venerdì 10 febbraio 2012

WHAT IF

Elenco dei dieci motivi per cui non mi perderò un solo numero della ristampa del Piccolo Ranger delle Edizioni If da oggi in edicola.

1) Perché è una collana storica del fumetto italiano e ricorda i tempi, prima dell’avvento dei fumetti neri, in cui gli eroi di carta erano tutti un po’ “piccoli”.

2) Perché è la ristampa di una testata bonelliana di cui non ho la raccolta completa ed è difficile e costoso reperire gli originali, e il n°32 è uno dei più rari in assoluto, croce e delizia dei collezionisti dello Stivale.

3) Perché leggevo il Piccolo Ranger da ragazzo ed ero l’unico a farlo fra i miei compagni, il che mi ha sempre fatto sentire “speciale” questo personaggio.

4) Perché sono un ammiratore di Francesco Gamba, uomo di una straordinaria umanità con cui ho lavorato per quasi vent’anni agli Speciali Cico.

5) Perché oltre a Gamba ci hanno lavorato anche altri disegnatori a me cari, miei collaboratori anch’essi: Birago Balzano e Lina Buffolente.

6) Per le meravigliose copertine pittoriche di Franco Donatelli che le edizioni If ripropongono, a colori, sul retro.

7) Per le meravigliose nuove copertine di Massimo Rotundo.

8) Perché mi fanno ridere Frankie Bellevan e Annie Quattropistole.

9) Perché alcune storie sono state scritte anche da Guido Nolitta.

10) Perché molte storie sono state scritte da Decio Canzio.

11) Perché ci sono più di dieci motivi per iniziare la collana.

Eccone alcuni: per poter rileggere le storie senza timore che si scollino le copertine o si sbriciolino le pagine degli originali; per le copertine pittoriche di Luigi Corteggi che sostituirono a un certo punto quelle di Donatelli; per i redazionali di Gabriele Ferrero; per arrivare al punto in cui certe avventure furono scritte da Giancarlo Berardi e da Marcello Toninelli che fecero lì le prove generali per Ken Parker e per Zagor; per vedere gli esordi di Montanari & Grassani (che a me piacevano più lì che su Dylan Dog); per vedere come cambiano i gusti e i modi di raccontare; per non farsi mancare nulla; per riscoprire racconti che si erano dimenticati; per tornare bambini addormentandosi con quel giornalino in mano; per far vedere ai figli un fumetto che leggevano i loro nonni; per scuotere la testa di fronte all’ingenuità dell’amore fra Kit e Claretta; per meravigliarsi di fronte al cambiamento apportato da Canzio; per trovare le differenze tra il Piccolo Ranger e Capitan Miki; per valutare l’opera di uno sceneggiatore molto famoso dei tempi che furono, Andrea Lavezzolo; perché sei euro per 272 pagine sono un prezzo concorrenziale in confronto a qualunque aperitivo; per sostenere in edicola la testata; perché ho curato un corposo dossier sul numero 18 di Dime Press (febbraio 1998) grazie ai contributi critici di Angelo Palumbo, Giuseppe Pollicelli e Giuliano Terzuoli.

Infine, perché ho scritto io stesso un articolo su Kit Teller apparso chissà dove ma che ho ritrovato nel computer e che, a beneficio degli interessati, compare qui sotto.


IL PICCOLO RANGER
di Moreno Burattini

Si era infatti nel febbraio 1985, quando Sergio Bonelli mise la parola fine all'avventura editoriale de Il Piccolo Ranger con il n° 255 della serie gigante mensile, con un albo da lui sceneggiato, intitolato "Rangers, addio!". Nel 1992 il personaggio venne riproposto con tiepido successo in un speciale estivo dal titolo "Il ritorno dei Rangers" scritto da Mauro Boselli. Purtroppo, l'iniziativa non segnò l'inizio di una nuova vita: lo stereotipo da cui il character aveva tratto origine appariva ormai datato. Lo confessa lo stesso editore, nella sua lettera di commiato: "Il personaggio ha perso il passo con i tempi, e può apparire troppo ingenuo per lo smaliziato lettore dei giorni nostri".

