mercoledì 22 febbraio 2012

ANSIA DA PRESTAZIONE

Quando, alla fine dello scorso luglio, ho provato a fare un bilancio dell’attività di questo blog a un anno dalla sua apertura, le visualizzazione di pagine avevano raggiunto quota 13.000 al mese. Oggi, andando a controllare se c’erano stati cali o aumenti, ho scoperto che durante gli ultimi trenta giorni le visite sono state 32.500. Non so se sono tante o sono poche: immagino che la maggior parte dei blogger di lungo corso possano vantare cifre stratosferiche assai più consistenti delle mie. Non è questo il punto, perché non mi sento in gara con nessuno e soprattutto perché non ho mai puntato all’audience quanto piuttosto a lasciare una traccia in Rete sulla gran quantità di cose che ho detto, fatto e scritto in trent’anni di attività.

L’idea da cui è nato “Freddo cane in questa palude”, infatti, è stata quella di rendere disponibili agli eventuali interessati dei materiali che altrimenti sarebbero andati dimenticati. Mi ero infatti convinto che qualunque articolo, saggio, facezia io potessi aver pubblicato su carta negli decenni passati, non avrebbe lasciato traccia, senza la possibilità di individuare quei testi grazie a una ricerca su Google. Inoltre, dato che ho trascorso anni in prima linea nel mondo del fumetto, conoscendo tante persone, scattando molte foto, facendo un certo numero di esperienze, mi pareva interessante raccontare aneddoti, retroscena, situazioni, mostrando immagini tratte dai miei archivi. E, per finire, visto che non sono ancora andato in pensione (e chissà quando ci andrò), ho pensato che avrei potuto approfittare della pur personalissima tribuna del mio blog per dire qualcosa su ciò che vado facendo e farmi conoscere meglio da quei lettori che fossero curiosi di sentire la mia campana o contenti di approfondire questo o quell’aspetto della mia attività. Come si capisce, tutto ciò esula dalla ricerca di facili click. Anzi, una delle critiche che più spesso sento rivolgere a questo spazio è quella di trovarci testi troppo lunghi e impegnativi. Nonostante tutto, negli ultimi trenta giorni (stando ai dati che ho appena controllato), ci sono state oltre mille visite quotidiane.

Lo stesso si può dire della crescita del “coso”. Il mio profilo fan su Facebook, aperto solo dopo che le pressioni dei lettori si erano fatte troppo insistenti per essere ignorate, conta attualmente 486 “mi piace”, raggiunge 171.614 “amici dei fan”, e ha registrato + 74,99 % di portata totale nell’ultima settimana. Forse qualcuno può aiutarmi a interpretare questi dati: non so se le cifre sono alte o basse, di sicuro sono in costante crescita. Ciò non significa nulla e non mi sento di cantare vittoria: domani gli ascolti potrebbero essersi dimezzati e non mi sentirò tradito o ferito nell’onore.

Anzi, il motivo per cui sono qui a parlarne è assolutamente il contrario dell’autoesaltazione. A spingermi a scrivere queste cose, confidando in pubblico dubbi e debolezze (come già in passato ho fatto, trovando consolazione nell’averle potute scrivere) è quello che stamattina Mauro Boselli ha chiamato “ansia da prestazione”. Infatti, è stato al mio compagno di stanza nella redazione Bonelli che ho letto, per primo, le cifre che vi ho appena detto. Mi ha risposto: “Non sei contento?”. “No, sono preoccupato”. “E perché mai?”. Ecco, il perché lo spiego a voi come l’ho spiegato a lui.

