Proseguono le recensioni cinematografiche di Giorgio Giusfredi, mio personale consulente, nonché scrittore, sceneggiatore di fumetti e cuoco sopraffino. I pareri che esprime sono sua responsabilità, ma di solito li condivido. In ogni caso, i complimenti e le critiche vanno indirizzate a lui.
CINEMA AL CINEMA 14
novembre 2013
di Giorgio Giusfredi
SOLE A CATINELLE
Un film di Gennaro Nunziante. Con Checco Zalone, Aurore
Erguy, Miriam Dalmazio, Robert Dancs, Ruben Aprea. Commedia, durata 90 min. -
Italia 2013 - Medusa
Ancora incassi da record per Checco Zalone. Questo film
non si può certo classificare come inutile. Non si può neanche dire che sia un
capolavoro del cinema contemporaneo. La becera caciara, tutta italiana, di
certe pellicole nostrane, in questo caso sembra voluta. Come Zerocalcare è riuscito a fare con il medium fumetto, anche Zalone ha
inquadrato alcuni luoghi comuni della nostra società. Giochetto che Simpsons e
simil Simpson fanno da anni in America, ma che è stato inventato proprio da noi
con la commedia all’italiana (quella vera, di Age e Scarpelli, per intenderci)
e portato ai massimi livelli con l’umorismo dissacrante, inarrivabile e tragico
del Fantozzi di Villaggio e Salce. Tutto sommato se al posto dello stesso
Checco ci fosse stato un più carismatico Ugo (il compianto
Tognazzi), la commedia ne avrebbe di certo guadagnato. Molto bello il rapporto
padre e figlio. Tutto sommato un’ora e mezza con qualche risata. Poi, si sa, se
il cinema è pieno, basta che rida una persona per trascinare, nell’ilarità,
altre cento.
Un film di Alan Taylor. Con Chris Hemsworth, Natalie
Portman, Tom Hiddleston, Stellan Skarsgård, Idris Elba. Azione, durata 112 min.
- USA 2013 - Walt Disney
Cos’è che in un film tratto da un fumetto fa funzionare
lo show davanti al grande pubblico? La risposta è il personaggio. Ancora di più
della trama; ancora di più della sceneggiatura; ancora di più dello sguardo del
regista o della spettacolare realizzazione visiva. In questo genere di
pellicole a contare è il protagonista e la sua attinenza coll’alter-ego della
carta stampata. C’è, infatti un motivo se alcuni eroi, o villain, o supereroi,
rimangono impressi nei cuori di generazioni di lettori. Si tratta del loro
carattere e della loro storia personale. Per quanto riguarda Thor dobbiamo
ricordarci che egli è un turbolento figlio di Asgard, poco ligio alle regole e
a occupare il proprio posto. Un iracondo e rissoso dio dal cuore tenero. E,
solo in questa terza apparizione, ciò emerge, anche se in minima parte.
Dobbiamo anche ricordarci che non c’è il Dio del Tuono senza il magnifico e
imprescindibile fratello, assoluto co-protagonista; il maestro tessitore di
inganni Loki. Tom Hiddlestone è Loki quanto Chris Hameswort è Thor: e lo sono
davvero in maniera impressionante, due attori superbi . E Loki è Loki furbo, scaltro, vincitore. Qui si ferma il
discorso per non cadere in spoiler, ma la soddisfazione di capire ogni mossa e
anticiparla è un orgoglio nerdico (e nordico in questo caso) che valorizza la
qualità del film. Insomma, in questo seguito, che poi si tratta di una terza
apparizione sul grande schermo, vediamo per la prima volta i personaggi
muoversi come ci aspettiamo. Non è una delusione ma un moto di divertimento
perché quelle caratteristiche particolari hanno fatto la loro fortuna. Le
stesse mosse plastiche dell’uomo con in pugno il martellone sembrano “bucare la
pagina” di un albo degli anni sessanta, settanta o ottanta. Anche i momenti di
commedia, cosparsi nell’intreccio avventuroso, funzionano. Molte le riprese che
devono omaggio a Star Wars, praticamente tutti i combattimenti aerei con
navicelle che hanno persino lo stesso effetto sonoro. Aspettiamo Capitan
America 2 e un altro Thor con Benicio del Toro come supercattivo dal nome “il
Collezionista”.
