Ho fatto qualche foto con il telefonino, ieri 29 settembre 2011, all'affollatissimo funerale di Sergio Bonelli, dove c'eravamo proprio tutti. Ma non mi va di metterle sul blog. Preferisco salutarlo con un altro scatto, uno degli ultimi che ci ritrae insieme. Siamo a Rimini, il 25 luglio 2011, subito dopo il concerto di Graziano Romani. Con lui, oltre a me, c'è appunto Graziano e ci sono alcuni appassionati zagoriani che avevano assistito allo show. Si tratta sicuramente di una delle ultimissime foto di Sergio. Ed è una foto felice.
venerdì 30 settembre 2011
lunedì 26 settembre 2011
CONTINUA A DARMI UNA MANO, SE PUOI
Il primo SMS mi ha raggiunto alle 10 e 50 di questa mattina. Era di un lettore di Zagor. Diceva: "Moreno, dimmi che non è vero". Io sapevo che era vero da poco più di un'ora, e ancora non riuscivo a convincermene. Sergio Bonelli ci ha lasciato.
Il primo, incredulo pensiero è stato: non sono preparato. Nessuno, mi sono detto, lo è. Sapevo che, negli ultimi giorni, era stato ricoverato in ospedale per degli accertamenti. Ma non sembrava niente di troppo grave. Mai avrei immaginato, quando l'ho salutato l'ultima volta, a fine luglio, che non lo avrei mai più rivisto. Eravamo stati insieme a Riminicomix, dove lui aveva partecipato alla grande festa per i cinquant'anni di Zagor, facendo un vero e proprio bagno di folla e riscuotendo ripetute e affettuose standing ovation da parte del pubblico. Tutti lo avevamo visto sorridente e in gran forma. Addirittura non aveva voluto mancare al concerto di Graziano Romani e si era intrattenuto fino a tardi con i musicisti della band e con un gruppo di forumisti zagoriani , scherzando con loro con quell'humour che gli era proprio. Già, perché Sergio sapeva far ridere, e ridere di gusto: non soltanto come sceneggiatore di indimenticabili sketches di Cico, ma anche e soprattutto negli incontri con il pubblico, o al tavolo di un ristorante o nei corridoi della redazione.
A Rimini, c'era stata una cosa che aveva detto rispondendo a una domanda di un lettore e che merita di essere riferita. Gli era stato chiesto se davvero, come era stato ventilato più volte, aveva pensato di vendere la sua Casa editrice alla Mondadori o alla Rizzoli piuttosto che a qualche altro colosso editoriale. Sergio aveva risposto che, quando gli era capitato di rifletterci, aveva accantonato l'idea per un motivo semplicissimo: nessuno di quei potenziali acquirenti amava il fumetto come lui. Credo che il suo segreto fosse tutto qui: il sincero amore, la vera passione, per ciò che faceva e che sapeva fare. I fumetti, appunto. Durante un altro, recente incontro a Pavia, raccontò ai presenti un altro aneddoto: durante una riunione con alcuni imprenditori abituati a ragionare secondo l'ottica della produzione industriale, qualcuno gli chiese quanti "pezzi" producesse al mese. Lui rispose: neppure uno. Perché per lui, nemmeno una copia dei suoi albi poteva essere considerata un "pezzo", come un bullone o un barattolo prodotti in serie. E infatti, i fumetti Bonelli sono fatti a mano pagina per pagina, vignetta per vignetta, perfino nel lettering. Perché si dica quel che si vuole, ma il "sapore" del balloon scritto da un letterista non potrà mai essere lo stesso di una nuvoletta riempita al computer. La grande lezione di Sergio si ritrova anche in questo tipo di cose. E in altre, che mai potrebbero capire gli industriali, come una seconda affermazione che sempre a Pavia strappò un applauso a scena aperta: in sessant'anni, disse rivolgendosi ai suoi lettori, io vi ho talmente rispettato che mai vi ho inflitto una sola pagina di pubblicità. Bonelli era un editore puro: voleva reggersi con l'unica forza del suo lavoro, delle sue idee, delle sue storie scritte, disegnate e stampate su carta. Per questo è sempre stato fondamentalmente ostile anche al merchandising. Per non parlare del prezzo di copertina delle pubblicazioni con il suo marchio, da lui sempre tenuto il più basso possibile, perché potessero arrivare a tutti.
Il tourbillon di questi e altri pensieri ha cominciato a venire interrotto da decine di telefonate e da altri SMS. Finché un altro lettore mi ha scritto così: "Sono senza parole. Noi e Zagor siamo nelle tue mani. Aiutaci e non abbandonare mai questo grande immenso sogno". Mi sono sentito schiacciato dal peso di una responsabilità troppo grande. Perché Bonelli non era soltanto un editore, ma era Guido Nolitta. Il creatore di Zagor. E se anche io mi sono trovato, per sua scelta, a raccoglierne l'eredità al timone della serie dello Spirito con la Scure, ho sempre lavorato, da vent'anni a questa parte, con Sergio Bonelli al mio fianco, pronto a incoraggiarmi e a criticarmi, a darmi suggerimenti o a impormi correzioni, a farmi una lavata di testa ma subito dopo a venirmi a cercare per mettermi una mano sulle spalle. Ho finito per scrivere più tavole di Zagor di lui, senza riuscire mai neppure a sfiorare, nella considerazione dei lettori, l'immensa ammirazione del popolo di Zagor verso le storie di Nolitta. E mai, essendo da sempre io stesso il primo ammiratore di quei racconti e del loro autore, mi sono sognato di gareggiare con lui, pur essendo stato a lungo additato come il più nolittiano dei suoi emuli. Per vent'anni ogni mia sceneggiatura è stata paragonata a quelle di Sergio, e ne sono uscito sempre con le ossa rotte. Anche l'ultimo post che ho scritto su questo blog, senza poter immaginare quale sarebbe stato l'argomento successivo, aveva per argomento le critiche di quei lettori così innamorati di Nolitta da non riuscire neppure a concepire l'idea che io e gli altri sceneggiatori siamo dalla loro parte e cerchiamo di continuare a far vivere il "grande immenso sogno" zagoriano con i talenti di cui disponiamo, impegnandoci con tutto il cuore e non certo dandoci da fare per tradirlo, come a volte a qualcuno sembra. Nolitta ha smesso di scrivere racconti dello Spirito con la Scure trent'anni fa, per sua decisione, e ha scelto lui le persone a cui affidare il suo personaggio. Io, che ho avuto (insieme ad altri) questo privilegio, ma anche quest'onore gravoso, mi sono confrontato con lui in redazione giorno dopo giorno. Adesso che non c'è più, mi sento perso.
