Una conversazione al telefono con Saverio Ceri mi ha ricordato che fu proprio durante il mese di febbraio del lontano 1995 che io, lui e Francesco Manetti inaugurammo la nostra fumetteria nel centro storico di Prato. Per la precisione, a tutti e due pare di ricordare che fosse il giorno 16, quello che quest’anno coinciderà con il varo di Zagor Collezione Storica, il che è di buon auspicio. Se, di certo, non è il caso di festeggiare i diciassette anni da quell’evento, probabilmente non ci sono controindicazioni al fatto che io ve ne parli qui, in breve, sull’onda dei ricordi. Del resto, vi ho già raccontato dei miei dieci anni in Autostrada, di quando ho fatto il detective privato e persino l’attore teatrale, perciò aggiungiamoci pure la mia esperienza come libraio e dunque come imprenditore.
Con i miei due amici avevo in comune la passione per i fumetti, e disponevamo di una gran massa di albi. Come tutti i collezionisti, scambiavamo i doppioni, acquistavamo scatoloni di giornalini da gente che voleva liberare la cantina, battevamo a tappeto i robivecchi per vedere se ci riusciva qualche colpo gobbo tipo trovare uno Zenith 52 originale semisepolto nel ciarpame. Sostituendo i pezzi così così con quelli nuovi da edicola o smettendo di fare una collezione per far posto a un’altra, ognuno aveva accumulato qualche scatolone di roba che cercava di vendere o di barattare. Insomma, mettendo insieme le nostre “liste del cedibile”, c’era da riempire, se non un TIR, almeno un Ducato. Tutto nacque dal Club del Collezionista, che mi mise in contatto con un gruppo di amici con i quali ho condiviso momenti davvero belli, talvolta esaltanti, anche quando tornavamo a casa stanchi per le trasferte alle mostre mercato, o sporchi di inchiostro perché stampavamo la nostra fanzine, “Collezionare”, con un vecchio ciclostile. Ma ci facevamo tante di quelle risate che soltanto al ricordo ancora oggi mi si allarga il sorriso da orecchio a orecchio e sghignazzo fra me.
Eravamo io, Saverio e Francesco, ma c’erano anche Alessandro Monti (oggi storico e filologo di professione) e Simone Biagiotti (esperto di arti marziali e di prove fisiche al limite dell’incoscienza). C’era poi Enrico Cecchi, una delle persone più divertenti che io abbia mai conosciuto, una vera macchina dell’umorismo che soltanto una malattia incurabile è riuscita a far smettere di produrre ilarità in chi lo stava ad ascoltare. Mi manchi tanto, Enrico, e siamo stati accanto per così poco tempo. C’erano anche altre persone, che frequentavano il Club, ma diciamo che questi erano i pezzi da novanta, i maggiorenti. Nella foto qua sopra, vedete la sede del Club: da sinistra a destra ci sono Alessandro, Enrico e Simone. Si può vedere chiaramente come il mio personaggio Battista il Collezionista abbia preso il volto proprio dal Cecchi.
Tutti noi frequentavamo anche le fiere del fumetto di mezza Italia, e dunque vedevamo gli standisti con i banchi carichi di albi e riviste, quelli con cui contrattavamo i prezzi e che arricchivamo trasferendo nelle loro tasche i nostri sudati risparmi. A un certo punto, capimmo che potevamo riempire anche noi un banco tutto nostro. C’era da capire come, praticamente, bisognava fare. Mi incaricai di indagare presso il gestore di un negozio dell’usato che andava ogni anno alla Mostra di Prato, quale fosse la procedura per ottenere uno spazio.
