Come fare per imparare a memoria l'esatta successione delle varie parti delle Alpi e cioè Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Lepontine, Retiche, Carniche e Giulie? Ai miei tempi, la maestra ci faceva imparare a memoria la frase "Ma co(n) gra(n) pen(a) le reca giù", dove ogni sillaba rimanda mnemonicamente a una sezione dell'arco alpino.
Oggi mi è venuto in mente (la mia deformazione enigmistica è ormai sperimentata, risaputa e spero tollerata) che la stessa frase cela un indovinello di ambito bonelliano: ma con gran pena le reca Ju(lia). Che cosa? Le soluzioni dei suoi casi, sempre sofferte.
Tutto questo per arrivare a parlare del centocinquantesimo albo di Julia, evento che non poteva suggire (e infatti non è sfuggito) al nostro bravo e attentissimo Saverio Ceri, titolare della rubrica "Diamo i numeri". La penultima volta che Saverio è stato nostro ospite (sperando che voglia continuare a esserlo a lungo, magari anche incrementando i suoi interventi), alle sue sempre interessanti statistiche dedicate a Magico Vento, avevo fatto seguire una intervista da me realizzata a Gianfranco Manfredi in occasione dell'uscita del primo numero del personaggio, e apparsa su Dime Press. Dato che, sulla stessa rivista, comparve anche una intervista a Giancarlo Berardi (che io ritengo il più bravo sceneggiatore del mondo, come ho scritto una volta dedicandogli un articolo) da lui rilasciata subito dopo la pubblicazione del numero uno di Julia, troverete in appendice le mie domande e le sue risposte.
Diamo i numeri 7
CENTOCINQUANTA
SFUMATURE DI GIALLO
di Saverio Ceri
Il centocinquantesimo non è un albo che viene solitamente festeggiato in casa Bonelli, e anche stavolta, nel caso di Julia 150, apparentemente è stato così. Mi piace pensare, però, che in un certo senso un piccolo omaggio ci sia stato. Un doveroso riconoscimento a Laura Zuccheri, disegnatrice principale della serie (unico caso, tra le serie bonelliane in corso, di una donna disegnatrice al vertice di una classifica di tavole realizzate), che avrebbe meritato anche di realizzare il centesimo albo a colori se non ci fosse stato tra i collaboratori della serie anche Giorgio Trevisan, indiscutibile maestro del settore.
Approfittando di questo traguardo “intermedio” diamo un’occhiata ai numeri raggiunti dalla serie nei suoi 12 anni e mezzo di vita editoriale. Con 19464 tavole (quota 20000 è prevista per luglio) su 156 albi (150 della serie regolare più 6 almanacchi del giallo dal 2005 a oggi) Julia è oggi la decima serie bonelliana di tutti i tempi per quantità di tavole pubblicate; lo sarà ancora per pochi giorni visto che col numero di aprile sorpasserà il Comandante Mark fermo a quota 19552 tavole, istallandosi al nono posto. Il prossimo personaggio nel mirino della criminologa è il collega Nick Raider, attualmente ottavo; Julia lo raggiungerà tra poco più di un anno diventando così la principale serie “gialla” di Casa Bonelli.
Decisamente ristretto il numero degli scrittori che Berardi ha scelto per narrare le gesta di Julia. 6 gli sceneggiatori, ma oltre il 95% delle tavole è stato realizzato da soltanto 3 autori. Il creatore della serie del resto segue la sua creatura con attenzione, lo dimostrano oltre 10000 tavole al suo attivo (il 54% del totale), e il fatto che tutti i soggetti portano la sua firma. Inoltre da 138 albi anche tutte le sceneggiature recano il suo nome. Proprio per mantenere un’uniformità stilistica della serie Berardi si affida quasi esclusivamente a due soli collaboratori, l’ultima tavola che porta una firma diversa dai tre principali scrittori risale al numero 106 del 2007. La cura che il creatore del personaggio dedica alla protagonista gli impedisce di realizzare episodi tutti da solo; sono infatti solo 15 le avventure che recano il solo nome di Berardi tra gli sceneggiatori, e l’ultima risale al numero 53! Questa la graduatoria completa:
2° Mantero 4404
3° Calza 3564
4° De Nardo 840
5° Ghè 105
6° D'Antonio 63
In realtà al numero degli sceneggiatori andrebbero aggiunti anche Claudia Salvatori e Michelangelo La Neve che hanno “collaborato” rispettivamente alle storie di due e di un albo, ma non essendo quantificabile in tavole la loro collaborazione non risultano in classifica.