Nel pomeriggio, ho visto che sul sito della Casa editrice, là dove si dava la triste notizia, si poteva lasciare un messaggio. In poche ore, sono stati migliaia. Non si possono leggere senza sentire le lacrime affiorare agli occhi e un nodo stringersi in gola. Senza pensarci, ne ho scritto uno anch'io: "Caro Sergio, so che non potrò mai reggere il confronto con te, pur avendo raccolto la tua eredità zagoriana. Continua a darmi una mano, se puoi. Moreno".
venerdì 23 settembre 2011
IL SIGNOR JACOPO
Dell’indimenticabile signor Emilio si è discusso a lungo sui forum e anche su questo blog. Adesso però è arrivata in redazione la lettera di un altro lettore indignato, al pari se non di più, dell’illustre predecessore. La missiva non è indirizzata a me ma il direttore responsabile di Zagor, il quale, se vuole, risponderà per conto suo. Potrà farlo però soltanto in pubblico, sempre che gli sembri opportuno, perché, ahimè, per caso o per dimenticanza (e di sicuro non per dolo e vigliaccheria), il mittente non ha vergato in calce (né sulla busta) alcun recapito. Di lui, quando mi è stato fatto leggere ciò che ha scritto perché ne prendessi atto, conosco soltanto il nome. Si tratta del signor Jacopo. Di più, non è dato sapere.
Mi auguro che il signor Jacopo possa leggere queste righe qui sul Web, o che qualcuno che lo conosce gliele stampi e gliele faccia vedere, perché avrei voluto, con garbo e gentilezza, rispondergli per lettera come faccio sempre a chi mi scrive, anche quando si tratta di critici. Purtroppo, non mi è possibile farlo su carta e dunque eccomi a tentare un approccio telematico. Cercherò di ricapitolare per sommi capi (ma con tutta la correttezza consentitami dalla memoria) il senso delle principali tesi sostenute dal signor Jacopo. Certo, non potrò farlo con la brillantezza del suo eloquio, ma per aprire un dibattito basterà, credo, individuare il nocciolo della questione: in altre parole, si tratta di prendere spunto da quanto l’ipercritico lettore argomenta nella sua missiva, per usarlo quale paradigma di un modo di pensare probabilmente condiviso da altri. Insomma: non importa citare le esatte parole di qualcuno, per rispondere in termini generali a chiunque la pensi allo stesso modo.
In realtà, il signor Jacopo non se la prende principalmente con il sottoscritto. Il suo principale bersaglio è Mauro Boselli e il fattore scatenante della sua ira è la storia di Zagor attualmente in corso di pubblicazione, quella in cui lo Spirito con la Scure agisce in tandem con Andrew Cain, un personaggio già comparso in altre avventure zagoriane scritte dallo stessi Boselli. Si noti che l’avventura non si è ancora conclusa, visto che si dipanerà su cinque albi. Tuttavia, già due (o forse tre) sono bastati a signor Jacopo per esprimere un giudizio senza possibilità di appello. Non so quanto il parere di un lettore tanto frettoloso e tanto ansioso di giungere alla stroncatura possa essere ritenuto attendibile: l’idea che ci sia del pregiudizio mi pare abbastanza fondata. In fondo, i voti si danno alla fine della prova d’esame e non dopo la prima o la seconda risposta sbagliata. Ma il signor Jacopo è di quelli a cui basta una prima occhiata per emettere le sentenze, e tant’è: prendiamone atto. A me, però, l’esperienza ha insegnato che è sempre meglio aspettare, prima di valutare. Ricordo quando lessi la storia “Incubi” di Tiziano Sclavi: mese dopo mese, dato che la pubblicazione fu lunghissima (anche in quel caso, cinque albi), mi sembrava che il racconto non avesse né capo né coda, che le sequenze si succedessero senza senso, che non ci fosse nulla di nolittiano. Poi arrivò la fine: mi commossi e rivalutai tutto quanto avevo letto. Il signor Jacopo, probabilmente, avrà fatto fuoco e fiamme già dopo le prime venti pagine.
Ma quali sono i motivi per cui il signor Jacopo non sopporta l’ultima storia di Mauro Boselli? Principalmente perché c’è Andrew Cain, un personaggio che non sopporta per la sua distanza dalla "nolittianità". Non so se il signor Jacopo sa che Andrew Cain non è un’invenzione del tutto originale ma è ispirato, abbastanza da vicino, al Solomon Kane di Robert Erwin Howard, uno dei maestri della heroic fantasy, il creatore di Conan il Barbaro. Di Kane, spadaccino puritano convinto di essere al servizio di Dio contro le forze del male, Howard ha scritto sedici opere tra romanzi e racconti. Da esse, il regista Michael J. Bassett ha tratto nel 2009 un film interpretato da James Purefoy. Non mi sembra il caso di impelagarmi nel dimostrare quanto l’universo zagoriano sia vicino a quello howardiano, soprattutto quello conaniano, anche riguardo a molto altro oltre a questo personaggio. Basterà sottolineare come la derivazione letteraria di Andrew Cain sia nobile, importante, colta.
Non solo: nel far suo il personaggio di Howard, Boselli ha eseguito esattamente il tipo di operazione che Guido Nolitta, il creatore di Zagor, ha compiuto con altri sui characters: Hellingen deriva dal Virus di Molino e Pedrocchi, Bela Rakosi è Dracula, il mostro anfibio del Dark Canal è il Mostro della Laguna Nera, il cacciatore di uomini Lord Nicholson è frutto di una ben precisa ispirazione sia letteraria che cinematografica (come ben sa chi ha visto o letto “The most dangerous game” scritto da Richard Connell o filmato da Irving Pichel ed Ernest B. Shoedsack). Si potrebbe continuare a lungo, ma basta così. Dunque, attingere dal cinema o dalla letteratura per dar vita a riadattamenti fumettistici in chiave zagoriana (a dimostrazione di come l’Avventura sia un territorio trasversale tra i generi e Darkwood il regno della contaminazione tra di essi) era una prerogativa nolittiana.
Nonostante ciò, l’accusa principale che l’ipercritico scaglia contro Boselli è di non aver seguito l’esempio di Nolitta. Perché, pare di capire, ormai lo Zagor di oggi non ha niente di quello della sua giovinezza, definita dal signor Jacopo ormai irrimediabilmente lontana. E’ probabile che proprio in questa frase si trovi la chiave di lettura delle critiche che il non più giovanissimo lettore riversa contro Boselli (e poi, come vedremo, contro di me). Purtroppo la nostalgia è una brutta bestia. Ne so qualcosa io che tutti i giorni devo resistere alla tentazione di sospirare “o tempora, o mores”, scuotendo la testa contro i costumi degenerati dei ragazzi di oggi che giocano alla playstation invece di correre dietro alle ragazze, o contro le frequentatrici delle spiagge dei giorni nostri che non prendono più il sole in topless mentre una volta, ai miei tempi, si faceva. Dunque, per il signor Jacopo, i mostri di Nolitta (quello della Laguna Nera o gli Akkroniani) andavano bene, quelli di Boselli, pur se letterari quant’altri mai, no. Non ci resta che prenderne atto. Inutile, ritengo, obiettare che Andrew Cain, simpatico o antipatico che sia, è comunque foriero di avventure mirabolanti in cui si vedono zombi e tuareg, stregoni e archeologi. Tutti ingredienti assolutamente entusiasmanti (molto di più, per quanto mi riguarda, di quelli dei ladri di cavalli o dei mercanti di whisky). Niente da fare: i tuareg dello Sceicco Nero nolittiano potevano andare, quelli di Cain, no. Idem per gli zombi: quelli di Nolitta, buoni e belli, quelli di Boselli, brutti sporchi e cattivi.
