E' in edicola ormai da un paio di settimane il n° 542 di Zagor, intitolato "Lo specchio nero".
Soggetto e sceneggiatura sono opera mia, i disegni si devono al sempre più apprezzato Marco Verni, che con questa sua ultima prova ha raccolto elogi pressoché unanimi. Quando l'ho scelto per illustrare un racconto estivo dal taglio volutamente retrò, non avevo dubbi sul fatto che il suo stile così evocativamente tradizionale si sarebbe rivelato vincente. Ogni sceneggiatura ha il suo disegnatore ideale, e se ogni volta lo si trovasse le storie a fumetti sarebbero tutte ciambelle con il buco.
Ho aspettato fino a oggi per dire qualcosa sul finale di questa avventura zagoriana, dopo che già ho parlato della prima parte ("
Il ritorno di Digging Bill") e della seconda ("
Ombre gialle") per dare tempo e modo alla maggior parte degli interessati di acquistare l'albo in edicola (o farselo prestare per leggerlo a scrocco) e arrivare fino in fondo. Se qualcuno di voi, pur avendone l'intenzione, non l'avesse ancora fatto, sappia che le righe seguenti contengono rivelazioni in grado di sciuparvi la sorpresa. Potete andare a leggere l'albo e poi tornare qui in un secondo momento.
Prima di cominciare, però, devo fare una premessa che, ne sono certo, divertirà e incuriosirà i più. Nel marzo 2010 è uscito, in occasione di una grande mostra dedicata alla storia della Sergio Bonelli Editore svoltasi a Napoli, con tanto di convegno accademico a cui anch'io sono stato invitato per una mia relazione in mezzo a una dotta schiera di professori universitari, un voluminoso saggio intitolato "L'Audace Bonelli" (contenente due articoli a mia firma).
In quel libro, Alfredo Castelli ha pubblicato un articolo dal titolo "Il Dizionario Segreto" dedicato a un oggetto che vedo tutti i giorni nel corridoio della Bonelli, e di cui vi ho accennato qualche tempo parlando della produzione nascosta del Buon Vecchio Zio Alfy. In un post intitolato "
Barack e Burattini", infatti, avevo scritto: "Appesa alle pareti della redazione di Via Buonarroti c'è poi (sotto cornice) la copertina di uno dei 'librini' allegati per anni agli speciali di Martin Mystère. Una copertina assolutamente in stile con tutte le altre, perfettamente mimetizzabile, soltanto falsa e riferita a uno spillato che non è mai uscito: raccoglierebbe l'elenco di tutte le cose che Sergio Bonelli non sopporta (dal pesce all'aria condizionata, passando per gli antichi romani) e su cui circolano leggende urbane incontrollabili".
Castelli così racconta, a proposito di quel 'librino': "I Segreti di Bonelli è un fascicolo che raccoglie un lungo elenco di aneddoti, realizzato nel 1998 nel formato dei dizionarietti un tempo allegati agli Special estivi di Martin Mystère. E' stato stampato in una sola copia: si tratta infatti di un dono per il compleanno di Sergio che gli regalai con l'impegno (che ho stranamente mantenuto) di non mostrarlo in giro, cosa che, come è facile intuire, mi è costato una fatica immane in quanto fa molto ridere e ne sono particolarmente fiero. Dopo ben dodici anni, una liberatoria bonelliana in occasione della mostra L'Audace Bonelli mi ha permesso di svelare in parte i segreti del Dizionario".
Castelli elenca quindi, di seguito, varie idiosincrasie, alcune più che giustificabili e da me persino condivise (come quelle verso i computer e i manga), altre meno comprensibili, tra cui, in testa alla lista, ci sono antichi romani e moschettieri. Ricordiamoci gli antichi romani e andiamo avanti. C'è un'altra cosa che fa storcere la bocca a Sergio, e sono i viaggi nel tempo.
Ora, Lo Spirito con la Scure non è un mio personaggio. Mi è stato affidato soltanto in gestione, e mi ritengo molto fortunato di aver avuto questa possibilità. Sergio Bonelli è il creatore di Zagor, il suo più amato sceneggiatore, l'editore del personaggio. Ce n'è abbastanza perché se fa delle richieste io cerchi il più possibile di accoglierle. Così, se Sergio mi dice di ritenere che i viaggi nel tempo debbano essere evitati perché secondo lui significa raschiare il fondo del barile della fantasia, come se fosse un espediente "troppo facile", anche se non sono del tutto d'accordo (perché al contrario se potessi io farei, come la maggior parte dei miei colleghi, una serie tutta incentrata sui viaggi nel tempo), mi adeguo e accetto di buon grado il suggerimento.