Il punto è che finché il blog o il “coso” rimangono spazi per pochi intimi, posso gestirli con libertà, senza timore di sbagliare o di fare danni. Se mi scappa una battutaccia o racconto qualcosa di sconveniente, pazienza: siamo fra amici. All’inizio, potevo persino illudermi di conoscere tutti o quasi i miei interlocutori. Ma adesso, chi c’è in ascolto? Si offenderanno le donne se approvo l’ostentazione della farfalla tatuata da parte di Belen? Addolorerò il mio amico cattolico se dico di non credere all’autenticità della Santa Sindone o se faccio dell’ironia sul miracolo di Santa Brigida d’Irlanda che trasformò l’acqua in birra? Non solo: finché avevo soltanto ventitré lettori, c’era da immaginarsi che fossero tutti zagoriani e se mi concentravo soprattutto sullo Spirito con la Scure sapevo di accontentare l’uditorio. Ma oggi? Ci saranno lettori anche di Dylan Dog o di Martin Mystère. E allora, qui o sul “coso”, forse è il caso di pubblicare articoli, immagini e notizie anche di tutti gli altri personaggi della Bonelli. E magari pure di testate “concorrenti”, o straniere. Ma, a Mauro, ho rivelato anche di temere giudizi impietosi sul livello dei miei interventi o delle discussioni. “Ecco perché hai postato un articolo su Schopenauer!” ha infierito Boselli. Poi, abbiamo concordato che forse, invece, quell’articolo era nato dal mio desiderio inconscio di far abbassare gli ascolti, così da tornare a parlare a quattro gatti e sentirmi più tranquillo.

Insomma, ho rimuginato a lungo sulla faccenda e ho finito per vestire da solo i panni dell’avvocato del diavolo cercando di rispondere a tutte le possibili critiche che possono essere fatte al mio darmi da fare su Internet. Ecco qua che tutto quello di cui mi sono autoaccusato e gli argomenti con cui mi è riuscito di giustificarmi. Alla fine, seguiranno i buoni propositi per il futuro (in attesa, ovviamente, di eventuali vostri consigli).

1) E’ giusto che nella testata di questo blog compaia una immagine di Gallieno Ferri con Zagor? Non significa sfruttare la popolarità per personaggio?

Quando ho aperto il blog ho chiesto una precisa autorizzazione all’uso delle immagini e ne è stato indicato il copyright. Inoltre, io sono a tutti gli effetti non solo uno sceneggiatore dello Spirito con la Scure ma anche quello con più tavole pubblicate all’attivo, oltre che, per il momento, il curatore della testata. Dunque Zagor fa parte integrante della mia vita, e la sua immagine mi rappresenta. Serve anche a segnalare ai visitatori meno informati quali sono, più o meno, gli argomenti trattati nel blog. Come se non bastasse, il disegno di Ferri rappresenta un panorama di Darkwood e quindi in senso lato gli scenari dell’Avventura: dunque quelli di tutti i fumetti, i romanzi, i libri in cui si respira, come in quell’immagine, il vento della fantasia di cui mi sono sempre nutrito e che mi piace condividere con chi viene (di sua spontanea volontà) ad ascoltarmi. Se è vero che in qualche modo la popolarità di Zagor mi fa da traino, è anche vero che io cerco di ripagare lo Spirito con la Scure con tutta la passione e l’entusiasmo che metto nel mio lavoro, e parlando dell’eroe di Nolitta & Ferri faccio opera di promozione e propaganda, o per usare una brutta parola, “pubblicità”. E’ chiaro che scrivo sempre e soltanto quello che penso e dunque farei proselitismo zagoriano anche senza il bel disegno che fa da testata (che potrà essere sostituito in qualunque momento).

2) Non c’è il rischio che l’immagine di Zagor nell’intestazione faccia credere che si tratta di un sito ufficiale della Casa editrice, mentre invece è un tuo spazio privato?