Proprio a Nolitta si rivolge del resto il signor Jacopo: possibile, gli chiede, che lei non legga le storie prima della pubblicazione e non impedisca che giungano in edicola racconti del genere? Domanda persino un po’ offensiva, se rivolta a un editore che giustamente si fa vanto di esaminare personalmente, da sempre e dunque da oltre sessant’anni, tutto ciò che esce sotto il suo marchio. Va detto però che proprio l’attenzione di Sergio Bonelli ha fatto in modo che Zagor fosse affidato a uno staff in grado di arrivare, nonostante le difficoltà, a festeggiare il cinquantennale del personaggio. Vent’anni fa, che ci si riuscisse non era così pacifico. Raccolsi io stesso, in una intervista pubblicata su “Collezionare”, le dichiarazioni di Sergio che si diceva scettico sulla capacità di sopravvivenza di un eroe che lui per primo riteneva stanco. Si potrebbero andare a rileggere quelle frasi, per capire come tutto sommato lo Spirito con la Scure abbia avuto, negli ultimi due decenni, un rilancio che qualcuno (non io) ha definito “rinascimento zagoriano”. E chi è stato il primo artefice di questo rinascimento? Indubbiamente Mauro Boselli, proprio inserendo nella serie nuovi personaggi e nuove tematiche come, appunto, Andrew Cain e la sua lotta contro i mostri howardiani, lovecraftiani, hodgsoniani. William Hope Hodgson e Howard Phillips Lovecraft: altri due autori di importanza capitale, autentici mostri sacri della letteratura fantastica (sicuramente notissimi al signor Jacopo), a cui Boselli si è ispirato attingendo a piene mani.
Ma al signor Jacopo non importa. Lui ha soltanto nostalgia dei vecchi mostri di un tempo. Beninteso, di quelli tutti gli zagoriani, me compreso e per primo, hanno nostalgia. Non a caso, ho scritto tempo fa un articolo dal titolo “Nostalgia canaglia” dedicato al rimpianto per Nolitta. Lo ripubblicherò presto su questo blog. Nessuno è più nolittiano di me, come dimostrano non solo trent’anni di mie scritti ma anche e soprattutto un libro che ho da poco dedicato alla figura del Bonelli sceneggiatore. Però, dato che Nolitta (per sua scelta) non scrive più Zagor, e dato che anche lui, se tornasse a scrivere, non scriverebbe più come una volta (e temo che anche Ferri, pur inossidabile, non disegni tale e quale ai bei tempi che furono), ecco che Mauro Boselli mi sembra un autore abbastanza colto, intelligente e vulcanico a cui si può solo dire grazie per aver rilanciato lo Spirito con la Scure.
Ma dato che il signor Jacopo mette in dubbio le capacità di Sergio come editore, imputandogli la pubblicazione di storie che a lui sembrano del tutto inadeguate, vediamo se davvero Andrew Cain è così sgradito ai lettori da dover sconsigliare la pubblicazione delle sue storie. Esiste in rete quello che gli autori hanno definito il “sondaggio perfetto”, rintracciabile nella sezione “commenti alle storie” del forum SCLS. Il sondaggio si aggiorna quotidianamente con i voti dei sempre nuovi frequentatori del sito, ed è dunque un termometro attendibile degli umori del pubblico. Ebbene, visionando la classica delle storie, troviamo al primo posto “La radura delle voci”, ovvero “La marcia della disperazione”, un classico di Nolitta & Ferri. Seguono altre sei storie di Nolitta, e poi “L’esploratore scomparso” di Mauro Boselli. Poco dopo, in tredicesima posizione su quasi quattrocento storie, “Il terrore dal mare”, un’altra storia boselliana. Indovinate con chi, quale co-protagonista? Ma certo, il nostro Andrew Cain. Quello che il signor Jacopo non sopporta. Un personaggio, evidentemente, non così sgradito agli altri lettori, se una storia in cui compare è fra le primi quindici dell’intera serie, preferita evidentemente a molte altre nolittiane. Mi pare che qualunque editore, dunque, non avrebbe potuto che incoraggiare Boselli a far tornare il personaggio, visti anche gli ottimi piazzamenti degli altri racconti con lo spadaccino cacciatore di mostri.
Il signor Jacopo, però, non demorde e cala il suo asso. Il motivo per cui lo Zagor di oggi non gli piace è perché non è più il fumetto western di una volta. Giunto a questo punto, ho dovuto rileggere e stropicciarmi gli occhi. Giuro che c’era scritto proprio così. “Fumetto western”. Anzi, il nostro ipercritico riteneva che in passato, ai tempi appunto di Nolitta, le escursioni nel fantastico fossero molto rare, mentre oggi sembra di leggere un fumetto di fantascienza. E qui, poiché in cauda stat venenum, giunge la stoccata al sottoscritto. Io, secondo il signor Jacopo, sarei stato con ogni evidenza sotto l’effetto di qualche acido (il paragone è esattamente questo), quando ho scritto l’orribile Zagorone “Il castello nel cielo”. Anche quello, pieno di mostri assurdi, evidentemente lontani da ogni forma di nolittianità.
Ora, con tutto il rispetto per un così acuto lettore, mi chiedo quale sia l’acido che fa definire Zagor un fumetto western. Zagor è nato per essere antitetico al western. Quando uscì, l’intento degli autori era chiaramente quello di contrapporsi a Tex. Tex era il western, Zagor l’avventura. Tex agisce nel Sud Ovest, Zagor nel Nord Est. Tex dopo la guerra di Secessione, Zagor prima. Su Tex il fantastico è un’eccezione, su Zagor è di casa. Tutto questo pare solo a me, perché ho la mente obnubilata, come ritiene il signor Jacopo, o è incontestabile, come ritengo io? E com’è possibile che ci sia chi trova blasfemo, in nome della nolittianità, leggere della fantascienza nelle storie attuali, e non reputi fantascientifico il robot Titan, emblema di tutto ciò che è nolittiano? Allibisco. Ma la storia con i dischi volanti degli Akkroniani, chi l’ha scritta? Il sommergibile Squalus a chi va imputato? I missili telecomandati, i televisori, le lampadine elettriche e tutto quanto fa spettacolo nelle basi di Hellingen da chi sono stati inseriti nella serie di Zagor? Perché i miei orchi e i mostri volanti, inseriti ne “Il castello del cielo”, sono anatema, e le creature del “Viaggio senza ritorno” contro cui lottano Zagor e Gutrhum invece vanno bene? Va detto che “Il castello nel cielo” (per quanto il racconto si sforzi di portare il fantastico a Darkwood) è piaciuto più ai lettori delle nuove generazioni che a quelli della vecchia guardia, tant’è vero che su “Il fatto quotidiano” Stefano Feltri ha scritto una lunga ed entusiastica recensione definendo lo Zagorone “degno dei migliori manga d’azione”. Tuttavia, non mi sembra di essere stato più “visionario” (nel senso di sotto gli effetti di stupefacenti) di molti altri autori zagoriani, primo fra tutti il già citato Sclavi in “Incubi”. Chissà se il signor Jacopo ha scritto anche all’epoca, scagliandosi contro quel nuovo e giovane autore che sicuramente Sergio Bonelli avrebbe dovuto licenziare perché incapace.