Il Piccolo Ranger appartiene a una schiera di eroi adolescenti (come Capitan Miki, il Piccolo Sceriffo e tanti altri) voluti così giovani da autori ed editori proprio per favorire la loro identificazione con i potenziali acquirenti (ragazzi, appunto), che grazie alla vicinanza d'età potevano rispecchiarsi nei protagonisti delle avventure a fumetti. Sennonché i gusti del pubblico sono radicalmente cambiati, e la giovane età apparente dei personaggi ha finito per essere un ostacolo al successo, anziché favorirlo. Infatti, i fruitori di comics sono andati sempre più invecchiando, nel senso che è notevolmente aumentato l'arco anagrafico del target dei lettori di fumetti: se trenta o quaranta anni fa a leggere gli albetti a striscia erano soprattutto i giovanissimi, oggi troviamo acquirenti quarantenni anche fra il pubblico di "Topolino".

Inoltre, giovani o adulti che siano, i lettori si sono notevolmente smaliziati e non esitano a ritenere poco credibile ciò che qualche decennio fa veniva accettato senza battito di ciglia, compreso che un ragazzino venisse arruolato fra i Ranger del Nevada e ne diventasse in breve tempo un capitano. Come se non bastasse, la giovinezza degli eroi appartenenti alla schiera di personaggi di cui stiamo parlando comportava anche un inevitabile taglio naif di tutte le storie, che finivano per risultare ingenue proprio perché il protagonista non poteva essere duro, violento, smaliziato, disperato. Né poteva andare a donne. Il lettore moderno, pur anche quindicenne, potrebbe immedesimarsi solo in un eroe un po' più completo e caratterizzato, sia per complessità psicologica sia per vita sessuale o comunque sentimentale. Le cose sarebbero cambiate, decisamente in meglio, con l'avvento di Decio Canzio. Aggiunge Sergio Bonelli, nel suo commiato dai lettori: "Tengo però a sottolineare che in questa chiusura non si registra aria di sconfitta. 255 numeri rappresentano quasi un primato, e ventuno anni e tre mesi di lavoro significano che il personaggio ha avuto un arco di vita più che ragguardevole".

Se la serie gigante mensile era apparsa in edicola 21 anni e 3 mesi prima della chiusura, come afferma Bonelli (aveva infatti iniziato le pubblicazioni nel novembre 1963), in realtà il character è ancora più vecchio. Il Piccolo Ranger aveva infatti esordito nelle rivendite fin dal 15 giugno 1958, con un albo a striscia. Cominciando a contare da quella data, arriviamo complessivamente a 27 anni di permanenza nelle edicole: un risultato davvero notevole che merita di essere analizzato.

Andrea Lavezzolo, il soggettista (scomparso nel 1981) a cui il mondo dei comics deve la creazione del Piccolo Ranger, era nato nel 1905. Di famiglia poverissima, ma ricchissimo di fantasia, Lavezzolo iniziò assai presto a scrivere su ogni genere di riviste, dando alle stampe anche numerosi romanzi d'avventura. Nei primi Anni Quaranta cominciò a interessarsi di fumetti, creando personaggi come Gim Toro, Tony Falco, Kinowa. Infine, chiamato dai Bonelli a collaborare con la loro casa editrice, ecco nascere il Piccolo Ranger.

La saga delle avventure di Kit Teller (questo il nome del protagonista) inizia con l'adozione del ragazzino da parte del comandante O'Hara e di tutti gli altri ranger del Forte presso il quale presta servizio anche Moses Teller, il padre di Kit. Moses è infatti misteriosamente scomparso nel corso di una missione, abbandonando il figlio: su di lui grava il sospetto di tradimento. Ma il piccolo Kit, certo dell' innocenza del padre, si mette alla sua ricerca e riesce a trovarlo, dimostrando l'infondatezza delle accuse.