Mi fu dato un numero di telefono di un organizzatore, Stefano Bartolomei, anch'oggi sulla breccia. Mai avrei creduto che, chiamandolo, di lì a poco avrei finito per far parte anch’io del gruppo degli organizzatori degli anni a venire e sarei persino diventato giurato del Premio Pierlambicchi, un concorso per giovani autori che avrebbe laureato, anche per (piccolissimo) merito mio, alcuni importanti nomi del futuro. La cosa si dimostrò più facile del previsto: bastava prenotare e pagare, e il banco era assicurato. La mostra si teneva ogni febbraio in un centro commerciale, oggi in rovina, chiamato Pratilia.
Ecco, la nostra prima Pratilia (mia e degli amici del Club, intendo) fu un evento che ha segnato le nostre vite. Il passaggio dall’altra parte della barricata. Il salto della quaglia. Su uno dei primi numeri di Collezionare io ed Enrico Cecchi scrivemmo una cronaca semiseria che troverete in fondo a questo articolo. Leggetela, se avete tempo e voglia, e forse vi divertirete, ma di sicuro respirerete un po’ del clima degli anni irripetibili che stavamo vivendo.
Cominciò così l’avventura delle nostre “Pratilie”. Fu un percorso esaltante che durò una decina di anni: non ne saltammo uno. Ogni volta aumentavano i metri di banco che avevamo a disposizione. Imparammo a conoscere gli altri standisti, a orizzontarci nell’ ambiente. Arrivammo ad allargarci fino a Lucca e a Firenze, forse una volta mettemmo il banco a Bologna o a Reggio Emilia, ma insomma non è che diventammo dei professionisti del commercio dell’usato, come tanti che ogni weekend sono da qualche parte. Ma, parla con uno oggi, parla con un altro domani, ci convincemmo che avevamo maturato l’esperienza per tentare il grande salto: aprire un negozio, una fumetteria!
Cominciò così l’avventura delle nostre “Pratilie”. Fu un percorso esaltante che durò una decina di anni: non ne saltammo uno. Ogni volta aumentavano i metri di banco che avevamo a disposizione. Imparammo a conoscere gli altri standisti, a orizzontarci nell’ ambiente. Arrivammo ad allargarci fino a Lucca e a Firenze, forse una volta mettemmo il banco a Bologna o a Reggio Emilia, ma insomma non è che diventammo dei professionisti del commercio dell’usato, come tanti che ogni weekend sono da qualche parte. Ma, parla con uno oggi, parla con un altro domani, ci convincemmo che avevamo maturato l’esperienza per tentare il grande salto: aprire un negozio, una fumetteria!
Materiale per riempire il reparto dell’usato ne avevamo a iosa, dato che da tempo compravamo fumetti da chi veniva a proporci stock d’occasione. Però, ci mancava il know-how tecnico su come si fa ad aprire un’attività. Purtroppo, a scuola, nessuno (almeno a noi) aveva mai insegnato niente sullo spirito d’impresa e sulle logiche dei meccanismi che permettono a un aspirante imprenditore di iniziare a intraprendere. Fosse per me, la materia “come gestire i propri soldi” dovrebbe essere obbligatoria fin dalle elementari e si risolverebbero un bel po’ di guai all’intero Paese.
Comunque, essendo tutti ragazzi intelligenti, ci applicammo e cominciammo a imparare. Alla fine, fatti i conti sui costi dell’operazione e valutati i ricavi previsti, finì che i soci a firmare il contratto dal notaio fummo soltanto io, Francesco e Saverio. Cercammo fidi in banca, Saverio frequentò un corso apposito necessario per aprire un esercizio, facemmo documenti, timbri, firme. Affittammo un negozio, lo arredammo, lo riempimmo con i nostri fumetti e ci accordammo con i distributori. Alla fine, inaugurammo Mondi Paralleli. La foto qui accanto ci mostra nel pomeriggio del giorno fatidico. Lo facemmo subito dopo l’ennesima Pratilia, avendo distribuito a tutti i visitatori volantini e depliant che annunciavano l’evento. Fu davvero una grande festa e venne moltissima gente.
