mercoledì 22 febbraio 2012

L'ARTE DI OTTENERE RAGIONE


La biblioteca di Babele - 4

Ci sono filosofi simpatici e filosofi antipatici. Socrate è simpatico. Platone, antipatico. Aristotele, simpatico. Plotino: antipatico. Sant’Agostino, antipatico. San Tommaso, simpatico. Hume: simpatico. Kant: antipatico. Hegel: antipatico. Schopenauer: simpatico. Ora, riuscire a spiegare perché quel vecchio misantropo di Arthur, peraltro tedesco e dunque con un pesante handicap di partenza in qualunque gara di simpatia, possa risultare anche solo moderatamente gradevole agli occhi di uno studente liceale, è difficile come cercare di leggere dall’inizio alla fine “Il mondo come volontà e rappresentazione”, la sua opera fondamentale datata 1819. Un’opera, va detto, che risultò così indigesta persino ai suoi contemporanei da far finire al macero quasi tutte le copie della prima edizione. Tuttavia, tra i pochi lettori di Schopenauer ci furono di sicuro Nietzche (antipatico) e Freud (simpatico) che rimasero fortemente influenzati dal pessimismo cosmico del filosofo di Danzica.

Ovviamente, de “Il mondo come volontà e rappresentazione” ricordo solo quello che diceva il Bignami su cui mi preparavo per le interrogazioni al liceo, ma rammento che il succo del discorso mi piaceva: lo scopo della vita è soltanto vivere e pretendere che esista un senso ultimo non è che un tentativo di nasconderci questa amara verità. Poi c’è il discorso della “rappresentazione”: ogni fenomeno è pura illusione, che nasconde la realtà della cosa in sé. In pratica, il mondo è il “velo di Maya” predicato dal buddismo. Oppure, come oggi sono arrivati a stabilire i fisici quantistici, noi vediamo ciò che vediamo soltanto perché non riusciamo a vedere altro, ma il principio di indeterminazione di Heisenberg sgombra il campo dalla possibilità di comprendere davvero quel che ci succede attorno nel tempo e nello spazio. La realtà è un’onda di particelle che vibrano nell’ immenso vuoto subatomico e siamo noi che ce la rappresentiamo un po’ come ci pare.

Ma il vero motivo per cui mi piace Schopenauer è per il suo strabiliante senso della logica, che sento vicino (pur nella pochezza dei miei mezzi intellettuali rispetto ai suoi) anche al mio modo di ragionare di fronte alle cose. Il suo approccio razionale ai problemi è ben evidenziato dai suoi saggi più brevi, come quelli raccolti in “Parerga e Paralipomena” (un titolo assurdo per testi invece brillanti), e soprattutto come “L’arte di essere felici” e “L’arte di ottenere ragione”, pubblicati in Italia da Adelphi in agili libretti molto divertenti da leggere, e che si trovano persino al supermercato.

Dell’ “Arte di essere felici” parlerò un’altra volta, adesso concentriamoci sull’ “Arte di ottenere ragione”, il cui titolo per esteso aggiunge: “esposta in 38 stratagemmi”. Va detto subito che per Schopenauer non si tratta di insegnare a imporre le proprie idee alla ricerca della verità assoluta, che non esiste, ma soltanto di suggerire come vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni degli avversari, indipendentemente dal fatto che un argomento sia vero o falso. In pratica, la dialettica finisce per coincidere con l’eristica, ovvero, appunto, con l’arte di averla vinta. Leggendo, si capisce come molti politici che vanno a Ballarò facciano ricorso proprio alle tecniche schopenaueriane. I trentotto stratagemmi sono tutti intelligenti, a volte diabolici, e in crescendo. Fino al trentottesimo, che è il più bello di tutti: quando non si riesce a ottenere ragione con altri mezzi, si diventi violenti e giù botte. Non è proprio così ma quasi. Più o meno il senso dell’extrema ratio è questo: quando ci accorgiamo che l'avversario è superiore e finiremo per aver torto, si diventi offensivi, oltraggiosi, violenti. Si passi dall'oggetto della contesa agli attacchi alla persona stessa del nostro contendente. Questo stratagemma è molto popolare, e lo usano istintivamente coloro che non sono all'altezza di sostenere altrimenti le loro tesi. Per cui può capitare di doverlo subire: per proteggersi non c'è che un mezzo: non discutere con tutti, ma solo con chi sia alla nostra altezza. Fra cento persone, ce n'è forse una degna che si disputi con lei.