C’è una frase che ricorre nelle lettere dei nostalgici (ripeto: sono nostalgico anch’io, perciò absit iniura verbis), ed è “questo non è il mio Zagor”. Sottolineo il “mio”. C’è dunque chi ritiene che esista uno Zagor “suo” e che, ovviamente, debba essere quello l’unico e autentico Spirito con la Scure. Noi autori dovrebbe scrivere quello Zagor lì. Ora, non solo non è ben chiaro quale sia lo Zagor che ciascuno ritiene in “suo”, ma soprattutto, mi pare chiaro che non esiste un solo Zagor come non esiste un solo Uomo Ragno, un solo Tex o un solo James Bond. Lo Spirito con la Scure ha attraversato cinquant’anni della nostra vita, che sono anche cinquant’anni della vita dei suoi autori. Ci sono stati vari periodi anche nell’ambito della produzione di ogni singolo autore, Nolitta compreso. Esiste per esempio uno Zagor di Sclavi, uno Zagor di Toninelli, uno Zagor di Boselli, forse anche uno Zagor di Burattini. Io, peraltro, immeritatamente, per miracolo o per fortuna, ho scritto persino più pagine di Nolitta. Di tutti i contributi bisogna tener conto. Una serie vive anche in ragione degli arricchimenti di tematiche e di suggestioni, chi si ferma o si fossilizza è perduto.
Boselli ha inserito nella serie tematiche non nolittiane, io ho cercato di fare da trait d’union fra le due istanze, ma Andrew Cain fa parte delle serie al pari di Hellingen e di Mortimer. Peraltro, non si può certo dire che Zagor sia diventato un fumetto horror o di fantascienza, in cui si leggono soltanto storie di mostri. Avventure con i cowboy e con gli alieni si alternano già da prima del film con Harrison Ford e Daniel Craig, praticamente da sempre: fu sul numero tre della serie che, se non sbaglio, comparve la prima tribù di nani e il primo uomo volante (e non mi dica il signor Jacopo che si tratta di tipici ingredienti western). Io stesso credo di aver scritto storie sull’uno e sull’altro fronte, anzi forse dando un piccolo vantaggio a quelle realistiche (e molto spesso, figuriamoci, vengo definito come uno sceneggiatore di chiara ispirazione nolittiana). Zagor è tutto e il contrario di tutto fin dal giorno in cui fu creato. E’ proprio questo il segreto del suo successo.
Forse il signor Jacopo, che pure ha acquistato lo Zagorone (uno fra moltissimi altri, visto che le vendite del gigante, mi dicono, sono andate bene), non ha seguito tutte le celebrazioni del cinquantennale (non ancora esauritesi e anzi in grado di riservare altre sorprese), di cui invece questo blog ha cercato di fare testimonianza. Ebbene: un lettore di Tex, di recente, mi ha detto che secondo lui neppure Aquila della Notte ha avuto tanti festeggiamenti come lo Spirito con la Scure, per i suoi cinquant’anni. Entusiasmo ovunque. Tuttavia, c’è ancora chi ritiene che il nostro editore dovrebbe licenziare gli sceneggiatori che attualmente scrivono le avventure dell’eroe di Darkwood, ritenendoli costantemente ubriachi o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Ovviamente, è libero il signor Jacopo di auspicare tutti i licenziamenti che desidera. Tuttavia, sarebbe bello se riuscissimo a valutare le cose senza ritenere, pregiudizialmente (e dunque erroneamente) che quello di cui ciascuno dice “mio” (il “mio” Zagor, il “mio” Tex) debba diventare regola e pietra d’angolo dell’intero universo.
mercoledì 21 settembre 2011
IL VERO E IL FALSO
I più fedeli tra i miei ventitré lettori (uno in meno di quanti diceva di averne Guareschi, che a sua volta ne aveva tolto uno da quelli che diceva di avere Manzoni) ricorderanno un post intitolato "Gli allupati dell'Ontario" in cui, oltre a pubblicare una intervista umoristica al Comandante Mark, segnalavo la ristampa, da parte delle Edizioni If, dei miei tre Speciali con Mark protagonista, pubblicati a suo tempo dalla Bonelli, con i disegni di Lina Buffolente.
In agosto è uscita l'ultima delle mie storie lunghe, "L'orso sacro", ma, come testimonia la cronologia dei miei lavori rintracciabile su questo stesso blog, in realtà i miei racconti dedicati agli eroi di Forte Ontario sono sette (otto se si conta uno speciale Zagor, "Soldati fantasma", in cui ho mandato lo Spirito con la Scure tra le rovine dell'avamposto). Gli altri quattro sono albetti di trentadue tavole, quelli che una volta si allegavano agli speciali delle varie testate bonelliane. Non se se e come Gianni Bono e la If ristamperanno anche queste storie brevi, però ce ne sono due che io reputo di particolare importanza: "Un'avventura del giovane Mark" e "La vera storia di Elizabeth Gray". Chi è Elizabeth Gray e perché è interessante la sua storia? Lo spiegherò dopo, a beneficio di quelli che già non lo sanno (o per rinfrescare la memoria di chi invece già lo sa).
Prima di addentrarmi nella spiegazione (che riguarderà argomenti di un certo peso come la continuity in ambito bonelliano), vi devo parlare di un mio amico pugliese: Angelo Palumbo. Chi ha seguito il mio lavoro, di critico in erba prima e di prolifico saggista poi, su riviste da me fondate quali "Collezionare" e "Dime Press", conosce senza dubbio il suo nome. Già, perché Angelo fa parte di quel gruppo di brillanti giovani articolisti fumettofili e fumettologi che mi vanto di avere in qualche modo scoperto, allevato, promosso e lanciato verso i loro successivi exploit. Nel novero rientrano anche Daniele Bevilacqua, Giampiero Belardinelli, Francesco Manetti, Giuseppe Pollicelli, Stefano Priarone, Saverio Ceri, Alessandro Monti. I primi cinque di costoro, nell'esatto ordine in cui li ho citati, sono insieme a me in questa foto del 1996. Angelo Palumbo è quello seduto alla mia destra.