A tutti dovette essere subito chiara qual era la nostra idea di fumetteria: non un posto dove si vendono solo manga o supereroi (come, purtroppo, se ne vedono tanti), ma un luogo in cui chiunque avrebbe potuto trovare rappresentato tutto il mondo delle nuvole. Quindi mettevamo Magnus o Ken Parker accanto a Dragon Ball, Jacovitti vicino agli X-Men, albi Disney a confronto con gli Underground. E c’era anche l’angolo dell’antiquariato, con i fumetti degli anni Trenta, la parete delle tavole originali, le videocassette dei film di animazione, persino i cels dei cartoni animati. Ci scontrammo anche con l’assurdità della distribuzione senza rese, per cui bisognava comprare ciò che volevamo mettere sui nostri scaffali e poi, se non avessimo venduto niente, peggio per noi. Ovvio che con questa logica i gestori delle fumetterie tendono a correre il minor rischio possibile e certe pubblicazioni che non hanno un pubblico sicuro finiscono per essere penalizzate, perché nessuno le espone anche se sono bellissime.
Inoltre, un nostro punto di forza fu quello di organizzare gli incontri con gli autori, di cui mi occupavo io in modo particolare. I nomi dei disegnatori e degli sceneggiatori che abbiamo avuto a Mondi Paralleli formano un elenco impressionante: Max Bunker, Alfredo Castelli, Silver, Gallieno Ferri, Roberto Diso, Claudio Villa, Fabio Civitelli, Claudio Castellini, Massimo Bonfatti (con me e Saverio nella foto), Giorgio Cavazzano, Giancarlo Berardi, Mauro Boselli, e li sto citando nell’ordine con cui mi vengono in mente tralasciandone cento altri.
Devo, ovviamente, dare a Cesare quel che è di Cesare: io sono stato il meno presente dei tre soci dietro il bancone o alla cassa. In pratica, ero in negozio soltanto il sabato, talvolta un pomeriggio infrasettimanale. Però lavoravo per Zagor. Anche Francesco e Saverio avevano altre attività, e cercavano di darsi il cambio per alternarsi. Dopo alcuni anni, aumentando il numero dei clienti, e la mole delle cose da fare, delle complicazioni, delle pratiche, decidemmo di cedere l’attività, partita da zero ma ormai lanciata.
L’incauto acquirente fu Roberto Mannelli (il tipo nella foto accanto e in quella di apertura accanto al titolo), che da nostro cliente del negozio finì per diventarne il proprietario. E ancora oggi lo è, dato che Mondi Paralleli continua a essere aperto a pochi passi dalla Piazza del Comune di Prato ed è, ovviamente, la mia fumetteria di fiducia. Non è più mia, ma c’è senz’altro un po’ di me, là dentro. Roberto ha mantenuto in gran parte il vecchio arredamento, che evidentemente non era poi così male, e continua a fare incontri con gli autori, privilegiando i giovani delle produzioni indipendenti e dei piccoli editori, il che gli fa onore. Fra questi giovani c’è uno che io ho conosciuto giovanissimo, quando veniva a passare i pomeriggi da noi e mi chiedeva consigli su come si diventa disegnatore di fumetti: Niccolò Storai, oggi autore affermato e osannato dalla critica. Nella foto sotto, Roberto Mannelli è con Tiziano Angri. Dall'aprile 2011, Rob (che da solo non poteva farcela) ha un nuovo socio, Luca Squillante.
Sono stato a Prato pochi giorni fa e ho chiesto se Francesco Manetti e Saverio Ceri passano spesso. Un po’ più di me, di sicuro: io riesco ad andarci soltanto una volta ogni due mesi, e ritiro talmente tanti sacchetti di roba in abbonamento che mi ci vuole qualcuno che mi aiuti a portarli alla macchina. “Ma siete rimasti nel cuore di tutti”, mi ha rassicurato Roberto.