Più folta la schiera dei disegnatori chiamati ad illustrare le quasi 20000 tavole di Julia, ben 28, tra i quali 4 di lingua ispanica. Da segnalare anche la presenza nel gruppo di un big del fumetto internazionale: Sergio Toppi. La reginetta di questa graduatoria è Laura Zuccheri, unica donna, dicevamo, tra i vari leader delle classifiche delle pagine disegnate delle serie Bonelli in corso, e con un ultradecennale carriera editoriale. In realtà se andiamo a spulciare tra le serie chiuse, troviamo che in un altro caso non solo il primo posto, ma anche il secondo, è occupato da una rappresentante del gentil sesso. In attesa di dedicare una puntata ai numeri in rosa della casa editrice, lascio a voi il compito di indovinare di quale serie si tratta.
Passiamo alle cifre:
2° Enio 1995
3° Piccoli 1868
4° Michelazzo 1512
5° Jannì 1428
6° Zaghi 1417
7° Antinori 1197
8° Piccioni 1113
9° Boraley 1018
10° Campi 756
11° Caracuzzo 630
12° Marinetti 546
12° Trevisan 546
14° Pittaluga 472,5
15° Soldi 388,5
16° Siniscalchi 378
16° Foderà 378
18° Dall'Agnol 252
19° Macagno 220,5
20° Vannini 189
21° Trigo 168
22° Roi 126
22° Toppi 126
22° Seijas 126
22° Mattone 126
26° Leoni 94,5
27° Calcaterra 63
28° Spadoni 42
Anche in questa graduatoria dovrebbe esistere un ulteriore riga, il 29° posto occupato da un “collaboratore” di cui ci è impossibile quantificare l’entità della collaborazione. Si tratta dello sceneggiatore Maurizio Mantero, che ha già dato prova in passato di essere anche un valido disegnatore. Per Julia ha momentaneamente posato le sue matite (o le sue chine?) sulle tavole del decimo albo della serie.
Alle classifiche generali si arriva sommando di numero in numero, di anno in anno le tavole realizzate dai vari autori. Esiste, pertanto, anche una classifica annuale degli sceneggiatori e dei disegnatori. Inutile dire che tra gli scrittori la classifica parziale annuale è sempre stata vinta da Giancarlo Berardi dal 1998 a oggi: il suo anno più prolifico è stato il 2001 con 1197 tavole.
Più variegato l’albo d’oro annuale dei disegnatori:
1998 Roi-Trigo-Vannini 126 tavole
1999 Caracuzzo-Siniscalchi-Zuccheri 252
2000 Caracuzzo 252
2001 Enio-Zuccheri 252
2002 Enio-Janni 252
2003 Michelazzo-Piccoli-Zaghi 252
2004 Jannì- Zuccheri 252
2005 Zuccheri 220
2006 Enio Michelazzo 252
2007 Zuccheri 220
2008 Piccoli 252
2009 Michelazzo 252
2010 Enio 252
Laura Zuccheri ha “vinto” in 5 anni su 13 la graduatoria, seguita da Enio Legisamon con 4 successi e Ernesto Michelazzo con 3. A differenza delle altre serie, il copertinista della serie regolare non corrisponde con quello degli almanacchi. Perciò nella breve graduatoria di questa categoria troviamo al comando Marco Soldi con 150 cover, seguito da Laura Zuccheri con 6 copertine.
Alcune curiosità: il lettering è uno degli aspetti di cui Berardi ama prendersi particolarmente cura; generalmente preferisce che la mano che scrive nelle nuvolette sia unica, nel caso si Julia, la mano è quella di Maria Pejrano che ha al suo attivo 115 albi, il 76% del totale; a riempire il restante 24% ci pensa quasi esclusivamente Marina Sanfelice (32 albi), che, soprattutto nel periodo iniziale ha affiancato Pejrano; solo 2 albi per Alessandra Belletti e 1 per Viviana Spreafico. Nessuna indicazione invece per le autrici del lettering dei sei almanacchi.
L’avventura più lunga si può considerare la trilogia che ha aperto la serie: 378 pagine. Le storie più corte le 6 dedicate alla giovane Julia, apparse sugli almanacchi: 94 pagine. L’albo realizzato a più mani (ben 12 mani!!!) è il numero 81 di Berardi e Mantero alla macchina da scrivere e di Leoni, Macagno, Pittaluga e Soldi ai pennelli.