Sia ben chiaro che io non ho fatto nulla e hanno fatto tutto loro, nel senso che i loro meriti e i loro talenti sono individuali e non hanno niente da spartire con quelli del sottoscritto. Però, avendo avuto un ruolo di qualche responsabilità nella selezione dei collaboratori di alcune riviste, e un compito di editor e di ideatore di dossier e di rubriche (un lavoro che farei di nuovo volentieri, se potessi), ho finito per mettere insieme una squadra di gente in gamba a cui si devono molti saggi, libri, articoli e recensioni. Angelo Palumbo, dunque, fa parte del gruppo di amici con cui ho lavorato meglio e più volentieri (nella foto qui accanto, è quello meno capelluto dei due, l'altro è il direttore della rivista SCLS Magazine, Francesco Pasquali). Oltre a essere stato il coautore, con Giampiero Belardinelli, dei fondamentali Zagor Index pubblicati da Paolo Ferriani Editore, Angelo si è anche cimentato come scrittore, dando alle stampe (ma solo in una edizione per pochi intimi) un inquietante romanzo intitolato "Il vero e il falso".
Dico "inquietante" perché la lettura, assolutamente coinvolgente, ha per protagonista un ragazzo autistico (e l'opera risale a prima dell'uscita de "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte") che sembra possedere poteri paranormali, e l'insegnante di sostegno chiamato a occuparsi di lui in ambito scolastico e condotto dal suo allievo quasi sull'orlo della follia. La storia, pur frutto di fantasia, è ispirata a una reale esperienza dello stesso Palumbo: ma esistono davvero storie del tutto inventate? Il vero dubbio, tuttavia, non è questo (e già basterebbe a dare qualche brivido), ma un altro: perché "Il vero e il falso" non è stato pubblicato da un grande editore e messo in vendita in tutte le librerie? In attesa che lo stesso autore risolva il mistero, torniamo a Mark. Così capirete anche che c'entra Angelo con la vera storia di Elizabeth Gray (quella che vedete più in basso è la tavola originale della copertina, opera nientemeno che di Gallieno Ferri).
Dunque: Elizabeth Gray è Betty. Cioè, la Betty eterna fidanzata (e soltanto in fine di serie, moglie) del Comandante di Forte Ontario. Fin qui, tutto bene. Ma perché mai io ho pensato di dedicare un albetto a raccontare la sua "vera storia"? Perché, come verrà spiegato meglio più sotto, i tre della EsseGesse, nel corso della saga, avevano dato versioni contraddittorie sul suo passato. E non solo su quello: sono diverse le aporie e le difficoltà che riguardano gli avvenimenti narrati in storie diverse, riguardo anche altri personaggi. Poiché mi sembrava che con un piccolo sforzo tutto si potesse risolvere e giustificare, eccomi a cimentarmi nell'impresa di chiarire ogni cosa nel breve spazio di un trentaduesimo, senza rinunciare a un minimo di intrigo avventuroso a sostegno della ricapitolazione dei fatti. Anche nel caso di "Un'avventura del giovane Mark" ho scavato bel passato dell'eroe, non tanto per aggiustare qualcosa ma per colmare una lacuna lasciata da Sartoris, Guzzon e Sinchetto (a cui va il mio affettuoso saluto, là nel paradiso dei fumettisti): mi venne infatti in mente di rendere Mark protagonista del "Boston Tea Party", ovvero quella sommossa che tradizionalmente viene indicata come la scintilla della Rivoluzione Americana.
E qui torna in ballo Angelo Palumbo, che nella foto accanto vedete insidiare le fidanzate altrui. Fra le sue tante competenze, va ricordata la sua assoluta conoscenza della serie del Comandante Mark. Forte di questa sua cultura, volle perciò pubblicare su Dime Press un articolo in cui sottolineava come avessi risolto le incongruenze della saga (non mancando però di rimarcare anche altri casi in cui invece io stesso ne ho create). L'articolo di Angelo è brillante, informato, acuto e ben scritto. Con il suo permesso, lo riproduco qui sotto, a futura memoria e testimonianza. Non solo di quel che così bene ha saputo spiegare, ma anche di come la scuola di Dime Press abbia diplomato critici e saggisti davvero in gamba.
LA VERA STORIA DI ELIZABETH GRAY:
ANALISI E RIFLESSIONI.
di Angelo Palumbo
(da Dime Press, 1998)
Uno dei rischi più insidiosi che corrono gli sceneggiatori delle testate bonelliane è quello di scrivere passaggi o dialoghi incongruenti con quanto avvenuto in qualche storia già pubblicata. Un fatto comprensibile: chi si occupa di personaggi con centinaia di avventure alle spalle difficilmente può ricordare tutto quello che è stato detto e fatto. L'esempio più clamoroso di contraddizione è senz'altro in Tex: Gianluigi Bonelli, quando scrisse la splendida avventura "Tra due bandiere" (nn. 113-115), immaginò che il suo personaggio prendesse parte alla guerra civile americana quando era ancora un giovane cowboy; si era però dimenticato di aver già scritto, parecchi anni prima, delle storie in cui Tex viveva di riflesso il dramma della guerra di secessione al fianco di Carson e suo figlio Kit, in età, dunque, ormai matura.
Simili incongruenze sono praticamente insanabili e al lettore non resta che prenderne atto e considerarle incidenti di percorso. "Talvolta sonnecchia anche il buon Omero", insegna un celebre detto. Del resto, gli autori di fumetti della vecchia guardia consideravano di secondaria importanza il fatto che una serie fosse coerente in ogni suo punto: quel che per loro contava era ideare situazioni sempre più coinvolgenti per i lettori. Ecco perché Guido Nolitta non si fece alcun problema quando, in "Cico Story", rivelò che il pancione messicano aveva ben sette fratelli, sebbene sul n. 60 avesse scritto che era figlio unico.
Oggi le cose sono cambiate. I lettori di fumetti sono molto più attenti di una volta e gli sceneggiatori si danno da fare per evitare ogni tipo di incongruenza. In collane come Nathan Never, in cui esiste una fondamentale continuity tra gli episodi e si sviluppano saghe intricatissime dagli esiti spesso sconvolgenti, non ci si può permettere di cadere in contraddizione. Eppure, nonostante tutte le attenzioni, le incongruenze sono sempre in agguato. Persino uno sceneggiatore col pallino della filologia come Moreno Burattini (che nei suoi Cico sta riannodando i fili lasciati in sospeso da Nolitta nella biografia del pancione) non è stato esente da errori del genere. Nello Special di Zagor n. 7, "La leggenda di Wandering Fitzy", lui e Maurizio Colombo hanno rivelato che Fitzy (il "secondo padre" dello Spirito con la Scure) aveva visto fallire la propria impresa commerciale a causa di un socio inaffidabile; non hanno però tenuto conto che, in una precedente storia scritta da Marcello Toninelli, due loschi nipoti di Fitzy avevano invece informato Zagor che la società in questione era rimasta in piedi anche dopo la morte del loro zio. Nell'avventura in cui torna Liberty Sam (nn. 368-369), invece, Burattini ha fatto affermare al personaggio di essere nato in Africa, in contraddizione con quanto si legge nel n. 90 della serie, in cui Sam dice di essere nato in Louisiana. Recentemente, però, lo sceneggiatore ha dimostrato che con qualche piccolo sforzo è possibile risolvere le contraddizioni fra le avventure. Lo ha fatto con l'albetto "La vera storia di Elizabeth Gray", allegato allo Speciale Mark di quest'anno.
