E’ in edicola “
L’incendio della ‘Golden Baby’”, l’albo Zenith n°643, corrispondente allo Zagor 592 e datato novembre 2014. Contiene il proseguo della storia del ritorno di Mortimer iniziata nell’albo “Tornando a casa” e continuata in “
Vendetta trasversale”, i due volumi precedenti. I testi sono miei, i disegni del bravo
Marco Verni, qui (a mio avviso) alla sua prova migliore, finora. Riguardo al diabolico genio del crimine sono stato intervistato di recente dal sito Bonelli e potete andare a
curiosare fra le mie risposte, se volete. Inoltre, ho approfondito l’argomento
anche in questo spazio. L’avventura si concluderà a pagina 98 del numero successivo, intitolato “Mortimer: ultimo atto”.
Se riportassi i messaggi privati, gli SMS, le telefonare, le lettere, le opinioni raccolte per strada mi sembrerebbe di volermi atteggiare a vanaglorioso, perché raramente mi è successo di ricevere tanti complimenti e apprezzamenti. In realtà mi sento sempre sotto esame e oggetto di critiche qualunque cosa faccia da venticinque anni a questa parte (da quando cioè sceneggio Zagor), per cui so che per ogni parere positivo ce ne saranno dieci negativi e non mi faccio illusioni di aver scritto una storia migliore del solito o di essere piaciuto, almeno stavolta, a tutti. Grazie comunque a chi mi ha fatto giungere un cenno di riscontro e di incoraggiamento. Tireremo le somme dopo il finale. Il mio parere sui
detrattori per forza l'ho già espresso.
Se non avete ancora letto niente, vi consiglio di non scorrere ulteriormente questo articolo, perché rivelerò particolari importanti della storia in corso (potrete tornare a vedere ciò che sto per dire una volta arrivati in fondo). Se invece avete letto “L’incendio della ‘Golden Baby’”, possiamo parlarne subito. Se nel numero precedente era morto il povero Doney, il trapper che da sempre raccontava a tutti di aver visto, una volta, una volpe a pallini neri, in questa nuova puntata le vittime di Mortimer sono due: Tabitha, la moglie indiana del dottor Sand, e il marinaio di Fishleg chiamato Samuelson.
Non si tratta di figure di secondo piano, perché
Tabitha compare da protagonista in due racconti (e questo è il terzo) della saga, più in altre apparizioni minori, e non è di poco conto quel che rappresenta con la sua figura (l’integrazione e la convivenza fra le culture, l’amore fra un uomo e una donna di razze diverse, la lotta contro l’apartheid, la malattia e la guarigione).
Samuelson, dal canto suo, rappresenta tutta la ciurma variegata ed eterogenea della “Golden Baby”, è il simbolo di quel microcosmo ideato da Nolitta, ed è stato co-protaginista, con gli altri marinai, di numerose avventure. Mortimer non ha programmato di eliminare proprio Samuelson, ma ha cercato di mietere vittime quanto più possibile facendo schiantare un veliero contro la baleniera di Fishleg e scatenando un’incendio seguito a una esplosione. Avrebbero potuto esserci numerosi altri morti, magari lo stesso comandante della “Golden Baby”. Se non c’è stata una strage e se la baleniera non è affondata è stato soltanto per l’eroico intervento di Zagor, aiutato da Zarkoff e, appunto, da Samuelson. Trovo pertanto patetiche le ironie di chi (mi hanno detto) avrebbe deriso lo “spessore” delle due vittime, sostenendo che la montagna avrebbe partorito un topolino. Sommando la fine di Doney a quelle di Tabitha e di Samuelson, il livello di dramma per lo Spirito con la Scure è sicuramente altissimo. Chi non lo capisce, vuol dire che o è limitato di comprendonio oppure fa finta di non capire. Peraltro, gli stessi che deridono le vittime di questa storia (ignorando quelle che potrebbero esserci nel prossimo numero) sarebbero stati i primi a criticare aspramente se a morire fossero stati Cico, Tonka, Doc Lester o Molti Occhi.
A chi vuol criticare per forza non mancheranno mai gli elementi per farlo.