Tutto sommato questo centocinquantesimo albo una particolarità c’è l’ha: è stato scritto dai due principali sceneggiatori, disegnato dalla principale disegnatrice, “copertinato” dal principale copertinista e letterato dalla principale letterista: non male per un numero che di solito non viene festeggiato. Alla prossima.
Saverio Ceri
INTERVISTA A GIANCARLO BERARDI
da Dime Press (1998)
Dime Press - Quali sono state le ragioni della scelta
di un personaggio femminile come protagonista della serie?
Giancarlo Berardi – E’ stata un’evoluzione naturale. Nelle mie storie precedenti, e in particolare nella saga di Ken Parker, l’attenzione al mondo muliebre era diventato quasi una costante. Per un uomo, compenetrarsi nella psicologia di una donna, è come scandagliare un mistero affascinante e terribile; entrare in un mondo alieno e imparare a interpretarne il linguaggio. L’arte del racconto è fondamentalmente un atto di mimesi. E quello di rappresentare l’eterno femminino ha illustri e antichissimi precedenti nell’arte, nel teatro, e nella letteratura. La mia generazione è stata cresciuta con una forte differenziazione tra i due sessi: il maschio doveva essere maschio nelle sue caratteristiche esteriori come in quelle interiori. E così la femmina. Un modello culturale che diventava un invito pressante a disfarsi di quella percentuale dell’altro sesso che ogni essere umano si porta dentro. Con gli anni ho capito che era un impoverimento. Quindi ho preso a coltivare la mia parte femminile con grande cura. Oggi la identifico con la sensibilità, con la percezione e con la fantasia creativa.
DP - Julia assomiglia molto all’attrice Audrey Hepburn. Perché questa scelta?
GB - A cinque-sei anni, Audrey Hepburn è stato il mio primo amore cinematografico. E il primo amore non si scorda mai.
DM - Parlaci un po’ del cast dei comprimari della protagonista. Chi sono e quale sarà la loro funzione nelle storie di Julia?
GB - In questa serie (ma forse in tutte) i comprimari sono fondamentali. Trattandosi di una narrazione realistica, basata sul metodo oggettivo, la protagonista è quanto più possibile la rappresentazione di un essere umano normale. Per intendersi, non ha conoscenze o poteri superomistici, non pratica le arti marziali e non sa usare le armi da fuoco. Le sue doti sono l’intelligenza, la professionalità, la capacità d’immedesimazione, l’intuizione. Il contesto, però, resta quello noir , in cui avvengono delitti particolarmente efferati. Da cui la necessità per Julia di avere rapporti con la polizia (il tenente Alan Webb e il sergente “Big” Ben Irving), e di essere affiancata da un investigatore privato, atletico e capace di menare le mani (Leo Baxter). La nera Emily, invece – come la gattina persiana Toni – fa parte del nucleo familiare, nella doppia veste di collaboratrice domestica e di “tata” coccolona.
DB - Nella sua prima avventura, Julia deve affrontare un “serial killer”, una figura che, da alcuni anni, i mass media, il cinema e la letteratura hanno portato alla ribalta. Quale sarà l’approccio di Julia verso questo materiale?
GB - Il suo approccio al problema dei serial killer è squisitamente scientifico e aggiornato. Tiene conto, cioè, degli ultimi studi e delle statistiche elaborate dai vari centri che studiano il comportamento criminale umano. La tecnica è quella del profilo psicologico, messa a punto dall’F.B.I.; ma la spinta determinante, che permette a Julia di immedesimarsi anche con gli individui più aberranti, viene da un fortissimo desiderio di empatia, una propensione a capire i propri simili (capire, non giustificare), scevra da ogni pregiudizio. In questo senso, Julia è una vera e propria detective dell’anima.
DP - Già a partire dal primo numero della serie, ti trovi a maneggiare un argomento piuttosto scottante e scabroso, drammaticamente reale. Con quale approccio ti sei avvicinato a questa materia?
GB - Nel modo più sereno. Con la consapevolezza che qualunque argomento può essere trattato in maniera efficace, senza ferire la sensibilità dei lettori. Certo, per ottenere un effetto di realismo, una qualche dose di violenza è inevitabile, ma non va mai estrapolata dal contesto. Voglio dire: è funzionale alla storia e non fine a se stessa.