Il libretto di Schopenauer, il cui titolo originale è Eristische Dialektik - Die Kunst, Recht zu Behalten venne pubblicato postumo dopo la morte dell’autore, avvenuta a Francoforte nel 1861 (peraltro, era nato nel 1788 proprio il 22 febbraio, e dunque oggi è il suo 224° anniversario). Quando lo lessi, alcuni anni fa, mi parve talmente geniale che provai a farne un riassunto, un mio Bignami personale, da tenere a portata di mano quando ci fosse stata una discussione con qualcuno e ritenessi di dover avere ragione per forza. Ho ritrovato quel mio adattamento, e mi è parso abbastanza semplificato e predigerito da poter essere utile a tutti. Perciò, provo a sottoporvelo. Non ho idea se si tratti di una proposta gradita o no, ma immagino di essere l’unico dei miei colleghi che si mette a scrivere di queste cose nel proprio blog. Però, che ci volete fare? Io mi diverto così e ognuno ha le sue personali perversioni.



Arthur Schopenhauer
L'ARTE DI OTTENERE RAGIONE
ESPOSTA IN 38 STRATAGEMMI


Riduzione e adattamento di
Moreno Burattini


STRATAGEMMA N° 1:
L'AMPLIAMENTO

Portare l'affermazione dell'avversario oltre i suoi limiti, in modo da interpretarla nella maniera più generale possibile, esagerarla. Restringere invece la propria affermazione nel senso più circoscritto possibile. Infatti, più un'affermazione diventa generale, tanto più essa presta il fianco ad attacchi.
Esempio:
A - Gli inglesi sono la prima nazione nel genere drammatico.
B - In realtà nell'opera lirica non hanno saputo combinare nulla.
A - La musica non è compresa nel genere drammatico, che designa solo la tragedia e la commedia.

STRATAGEMMA 2:
OMONIMIA

Se l'affermazione dell'avversario contiene una omonimia (per cui due concetti sono indicati con la stessa parola) si può dare una confutazione di uno dei due sensi indicati da quel nome, fingendo di aver confutato anche l'altro. Esempio:
A - Vedo che lei non è iniziato ai misteri della filosofia kantiana.
B - Per principio, dove ci sono misteri, io non voglio saperne nulla.

STRATAGEMMA 3:
UNIVERSALIZZAZIONE

Prendere l'affermazione avversaria presentata in modo relativo come se fosse assoluta, e confutarla sotto questo aspetto. Esempio:
A - Ho una grande ammirazione per lo scrittore Burroughs.
B - Ammirazione per un drogato che assassinò sua moglie?
L'ammirazione di A era intesa per il talento artistico di Burroughs, non per la figura dello scrittore in assoluto.

STRATAGEMMA 4:
LENTA AMMISSIONE DELLE PREMESSE

Quando si vuole trarre una certa conclusione non la si lasci prevedere, ma si faccia in modo che l'avversario ammetta senza accorgersene le premesse in ordine sparso. Una volta che avrà ammesso gli elementi sparpagliati qua e là, si tirino le somme, inchiodandolo.

STRATAGEMMA 5:
PREMESSE FALSE PER CONCLUSIONE VERA

Per dimostrare le proprie tesi ci si può servire anche di premesse false, quando l'avversario non ammetterebbe quelle vere. Infatti, il vero può derivare da premesse false, come Aristotele insegna.

STRATAGEMMA 6:
POSTULAZIONE OCCULTA

Si fa accettare come basilare per la dimostrazione ciò che è oggetto della dimostrazione stessa, occultando la postulazione sotto falso nome o sotto giri di parole.
Esempio: si deve dimostrare che la medicina è scienza incerta, si fa concordare l'avversario sul fatto che ogni sapere umano è incerto.


STRATAGEMMA N° 7:
VELOCITA' DI ESPOSIZIONE

Esporre rapidamente la propria argomentazione in modo che coloro che sono lenti di comprendonio non riescano a seguire esattamente i passaggi e non si accorgano di eventuali errori o lacune nell'argomentazione.