Allo stesso modo, così come tutti hanno i propri gusti in fatto di argomenti preferiti, ce ne sono anche sugli argomenti meno preferiti. Non so il perché del pregiudizio su centurioni e gladiatori, forse perché in sessant'anni di carriera come editore Sergio si è visto presentare un soggetto "anticoromano" una volta alla settimana e si sarà convinto che sia, anche questa, l'ultima spiaggia della banalità, però tutti noi che lavoriamo con lui sappiamo che presentargli una storia in peplum gli farà arricciare il naso.
Ciò non impedisce che poi di antichi romani e di viaggi nel tempo si sia parlato in varie storie bonelliane, e addirittura due serie ("Robinson Hart" e "Lilith") si fondino proprio su questo espediente, tuttavia è certo che Zagor è il baluardo della nolittianità e dunque chi sceneggi storie dello Spirito con la Scure debba attenersi alle indicazioni del creatore del personaggio.
Ora, non può sfuggire a nessuno che abbia letto "Lo Specchio Nero" come in questo albo si parli sia di antichi romani che di qualcosa di simile a dei viaggi nel tempo, chiamato "cronomoto". Considerando che è da sempre un mio preciso scrupolo e il buon proposito di ogni mattino quello di rispettare la nolittianità, com'è stato possibile?
Risponderò spiegando com'è nata l'idea della storia. Esiste un romanzo di Bob Shaw del 1968 intitolato "Cronomoto", pubblicato su Urania, ma come è facilmente constatabile semplicemente leggendolo, non ha nulla a che vedere con la mia storia. Il racconto parla di viaggi nel tempo compiuti da un marito per salvare la vita alla moglie destinata a venire uccisa in una certa linea del tempo, ma che con il suo intervento crea una disfunzione dell'intero equilibrio dei due universi alternativi che rischia di scatenare la fine del mondo. La storia di Shaw resta comunque "minimalista" nel senso che la fine del mondo è una minaccia soltanto evocata e in conclusione si parla più o meno solo del marito e della moglie. Il romanzo è intrigante e di gradevole lettura, ma niente a che vedere con eserciti e condottieri che si spostano tra piani temporali finendo in epoche diverse dalle loro. Peraltro, il titolo "Cronomoto" è stato dato soltanto in italiano, perché in inglese il romanzo si intitola "The two timers". Però, ho sempre trovato intrigante questa parola, "Cronomoto" e confesso che sono rimasto deluso scoprendo che non c'erano affatto i "terremoti temporali" che mi aspettavo, ma si raccontava soltanto di una vicenda famigliare. Così, mi è venuta l'idea di scrivere IO qualcosa che sconvolgesse davvero lo spazio-tempo. Questo a dimostrazione di come a volte basti una parola a far scaturire la scintilla di una storia.
Mentre cercavo lo spunto adatto, ho visto (come tutti) il film "Il gladiatore", quello con Russell Crowe. La scena iniziale, con l'esercito romano schierato ad affrontare un'orda di barbari, mi ha fatto pensare che sarebbe stato fantastico se un "cronomoto" avesse portato a Darkwood entrambi gli schieramenti, e ci fossero dunque una legione di Roma e una schiera di germanici in armi in giro per la foresta! C'erano però da considerare le perplessità di Sergio di usare sia gli antichi romani che i viaggi nel tempo. Non avevo nessuna possibilità di far passare un soggetto che li prevedesse entrambi. Ho pensato che non c'era nessun divieto, però, contro la magia: anziché impostare la storia sugli spostamenti nel tempo potevo presentarla come imperniata su un'antica magia, magari egiziana. Dovevo anche evitare i romani, e concentrarmi sui barbari. Quali barbari?
Ho visto al cinema "Mongol", sulla vita di Gengis Khan, e ho capito che sarebbero stati loro, gli armati trasportati a Darkwood. Mi sono documentato sui mongoli, e sono anche riuscito, almeno approssimativamente, a farli parlare nella loro lingua.
Proseguendo, se c'è qualcosa di tutt'altro che saldo nella descrizione della realtà da parte della matematica è il concetto di tempo. In molte importanti equazioni il tempo sembra non esistere, collegato com'è soltanto con alcune conseguenze della gravità, al punto da poter essere considerato mera "apparenza" (come apparenza è la solidità della materia, essendo qualunque oggetto costituito quasi esclusivamente da vuoto in cui fluttuano particelle infinitesimali).
A questo proposito, così scrive Craig Callender (professore all'Università della California di San Diego) nel suo saggio "Il tempo è un'illusione?" che ho letto di recente: "Oggi i fisici sono preoccupati del fatto che una teoria unificata debba eliminare il tempo, ma possiamo affermare che il tempo si era perso già nel 1915, e che ancora non ce ne siamo fatti una ragione". La teoria unificata è quella che dovrebbe trovare una sintesi fra relatività e fisica quantistica, e la data del 1915 rimanda alla dimostrazione delle equazioni di Einstein in base alle quali il tempo non è costante né universale ma viene influenzato dalla gravità.
