più le lettere scarlatte sui vestiti delle adultere. Anche se qualcuno, magari, vorrebbe reintrodurre l'usanza.



Nel mio precedente articolo sull'argomento, avevo citato le opere d'arte ispirate dai nudi femminili. Paco mi scrive: "Io però non metterei sullo stesso piano la Maya Desnuda di Goya con la fotografia davanti alla scuola. Perché ,dal mio punto di vista, quel culo scoperto è un culo su un cartellone pubblicitario: può essere artistico fin che si vuole,ma il suo scopo non è l'arte,è la pubblicità. Mi sembra un caso come un altro di mercificazione,che ha ben poco a che vedere con la libertà della donna".

Ho risposto che la pubblicità è una forma di comunicazione. In quanto tale può essere arte. L'arte, del resto, è essa stessa una forma di comunicazione. Si tratta di veicolare idee, messaggi, concetti, emozioni. L'arte non è mai morale o immorale, ma bella o brutta. Oscar Wilde lo diceva dei libri, non ci sono libri buoni o libri cattivi, ma solo libri scritti bene o scritti male. Se la pubblicità comunica bene ed è bella, è anche buona, nel senso che raggiunge il suo scopo. Se per fare pubblicità metto un culturista in perizoma a scolpire la scritta "Plasmon" su una colonna (come accadeva a Carosello quando ero piccolo io), è mercificazione del corpo o no? Perché il culturista nudo non è mercificazione e la ragazza vestita ma con il gonnellino leggermente alzato lo è? Non sarà un pregiudizio dettato dalla moda di questi giorni che ci vuole tutti politicamente e correttamente scandalizzati? Lo scandalo è negli occhi di chi guarda.


La Maya Desnuda è arte, certo. Ma è arte anche la fotografia. Ci sono fotografie esposte nei musei e ci sono cattedre universitarie di storia della fotografia. I grandi fotografi erotici non sono artisti perché fotografano il nudo? Ed Emanuele Pirella con il suo culo "chi mi ama mi segua" messo a pubblicizzare i jeans "Jesus"? Riflettiamoci bene e vedremo che non è il caso di ragionare su binari preconfezionati e in base a etichette.

Peraltro, non c'è niente di male, nell'avere un fine commerciale! L'arte è un prodotto commerciale, dato che ci sono i mercanti d'arte e tutti noi abbiamo in casa oggetti artistici regolarmente (si spera) acquistati.

Pensiamo al libro più bello che ci viene in mente. La Divina Commedia? Se Dante l'avesse scritta per se stesso e se la fosse tenuta in casa, non la conosceremmo. Ma è stata copiata, stampata, rilegata, venduta e tutti la conoscono. Pensa al film più bello che hai visto: Schlinder List, dico a caso. Non è un prodotto commerciale? Abbiamo tutti pagato un biglietto per vederlo. Spielberg non l'ha fatto per beneficienza. Non è che il fatto di essere "commerciale" segni di onta e disdoro il frutto dell'ingegno di chicchessia.


Oliviero Toscani ha fatto fotografie bellissime e le ha usate per fare pubblicità. Restano fotografie bellissime lo stesso. Basta guardare il bacio qua accanto. La romanza in Fa maggiore opera 50 per violino e orchestra di Beethoven è servita per anni a fare la pubblicità alla Vecchia Romagna: non è un capolavoro lo stesso? Un artista fa qualcosa e se la fa bene, è bello quello ciò che ha fatto. Se poi serve per fare pubblicità, dov'è il problema? C'è un intertessante blog dell'amico pubblicitario Alberto Camerra in cui spesso di parla di questi temi, e in particolare lo si fa in questo post.

E dell'arte su commissione vogliamo parlarne? I massimi artisti, da Giotto a Michelangelo hanno lavorato su commissione e non disinteressatamente. Se non fosse stato pagato, Leonardo non avrebbe dipinto l'Ultima Cena. Non c'è niente di male nel venire pagati. C'è molto di male nel non venire pagati.

Per la cronaca, io lavoro spessissimo (questo blog ne è un esempio lampante) senza venire pagato. Non guardo la TV e non ho gadget alla moda, per cui sono un pessimo destinatario di qualunque forma di pubblicità. Aggiungo che mi sono sempre spogliato gratis per chi ha avuto piacere che lo facessi per lei. E sono stato contento di essere, in quel caso, un oggetto sessuale. Però, vorrei un mondo più libero dai retaggi delle culture più retrograde, dove tutti, anche la gente strana come spesso mi sento io, i diversi di ogni genere, peccatori e i pubblicani compresi, possano non sentirsi braccati dal moralismo di chi sente in dovere di dare lezioni al resto del mondo. Rilassiamoci, viviamo e lasciamo vivere.