Qualche giorno fa, sulla mia pagina Facebook, ho pubblicato la foto che vedete qui sopra, accompagnata da questo testo:
Ecco Antonio Serra con il terzo (formidabile) numero della sua miniserie di Nathan Never “Generazioni”. Ogni albo (sono sei) fornisce una diversa versione dell’eroe incarnato in uno “stile fantascientifico” differente (il primo “imitava”, tra gli altri, Sin City, il secondo “Ken il Guerriero”, il terzo “Star-Lord”). La storia tuttavia è in continuity. Sul sito Bonelli le “citazioni” sono spiegate e approfondite da articoli dello stesso Antonio. Se accettate un consiglio: vale l’acquisto.
Fra i vari commenti positivi e sorridenti, ne trovo invece uno di questo tenore:
Incomincio a pensare che tutte queste operazioni sono solo commerciali.
Al che Antonio Serra ha commentato: “magari!”. Voleva dire, e mi ha fatto molto ridere, “magari si vendessero”. In realtà a me ha sempre fatto molto ridere ogni frase tesa a etichettare come “commerciale” un qualunque prodotto messo in commercio, nel tentativo di svalutarlo.
Il lettore che pensa alla miniserie “Generazioni” come a una operazione commerciale dovrebbe spiegarmi perché invece la serie regolare di Nathan Never non lo sia. Tutto si fa per vendere, sperando in un pubblico che acquisti. Poi, le cose si possono fare con passione o con disinteresse, bene o male, ma non è che se una cosa vende (cioè è commerciale?) allora è brutta, e se non vende (cioè non è commerciale?) invece è bella.
Una casa editrice per sostenersi deve dare alle stampe delle pubblicazioni. Cerca, ovviamente, di captare i gusti del pubblico e fa delle proposte. Poi è il pubblico che premia certe proposte o, come è più frequente, non le premia. Ma nell’uno e nell’altro caso si tratta di operazioni commerciali. Io scrivo Zagor con passione ma so di fare un’operazione commerciale, se l’operazione fallisse e non vendessimo più copie sarebbe la rovina. Antonio Serra ha avuto l’idea geniale di una miniserie di Nathan Never in sei episodi ciascuno dei quali raccontato con uno stile diverso utilizzando le diverse incarnazioni della fantascienza a fumetti (dai manga alle strisce sindacate); lui e i suoi collaboratori hanno lavorato mesi e mesi per mettere a punto gli episodi cercando di imitare, in ragione del “gioco” intellettuale da loro ideato, ora Ken il Guerriero ora Star-Lord ora Sin City per dare vita a una iniziativa accattivante. Arriva in edicola e si devono sentir dire che è solo una “operazione commerciale”? Certo che lo è, come lo è il lavoro di chi guida gli autobus o fa il pane, di chi ripara le automobili o difende gli imputati in tribunale: il lavoro di ciascuno di noi è una operazione commerciale. E viva le operazioni commerciali che hanno successo!
C’è poi un altro episodio da raccontare. Sempre sulla mia pagina Facebook pubblico la foto che vedete qui sopra, con il corredo di questo testo:
Il "pack" delle miniserie a striscia di Zagor. Dal 19 luglio è possibile ordinare il pacchetto “completo” comprensivo di tutte e sei le strisce al proprio edicolante che lo richiederà a PRESS DI (arriverà solo alle edicole che faranno esplicita richiesta) oppure in libreria che lo richiederà a MESSAGGERIE LIBRI. E' possibile ordinarle anche da noi attraverso il sito Bonelli oppure chiamando l’ufficio arretrati 02-96480403 attivo dalle 09.00 alle 12.00.
Un incredibile commento dice:
Fantastica iniziativa di marketing, una storia (bellissima) di un albo regolare a 15€ In effetti il motivo delle strisce non si spiega in altro modo se non per fare cassa!
Ho risposto così:
A parte il fatto che tutto (anche il tuo lavoro - a meno che tu non lavori gratis) è fatto per far cassa, non capisco perché non si capisca che il prezzo di un prodotto editoriale (qualunque prodotto editoriale) è commisurato alla tiratura e dunque alle attese di vendita. Più una cosa è in tiratura limitata più costa. E' semplice, elementare matematica alla portata della comprensione di chiunque. Peraltro, nessuno obbliga nessuno a comprare niente. Se le strisce non le vuoi perché 2,50 euro ti sembrano troppe, non le compri. Nessuno se ne adonta. Certo, dispiace vedere come il lavoro di chi sceneggia, di chi disegna e di chi stampa sia così sottovalutato da non valere il prezzo di un gelato. Ma tant'è.