DP - E’ vero che, per la preparazione della serie, tu hai frequentato per alcuni mesi un corso universitario di criminologia? Se sì, in che modo questo ‘ti ha aiutato nella realizzazione della serie?
GB - Sì, ho frequentato l’Istituto di Medicina Legale di Genova, come auditore. Oltre ad essere consulente della procura di Garden City, Julia insegna criminologia all’università, quindi è stata un’occasione straordinaria per approfondire le mie cognizioni in materia e per verificare di persona l’approccio didattico di un vero criminologo. In più ho avuto la possibilità di consultare la sterminata biblioteca dell’istituto, da cui ho tratto indicazioni per formare un mio nutrito scaffale, con testi di psicologia, sociologia, psichiatria, psicanalisi, medicina legale, balistica e criminologia. A questi si sono aggiunti poi i romanzi, i resoconti di cronaca vera, i documentari, i film… un repertorio sterminato in cui continuo a pescare con la voracità del neofita e lo scrupolo del professionista.
DP - I ‘serial killer’ rappresenteranno le figure centrali delle storie di Julia, oppure la vedremo alle prese anche con casi criminali di altra natura?
GB - Julia sarà alle prese con le devianze e i delitti più disparati. Gli stessi, alle volte incredibili, che ci offre la cronaca di tutti i giorni. Con in più un approfondimento dei motivi e dei personaggi coinvolti. A mio modo di vedere, dovrebbe trattarsi di un viaggio nel lato oscuro dell’uomo, per conoscere meglio gli altri e noi stessi.
DP - Ci sono modelli cinematografici o letterari ai quali ti sei ispirato nella creazione di “Julia”? Mi vengono in mente, per esempio, la Jodie Foster de “Il silenzio degli innocenti” e, per la letteratura, la Kay Scarpetta protagonista dei romanzi di Patricia Cornwell...
GB - I miei ricordi cinematografici e letterari risalgono ancora più in là nel tempo: a “M”, di Fritz Lang; a “Psycho”, di Robert Bloch-Alfred Hitchcock”; a “Lo strangolatore di Boston”, di Richard Fleischer; a “Non si maltrattano così le signore”, di William Goldman. Il romanzo poliziesco, nei suoi vari sottogeneri – tra cui la Crime Story – ha sempre avuto un ampio spazio nelle mie letture, tanto che da ragazzo dedicai la mia tesi di laurea alla “Sociologia del Romanzo Poliziesco”. Sono debitore nei confronti di migliaia di libri e di film; troppi, per citarli tutti.
DP - Nel numero uno della serie, Julia affida le proprie impressioni alle pagine di un diario. Questo “espediente” narrativo sarà una presenza costante nelle storie di “Julia”?
GB - Un vero e proprio leit motiv, direi. Le annotazioni diaristiche di Julia mi permettono di approfondirne i pensieri e le emozioni, superando i limiti rigorosi della narrazione oggettiva. Ma è anche un omaggio alla scuola californiana del romanzo poliziesco – capitanata da Hammett e da Chandler – che privilegiava il racconto in prima persona.
DP - Le storie di Julia avranno un formato un po’ particolare rispetto alla tradizione bonelliana: 126 pagine contro le consuete 94. Perché questa scelta? Ci saranno storie divise in due o più parti? Oppure la formula sarà quella delle storie autoconclusive?
GB - L’aumento del numero delle pagine è una necessità legata al tipo di storie e alla peculiarità della mia scrittura. È molto difficile sviluppare una vicenda a suspense in 94 pagine. Non c’è lo spazio materiale per mettere in scena i personaggi, per farli agire, per approfondire le psicologie. Con un trentaduesimo in più, invece, si può lavorare anche sul ritmo, che è importantissimo. In musica, gli accenti, le pause, le accelerazioni, e i conseguenti rallentamenti costituiscono il fascino di un brano. Lo stesso vale per ogni tipo di racconto. La respirazione di chi legge dovrebbe aumentare o diminuire in sintonia con la storia.
DP - Parlaci dello staff di disegnatori che lavoreranno alla serie.