Una frase posta in maniera fissa nella colonna a destra avverte: “Lavoro presso la Sergio Bonelli Editore come curatore e sceneggiatore di Zagor, ma le opinioni espresse in questo blog sono esclusivamente personali”. Mi sembra una premessa sufficientemente corretta. In ogni caso, mi sforzo di non scrivere niente che possa imbarazzare l’Azienda per cui lavoro, intendendo con questo non che non sono sincero in quel che dico, ma che evito comportamenti quali il turpiloquio, la blasfemia o atteggiamenti penalmente rilevanti. Comportamenti che, del resto, eviterei comunque anche se Zagor non mi collegasse alla Bonelli. Infine, se uno scegliesse come immagine del suo blog una foto, poniamo il caso, di Paul Newman, questo non significherebbe che egli si proponga come la voce ufficiale degli eredi dell'attore; chi usa una foto con il paesaggio della Val Seriana non vuol dire che comunichi tutti i giorni il bollettino meteo di Clusone.

3) Non credi di danneggiare la Bonelli finendo per scadere in atteggiamenti da “fanzinaro”, che sono il contrario di quelli da professionista? I grandi autori mantengono le distanze, hanno comportamenti più seri e meno ammanicati con i lettori, a cui non si mescolano così facilmente come fai tu.

Una risposta potrebbe essere che io non sono un grande autore e dunque mi sono consentiti atteggiamenti più plebei. Tuttavia, ci sono altre argomenti con cui replicare. Primo: io mi sono fatto le ossa alla grande scuola delle fanzine e non considero offensivo il termine “fanzinaro” là dove significhi fare della propria passione il proprio lavoro. Moltissimi miei colleghi sono nati sulle fanzine, e basteranno i nomi di Mauro Marcheselli, Michele Masiero, Alfredo Castelli e Franco Busatta per citare quattro pezzi da novanta della redazione. Ma perfino personaggi come Luca Raffaelli, Francesco Coniglio, Gianni Bono hanno mosso i primi passi scrivendo su piccole riviste amatoriali, come ho fatto io. Non credo che nessuno di loro abbia mai rinnegato le proprie origini e, nel caso lo avessero fatto, io non ritengo di doverlo fare. In ogni caso, questo stesso blog può essere considerato una “fanzine”, dato che una sorta di rivista fatta senza fine di lucro e per puro amore. Se poi per atteggiamento “da fanzinaro” si intendono contenuti sgrammaticati o raffazzonati, rispondo che pur senza ritenermi un maestro del bello scrivere, personalmente mi sforzo di essere professionale anche in questo contesto dove pure, trattandosi di uno spazio privato, anche le sgrammaticature potrebbero essermi consentite (se non addirittura apprezzate quale cifra stilistica). La mia professionalità, del resto, spero di dimostrarla scrivendo altrove, sia nelle sceneggiature che nei miei saggi e dopo vent’anni di attività mi auguro proprio che non venga messa più in dubbio anche se gestisco un blog di taglio “fanzinesco”.

Questo blog o il profilo fan su Facebook danneggiano la Bonelli? Mi pare anzi di aver messo al servizio dell’Azienda i miei spazi, riuscendo a compiere un servizio di capillare informazione e promozione. Del resto, la Bonelli non è presente ufficialmente su Facebook e la mia iniziativa di aprire un profilo privato dedicato in gran parte al mio lavoro in Via Buonarroti, giungendo là dove il sito ufficiale non riesce a giungere, è venuta a colmare un vuoto, soddisfacendo una richiesta. Il mio lavoro online è fatto a titolo personale e in modo del tutto spontaneo e gratuito, appunto per passione. E’ “fanzinesco” tutto questo? Se lo è, “fanzinesco” mi sembra un aggettivo positivo. La Bonelli ne ricava un danno? Qualora me ne rendessi conto o mi fosse detto, chiuderei immediatamente gli spazi o cambierei loro nome e filosofia. Io mi illudo di rendere un servizio. Non mi aspetto di venire ringraziato, ma neppure di essere accusato di danneggiare l'Azienda. Per finire: a me preme che ciò che faccio mi assomigli. Come ho già scritto una volta, sono fatto così. Senza volermi minimamente paragonare a loro, anche Sclavi o Berardi hanno i loro caratteri e i loro atteggiamenti. Nessuno, spero, pretende che siano diversi da quel che sono.