STRATAGEMMA N° 8:
SUSCITARE L'IRA NELL'AVVERSARIO

Suscitare l'ira nell'avversario è vantaggioso perchè così costui potrà più facilmente cadere in errori grossolani.


STRATAGEMMA N° 9:
NON SEGUIRE UN ORDINE

Se si deve giungere a una verità ponendo domande all'avversario, non si pongano le domande secondo l'ordine più logico. L'altro potrebbe infatti capire dove andiamo a parare e rispondere in maniera da ostacolarci. Dunque cambiare spesso direzione e mascherare il proprio modo di procedere.


STRATAGEMMA N° 10 :
NON FAR CAPIRE SE SI VUOLE IL SI O IL NO

Se ci si accorge che l'avversario tende a rispondere "no" alle domande da noi poste, comprendendo che il "sì" porterebbe acqua al nostro mulino, occorre o impostare le domande in modo che il "no" ci sia favorevole, o porre le domande in maniera ambigua, non facendogli capire quale sia la risposta che ci avvantaggia (esempio, proponendo due tesi e chiedendo di scegliere).


STRATAGEMMA N° 11:
DARE PER SCONTATA UN'AMMISSIONE NON DATA

Se noi facciamo un'induzione e l'avversario ci concede i singoli casi, non dobbiamo chiedergli se concede anche la verità generale che risulta da essi. Dobbiamo invece introdurla in seguito come già stabilita e concessa, perchè può anche accadere che egli creda di averla concessa, e la stessa impressione avranno anche gli ascoltatori.


STRATAGEMMA N° 12:
SCELTA OCULATA DEI NOMI CON CUI DEFINIRE UN CONCETTO

Se l'avversario ha proposto un cambiamento, lo si chiami "innovazione", che suona in maniera più odiosa; se noi parliamo di un aspetto del culto, chiamiamolo "devozione", se ne parla l'avversario chiamiamolo "bigotteria" o "superstizione".


STRATAGEMMA N° 13:
FAR ACCETTARE QUALCOSA
PRESENTANDOLA IN MODO CHE L'OPPOSTO SUONI ASSURDO

Dovendo far ammettere all'avversario che i bambini devono sempre fare ciò che dicono i genitori, proporgli la questione in questi termini: "i bambini devono essere in ogni cosa obbedienti ai genitori, oppure disobbedienti?". Messa così la questione, l'avversario sembrerebbe pazzo se rispondesse nel modo opposto a ciò che noi vogliamo.

STRATAGEMMA N° 14:
UN TIRO MANCINO

Dopo che l'avversario ha risposto a molte domande senza favorire la conclusione che abbiamo in mente, si enuncia e si esclama trionfanti come se la conclusione che volevamo trarre fosse stata dimostrata, sebbene essa non conseguisse affatto dalle risposte. Se l'avversario è timido o sciocco,e se noi abbiamo una buona dose di impertinenza, il tiro mancino può riuscire.


STRATAGEMMA N° 15: TESI PARADOSSALE

Se abbiamo presentato una tesi paradossale e ci troviamo in imbarazzo nel dimostrarla, possiamo portare a suo sostegno una tesi giusta ma che, a ben guardare, non sostiene il nostro assunto. Se l'avversario, per scagliarsi contro il nostro paradosso iniziale, negherà la tesi giusta, avremo buon gioco nel dire che evidentemente non capisce niente. Se invece l'accetterà, intanto abbiamo detto qualcosa di ragionevole (suscitando buona impressione negli ascoltatori e nei giudici), poi si vedrà. Oppure si ricorre allo stratagemma precedente e si bluffa dicendo che il nostro paradosso è dimostrato (mentre non lo è).


STRATAGEMMA 16:
CERCARE CONTRADDIZIONI NELL' AVVERSARIO

Di fronte a un'affermazione dell'avversario dobbiamo cercare se per caso non sia in qualche modo in contraddizione con qualcosa che egli ha detto in precedenza, oppure con i canoni di una scuola da lui lodata, oppure contro il suo stesso comportamento. Se per esempio egli difende il suicidio, allora gli si replica "Allora perché non ti impicchi?".


