Sergio Bonelli in un omaggio di Alessandro Chiarolla |
Un giorno di trentacinque anni fa, Sergio Bonelli decise
di smettere di scrivere le storie di Zagor, quelle storie così belle di cui io,
noi, tutti allora, ci nutrivamo. Non ci fu subito chiaro quando, come, perché.
Notavamo che negli albi l’autore dei testi non era più indicato, e speravamo
sempre che la storia successiva recasse la consueta targhetta: “Testo di
G.Nolitta”. Invece, niente. L’inizio di qualche avventura lasciava sperare che
forse era ancora proprio lui, a raccontarcela. Ma subito si sentiva che, no,
non era lui. Mancava qualcosa: quel tocco inconfondibile, quella “nolittianità”
che chi era cresciuto assimilandola giorno per giorno poteva riconoscere a
colpo sicuro, e che, ahimè, per quanto imitata, non c’era più. Guido Nolitta non
scrive più storie per la serie di Zagor dal n° 233 della collana Zenith: da
allora in poi, io per primo non ho mai smesso di sperare, fino al giorno della
sua morte, di vederlo tornare a raccontarcene ancora. I redattori della rivista "SCLS Magazine" hanno chiesto a Bonelli se si ricorda il momento preciso nel quale decise che non
avrebbe più scritto Zagor: “Non
c’è mai stato un momento nel quale io abbia deciso ‘a freddo’ di rinunciare a
scrivere storie a cui tutto sommato dedicavo il mio tempo libero. Il lento progressivo cambiamento della struttura della Casa
editrice, l’aumento implacabile della produzione, rendevano sempre più esiguo
il tempo lasciatomi dal lavoro e mi suggerivano di affidare temporaneamente ad
altri la gestione delle mia ‘creatura’. Ero convinto, che prima o dopo mi sarei
ripreso la gestione della serie, ma, invece, poco a poco mi resi conto di aver
perduto la carica iniziale di fantasia”.
Capisco tutti quelli che rimpiangono l’età dell’oro
zagoriana e trovano sempre e comunque “diverse”, se non inadeguate, le
sceneggiature scritte da altri, persino quelle firmate da pezzi da novanta del
fumetto come Tiziano Sclavi o Alfredo Castelli. Oggi, ormai da più di
venticinque anni, io stesso mi trovo ogni giorno alle prese con la difficile
eredità di Nolitta. Tuttavia, per quanti sforzi faccia e per quanto in molti
trovino abbastanza “nolittiana” la mia ispirazione e la mia calligrafia, in
realtà mi rendo perfettamente conto di essere comunque distantissimo dai
livelli e dallo stile di Sergio Bonelli. Spesso, mi trovo a dovermi
giustificare agli occhi dei lettori più nostalgici, che ancora non si
rassegnano al fatto che lo Zagor di oggi e di ieri non sia più quello di ieri
l’altro, quello delle origini, quello del suo creatore. Trovo strano dovermi
giustificare, quando io per primo potrei avere le loro stesse perplessità, se
per un momento ascoltassi le ragioni del cuore invece che quelle della mente.
Meno giustificazioni servono, per fortuna, agli occhi dei
lettori più giovani, arrivati a Zagor negli anni successivi alla gestione
Nolitta, magari addirittura in quella di Mauro Boselli. Costoro, i nuovi
arrivati, notano meno la dicotomia con il passato e in ogni caso la
comprendono, se non addirittura la
apprezzano, come naturale evoluzione di un personaggio e di una serie. Ed è
proprio questo il punto: capire come nessun personaggio e nessuna serie potrà
mai essere sempre uguale a sé stessa, se dura nel tempo; meno che mai se la
durata non si misura in anni ma in decenni, come nel caso di Zagor.
Lo Zagor di ieri e quello di oggi visti da Gianni Sedioli e Mauro Laurenti |
Lo Zagor di oggi non è più quello di quaranta, trenta,
venti, dieci anni fa ed è inevitabile dato che i tempi cambino e noi non essi,
come diceva Fouché. Ciò non
significa che lo Zagor di oggi non sia più Zagor. Neppure l'Uomo Ragno di oggi
è più quello di Stan Lee e di John Romita Senior, che a sua volta non era
quello di Steve Ditko. Il Topolino di Romano Scarpa non era quello di Floyd
Gottfredson e neppure lo Zio Paperone di Giorgio Cavazzano è quello di Carl
Barks. Perfino i film di 007 con Daniel Craig non sono quelli con Sean
Connery. E allora? L'eroe dovrebbe cambiare nome? Non sono più le stesse
neppure le stagioni, e una volta qui era tutta campagna. I lettori di oggi sono diversi da
quelli di qualche decennio fa, e non sono più gli stessi neppure gli
autori. Io per primo ho nostalgia
delle vecchie storie di Nolitta, come dicevo: solo che Nolitta, purtroppo, non c'è più.