Meraviglia peraltro che il commentatore ritenga che "non si spieghi in altro modo" se non con la necessità di "fare cassa" una iniziativa come quella della miniserie a striscia che è stata applaudita, osannata e acclamata ovunque e da chiunque e che ha riscosso uno straordinario successo. L'iniziativa si spiega appunto con il fatto che era desiderata e richiesta e ha risposto alle aspettative del pubblico. Quanto al fare cassa, la tiratura è stata così bassa da venir destinata, a 2 euro e 50 al pezzo, solo alle fumetterie: volendo fare cassa si sarebbe dovuto fare una più che massiccia distribuzione da edicola o una tiratura un volumi cartonati da vendere a caro prezzo. Che poi, "fare cassa" è cosa negativa? Non è per "fare cassa" che gli ortolani, i macellai, i panettieri e i venditori di scarpe aprono i loro negozi tutte le mattine? Se un albo Bonelli fa cassa e giova al bilancio della Casa editrice vuol dire che è piaciuto al pubblico. Piacere al pubblico è reato? Mah.
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Disegni di Luca Bertelè per "Cico a spasso nel tempo". |
Ora, io personalmente trovo singolare che ci si lamenti di qualcosa che cosa così poco (2 euro e mezzo sono il prezzo di un gelato, peraltro piccolo, o di mezzo litro d’acqua minerale o di un’ora di parcheggio), quando le sigarette o le ricariche dei telefonini costano molto ma molto di più. Mi rattrista anche verificare come il lavoro di sceneggiatori, disegnatori, letteristi, grafici, coloristi e tipografi venga valutato così poco per cui tutta la fatica fatta per realizzare un albo a fumetti non debba valere i pochi spiccioli del prezzo di copertina. Vabbè, ammettiamo pure che costando 3,50 (già pochissino) 94 tavole di un albo Zenith, il prezzo di 2,50 per una striscia (il corrispondente di venti tavole) sembri sproporzionato. Ma non serve una laurea in economia per capire se una pubblicazione viene venduta in edicola in trentamila copie può avere un prezzo più basso, se la distribuzione in fumetteria fa prevedere un decimo di quel venduto il prezzo dovrà essere maggiore.
C'è da chiedersi piuttosto come sia possibile vendere il lavoro di due anni di uno staff di persone a un prezzo ancora così ridotto come quello dei fumetti bonelliani in edicola. L'assurdo è piuttosto che di trenta centesimi di aumento si lamenti gente che digita la propria indignazione su un iPhone da ottocento euro e che magari ricarica le schede telefoniche dei figli a suon di biglietti da cinquanta una volta ogni due settimane. Oppure gente che spende quattro euro e settanta al giorno per un pacchetto di sigarette (che oltretutto gli fa pure male) o che sorseggia tutte le sere uno spritz da sei. La gente che si lamenta che Tex costi tre euro e venti non batte ciglio quando va vedere un brutto film in pessimo 3D pagando un biglietto di dieci o talora undici euro. Stessa durata di fruizione, stessa emozioni, ma il fumetto resta per sempre, puoi pure rivenderlo o condividerlo. Non parliamo poi del costo dei videogiochi o dell'ingresso in discoteca o della tariffa di un parcheggio.
I fumetti in Italia restano fra i divertimenti più economici in commercio (costano anche molto meno che all'estero), ma se tutti gli anni una Casa editrice (come tutte le case editrici) perde quote significative di lettori a causa della crisi e della concorrenza di Internet, TV, playstation, chat e disabitudine generale a passare in edicola, è impossibile che i costi possano essere riassorbiti se invece di cento si vende cinquanta. E' pura matematica. Meno fumetti vi comprate, più costeranno, magari compensando con una maggiore qualità.
I distributori dicono che la Bonelli resta comunque un'isola felice e Zagor vende, solo in Italia (sessanta milioni di abitanti), più di quanto vende "X-Men" negli Stati Uniti (trecento milioni di abitanti). Il prezzo degli albi Marvel più economici è di 2.99 dollari, ma per sole 24 pagine infarcite di pubblicità. Ci sarebbe da chiedersi quale sia dunque il prezzo giusto per un albo di cento tavole disegnate una per una nell'arco di mesi e mesi di faticoso lavoro. Pare che certi lettori pretendano di pagare l'arte di Ticci con il resto della colazione. Di sicuro, la maggior parte dei disegnatori di fumetti guadagna comunque meno di idraulico.
Non mi sembra il caso di aggiungere altro.