domenica 19 febbraio 2012

NUOVE DISGRAZIE


A giudicare dal numero di commenti e di reazioni, pubbliche e private, la “storia delle mie disgrazie” pubblicata qualche mese fa su questo blog ha divertito moltissimo i lettori. Si sa, infatti, che le sciagure altrui fanno sempre ridere – come dimostrano le comiche di Stanlio e Ollio o i film di Fantozzi. Proprio per questo, e dunque per poter seguitare a sghignazzare, in parecchi mi hanno pregato di continuare a raccontare le mie disavventure con gli strumenti hi-tech che, come mi pare di aver dimostrato, mi odiano e mi perseguitano. Gli unici contrari al proseguo del mio diario in pubblico sono i miei figli che, essendo invece perfettamente a loro agio con tutti gli apparecchi della più moderna tecnologia, pensano che io ci faccia la figura dell’idiota – e ovviamente hanno ragione.

Però, trovo catartico e liberatorio potermi sfogare da questa mia personalissima tribuna, e mi pare l’unico modo per sentirmi consolato dai tanti che mi dicono di trovarsi spesso nelle stesse situazioni.
Perciò, ecco gli ultimi aneddoti: sappiate che non mi sono inventato nulla. Chi non avesse letto la puntata precedente, potrebbe andare a farlo adesso. In seguito a quel racconto, in tanti si sono offerti di aiutarmi addirittura con lezioni personalizzate e interventi a domicilio. Ringrazio tutti di cuore, e approfitterò senz’altro della disponibilità di qualcuno, magari chiedendo consulti via mail.

Però, il punto è proprio questo: pare che per riuscire a usare un computer, navigare su Internet, maneggiare uno smartphone, uno debba avere delle amicizie. Bisogna raccomandarsi a quelli che possono aiutarci (perché da soli non gliela si fa), e dunque si finisce per rimanere in debito. Immagino che cosa saranno costrette a promettere le fanciulle più avvenenti in cambio di una sistematina al PC. Se uno è ammanicato con gli smanettoni giusti, amici o amici degli amici, riesce a risolvere tutto. Se uno non conosce nessuno, o non vuole infastidire il prossimo, non ne caverà le gambe. Ecco, secondo me i produttori di tecnologia dovrebbero invece consegnare nelle mani dell'acquirente (pagante, e di solito pagante profumatamente) un oggetto "friendly", facile da settare, funzionante già di per sé senza dover scaricare driver, codec e plugin misteriosi o imparare trucchi trasmessi per via orale dai già iniziati. A mio avviso siamo ancora molto lontano da questo risultato.



IL NAVIGATORE SATELLITARE (BIS)

Per Natale, un'anima buona ha pensato di regalarmi un nuovo navigatore satellitare, di marca diversa rispetto a quello precedente, che ha fatto la brutta fine descritta nell'articolo precedente. Sto sperimentando l'oggetto con cautela, circospezione e molta diffidenza. E in effetti, ecco subito una disgrazia. Per qualche oscuro motivo, l'apparecchio non riconosce nessuna via se non gli viene indicata per filo e per segno. Per esempio, se gli chiedo di portarmi in via Garibaldi dice che non sa dov'è. Se scrivo "via GIUSEPPE Garibaldi", allora sì, capisce di che cosa sto parlando. Dunque, avendo a che fare con un precisino del genere, vivo in clima di perpetuo quiz a premi: qual è il nome di Puccini? E di Leoncavallo? Giorni fa, dovevo raggiungere un indirizzo in via Pagliano a Milano. Panico: come si sarà chiamato questo Pagliano? Provo con tutti i nomi più facili: Francesco, Antonio, Paolo, Marco, Roberto, Andrea, Federico. Nulla. Provo con quelli più difficili: Ludovico, Sigismondo, Reginaldo, Agenore, Epaminonda. Niente da fare. Alla fine apro la cartina di Milano quella stampata su carta, cerco l'elenco delle vie, e lo trovo: Pagliano, Eleuterio. ELEUTERIO! Non ci sarei mai arrivato da solo. Scrivo "Via ELEUTERIO Pagliano" e il navigatore dice "sì, OK" e mi ci porta. Peraltro, ho scoperto che si tratta di un bravissimo pittore del Risorgimento, autore fra l'altro del quadro che vedete poco sopra. Adesso però dovrò vivere nel terrore di ricordarmi tutti i nomi propri dei personaggi famosi (e meno famosi) o non sarò in gradi di andare da nessuna parte. A proposito: quale sarà stato mai il nome di Zamenhof?