Uno Zagor realizzato oggi, chiunque lo realizzi sarà
inevitabilmente diverso dallo Zagor di quarant'anni fa, quello che i lettori della vecchia guardia (come me) vagheggiamo. Ferri non disegna più come allora, perché il suo stile si è
evoluto (e si è evoluto continuamente, dal primo numero in poi), Nolitta, se ancora
ci fosse, non scriverebbe più come allora. Dunque, un qualunque Zagor del nuovo
millennio non potrebbe mai essere uguale a quello degli anni Sessanta, o
Settanta. Io non sono Nolitta, né potrei esserlo, Boselli non è Nolitta né
potrebbe esserlo. Possiamo essere nostalgici quanto vogliamo, e oltre a
rimpiangere Nolitta rimpiangere anche la spensieratezza della nostra infanzia,
i giorni felici della nostra gioventù, il primo bacio con la fidanzatina. Però
quei tempi non torneranno, e temo che vivere sospirando sui ricordi del passato
non sia la migliore delle condizioni possibili. Viceversa, se consapevoli di
come il linguaggio dei media si evolve sempre più in fretta, riusciamo ad
apprezzare come per fortuna alcuni nostri eroi, tra cui Zagor, riescono a tenersi
al passo con i tempi ed essere accanto a noi dopo più di cinquant’anni, forse
allora abbiamo ancora la speranza di divertirci e non finire a fare la figura
dei vecchietti brontoloni che scuotono la testa contro la gioventù degenere.
Lo Zagor di uno dei più recenti acquisti dello staff: Emanuele Barison |
Guardando un TG degli anni Settanta e uno di oggi non sembrano neppure parenti.
Gli spot pubblicitari del vecchio Carosello non assomigliano in nulla alle
pubblicità di oggi. I miei figli che guardano i film che avevano appassionato
me da ragazzo li trovano insopportabilmente noiosi: mi è successo di recente di
vederli fuggire da “Papillon”. Un personaggio non deve (o non dovrebbe)
limitarsi a sopravvivere come uno zombi della zona del crepuscolo, ma per
dimostrarsi vivo e vitale deve (o dovrebbe) tenersi al passo con i tempi, si
tratta di cercare di farlo in modo che non venga snaturato. Da questo punto di
vista, anziché lamentarsi di come Zagor sia cambiato, dovremmo tutti
meravigliarci di quanto sia cambiato poco, in così tanti anni e in anni che
così tante rivoluzioni hanno visto succedersi nel mondo della comunicazione
massmediale. Lo Spirito con la Scure di oggi è molto più simile a quello delle
origini dello Spiderman attuale rispetto a quello di Stan Lee. Oserei dire che lo Zagor di oggi è più Zagor di ieri di quanto il Tex di oggi sia il Tex di ieri (ma agli zagoriani nudi e puri, ovviamente non basta). Dopo
decenni e decenni, Zagor è ancora qui a volare di ramo in ramo, a lanciare la sua
scure, vestito con la sua casacca rossa un po' da supereroe, nella sua foresta
incantata: c’è qualcuno che pare lamentarsene, e allora ha torto lui.
Nessuno degli sceneggiatori chiamati a scrivere le avventure dello Spirito con la Scure dopo Nolitta ha tramato contro Sergio perché lasciasse il suo posto: ovviamente Bonelli se ne è andato di sua spontanea volontà. Non solo: Sergio ha scelto personalmente tutti i suoi successori e, finché è stato fra noi, ne ha guidato il lavoro. Quando mi ha dato fiducia (e l'ha fatto ininterrottamente dal 1989 fino all'ultimo giorno della sua vita) ha visto in me, quanto meno, un vero appassionato disposto a dare l'anima per il suo personaggio. E la stessa passione io l'ho vista in tutti o quasi i miei colleghi chiamati a proseguire l'opera nolittiana. Che il nostro lavoro sia stato fatto bene lo dimostra il fatto che Zagor, a differenza di altri personaggi, è ancora in edicola e ancora infiamma i cuori. Non pretendo che tutti questi sforzi debbano ricevere lodi universali, e che ci debba essere detto grazie, ma sperare almeno nel riconoscimento e nel rispetto per l'impegno profuso non mi sembra fuori da ogni logica.