Il Comandante Mark è uno dei personaggi bonelliani più estranei al concetto di continuity. Se si escludono i primi numeri, nella sua lunga saga ci sono stati pochissimi ritorni e due soli capisaldi: quello del centesimo numero, in cui si narrano le origini del personaggio, e quello dell'ultimo albo, in cui Mark sposa Betty alla fine della guerra d'indipendenza. Sartoris, Guzzon e Sinchetto (la mitica EsseGesse), non amavano complicarsi la vita e non desideravano complicarla al lettore costringendolo a ricordare le vecchie avventure. Dunque, si astenevano il più possibile dal concatenare fra loro le vicende. Quando ci hanno provato, hanno commesso talora delle sviste. Ad esempio, nell'avventura "Gli Ussari" (Collana Araldo n. 139), Mark torna al villaggio indiano in cui è cresciuto e rivede alcuni vecchi amici. Tuttavia, nell'albo non si trova il minimo cenno a Marmotta, il pellerossa un po' imbranato amico d'infanzia di Mark nel numero 100.
Un'altra svista si trova in una vicenda che si ricollega in parte all'albo a colori, ossia "Lo Spirito di Kennebec" (Collana Araldo nn. 220-221). In questa bella storia, viene rivelato per la prima volta che il nome per intero di Betty è Elizabeth Gray e si racconta che i suoi genitori furono trucidati da alcuni predoni indiani che assaltarono la loro capanna; la ragazza riuscì a salvarsi nascondendosi in un sotterraneo celato da una botola (importantissima nello sviluppo dell'avventura). Ma questa versione è in contrasto con quanto narrato ne "La storia del Comandante Mark", in cui invece Betty affermava che erano state le Giubbe Rosse a compiere il massacro e lei si era salvata perché si trovava a pascolare la sua capra. Ma la contraddizione più impressionante è nell'albetto "Gufo Triste" (allegato al terzo Speciale), scritto nel 1992 da Dario Guzzon. Lì, in barba a quanto narrato sul numero 100, Mark racconta a Betty una versione completamente diversa del suo primo incontro con Gufo Triste. Una versione peraltro piuttosto scialba, in cui risulta che fu Mister Bluff a presentare a Mark il funereo capo delle quattro tribù, dopo averlo conosciuto in uno scontro con gli Inglesi. Nel numero 100, invece, l'amicizia fraterna tra l'eroe e Gufo Triste nasceva in maniera molto più epica e sofferta. Una svista del genere fa abbastanza rabbia e induce a pensare che la serie di Mark fosse sottoposta a un controllo redazionale alquanto disattento.
Ed è forse per rendere giustizia al personaggio che Burattini ha pensato di scrivere "La vera storia di Elizabeth Gray", che costituisce una sorta di capitolo aggiuntivo ed esplicativo del numero 100. Lo sceneggiatore non si è inventato un nuovo passato per Betty: si è invece impegnato a risolvere, attraverso un racconto fatto da Mark ai suoi amici, le contraddizioni commesse dalla EsseGesse. E' dunque un albo squisitamente filologico (da ciò il titolo la "vera storia"), in cui l'autore ha dato ancora una volta prova di intelligenza e inventiva.
In primo luogo, è riuscito a conciliare le due versioni dell'uccisione dei genitori di Betty. Nell'albetto sono gli indiani a compiere il massacro, ma agiscono per ordine del Generale inglese Stoner, protagonista negativo del centesimo albo. Questi intende togliere di mezzo papà Gray per portare via Betty, di cui si è incapricciato dopo averla incontrata. Durante l'eccidio, la ragazza non è in casa, perché ha condotto al pascolo la capra. Poi, quando arrivano gli Inglesi per prendere Betty e consegnarla a Stoner, lei sfugge alle loro mani nascondendosi nel sotterraneo. In pratica le due versioni sono state intrecciate, in modo da non essere più incongruenti. Possiamo dunque immaginare che, nel n. 221 ("La casa di Belzebù"), la ragazza abbia fornito un racconto impreciso e aggiunto particolari inesatti (ad esempio il fatto che fu il padre a indicarle la botola) a causa della commozione.
Burattini ci ha poi rivelato cosa ne è stato di Marmotta e, nel farlo, ha in qualche modo approfondito il personaggio. Nell'albetto, l'indiano si dimostra chiaramente innamorato di Betty, ma sa bene di non poter competere col valore di Mark. Decide allora di dare una prova di coraggio e si impegna al massimo per trovare e punire i predoni che hanno assassinato i genitori della ragazza. Ci riesce, ma paga con la vita questa sua impresa. Inserendo questi avvenimenti, Burattini ha anche fornito delle spiegazioni relative ad alcuni passaggi del numero 100 che alla EsseGesse non era parso importante chiarire. Lì, ad esempio, non si capiva bene perché nel finale Stoner rapisse proprio Betty, visto che i due non si erano mai visti prima; nell'albetto la giustificazione c'è e si ricollega agli "appetiti" del Generale. Nel numero 100, l'arrivo provvidenziale di Marmotta per soccorrere il patriota Carnaby ferito appariva del tutto fortuito; nell'albetto, invece, si ricollega alla ricerca degli assassini dei Gray. Nell'allegato viene inoltre motivato il massacro compiuto dagli Inglesi ai danni del villaggio di Gufo Triste, che nel numero 100 appariva un atto di crudeltà gratuita. Nella versione di Burattini, Stoner fa trucidare i guerrieri di Gufo Triste perché questi hanno aiutato Mark e Marmotta a punire gli uccisori dei genitori di Betty. Dunque, dopo l'eccidio, Gufo Triste non arriva a Forte Ontario per caso, come sembrava nella vecchia avventura: ci va volutamente perché sa di trovare Mark e i suoi uomini.
Ancor più ardito è stato il modo in cui Burattini è riuscito a risolvere l'incongruenza commessa da Guzzon a proposito dell'incontro tra Mark e Gufo Triste. Le due versioni erano in pratica inconciliabili e Burattini, saggiamente, ha fatto in modo che Mark ritrattasse quella apocrifa e confessasse a Betty di essersela inventata. Il motivo addotto per quella bugia è semplice: raccontandole la verità, Mark avrebbe dovuto rievocare anche la morte dei genitori di lei (a cui, nella nuova versione, l'arruolamento dell'indiano si ricollega), ma la ragazza all'epoca non aveva ancora superato quel trauma e avrebbe potuto restare turbata. E' una soluzione un po' artificiosa, ma psicologicamente accettabile. Qualcuno potrebbe osservare che, alla fine del numero 100, Betty dica di aver ascoltato il racconto di Mister Bluff (quindi dovrebbe conoscere la vera versione dell'incontro fra Mark e Gufo Triste): ma possiamo immaginare che abbia ascoltato solo la fase finale, quella della sua liberazione dalle grinfie di Stoner.