VENERE IN PELLICCIA
Un film di Roman Polanski. Con Emmanuelle Seigner,
Mathieu Amalric. Titolo originale Venus in Fur. Drammatico, durata 96 min. -
Francia, Polonia 2013 - 01 Distribution.
Per la seconda volta consecutiva, Polanski, traspone per
il cinema un’opera teatrale. Mentre in "Carnage" il conflitto e i dialoghi
taglienti venivano messi in scena da quattro personaggi, in questo film, per
tutta la durata, sono soltanto Amalric e la Seigner a “calcare il palcoscenico”.
L’attore è incredibilmente identico al regista, proprio fisiognomicamente. Non
facciamo fatica a capire per quale motivo l’abbia scelto. Addirittura in una
scena si veste e si trucca da donna e ricorda in maniera deliziosamente
inquietante lo stesso Polanski ne "L’inquilino del terzo piano". L’attrice è
mutevole e cambia a seconda del ruolo che interpreta nello stesso,
interminabile dialogo. Proprio la mutevolezza, il ribaltamento di ruoli, tiene
viva la narrazione. Il continuo alternarsi tra vittima e canefice quale
allegoria sia del rapporto regista-attore sia di quello più primordiale
maschio-femmina. Chi ne subirà maggiori conseguenze, il realizzato e sicuro di
sé autore e regista teatrale o la disperata attricetta dal fisico crepuscolare?
La risposta sta in una sola parola: Baccanti! Ah, Sacher-Masoch, se eri
masochista!
ENDER'S GAME
Un film di Gavin Hood. Con Harrison Ford, Asa
Butterfield, Hailee Steinfeld, Viola Davis, Abigail Breslin. Fantascienza,
durata 114 min. - USA 2013 - Eagle Pictures
Tradotto alla lettera il titolo significa "il gioco di
Ender". Ambientato nel futuro, il pianeta terra, scampato a un attacco alieno,
arruola giovani bambini promettenti per allevarli alla carriera militare. Gli
alti papaveri dell’esercito cercano un comandante supremo, un bambino, in
grado, grazie alle sue capacità cognitive infantili, di attuare una “guerra
preventiva” per far sì che la Terra non rischi mai più di subire invasioni dallo spazio. Quello che all’inizio del film viene continuamente
mostrato alle reclute è l’atto eroico di Mazer Rackham grazie al quale la Terra
è salva. Chiamato “l’estremo sacrificio” di un nobile condottiero, capiremo
essere un'altra artificiosa bugia di una storia piuttosto piena di retorica.
Basato sull’omonimo romanzi di Orson Scott Card – fonte di ispirazione,
peraltro, anche della nuova superserie a colori bonelliana “Orfani” –
modernizza alcuni aspetti rendendo più spettacolare l’apprendimento, il viaggio
formativo del giovane Ender (un cresciuto Hugo Cabret), aiutato dalla ragazzina
protagonista del remake de “Il Grinta”. Le parti più belle sono quelle del
rapporto trai ragazzi e delle loro battaglie simulate, storie di bullismo
spaziale. Un invecchiatissimo Harrison Ford fa la parte del militare fascista
tutto di un pezzo, mentre gli alieni sono dei grossi formiconi chiamati, con
molta fantasia, Formics. Saranno loro i veri cattivi? Il finale lascia spazio
ad un seguito, come un secondo libro è seguito a “Il gioco di Ender” in
libreria. Conoscere il nemico talmente bene da iniziarlo ad amare è il
leit-motiv della storia e proprio l’empatia verso gli avversari è l’arma in
più, nonché la maledizione, di Ender. Una finezza d’impatto se proviene da quel
famoso mormone omofobo di Card. La serie animata Futurama ha dedicato un
lungometraggio a tale romanzo ancor prima di questo film, dal nome Bender’s
Game, citando, oltre a questo, altri romanzi fantasy o Sci-fi di formazione.
