“Ho letto lo Zagorone tutto d'un fiato, le lacrime erano
comprese nel prezzo? Amo questa storia. Grazie per averla scritta!”. Questo il
testo di un tweet che ho appena letto, quello di una lettrice, l’ultimo di una
lunga serie di apprezzamenti e di complimenti. Ringrazio tutti di cuore. Sembra
che “La storia di Betty Wilding”, lo Zagorone di Gallieno Ferri, da poco
arrivato in edicola, sia riuscito a far contenti un po’ tutti. Se ci sono voci
critiche (e ce ne saranno di sicuro) non mi sono giunte. Addirittura, sembra
che qualcuno abbia giudicato l’albo migliore ancora del già generalmente
apprezzato albo gigante dello scorso anno, “L’uomo che sconfisse la morte”. Ne
sono contento, e a questo punto incrocio le dita sperando che le vendite
riescano, nonostante la crisi, a far mettere in cantiere anche il volume n°4,
per il prossimo anno. Il primo Zagorone, disegnato da Marco Torricelli, fu
realizzato per festeggiare il cinquantennale dello Spirito con la Scure, nel
2011: avrebbe potuto rimanere un numero unico e invece il successo
dell’iniziativa ha spinto la Casa editrice a proporre un bis, nel 2012,
illustrato da Marco Verni, di nuovo premiato dal pubblico. Adesso, l’arrivo di
Gallieno Ferri non mancherà di suscitare interesse. Che poi il suo albo chiuda
una trilogia o anticipi un quarto titolo, lo vedremo.
Dato che mi si accusa talvolta di “spiegazionismo” (come
se si dovessero scrivere storie in cui capitano fatti senza spiegazione), non
entrerò nei dettagli del racconto e non mi metterò a chiarire punti oscuri o
passaggi apparentemente poco convincenti. Facciamo, per una volta, che chi ha
capito capisce e chi non ha capito cerca di capire. Preferisco parlare,
piuttosto, di quel che ho avuto intenzione di fare quando ho iniziato a
lavorare al progetto. Innanzitutto, ho subito pensato che il vero protagonista
dell’albo gigante dovesse essere Gallieno Ferri. Il Gallieno Ferri di oggi,
certo, un maestro di 84 anni che non disegna come quando ne aveva dieci, venti,
trenta o quaranta di meno, ma che appunto per questo andava celebrato,
consegnato alla leggenda, facendo del suo Zagorone un evento nella programmazione bonelliana del 2013 e
una punto fermo nell’ambito della cinquantennale saga dello Spirito con la Scure.
Ferri, classe 1929, è stato il creatore grafico del personaggio, ideato insieme
a Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli), autore dei testi, a partire dal 1961.
Dopo cinquantadue anni, il maestro ligure è ancora sulle breccia e continua a
regalarci tavole e copertine. Nessun illustratore al mondo può vantare un
simile record di longevità alla guida di un solo eroe a fumetti. Dunque, un
volume di grande formato da lui realizzato era il doveroso omaggio a una lunga
ed entusiasmante carriera che ha fatto sognare intere generazioni di lettori,
non solo in Italia ma in tanti Paesi del mondo. Pochi disegnatori, come Ferri,
sono così tanto amati dal suo pubblico, che annovera ammiratori di tutte le età
che identificano l’eroe di Darkwood con la sua interpretazione.
Un simile evento meritava un racconto in qualche modo
“particolare”: “La storia di Betty Wilding” getta luce, infatti, sulla figura
della madre di Zagor. Del padre, Mike Wilding, sappiamo già molto, se non
tutto, dopo che sia Nolitta che Mauro Boselli, in due loro memorabili avventure
(“Zagor Racconta” e “Il ponte del’Arcobaleno”) hanno approfondito l’argomento.
Della mamma, invece, conosciamo soltanto il nome, o poco più. E’ giunto dunque
il momento di capire chi fosse. Gli eroi bonelliani si sono spesso confrontati con le
loro radici. Conosciamo il padre di Ken Parker, abbiamo assistito alla morte
del fratello di Tex, sappiamo del rapporto conflittuale di Dylan Dog con
Xabarax, in un racconto Mister No ha incontrato il papà. Il mio racconto sulla
madre di Zagor si inserisce in questo filone, o in questa tradizione. Già era
noto che Betty Wilding veniva dall’Irlanda: adesso capiremo perché ha lasciato
la sua terra d’origine e dove e come ha incontrato quello che sarebbe diventato
suo marito, conosciuto dopo che Mike era già stato radiato dall’esercito in seguito
a una strage di indiani di cui si era macchiato quando era un giovane e
ambizioso ufficiale desideroso di far carriera. Anche di questo aspetto si
parla nello Zagorone.
Tuttavia, lo Zagorone non si svolge in flashback se non
in poche sequenze retrospettive. L’avventura, piena di colpi di scena, è, per
il resto, narrata “in diretta” e il dramma si svolge soprattutto nel presente
dello Spirito con la Scure. C’è una fanciulla in pericolo che compare fin dalla
copertina, e che è collegata (in un modo che scoprirete leggendo) con la mamma
del nostro eroe. La storia, per quanto perfettamente e immediatamente
comprensibile da tutti, è inoltre piena di riferimenti e addentellate con altre
storie e collega fra loro varie vicende e strizza l’occhio al lettore, nella
speranza di divertirlo con il gioco di rimandi e anche con il ritorno in luoghi
già noti a chi segue la serie, come il Clear Water. Potrebbe essere divertente (invito chi ne ha voglia a farlo) rintracciare i tanti indizi.
Perché Ferri arriva solo con il terzo volume e non è
stato lui a inaugurare la collana? Perché nel 2011 Gallieno era impegnato nella
realizzazione del numero speciale a colori del cinquantennale (“Lo scrigno di
Manito”). Del resto anche Galep, per una curiosa coincidenza, realizzò il terzo
Texone dopo i primi due di Buzelli e Giolitti.
Per finire, uno spoiler. Chi non ha letto il racconto,
chiuda immediatamente gli occhi. Cristian Di Clemente, su uBC, scrive che la
mia sceneggiatura “è attenta al tumulto interiore vissuto da Zagor,
sottolineato in varie sfumature (la commozione, il turbamento, gli scatti di
nervosismo, l'impazienza) inserite con delicato equilibrio e senza la pretesa
di trasformare lo Spirito con la Scure, tutto d'un tratto, in un 'supereroe con superproblemi'". C’è però anche il tentativo di non
trasformare in una superoina neanche Betty Wilding, o meglio Elizabeth (Lizzy)
Burton. Già il padre di Zagor è, a suo modo, una figura “eccezionale”, per
quello che ha fatto e per le conseguenze che hanno determinato le sue azioni.
Sarebbe stato strano che anche la madre fosse stata, non so, una principessa o
una nobildonna in fuga. Quello che lo Zagorone chiarisce, sorprendendo il
lettore, è che si tratta invece di una ragazza assolutamente normale, senza che
però la sua vicenda sia banale. Ciò detto, l’avventura è consegnata al vostro
giudizio, quello per il quale è stata pensata e scritta.