STRATAGEMMA 17:
SOTTILE DISTINZIONE

Se l'avversario ci mette all'angolo incalzandoci con una controprova che smonta una nostra precedente affermazione, ci si può salvare escogitando una sottile distinzione che modifica il senso di quando avevamo detto quel tanto che basta per difenderci.


STRATAGEMMA 18:
CAMBIARE ROTTA

Se ci accorgiamo che l'avversario ha messo mano a una argomentazione con cui ci batterà, non dobbiamo consentire che arrivi a portarla a termine, ma dobbiamo interrompere, allontanare o sviare per tempo l'argomento della disputa e portarla su altre questioni.


STRATAGEMMA 19:
ILLUSORIETA' DEL SAPERE UMANO

Se l'avversario ci sollecita esplicitamente a esibire qualcosa contro un determinato punto della sua affermazione, e noi non abbiamo niente di adatto, allora dobbiamo svolgere la cosa in maniera assai generale e poi parlare contro tali generalità. Ci viene chiesto di dire perchè una ipotesi fisica non è credibile? Parliamo dell'illusorietà del sapere umano e ne diamo ogni sorta di esempi.


STRATAGEMMA 20:
TIRARE NOI LE CONCLUSIONI

Una volta richieste all'avversario le premesse e una volta che egli le abbia concesse, tiriamo noi stesse le conclusioni il più rapidamente possibile (non chiediamo all'avversario di tirare lui la conclusione, che sarebbe pericoloso per i nostri intenti).



STRATAGEMMA 21:
METTERE IN LUCE LA CAPZIOSITA' DEI SOFISMI AVVERSARI
E UTILIZZARE SOFISMA CONTRO SOFISMA

Se l'avversario fa uso di un argomento sofistico e capzioso, ne mettiamo subito in luce la capziosità di fronte agli ascoltatori, e lo umiliamo sostenendo che, stando così le cose, possiamo anche noi far ricorso a giochetti sofistici.


STRATAGEMMA 22:
RIGETTARE LE AFFERMAZIONI DA CUI LA TESI AVVERSARIA
TROVEREBBE IMMEDIATA CONSEGUENZA

Se l'avversario ci chiede di ammettere una cosa la cui affermazione porterebbe a ritenere valida, per conseguenza diretta, la tesi opposta alla nostra, dobbiamo negarla con la massima fermezza sostenendo che non si può dare per scontato qualcosa che è strettamente collegato al problema in discussione e che, appunto perchè è in discussione, è viceversa dubbio.


STRATAGEMMA 23:
SPINGERE L'AVVERSARIO A ESAGERARE LE PROPRIE AFFERMAZIONI

La contraddizione e la lite spingono a esagerare le affermazioni. Possiamo dunque stuzzicare l'avversario e indurlo a esagerare oltre il vero le proprie affermazioni. Una volta confutata l'esagerazione sarà come se avessimo confutato l'argomento. Per contro, dobbiamo stare attenti a non esagerare noi le nostre affermazioni.


STRATAGEMMA 24:
DALLE TESI DELL'AVVERSARIO
TRARRE CONSEGUENZE ASSURDE O PERICOLOSE

Anche a forza, e distorcendo volutamente il pensiero altrui, traiamo dalle tesi avversarie conseguenze assurde o pericolose agli occhi degli uditori. In tal modo, avremo confutato la validità delle tesi stesse.


STRATAGEMMA 25:
NON LASCIARSI INGANNARE DALLE "ISTANZE" DELL'AVVERSARIO.

Le "istanze" sono singoli casi di applicazione della verità generale. Per esempio, la proposizione: "Tutti i ruminanti sono cornuti" è invalidata dall'istanza del cammello. Se l'avversario usa appunto un'istanza per invalidare una nostra tesi generale, dobbiamo essere pronti a confutare la validità dell'istanza che potrebbe essere ingannevole, o noi dobbiamo farla ritenere tale. Infatti, talvolta gli esempi portati a obiezione semplicemente non sono veri (come nel caso di storie di spiriti) o sono stati addirittura inventati apposta; oppure le istanze non rientrano nella tesi generale se non apparentemente; oppure ancora, l'istanza non è affatto in reale contraddizione con la proposizione originaria, ma solo lo sembra.