HUNGER GAMES - LA RAGAZZA DI FUOCO
Un film di Francis Lawrence. Con Jennifer Lawrence, Josh
Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks. Titolo originale
The Hunger Games: Catching Fire. Avventura, durata 146 min. - USA 2013 -
Universal Pictures.
I giochi a cui allude il titolo sono la lotta per la sopravvivenza organizzati da un regime totalitario del futuro, dopo una fantomatica
ribellione, perché non avvengano più rivolte. Il presidente Donald Sutherland (mai così fascista dai tempi in cui faceva il capo
squadraccia in Novecento di Bertolucci) istituisce una sessione speciale dei
giochi, che seguono quelli avvenuti nella pellicola a cui questa storia fa da
sequel. La "ragazza di fuoco" del titolo infatti è la vincitrice degli ultimi
Hunger Games e sta diventando un simbolo di
libertà e ribellione. Il per niente velato messaggio filosofico è evidente;
come evidente è il fastidio che hanno i potenti nei confronti di quello che
accade. I nuovi giochi sono una cosa mai vista, fatta a posta per estirpare il
germoglio di ribellione: tutti i partecipanti sono stati vincitori nelle
precedenti edizioni. Quindi Katniss Everdeen, la protagonista con la spilla
della ghiandaia imitatrice, torna in campo. Una lunga e parlata parte iniziale
fa da prologo all’azione che, praticamente, si svolge nell’ultimo quarto della
pellicola. Ma tutto ciò è utile a preparare diversi colpi di scena – alcuni
telefonati e altri meno - e
relative parabole di evoluzione dei protagonisti che confluiscono in un finale
col “cliffhanger” che stimola la visione del prossimo capitolo. Tutto è ben
confezionato, anche se, a tratti, leggermente noioso. Probabilmente un
montaggio incrociato che, tramite una tecnica flashback, intervalli azione a
parlato ne avrebbe giovato al ritmo di quello che rimane un ottimo film, perché
sdogana retorica a palate e lo fa divertendo. In questo secondo capitolo della
saga tratta dei libri di Suzanne Collins l’entusiasmo procurato dalle immagini
e più simile a quello suscitato dalla lettura. Come cresce la simpatia dello
spettatore nei confronti del fornaio Peeta Mellark. Woody Harrleson, sempre
bravo, una spanna sopra gli altri attori con il buon vecchio Donald S. I due
giovani vincitori invece sono sempre un po’ posticci. Inguardabile è
l’inespressivo Liam Hemsworth,
fratello senza talento del bravo interprete di Thor. L’architettura del
villaggio della vittoria del dodicesimo distretto, quello dei protagonisti,
ricorda paurosamente Auschwitz, specialmente all’ingresso (vedere il trailer per
credere).