IL DIGITALE TERRESTRE

Milano, casa vecchia: ho un televisore (quello che si accende con sempre i sottotitoli che non si riescono a togliere) già predisposto per il digitale terrestre. Però, è praticamente impossibile che i principali canali si vedano tutti bene: almeno uno o due, se non sei o sette, si ricevono, a turno (a seconda di dove va in onda il programma preferito), tutti a scatti, segmentati, disturbati (il sonoro fa: prot, crack, grrr, burp e l'immagine si frammenta). Per ovviare all'inconveniente, ho scoperto (dopo lunghi studi) che ci sono, molto più avanti nella ricerca automatica, doppie copie degli stessi canali, su frequenze evidentemente diverse. Per esempio, Italia Uno si vede sul canale 6 e sul canale (faccio l'ipotesi più demoniaca) 666. Se il canale 6 non si prende bene, il 666 invece sì. Ma che succede? Mi trasferisco in una casa nuova. Attacco il televisore all'antenna. Faccio la ricerca automatica dei canali. Scopro che quelli doppi sono spariti. Ogni emittente la ricevo solo su una frequenza. E ovviamente la ricevo male: prot, crack, grrr, burp. Ora, il televisore è lo stesso e la distanza in linea d'aria dal vecchio appartamento sarà di un chilometro. Ho rinunciato a capire il perché dei prot e dei burp, ma vorrei tanto sapere come mai mille metri più in là spariscono i doppioni. Così, non soltanto non vedo i programmi via satellite in HD o in 3D (per i motivi già spiegati), ma è andata a finire che non vedo neppure Rai 3 e Rete 4. La cosa buffa è che con il vecchio segnale analogico si vedeva tutto bene, ora con il digitale terrestre, di cui non sentivo la mancanza e che in pratica mi è stato imposto, no.


L’ANTENNA PORTATILE

Nella casa nuova di Milano ho un’unica presa dell’antenna TV, e peraltro malfunzionante. La presa è collocata in camera da letto, mentre a me la TV servirebbe nella stanza da pranzo. Che fare? Un collega mi spiega come ha risolto lui il problema: “E’ semplicissimo: basta comprarsi una antenna portatile. La metti dove vuoi, l’accendi e l’attacchi al televisore senza bisogno di niente altro, e vedi di tutto e di più. Inoltre, queste antenne ormai costano una sciocchezza, nemmeno venti euro”. Mi pare un’idea geniale e mi fiondo nel più vicino negozio. Ce ne sono di vari prezzi. Io, per non correre rischi ed essere sicuro del risultato, compro senza esitazioni quella più costosa: quaranta euro. Torno a casa, piazzo l’antenna, l’accendo, la collego al televisore, provo a vedere il risultato. Il risultato è: niente. Che ci sia l’antenna portatile oppure no, per il televisore è lo stesso. Nessun segnale. Provo a fare un test attaccando il televisore alla presa fissa: funziona. Lo riattacco all’antenna portatile: non funziona. Porto l’antenna portatile a casa in Toscana, la provo: funziona. I televisori toscani, che non ne hanno bisogno avendo prese in ogni stanza, funzionano benissimo con il ricettore portatile. A Milano, là dove mi è indispensabile, l’aggeggio non sortisce nessun risultato, è come se non ci fosse. Si vede che il mio palazzo, pur centrale e residenziale, gode di pessima posizione rispetto alle onde del famigerato digitale terrestre. L’antenna finisce in fondo a un armadio, quaranta euro buttati via. Nessun programma da vedere, mentre il resto del mondo guarda i programmi in HD.


IL LETTORE DVD PORTATILE

Mi sono accorto di aver accumulato un bel po' di punti di una raccolta a premi. Vedo che posso avere un lettore DVD portatile e lo prendo. Penso che, così, potrò vedermi un film in treno. Una sera, su un convoglio in viaggio notturno tra Milano e Viareggio, decido di inaugurare l'oggetto appena ricevuto. Metto dentro un film e mi accorgo subito dell'inghippo. L'aggeggio funziona solo con la presa della corrente. Bisogna infilare la spina. Non va a batteria, non va a pile. Ora, dico io, ma se è un lettore PORTATILE, è chiaro che uno lo vorrà vedere durante un picnic. Se devo infilare la spina, devo essere in casa e in casa dove ho già un lettore DVD non portatile. Mi si dirà: in certi treni c'è la presa della corrente. Sì, ma non sulle caffettiere a scompartimenti come sulla linea Milano-Viareggio.