Va sottolineato che, nonostante gli intenti filologici dell'autore, l'allegato può essere tranquillamente apprezzato anche dai profani, ricco com'è d'azione e pathos. Unico suo punto debole soni i disegni della Buffolente, che in questa occasione non sono all'altezza della EsseGesse.
Con il suo operato, Burattini si è confermato una volta di più lo sceneggiatore bonelliano più vicino (insieme a Luigi Mignacco) allo spirito filologico del celebre Keno Don Rosa, l'autore che, nel pieno rispetto dei canoni barksiani, ha ricostruito "La vita e i tempi di Paperon De' Paperoni". A questo punto, ci auguriamo che il Nostro si dia da fare per risolvere anche le incongruenze zagoriane di cui abbiamo parlato. E chissà che un giorno non riesca addirittura a tirar fuori dal cilindro qualche buona idea da suggerire a Mauro Boselli per rimediare alla svista texiana della Guerra di Secessione.
Pensaci, Moreno...
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lunedì 19 settembre 2011
FERRI BOAT
Avevo promesso che l’avrei fatto, e così è stato. Domenica 18 settembre 2011, sono andato a fare rafting sullo Stura con Gallieno Ferri. Per me, è stato il battesimo del fiume. Per Gallieno, soltanto un’ennesima pagaiata in più, dato che lui è da sempre un esperto canoista. “Ci tengo che tu veda com’è davvero il fiume: selvaggio e indomabile, sempre pronto a cullarti ma anche a cambiare corso e a rompere gli argini, a portarti nel silenzio assoluto o nel fragore più assordante”, mi aveva detto il mio supereroe personale per convincermi a seguirlo in acqua.
E’ stata, inutile dirlo, un’esperienza entusiasmante. Peraltro, svoltasi in un freddo giorno di pioggia che ha reso la discesa ancora più suggestiva. Con noi, c’erano due dei miei figli e una coppia di amici, più Stefano, la nostra guida. Sono state quasi due ore di remate, lungo una decina di chilometri del fiume, fino al lago di Rocca Sparviera, quasi al confine con la Francia. Non ho mai avuto davvero il batticuore, tranne in una occasione. A metà percorso, ci si è offerta la possibilità di fare un tuffo da una roccia alta quattro o cinque metri sull’acqua: solo chi se la sentiva poteva farlo. Ce la siamo sentita tutti, e abbiamo fatto sei salti nel gelido Stura. Tutti, Ferri compreso. Che però conta 82 primavere e va verso le 83. E’ stato l’ultimo a tuffarsi: sembrava Zagor com’è nella copertina de “La corsa delle sette frecce”. Quello che segue è il reportage dei preparativi della spedizione. Portarsi la macchina fotografica sul fiume e sotto la pioggia non era consigliabile. Ma il tuffo mio e di Ferri ha avuto per testimoni tutti gli altri presenti. Per cui, credeteci anche senza foto.
Si comincia facendo testamento.
Si passa alla vestizione con la muta e i calzari.
I magnifici sette pronti per la spedizione. Gallieno Ferri è al centro.
Il fusto a braccia scoperte è Stefano, la nostra guida.
Gallieno Ferri e il sottoscritto subito prima partenza.
Si parte!
Si arriva là dove caleremo in acqua il gommone.
Comincia il briefing con la guida per le ultime raccomandazioni.
Due attenti membri dell'equipaggio.
Si indossano i giubbotti di salvataggio.
Si indossano gli elmetti.
L'acqua trasparente dello Stura.
Le ultime foto in posa prima di affrontare il fiume.
venerdì 16 settembre 2011
LUCKY LUCCA
Ho qualche succulenta anticipazione da rivelare riguardo agli eventi zagoriani e texiani previsti per la Lucca Comics del prossimo autunno, in calendario tra il 28 ottobre e il 1° novembre 2011. Le cose che bollono in pentola, o se vogliamo, le carni al fuoco (fate voi, in ragione del fatto che preferiate il bollito o l’arrosto), sono davvero tante. Ma, prima di arrivare al piatto forte, dato che parliamo di fiere e di mostre, lasciatemi raccontare com’è andata a Catania, quella che finora è stata l’ultima tappa del tour del cinquantennale che da un anno mi sta portando in giro per l’Italia e che per tre volte mi ha condotto anche all’estero.
L'incontro zagoriano a Etna Comics è stato un successo. La sala della conferenza era piena con soltanto posti in piedi, nonostante le due ore di dibattito e il caldo africano. Al termine, gli organizzatori sono venuti a congratularsi: erano molto soddisfatti e mi hanno detto che ci sarebbero state altre collaborazioni in futuro. Tra il presenti, tante facce nuove: il pubblico era diverso da quello del solito. Ho percepito molto entusiasmo, nonostante l'ambiente fosse dedicato prevalentemente ai manga e ai supereroi (con gli immancabili cosplayer). Era prima edizione della kermesse: so che, alla fine, si sono registrati oltre ventimila biglietti venduti. Ci sono dunque tutte le premesse perché la cosa si ripeta e colmi il vuoto di manifestazioni fumettistiche al Sud. Si parla tanto, e con ragione, della crisi del fumetto: però, poi, le fiere sono sempre piene, se organizzate bene. Ed Etna Comics lo è stata.
A Catania, io e Joevito Nuccio (mio compagno d’avventura anche in questa circostanza) siamo stati accolti da due esemplari della fauna locale e nostre vecchie conoscenze: Giuseppe Reina del forum ZTN e Sebastiano Cugno del Club di Zagor. Con loro, prima del dibattito, abbiamo ricordato (e si è trattato di un ricordo commosso) Angelo “Trampy” De Marco. Proprio Reina ha scritto un suo resoconto della giornata catanese, che vi riporto: “La conferenza è andata benissimo, con Moreno superstratosferico e Joevito mattatore della risata ironica. Per due ore il pubblico sembrava ipnotizzato e nessuno, dico NESSUNO, si è alzato dal suo posto per andarsene, nonostante i 50 gradi all'ombra inducessero ad un tuffo nella vicina spiaggia della Playa. Finito l'incontro, assalto a Fort Apache Moreno per l'autografo di rito e poi per circa un'or il dibattito e la conversazione si sono trasferiti in altra sala dove il malcapitato Burattini e lo sfortunato Joevito hanno ricevuto l'affettuoso abbraccio dei fans, costellato di richieste, considerazioni e puntualizzazioni”.