STRATAGEMMA 26:
RITORCERE CONTRO L'AVVERSARIO LE SUE TESI

L'argomento usato da un avversario può essere usato contro di lui. Esempio: "E' un bambino, non bisogna castigarlo". Ritorsione: "Appunto perchè è un bambino, va castigato affinchè non prenda brutte abitudini".


STRATAGEMMA 27:
INCALZARE L'AVVERSARIO CHE SI ADIRA SU UN CERTO ARGOMENTO

Se di fronte a un certo argomento l'avversario si adira, allora bisogna incalzarlo senza tregua proprio da quel lato. Non solo perchè va bene per farlo montare in collera (cosa che gioca a nostro favore), ma perchè si deve supporre di aver toccato il lato debole del suo ragionamento e dunque, scavando, si può nuocergli più di quanto avessimo sospettato in partenza.


STRATAGEMMA 28:
FAR PASSARE L'AVVERSARIO PER IDIOTA AGLI OCCHI DEGLI UDITORI

Quando due persone colte disputano di fronte a persone incolte, si può usare una confutazione "ad uditores", cioè una obiezione non valida, magari in grado di mettere in ridicolo l'avversario, di cui però solo un esperto possa vedere l'inconsistenza. Mentre l'avversario può essere appunto un esperto, tali non sono gli uditori. Ai loro orecchi, l'avversario viene appunto battuto, tanto più se la nostra obiezione riesce a far ridere di lui chi sta ascoltando. A ridere la gente è sempre pronta (chi ride, è subito dalla nostra parte), e per dimostrare che la nostra obiezione è nulla, l'avversario dovrebbe inoltrarsi in una lunga discussione su cui non troverebbe facilmente ascolto.

STRATAGEMMA 29:
CAMBIARE ARGOMENTO IN CASO DI DIFFICOLTA'

Se ci si accorge di essere battuti su un argomento, allora occorre fare una diversione, affrontando qualcosa di più o meno diverso a seconda della circostanza. Ad esempio: se uno loda il fatto che nella Cina medievale le cariche pubbliche venivano assegnate per meriti e non per nobiltà, e se un altro volesse difendere i valori dell'ereditarietà nobiliare, può cominciare a parlar male della Cina evidenziando le leggi ingiuste che peraltro abbondano in quel Paese, come le severe punizioni corporali per minimi reati. Questo stratagemma è istintivo anche nelle discussioni fra popolani: quando uno avanza a un avversario dei rimproveri personali che questi non può confutare, la risposta è in genere il rinfacciamento al primo di altre sue pecche non meno gravi. Dunque l'accusato non replica alle accuse, ma trasferisce altrove il terreno di battaglia.

STRATAGEMMA 30:
RIFARSI A UN'AUTORITA' RICONOSCIUTA

Al posto di proprie motivazioni, si accampino massime e citazioni di filosofi, pensatori, autorità civili e/o spirituali. Anche se questo non convincerà l'avversario, farà presa sugli ascoltatori che, in linea di massima, hanno grande rispetto per gli esperti e i dotti in genere. E se l'avversario si ribellerà a quanto noi diciamo, sembrerà ribellarsi all'autorità di grandi pensatori del passato. All'occorrenza, le citazioni e le massime si possono anche distorcere, modificare e addirittura falsificare e inventare a nostro uso e consumo: raramente l'avversario si prenderà la briga di ricercare e controllare l'esattezza dei nostri rimandi.


STRATAGEMMA 31:
IRONIZZARE SULLE TEORIE DELL'AVVERSARIO,
RIFIUTANDOSI DI CONFUTARLE
PERCHE' COSI' CONTORTE DA RISULTARE INCOMPRENSIBILI

Qualora non si sappia opporre nulla alle ragioni esposte dall'avversario, ci si dichiari, con fine ironia, incompetenti: "Quello che lei dice supera la mia debole capacità di comprensione: non riesco a seguirla nei suoi mirabolanti ragionamenti e rinuncio a ogni giudizio". Questo stratagemma funziona solo se noi siamo tenuti in considerazione dall'uditorio, e non possa essere messa in dubbio la nostra capacità di comprensione.