IL TOUCHPAD

Durante un viaggio in treno, il mio vicino di posto si gode un Ipad su cui legge il giornale. Non so come faccia, dato che tra Genova e La Spezia sono tutte gallerie e io non riesco neppure a telefonare a casa perché non c'è campo e cade la linea. Decido di tirar fuori il mio nuovo portatile e cercare di scrivere qualcosa. Accendo, e mi accorgo subito che il riquadro del mouse interno, quello che si comanda con le dita, è insensibile. La freccetta non si muove. E io non ho mouse esterni con me. Spengo e riaccendo dieci volte. Nulla. Giro e rigiro il portatile cercando un tasto o una levetta che magari servono a bloccare la tastiera, ma non trovo nulla che funzioni. Mi vengono i nervi, sono disperato. Poi, ho l'illuminazione. Il mio vicino di posto! Lo scuoto dalla sua serena lettura e gli chiedo se lui abbia una minima idea di come far ripartire il mio aggeggio, per quanto meno avanzato tecnologicamente del suo Ipad. L'uomo guarda perplesso il mio PC, fa anche lui delle prove, la freccina non si muove. Allora estrae dalla borsa un suo mouse esterno, lo attacca al mio portatile, la freccina si muove. Lui va nel pannello di controllo, entra nei settaggi del mouse, clicca non so che, e vediamo che il mouse digitale riprende a funzionare. Lo guardo come se fosse uno stregone, ringrazio quasi prostrandomi e gli chiedo perché mai fosse successo quel che era successo. Lui mi dice: "Eh, succede perché li sopra non c'è la mela". Da valente esperto di enigmistica qual sono, decifro così: quell'aggeggio non è un Mac. Il che mi fa sentire minus quam merdam. Però, ho speso mille euro per il portatile e la prima volta che cerco di usarlo in treno, non funziona.


FASTWEB

Tutti i giorni ho una conversazione di circa quindici minuti (sempre meno garbata ogni giorno che passa) con quelli di Fastweb. Ho mandato loro un fax (eseguendo le istruzioni che mi hanno dato) per traslocare il mio telefono e la mia connessione Internet da una casa di Milano a un'altra casa di Milano, circa un chilometro in linea d'aria. Poi, per oltre un mese, sono rimasto scollegato dal mondo. Non so se vi rendete conto di che cosa vuol dire per uno che fa il mio lavoro (e non è dunque un frate trappista) restare così a lungo senza connessione. Alla fine, dopo varie mie suppliche e telefonate, viene appurato che il trasloco è impossibile (non so perché: motivi tecnici). Devo disdettare il precedente contratto via raccomandata e quindi farne uno nuovo, che riceverò per posta e mi toccherà rispedire firmato. Quindi, buste indirizzi moduli e file alla posta. Solo dopo arriveranno (si spera) i tecnici a casa. Pronostico: quindici giorni di ulteriore attesa. Per la cronaca, si tratta di quelli che Valentino Rossi pubblicizza facendo il rumore della moto superveloce che sfreccia come un razzo: zoooommm. All'anima della velocità.


LA WEBCAM

Per postare sul “coso” su Facebook le foto del primo numero dello Zagor di Repubblica, mi sono fatto degli scatti con la webcam del Mac aziendale. Però, sono venute speculari, per cui la testata si legge "Rogaz". Ho così scoperto che il computer Apple, quello che la Bonelli ha gentilmente posto sulla mia scrivania, fa le foto alla rovescia. Il perché è un mistero, ma così è. Per fortuna, compare in redazione Diego Cajelli, superesperto di Mele: gli pongo subito il problema. E lui: "Eh sì, le webcam della Apple fanno così". Meno male, credevo di essere io a esercitare un influsso malefico sull'obiettivo. "Però si possono le immagini si possono rigirare con una facilissima funzione inserita nel programma Photo Boot", aggiunge. "Io non l'ho trovata", dico. "Adesso ti faccio vedere", dice lui. Apre il programma: cerca fra i settaggi. Intanto io gli spiego: "Sarebbe bello poter fare foto alla diritta e mostrare su Facebook una tavola appena arrivata o un albo appena uscito con l'immagine diritta". Certo, sarebbe bello, se Steve ce lo permettesse. Ma per quanti sforzi faccia, neppure Cajelli, apostolo di Jobs, trova il settaggio che raddrizza le immagini. Ci sono effetti di tutti i tipi, una immagine si può trasformare in bianco e nero, in seppia, in negativo, in pop art, si può deformare, ma non si può mettere alla diritta. Alla fine, ci rinunciamo. L'unica, è far venire un prete a benedire l'apparecchio, dice Cajelli. Per fortuna mi soccorre Roberto Banfi, il webmaster del mio blog che, confermando la mia teoria sulla tecnologia che funziona solo ricorrendo alle conoscenze e alle raccomandazioni, mi scrive: "Eccomi pronto con la soluzione. In Photo Booth, nel menù in alto, alla voce 'Composizione' clicca sull'opzione 'Capovolgi automaticamente le nuove foto'". In effetti, così funziona. Non è ben chiaro perché si debba cercare nel menù in alto e non in quello che si apre cliccando sull'icona, ma funziona. Resta il dubbio del perché le foto non vengano logicamente alla diritta fin da subito. Mah. Non so come possa essere venuto in mente a Steve Jobs di dire "installiamo una fotocamera che fa leggere le scritte al contrario". Immagino i suoi collaboratori: "Ma Maestro, perché non alla diritta?". E lui: "Così, per rompere le palle alla gente".