4) Ma tu parli soltanto di Zagor? Molti tuoi colleghi invece sono aperti a tutti i generi di argomenti.

Ovviamente, i miei colleghi sono liberissimi di aprirsi a tutto ciò che vogliono e io sono il primo e il più entusiasta lettore di alcuni di loro. Anch’io cerco, nel mio piccolo, di essere altrettanto libero e dunque di parlare di quel che mi va. Nessuno, del resto, è obbligato a leggermi. L’offerta è ampia e ci sono blog di tutti i tipi. Molti di loro, com’è facilmente constatabile, sono monotematici: tutti dedicati al cinema horror, o agli illustratori, o alla politica, o alla poesia. Non vedo quale potrebbe essere il problema se io davvero parlassi soltanto dello Spirito con la Scure. Mi sembra un argomento nobile e ricchissimo di spunti e di collegamenti di ogni genere. Io sono un autore di Zagor, del resto, e parlando di Zagor parlo anche di me e del mio lavoro. Però, non è così. Su 228 articoli finora pubblicati, solo in un centinaio si parla di Zagor, e in gran parte di essi Zagor non è l’argomento principale (per fare degli esempi, ci cita lo Spirito con la Scure in qualche passaggio dei pezzi su Decio Canzio o su Francesco Gamba, ma non è l’eroe di Darkwood l’oggetto del post). Dunque, in più della metà dei testi si parla d’altro. Di che cosa? In 100 casi, di “caccia al cinghiale”, vale a dire (come fu spiegato all’inizio) di argomenti strani non riconducibili sotto una precisa etichetta. In 74 casi, si parla di libri. Ma poi ho trattato di cinema, di poesia, di arte, di filosofia, di erotismo, di musica, di costume, di fatti miei. C’è un indice che lo dimostra, nella colonna a destra del blog. Tutto mi pare fuorché di essere monomaniaco. Quel che mi pare, questo sì, è che il mio blog sia piuttosto diverso, per tono e impostazione, dalla maggior parte degli altri. Se ciò sia un pregio o un difetto, non saprei dire.

5) Non ti sembra di imperversare troppo sul Web? Forse dovresti rientrare un po' nei ranghi, invece di sovraesporti mediaticamente.

E' strano che si possa parlare di me come di uno che abusa della tecnologia, quando è scientificamente dimostrato che non sono neppure capace di usare uno smartphone. E' strano soprattutto se si considera quanto sono esposti mediaticamente i miei colleghi più bravi di me nell'uso di Internet, di Iphone e Ipad, presenti in Rete ventiquattr'ore su ventiquattro. In confronto a quanto scrivono, chattano, twitterano tutti gli altri, io sono davvero quello che tiene il profilo più basso. Come se non bastasse, mi pare che tutto l'universo mondo occidentalizzato sia interconnesso in modo abnorme e i mie figli trascorrono su Facebook il doppio del tempo che ci passo io. Il poco che faccio, lo faccio solo per non perdere il treno e cercare di non restare a piedi. Tuttavia, per qualche motivo misterioso, sembra sempre che sia io a divulgare più notizie degli altri e anche in redazione circolano leggende urbane sul mio presenzialismo in Rete e sulla mia ansia da scoop. Figuriamoci. Non vengo invitato a nessuna prima di film né ad Angouleme e mi compro da solo i libri che recensisco.

Non sono riuscito a immaginare altre obiezioni, e dunque per ora mi fermo qui. Che buon proposito posso fare, in conclusione, per portare avanti il blog e il “coso” cercando di vincere l’ansia da prestazione? Quello di continuare a fare esattamente ciò che ho fatto finora, scrivendo come se a leggermi ci fossero soltanto ventitré persone. O magari, neppure loro. Perché in fondo, chi scrive per passione, come so di fare io, scrive solo per se stesso. E per essere se stesso.