A proposito di fans, una coppia di loro, i simpatici e calorosi Marco e Silvia, conosciuti nell’occasione, hanno deciso che dovevano assolutamente portarci a cena in un ristorantino che sapevano e farci assaggiare il pesce locale. Era una proposta che non si poteva rifiutare, e infatti io e Joe non l’abbiamo rifiutata. Grazie Silvia, grazie Marco. Potete trovare ulteriori notizie e tante foto sul blog di Gianluca Gulmini "Il gatto con la scure".
A proposito di fiere e di mostre, ce ne sono due che mi riguardano e che sono particolarmente vicine nel tempo: una, è addirittura in corso (a Forlì) e una sta per avere inizio (a Città di Castello). L’evento forlivese, di cui potete leggere i particolari nella sezione “News” del sito Bonelli o su quello della Fanzinoteca che l’ha organizzato in occasione del cinquantennale zagoriano, riguarda in particolare Marco Verni (che in questa occasione gioca in casa). Si tratta di una mostra itinerante inaugurata il primo settembre ma che avrà il suo culmine di 24 del mese, quando Marco concluderà la manifestazione nel corso della Fiera del Vintage distribuendo agli intervenuti all’incontro conclusivo un suo disegno inedito, riprodotto su cartoncino con il timbro ufficiale Bonelli, in ottanta copie numerate e firmate. Una volta tanto, io non ci sarò ma sono sicuro che basterà il loquace e divertente Verni a intrattenere il pubblico (del resto, a Forlì ci sono già stato, proprio al suo fianco, quando in una fumetteria locale presentammo, davanti a una discreta folla, l’Almanacco dell’Avventura in cui compariva “Lo sciamano bianco”, la prima storia da noi realizzata in coppia e la prima di Marco in assoluto).
A Città di Castello, invece, in parallelo a una grande mostra dedicata alla collana “Un uomo, un’avventura” inaugurata a fine settembre, ci sarà una mostra di originali di Gallieno Ferri che aprirà i battenti, invece, a metà ottobre. In quell’occasione, oltre a un incontro con Ferri e il sottoscritto (in questo caso, invece, presente), ci sarà anche il raduno autunnale del forum SCLS, con distribuzione di poster e altra oggettistica zagoriana realizzata per l’occasione grazie ai disegni inediti di Joevito Nuccio e Mauro Laurenti. Di tutto ciò, vi parlerò meglio in seguito.
Arriviamo adesso a Lucca Comics. Quest’anno, la kermesse sarà dedicata, come si sa e come si evince dal sito ufficiale della manifestazione, a Emilio Salgari e alla Grande Avventura. Per un salgariano di provata fede come il sottoscritto, peraltro divenuto scrittore di storie avventurose, si tratta di un invito a nozze. Ma anche se non mancherò tra il pubblico quando ci saranno i dibattuti sul Capitano e sui suoi eroi, ci saranno altri incontri in cui sarò, invece (per bontà degli organizzatori) sul palco. Lucca vuole infatti chiudere degnamente l’anno di celebrazioni per il cinquantennale zagoriano. Perciò non prendete impegni per il pomeriggio del 31 ottobre. In quella data, da qualche parte (ma sicuramente in una sala adatta alla circostanza) ci sarà una grande festa con ospiti a sorpresa, video e immagini, musica e perfino sfiziosità gastronomiche.
Ma non basta: presenteremo una novità mai vista, che non mancherà di attirare l’attenzione anche di chi non segue abitualmente l’eroe di Darkwood. Infatti, l’Antica Zecca di Lucca, una fra le istituzioni storiche della città, conierà per l’occasione una moneta dedicata allo Spirito con la Scure. Verrà battuta in tiratura limitata e confezionata in un contenitore di pregio, con tanto di certificato di autenticità, timbri e firme. Nonostante tutto, il prezzo sarà alla portata di tutte le tasche, visto che Zagor è un eroe popolare. Gli incisori lucchesi sono già al lavoro, appena avrò delle immagini ve le mostrerò.
Un secondo evento, forse più importante del primo, vedrò invece protagonista (in data da stabilire) Guido Nolitta. Sull’onda dell’interesse suscitato dal saggio “Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io”, scritto da me e da Graziano Romani, ci sarà un convegno sull’attività di Bonelli come sceneggiatore di storie d’avventura. Io e Graziano presenteremo il nostro libro e subito dopo seguirà un dibattito tra due mattatori d’eccezione: lo stesso Nolitta e lo scienziato Giulio Giorello. Un appuntamento da non perdere.
A proposito di Graziano Romani, già vi ho anticipato l’uscita lucchese del suo CD “My name is Tex”. In attesa di ulteriori news, vi segnalo che il mensile di informazione ANTEPRIMA (n.241, settembre 2011) dedica una pagina al prossimo, imminente disco di Graziano Romani dedicato a Tex. Eccone uno stralcio: "...UN EVENTO EDITORIALE SENZA PRECEDENTI! SERGIO BONELLI EDITORE E PANINI COMICS SI UNISCONO PER OMAGGIARE TEX! Per la prima volta Sergio Bonelli Editore e Panini Comics si uniscono per omaggiare la storia del personaggio a fumetti più longevo, amato e venduto in Italia. MY NAME IS TEX si compone di un cd di canzoni realizzato da Graziano Romani, noto cantautore e rocker, già apprezzato per l'esperienza musicale dedicata al mito di Zagor: nove brani ispirati alle storie di Tex, composti dallo stesso Graziano, affiancati da quattro famosi "traditionals" dell'epopea western. L'ideale colonna sonora per ogni cultore del Ranger del Texas! A compendio dell'opera musicale, un prezioso libro di 48 pagine che raccoglie due introvabili storie brevi a colori e numerosi interventi firmati, tra gli altri, da Mauro Boselli, Moreno Burattini e Luca Boschi. Uscita novembre 2011, prezzo indicativo euro 9,90."
Inoltre, la pagina di Anteprima riporta il seguente strillo: "...Eccezionale! Contiene una breve storia inedita con un sorprendente incontro!" La breve storia inedita, a colori, disegnata da Giovanni Ticci, contiene qualcosa di cui, ne sono sicuro, si parlerà a lungo.
Come se non bastasse, anche l’ANAFI ha deciso di tributare un omaggio a Zagor in occasione del suo cinquantennale e proprio a Lucca presenterà un volume dedicato all’eroe di Darkwood. Il libro contiene una ricca parte saggistica realizzata con il contributo di vari articolisti (tra cui il sottoscritto, autore di un pezzo che occuperà una decina di pagine), ma il vero pezzo forte è la pubblicazione, per la prima volta in Italia, di una storia dello Spirito con la Scure inedita nel nostro Paese. Il racconto venne realizzato in Francia nel 1963 da autori locali, su licenza di Sergio Bonelli, e da allora ha rappresentato una sorta di araba fenice per gli appassionati: tutti ne avevano sentito parlare, pochi potevano dire di averla vista e, men che mai, letta. Adesso la lacuna viene colmata e “Le sachem sans plumes” (questo il titolo) giunge tra le mani degli zagoriani, in una edizione con un esaustivo apparato critico. Torneremo, ovviamente, sull’argomento.
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