IL PC FISSO

Ho avuto quatto portatili nel corso della mia vita, e agli ultimi tre si sono rotti gli schermi durante il trasporto in treno. Al primo, cadendo dal letto. Poiché cambiare lo schermo costa in pratica come comprare il computer nuovo, ho rimediato con schermi esterni da collegare via cavo, il che ha reso i portatili dei fissi perché non è che uno si può portare in treno anche lo schermo. Per non parlare delle tastiere: le tastiere dei portatili (almeno le mie) si scoloriscono: le letterine scritte in bianco sbiadiscono sempre di più fino a scomparire e mi ritrovo con la tastiera tutta nera. Dicono perché ho il sudore delle dita particolarmente acido. Mah. Allora, attacco anche una tastiera esterna (che però non si scolorisce mai, segno che il mio sudore diventa acido solo quando scrivo al portatile). Fatto sta che, per evitare di rompere lo schermo e consumare la tastiera del portatile, ho deciso di installare a Milano un computer fisso. Lo compro a Viareggio, lo porto su con un viaggio in macchina, e lo tengo imballato finché non ho montato i mobili e trovato una sistemazione. Però, dato che dove abito adesso non c'è parcheggio, e dato che gasolio e autostrade sono aumentate in modo smisurato, comincio a salire a Milano in treno. Dopo un mese dall'acquisto, finalmente tolgo dall'imballo il tower e collego tutto quel che serve. Finalmente un computer che non devo portarmi dietro in valigia ad ogni viaggio! Temo molto di trovare qualche intoppo, visto il karma negativo che mi ritrovo, ma ho avuto il consiglio giusto: basta chiedere a Google. Qualunque sia il problema, su Google c'è la risposta. Mi rassicuro da solo con un training autogeno di autoconvincimento: ce la posso fare! Non succederà nulla! Accenderò il computer e tutto funzionerà. Bene. Respiro. Comincio a lavorarci e mi accorgo che dopo venti minuti di spegne da solo. Click. Mah, chissà che è successo. Riavvio. Attendo i soliti tempi biblici del caricamento di Windows, ricomincio là dove ero rimasto (salvo il testo perso per lo spegnimento improvviso) e dopo quindici minuti, click. Si spegne da solo un'altra volta! Riparto, riprovo: dieci minuti e click! Comincio a sudare freddo, sento prossimo un attacco di convulsioni, ma resisto. Forse c'è un programma che dà noia? Forse l'antivirus ha scoperto un attacco hacker? Forse l'attacco hacker è già in atto? Ho Assange nel computer? Calma, Moreno, calma: riprova e togli il collegamento Internet, togli l'antivirus, togli questo, togli quello... niente da fare! Cinque minuti e click! Computer spento. Di nuovo via: quattro minuti, click! Tre minuti, click! Due minuti, click! Un minuto, click! Ho cominciato a temere che alla fine del conto alla rovescia il tower sarebbe esploso. Invece, si arriva al punto che accendendo non arriva neppure a caricarsi, si spegne prima. Okay, è il momento di mettere in atto la soluzione che tutti mi hanno consigliato: chiedere a Google! Perfetto. Beh... ma come faccio a chiedere a Google se il computer manco si accende? Mi collego telepaticamente? Batto la testa nel muro finché la bisbetica vicina non minaccia al di là della parete di denunciarmi all'amministratore del condominio (lei che suona il pianoforte alle tre di notte) e mi risolvo nel telefonare, a casa, al tecnico che mi ha venduto l'apparecchio. Descrivo i sintomi e quello mi risponde: "Ah, sì! E' l'alimentatore! Non ci sono problemi, è in garanzia, me lo riporti che lo cambiamo gratis". C'è un solo problema: il tecnico è a Viareggio e io sono a Milano, e senza macchina. Così, mi faccio prestare da un amico (le solite raccomandazioni) un trolley abbastanza grande da poterci mettere dentro il computer fisso, che diventa portatile, e me lo scarrozzo fino alla stazione. Chissà su Google che meravigliosi consigli mi avrebbero dato, se avessi potuto andarci.