Se non esiste il tempo, i fatti si verificano tutti contemporaneamente su diverse linee della realtà e passare da una all'altra non potrebbe essere impossibile. Dunque, una antica magia potrebbe semplicemente aver anticipato le realtà per ora solo ipotetiche della fisica quantistica.
Ero però impensierito dall'idea di dover fornire delle spiegazioni (peraltro non semplicissime da dare) che avrebbero dato adito ad accuse di spiegazionismo, di lungaggini, di eccesso di dialogo, eccetera. Dunque ho cercato di limitarmi al minimo e di mescolare il più possibile le spiegazioni con delle scene d'azione (anche in flashback). Ho confidato nel fatto che i lettori avrebbero cercato di spiegarsi da soli tutte le implicazioni del cronomoto che non fossero risultate chiare e anzi il fatto che tutto non fosse sviscerato magari avrebbe portato qualcuno a rimuginarci sopra, così che l'intera storia avrebbe finito per essere più stimolante. A volte si leggono storie in cui tutto si risolve in un sussegirsi di scontri a fuoco o di scazzottate e alla fine non rimane nulla, si fa fatica a ricordarsi se l'eroe combatteva contro trafficanti di droga o mercanti di whisky. Mi auguro che non sia il caso de "Lo specchio nero".
Tornando alla mia idea, da custode dell'ortodossia zagoriana ho cercato di impostare il mio racconto in modo che per due albi scorresse come una tradizionale storia avventurosa e misteriosa, nel solco delle classiche avventure dello Spirito con la Scure, e solo nell'ultimo albo si svelasse un arcano magico e potenzialmente dirompente. Non a caso, Sergio ha apprezzato le prime due puntate e mi ha rimproverato per la terza. Naturalmente mi ha contestato il viaggio nel tempo e io ho potuto ribadire che in realtà Zagor non viaggia tra le epoche, ma è una magia a portare a Darkwood i mongoli. La storia, insomma, è stata impostata per essere il più possibile darkwoodiana, come il nostro editore (e i lettori più fedeli) chiedono con insistenza. Nulla mi è stato rimproverato per gli antichi romani, perché sono stato ben attento a non farli comparire per più di un paio di tavole. Mi pare un punto di merito, da parte mia, essere riuscito ad accontentare la mia voglia di cronomoti e di legionari inserendoli comunque nella serie senza tradire troppo, nello stesso tempo, le indicazioni del creatore e dell'editore della serie.
A mio conforto, posso citare il commento di Alessandro Agueci (Axel),
il fondatore di uno dei due attivissimi forum italiani dedicati a Zagor, che così scrive nel filo diretto a me dedicato: "Caro Moreno, voglio farti i miei più sentiti complimenti per l'ultima tua storia e sopratutto per quanto hai osato fare, benché, lo premetto, non amo molto l'espediente dei viaggi temporali. Ritengo che ci siano diversi punti che meritano una menzione particolare. 1) Sei riuscito in maniera evidentemente arguta ad aggirare il veto bonelliano sui viaggi nel tempo. Che si tratti di una magia piuttosto che di un viaggio nel tempo è alquanto opinabile, in questo caso la distinzione è sottilissima. Quel che conta è che ci sei riuscito. 2) Sono contento che comunque tu ci sia andato con il freno a mano molto tirato, facendo si che il tutto sia comunque rimasto sullo sfondo di una tipica vicenda di avventura classica zagoriana. Di per sè l'idea dei viaggi nel tempo in Zagor non mi ha mai fatto impazzire, e per questo condivido la linea di Bonelli. Così ne ho avuto un assaggio avvincente che non mi ha disdegnato, benché quando ho capito quale fosse il potere degli specchi un po' ci sono rimasto e sulle prima la cosa mi ha un po' disturbato (vabbè, qui si esagera....), ma poi devo dire che nel complesso ne è uscita una storia avvincente, originale e al tempo stesso classica. Beninteso, non la giudico la tua migliore nè la inserisco nella mia top ten globale, ma è certamente una di quelle storie che non si dimenticano facilmente. 3) Questo è il complimento più grande che io possa farti: avevo notato un calo lieve ma costante di spiegazionismo nelle ultime storie, qui siamo davvero ai minimi termini e me ne compiaccio e dire che l'argomento si sarebbe pericolosamente prestato. Invece largo spazio all'azione ed all'immaginazione del lettore, questa per me è la strada giusta".
Grazie Alessandro, confido di continuare per la via che già sto seguendo.