STRATAGEMMA 32:
RELEGARE LA TESI AVVERSARIA
NELL'AMBITO DI SCUOLE DI PENSIERO ODIATE DALL' UDITORIO

Un modo spiccio per accantonare, o almeno rendere sospetta, un'affermazione avversaria, è quello di ricondurla a una categoria odiata dagli uditori, anche se la relazione è solo di vaga somiglianza o è tirata per i capelli: "Questo è manicheismo! questo è arianesimo! questo è misticismo! questo è ateismo!" e via dicendo. Essendo queste categorie date per già confutate a priori, la tesi avversaria non può contenere neppure una parola di vero.


STRATAGEMMA 33:
RITENERE LA TESI AVVERSARIA GIUSTA "IN TEORIA",
MA FALSA "IN PRATICA"

"Ciò sarà anche vero in teoria; in pratica però è falso". Con questo sofisma si ammettono le ragioni e tuttavia si negano le conseguenze. In realtà, così facendo, si nega anche la teoria, perchè ciò che è giusto sul piano della logica deve esserlo anche su quello della pratica, perchè se ciò non si verifica, allora c'è un errore nelle premesse teoriche, qualcosa che sfugge, o che non è stato sufficientemente calcolato.


STRATAGEMMA 34:
BATTERE LA LINGUA DOVE IL DENTE DUOLE

Se a una domanda o a un argomento l'avversario non dà una risposta diretta ma evade e cerca di andare a parare altrove, ciò è segno sicuro che abbiamo toccato un punto dolente su cui è necessario incalzare, senza mollare, anche quando non ci sia immediatamente chiaro in che cosa consistano i timori e la debolezza altrui.


STRATAGEMMA 35:
DIMOSTRARE CHE LA TESI AVVERSARIA E' NOCIVA
ALL'AVVERSARIO STESSO E/O ALLA CATEGORIA DEGLI UDITORI

Se si ha di fronte un religioso che sostiene un dogma filosofico (a noi nocivo), gli si faccia intendere che lo stesso dogma è in contrasto che la dottrina della Chiesa, e costui lo lascerà cadere come fosse un ferro rovente. In generale, si faccia credere all'avversario che la sua tesi, fosse anche giusta, renderebbe danno alla categoria di cui fa parte. Se di questa categoria fanno parte anche gli uditori, tutti troveranno deboli e miserabili gli argomenti del nostro avversario.
Per esempio, se costui loda il progresso tecnologico, gli faremo notare che i suoi allevamenti di cavalli andranno in rovina il giorno in cui delle macchine traineranno le carrozze.


STRATAGEMMA 36:
SCONCERTARE L'AVVERSARIO CON FRASI PRIVE DI SENSO
PRONUNCIATE PERO' COME SE FOSSERO SOMME VERITA'

Di fronte ad avversari consapevoli della propria debolezza, si può facilmente sconcertarli con sproloqui privi di senso propinati però con aria seria. Basterà dire una scemenza che suoni però dotta o profonda, e spacciarla come la prova più incontestabile del proprio pensiero. L'altro penserà di essere di fronte a qualcosa di così profondo da sfuggire alla sua stessa comprensione.


STRATAGEMMA 37:
CONFUTARE NON LA TESI DELL'AVVERSARIO,
MA LA PROVA O GLI ESEMPI PORTATI A SUO SOSTEGNO

Quando l'avversario, pur avendo nei fatti ragione, per nostra fortuna sceglie una cattiva prova, non avremo difficoltà a confutarla e poi spacceremo questa confutazione per la confutazione dell'intera sua tesi. Se al nostro avversario non viene in mente una prova migliore, abbiamo vinto noi.


STRATAGEMMA 38:
L'EXTREMA RATIO, L'OLTRAGGIO E LA VIOLENZA

Quando ci accorgiamo che l'avversario è superiore e finiremo per aver torto, si diventi offensivi, oltraggiosi, violenti. Si passi dall'oggetto della contesa agli attacchi alla persona stessa del nostro contendente. Questo stratagemma è molto popolare, e lo usano istintivamente coloro che non sono all'altezza di sostenere altrimenti le loro tesi. Per cui può capitare di doverlo subire: per proteggersi non c'è che un mezzo: non discutere con tutti, ma solo con chi sia alla nostra altezza. Fra cento persone, ce n'è forse una degna che si disputi con lei.