In occasione dei primi quindici anni del negozio, nel 2010, Luca Boschi ha perfino scritto un articolo sul suo blog: eccolo. E, a seguire, il pezzo promesso tratto da Collezionare.
Marzo 1986
PRATO TROPHY '86
DIARIO DEI SOPRAVVISSUTI
di Moreno Burattini ed Enrico Cecchi
Venerdì 31 Gennaio 1986
L’emozione è viva in tutti i partecipanti: oddio, stiamo per esporre i nostri fumetti alla Mostra di Pratilia! Oh che bellezza, oh che felicità... ma l’entusiasmo si placa subito allorché ci accorgiamo di quanti scatoloni di materiale ci dobbiamo sgabellare sulle spalle. Anche le sospensioni delle automobili, preparate da esperti meccanici di rally, non reggono il peso e vengono seriamente danneggiate. Arrivati non si sa come a destinazione, tiriamo un sospiro di sollievo. Ma è un sollievo di breve durata: la mostra- ci dicono- è al secondo piano: gli scatoloni ce li risgabelliamo sulle spalle fino al lassù. Giunti alla nostra postazione, le fatiche non sono ancora finite: bisogna sistemare tutto in bell’ordine e decidere l’assetto di gara. I matematici e gli esperti in computer del Club devono inoltre risolvere un piccolo problema di spazi e di volume: come collocare in un rettangolo di m. 1,90 per m. 0,80 i 350 metri cubi di fumetti che ci siamo portati dietro? Alla fine ci si ritrova circondati da un enorme castello di carta, che una minima vibrazione potrebbe rovesciare su di noi. Si decide all’unanimità di apporre davanti al nostro banco un cartello che dice: “Si prega di non starnutire”.
Sabato 1° Febbraio
La gara comincia e si studiano gli avversari (soprattutto i loro pezzi) preparandoci per la pugna. I commercialisti e gli economisti del Club analizzano i dati cercando di rendere competitiva la merce perché se ne possa vendere la maggior quantità possibile: non per i guadagni ma perché tremiamo al pensiero di dovercela risgabellare sulla schiena! Nel pomeriggio, dopo una blanda mattinata, ecco l’invasione dei potenziali acquirenti: la gente compra di tutto tranne quello che noi si pensava andasse a ruba. I pezzi a noi più cari e per i quali avremmo fatto pazzie non li compra nessuno: quelli che c’eravamo portati dietro con sufficienza vengono contesi anche con duelli di artiglieria. I clienti più tartari pretendono addirittura sconti non inferiori al 98 per cento, minacciando in caso di diniego di incendiare la nostra postazione. Altri girano tra i banchi portandosi dietro l’avvocato o il commercialista per ottenere preziosi consigli. Non mancano quelli che tentano di cambiare il materiale anziché acquistarlo: “Ti do dieci Geppo in cambio del numero uno di Topolino!”.
Domenica 2 Febbraio
I frequentatori della Mostra la domenica mattina di solito sono psicotici con crisi esistenziali e dalle reazioni incontrollate. Per fortuna evitano la nostra zona perché vedono che noi si sta peggio di loro. Nel pomeriggio, la seconda invasione, di fronte alla quale rischiamo di sprofondare nel baratro della follia. Si arriva all’ora di chiusura. Qualche soldo in cassa c’è: segno che s’è venduto roba. Allora perché i fumetti, invece di diminuire, sono cresciuti? Eravamo venuti con 325 casse, ed ora ciò che resta della mostra ne occupa 440. Ci risgabelliamo il tutto fino alle vetture, ed effettuiamo viaggi pieni come otri (non noi, che abbiamo perso quindici chili per uno, ma le macchine). Finalmente l’avventura è terminata: i lauti guadagni permettono a noi (Moreno, Enrico, Simone e Alessandro) di ricoverarci in una clinica psichiatrica dove rimettere in sesto il nostro cervello (se mai ne abbiamo uno). Fino alla prossima mostra-mercato, naturalmente.