Per dimostrare, però, il livello psicologico, più che logico, di certi biliosi detrattori, ecco un esilarante passaggio di una critica leggibile su un forum, che un’anima buona mi ha segnalato. Dunque, vedendo Tabitha scegliere volontariamente la morte pur di salvare l’uomo che ama, Zagor pensa: "Ha fatto rotolare da sola il suo masso perché io salvassi Sand!". L’acrimonioso commentatore, credendo di farci morire dal ridere, commenta: “No, è che si voleva grattare la schiena!”. Ho cercato di capire perché in un cervello contorto si fosse materializzata questa battuta di fronte a un passaggio piuttosto drammatico della storia. E’ evidente che quel che a me sembra emotivamente forte a lui fa pisciare addosso dalle risate, e dunque ho sbagliato io che non so creare il necessario pathos. Ma poi ho afferrato il senso dell’intervento: al detrattore dà noia che Zagor pensi. Cioè bisognava che quel pensiero non ci fosse. Non serve che il pensiero sia brevissimo e dunque possa essere tollerato anche dai più accaniti antispiegazionisti. No: le spiegazioni proprio non ci devono essere. Lo Spirito con la Scure doveva vedere Tabitha far rotolare il masso e non pensare nulla. Questo perché il mio critico si ritiene così intelligente e superiore per acume al resto del mondo da riuscire a capire tutto benissimo senza che nessuno glielo spieghi. E per sottolineare l’elevatezza del proprio quoziente intellettivo, non può fare a meno di pigliare per il culo il sottoscritto e i poverelli come me che non ci arrivano. Il che può essere senz’altro vero (cioè: ci può stare che lui capisca tutto, e che non ci sia bisogno di spiegare niente), ma non è che si trattiene dal dirlo pensando che altri possano gradire una facilitazione della lettura. Anzi, non gli viene neppure in mente che la facilitazione della lettura sia stato proprio il motivo per cui quel brevissimo pensiero sia stato messo in testa a Zagor. Non considera neppure l’ipotesi che lo sceneggiatore voglia fare in modo che tutti i lettori capiscano come ha capito lui, e che questo faccia parte da sempre della tradizione zagoriana in particolare e bonelliana in generale.
Lo stesso Sergio Bonelli chiedeva a noi sceneggiatori che cercassimo di spiegare nel modo più chiaro possibile i passaggi di un racconto (potrei citare di nuovo certi passaggi di certe sue interviste in cui sottolinea questo aspetto, ma l’ho già fatto più volte e sarebbe inutile). Ma soprattutto lo stesso Nolitta faceva così. Basta aprire una pagina a caso delle sue storie. Vogliamo sfogliare il classico dei classici, “Zagor contro il vampiro”? A un certo punto, Cico è nella cripta del castello di Rakosi e la lastra che copre il sarcofago in cui il barone riposa si sposta per far uscire il non-morto. Lo si vede benissimo. E che fa Cico? Pensa: “Questo lastrone si è mosso da solo”. Più avanti, lo Spirito con la Scure lotta contro il succhiasangue, sorge il sole e il vampiro viene ridotto in cenere. Lo si vede benissimo. E che fa Zagor? Pensa: “Non è rimasta che polvere!”. Il che è perfettamente logico: poiché nelle storie del Re di Darkwood esistono i pensieri (ci sono fumetti in cui non esistono), e c’è un momento nella mente del nostro eroe in cui egli capisce qualcosa, è giusto che glielo si faccia pensare. Anche al rancoroso, a un certo punto, è venuta in mente la sua brillante osservazione, e l’ha scritta. Io ho scritto la mia, e secondo lui non avrei dovuto farlo neppure in ossequio alla tradizione. Per far piacere a lui, avrei dovuto cambiare le regole stabilite da Nolitta. Soprattutto, avrei dovuto scrivere sotto dettatura (la sua) invece di assecondare il mio istinto, il mio stile.
Non contento di aver voluto dar così tanta prova di acume, il detrattore concede il bis. Infatti, qualche pagina più avanti, Zagor legge, scritta su una parete, una frase enigmatica in cui Mortimer vuol far capire al nostro eroe che lo ha rapito Cico e lo ha condotto a Port Whale. La frase è: “save whale”, cioè, più o meno, “salva la balena”. Il Re di Darkwood pensa: "La balena potrebbe essere un riferimento alla stazza di Cico". Naturalmente, per il saputello tutto ciò è anatema (per quanto breve sia il pensiero, a lui sembra troppo). Perciò il detrattore sghignazza: “No, a tua sorella la buzzicona!”. Zagor non solo non deve pensare, ma non deve neppure risolvere gli enigmi. I lettori devono farlo da soli, capire tutto al volo, appunto come il sommo commentatore. Lo so che con questi miei appunti forse avrò infastidito il detrattore in questione (non so neppure chi sia, in verità), ma del resto come io, scrivendo, presto il fianco alle sue critiche, anche lui, scrivendo, presta il fianco alle mie. Ma lo faccio con benevolenza, per tenerlo in esercizio e stimolarlo a criticare per partito preso sempre di più.
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Così si affrontano i detrattori |