MACHETE KILLS
Un film di Robert Rodriguez. Con Danny Trejo, Michelle
Rodriguez, Sofía Vergara, Amber Heard, Antonio Banderas. Azione, durata 107
min. - USA, Russia 2013 - Lucky Red
La palma del pastiche più divertente va, senza dubbio, a
questa pellicola interpretata dal butterato Danny Trejo. Già dal trailer
iniziale capiamo che avra un seguito: Machete Kills in Space. Si dice che il
cliché sia dannoso in narrativa, non presenti niente di interessante per il
fruitore. Ma, in questo caso, l’accozzaglia dei luoghi comuni diventa il punto
di forza voluto da un amante dei generi qual è Robert Rodriguez. Il cumulo
trash diventa deliziosamente kitsch, i dialoghi ridondanti improvvisamente
diventano veri scambi di battute in un mondo che indubbiamente fa della
sospensione dell’incredulità una delle sue basi. La trama è semplice: Machete
deve salvare il mondo. L’eroe affronta più super villain da manuale che 007 in
tutta la carriera: il folle rivoluzionario, lo scienziato pazzo con manie di
grandezza, la setta spaziale, il bounty killer camaleontico, le puttane
guerriere, poliziotti corrotti, folli despota, capi di stato guerrafondai,
femme fatale come piovessero e via dicendo. Le citazioni sono talmente numerose che non basterebbe un
enciclopedia per racchiuderle. Addirittura la prima apparizione del killer “il
Camaleonte”, nel film, è impersonata da Walton Goggins, di recente buzzurro
pistolero nel Western di Tarantino. Questi entra in un bar e cosa beve? Una
Django gelata, ovvero una birra fresca di frigo. Questo camaleonte “porta” le
facce del sopra citato attore, appunto, di Cuba Gooding Jr, di Antonio Banderas
e di, udite udite, Lady Gaga. La star messicana di Modern Family, Sofía
Vergara, è la protettrice di un bordello combattivo all’altezza di Russ Meyer e
le plastiche slowmotion di prostitute guerriere sono fotogrammi che non
disdegnerebbero in "Faster, Pussycat! Kill! Kill!". Il wonderbra della megera
nasconde all’altezza dei capezzoli delle mini gatling e il tanga è niente popò
di meno che un autocitazione dello stesso Rodriguez e di "Dal Tramonto all’Alba".
Lei spara con dei colpi di bacino che intendono anche tutto un feticismo di
sottomissione sadomasochista niente male. Demián Bichir, protagonista assieme a
Diane Kruger del bel serial "The Bridge" interpreta un “loco” rivoluzionario e la
sua parte ha a che fare con il “Muro” sul confine vicino a El Paso, come nella
serie TV. Ancora Mel Gibson, di recente eroe del “Pueblito” nel divertente
“Viaggio in Paradiso” qui è il cattivo tra i cattivi. Molte scene con
straordinarie spruzzate di sangue, duelli che vedono ogni tipo di scontro
citato e, ciliegina sulla torta, la scena più bella: una posse di sgherri
affronta Machete, lui li sbaraglia agganciandosi con un rampino a una pala
dell’elicottero e mozza loro le teste con il suo strumento roteando a folle
velocità. Visionario. Un’ultima cosa: il flyer alla Guerre Stellari e la base
del cattivone, ricordano l’Hank Scorpio di una memorabile puntata dei
Simpson.
LA MAFIA UCCIDE SOLO D'ESTATE
Un film di Pif. Con Cristiana Capotondi, Pif, Ginevra
Antona, Alex Bisconti, Claudio Gioé. Commedia, durata 90 min. - Italia 2013 -
01 Distribution
L’esordio della “Iena” Pif alla regia è luci e ombre ma comunque non da buttare. L’idea di ripercorrere le stragi mafiose raccontando
una storia d’amore funziona. La voce dello stesso Pif fuori campo no. La parte
con i due ragazzini a scuola e per le strade della Palermo del Generale Dalla
Chiesa è molto bella. La seconda parte con i ragazzini cresciuti molto meno. Il
film a tratti è toccante, specialmente nei candidi rapporti visti dal punto di
vista del ragazzino. I nobili principi del giovane al riguardo di giustizia e amore si scontrano con la realtà.
Lui si mette in dubbio saggiamente consigliato da uomini che hanno fatto la
storia della lotta alla mafia in Sicilia. Il candore dei rapporti affiora anche
tra lui e la bambina e tra lui e un giornalista “scomodo” affittuario della
casa di suo nonno morto. Questa figura sarà un punto di riferimento che nella
seconda parte, data la mancanza, fa crollare la verve del film. L’umorismo
macabro è funzionale per descrivere la grettezza di personaggi che hanno tenuto
– e probabilmente tengono – in ostaggio oltre che una regione, un’intera
nazione. Viene, infatti, descritta bene la straordinaria facilità con la quale,
degli animali stupidi e rozzi, riescono a far fuori uomini colti e di valore
aiutati dalle istituzioni e dall’omertà. Peccato la seconda parte nella quale
si perde un po’ tutto il senso nonostante lo straordinario personaggio di Jean
Pierre.