A differenza di un altro celebre Kit (Willer), il nostro giovane eroe si presenta subito come protagonista e rifiuta il ruolo di pallida ombra del genitore, il quale, anzi, viene ben presto relegato nel limbo delle figure assenti. Intorno al Piccolo Ranger, Lavezzolo cominciò a disegnare tutto un mondo di personaggi e di caratteristi.
Innanzitutto i Ranger del Forte, ciascuno con una propria spiccata personalità: dal comandante O'Hara al negro Ibrahim, dall' ubriacone Brandy Gim all' imbranatissimo Denti Bill; poi la fidanzatina Claretta e sua madre Rosa Morning;, vedova che Brandy Gim corteggia senza fortuna; e ancora il cuoco cinese Cin-Lao, con la sua spiccata predilezione per i proverbi e i fuochi d'artificio; infine, la divertente parodia di Calamity Jane impersonata da Annie Quattropistole, ripetutamente vedova e sempre alla ricerca di un nuovo marito.Più tardi, ma non troppo, ecco comparire un simpatico vagabondo chiamato Frankie Bellevan che, avendo perso al gioco tutti i suoi averi, decide di arruolarsi nel corpo dei ranger e diviene la spalla fissa del protagonista.

Nelle prime avventure Kit ci viene mostrato proprio come un ragazzino, sia pure eccezionalmente abile; in seguito, però, Lavezzolo comincia a farlo crescere un po' alla volta, caso davvero insolito nel mondo dei fumetti, in cui i personaggi non invecchiano mai. Il Piccolo Ranger raggiunge così l'adolescenza e poi i vent'anni, e la qualifica di "piccolo" si fa sempre più inappropriata.

Il modello da cui il character lavezzoliano trae ispirazione è senza ombra di dubbio Capitan Miki. Apparso in edicola il primo luglio 1951, Miki ottenne subito un enorme successo, grazie al quale i tre autori torinesi che ne disegnavano le avventure (Sinchetto, Guzzon e Sartoris, ovverosia la EsseGesse) acquistarono fama e popolarità sul mercato italiano ed europeo. Proseguite fino al 1963, le storie del giovane Capitano sono state ristampate decine di volte. Le analogie tra Miki e il Piccolo Ranger sono evidenti quasi al punto da risultare clamorose. Si può affermare senza timori di smentite che Lavezzolo ha attinto a piene mani dall'eroe della EsseGesse: identica l'età dei due personaggi, identica la loro collocazione all'interno di un Forte dei Ranger, identiche perfino alcune figure di contorno quali le due fidanzatine Susy e Claretta o le spalle Doppio Rhum e Frankie Bellevan, identici addirittura (o quasi) gli aspetti fisici di Kit e di Miki.

Pasquale Iozzino, attento studioso del fumetto e grande esperto della produzione targata EsseGesse, ha ipotizzato che potesse esserci Lavezzolo alla base della creazione di entrambi i personaggi. Infatti, se si può pensare che lo sceneggiatore abbia ideato il Piccolo Ranger semplicemente cercando di sfruttare il successo di Miki, è anche vero che Lavezzolo e la EsseGesse avevano lavorato a lungo insieme, in precedenza (con i personaggi di Fulmine Mascherato e di Kinowa). Dunque può anche darsi che l'idea di un ragazzino arruolato fra i ranger fosse stata fra i progetti comuni sia del soggettista che dei tre disegnatori, e che sia l'uno che gli altri l'abbiano poi sviluppata per proprio conto una volta separatisi professionalmente. Sergio Bonelli scuote la testa, e sulla rivista Dime Press risponde: "La vicenda riguardante la creazione del Piccolo Ranger e di Capitan Miki può prestarsi ovviamente a mille interpretazioni, anche alle più fantasiose. Questa mi pare abbastanza fantascientifica. Da parte mia, e senza spingermi in sottigliezze psicologiche, posso immaginare che Lavezzolo abbia semplicemente deciso di inserirsi nella corrente del momento, secondo la quale i personaggi dovevano essere molto giovani. Personalmente, dunque, sono favorevole a questa versione dei fatti, ovvero che la EsseGesse abbia creato per prima il famoso Capitan Miki".