GB - In questa prima fase di lavoro abbiamo assemblato un team di disegnatori di grande caratura. Secondo la tradizione della Sergio Bonelli Editore, consolidata ormai da lungo tempo, abbiamo unito talenti conclamati ad altri in via di affermazione. Così (in ordine di apparizione), i primi dodici numeri sono stati illustrati da Luca Vannini, Corrado Roi, Gustavo Trigo, Piero Dall’Ágnol, Laura Zuccheri, Marco Soldi, Luigi Siniscalchi, Giorgio Trevisàn, Giancarlo Caracuzzo, Valerio Piccioni, Sergio Toppi, e Federico Antinori. E altri si stanno aggiungendo. Nonostante le difficoltà, e non sono poche, di questa nuova serie, si è creato tra tutti i collaboratori un bel clima di cooperazione, e talvolta di amicizia, che è già una prima risposta positiva all’impegno profuso dall’editore e dal sottoscritto.
DP - Ci saranno altri sceneggiatori che ti affiancheranno nel lavoro di scrittura delle storie?
GB - Un numero di pagine così elevato per albo richiede naturalmente l’apporto di altri sceneggiatori. Così, nel primo anno di programmazione, sono stato affiancato da Maurizio Mantero e da Giuseppe De Nardo. Ma sono al lavoro anche Gino D’antonio, Michelangelo La Neve e Claudia Salvatori.
DP - Julia introdurrà delle novità anche a livello grafico? La copertina, per esempio, o, più in generale, il “look” della serie.
GB - Sì, la grafica della copertina e il logo sono piuttosto innovativi rispetto alle altre testate bonelliane. Si è voluto sottolineare il fatto che si tratta di una serie noir, ammiccando alla tradizione del genere e cercando allo stesso tempo di rinnovarla. La professionalità di Nico Zardo ha poi tradotto il tutto in un prodotto di grande suggestione. Le copertine di Marco Soldi faranno il resto. Anche all’interno ci sono novità. Le vignette saranno molto regolari, come uno schermo cinematografico o televisivo. In questo modo, ritengo che il lettore potrà concentrarsi maggiormente sulla recitazione dei personaggi e sulla storia, senza essere distratto da grafismi, spesso eccellenti, ma talvolta un po’ compiaciuti e fini a se stessi.
DP - Sergio Bonelli Editore pubblica già da alcuni anni una serie poliziesca, “Nick Raider”. In che cosa Julia si differenzierà da questa serie già esistente?
GB - “Nick Raider” è una delle mie serie preferite. Molti anni fa ne scrissi anche un episodio, il numero 18, se non sbaglio. Ai miei occhi, il suo fascino consiste nell’aver ricreato un atmosfera da romanzo poliziesco anni 50-60, nella tradizione di Ed McBain. In Julia ci sarà una maggiore attenzione alla metodologia e alla tecnologia dei moderni corpi investigativi, oltre che alla psicopatologia criminale. E poi c’è lei, la protagonista, con quel suo miscuglio di fragilità e di decisione, con quegli occhioni a mandorla che penetrano in profondità, e quell’aspetto così sexy…
DP - Parlaci dell’ambientazione delle storie.
GB - Julia vive a Garden City, che è una cittadina americana fittizia, posta più o meno nel New Jersey, a un’ora d’auto da New York. Le sue strade portano nomi di fiori, in contrasto con la crudezza di certi crimini che vi hanno luogo. È un set di comodo, dove ho potuto concentrare un microcosmo umano che fa da sfondo alle investigazioni di Julia. New York è troppo grande e dispersiva; non vivendoci, si corre il rischio di banalizzarla o di incorrere in errori grossolani.
DP - Nella prima storia di Julia, ritroviamo citata una famosa canzone, “You Make Me Feel (Like a natural woman)”. Come sarà la “colonna sonora” della tua serie?
GB - La musica è una parte importante nella mia vita. Tanti anni fa cominciai proprio come musicista e oggi, a trent’anni di distanza, in concomitanza con la nuova serie, ho ripreso a strimpellare in prima persona. Tutto questo non poteva non riversarsi in Julia. La sua colonna sonora abbraccia un raggio molto ampio, che va da Schuman – Julia suona il pianoforte – a Carol King, ai Rolling Stones, a Bob Marley… e forse, prossimamente, a Eric Clapton e agli Eels, che mi tengono compagnia in questo periodo.
DP - E per finire, Ken Parker. In futuro avremo ancora occasione di leggere una storia di questo tuo amatissimo personaggio?
GB - Ken Parker ha riempito i miei pensieri per quasi venticinque anni. Puoi immaginare cosa significhi per me. Attualmente, alcune traversie ne hanno decretato la chiusura. Questo è già successo altre volte. E ogni volta Lungo Fucile è ritornato a cavalcare nelle edicole. In questo momento non ci sono i presupposti, ma un domani… chissà?