giovedì 9 gennaio 2014

UN PAIO DI ALI


Chiunque abbia letto Lupo Alberto e non si sia solo soffermato a sbirciarne l’icona sul merchandising, sa chi è “Uccello”. “La sconvolgente storia di Uccello”, del resto, è anche il titolo con cui le dodici tavole dove compare (quelle dalla 47 alla 58) vennero raccolte nel 1992 in un unico albo uscito allegato al settimanale “Il Sabato”. 

Per chi non sapesse di che cosa stiamo parlando, basterà riassumere così la faccenda: Uccello è un pulcino (di passero, dice l'autore, di oca, dicono su Wikipedia) rimasto solo, inavvertitamente abbandonato dalla mamma che è volata al Sud per svernare. Poiché la stagione della caccia si avvicina, Lupo Alberto adotta il piccolo sperando di insegnargli a volare in tempo, prima che le doppiette inizino a sparare. Purtroppo, Uccello non riesce a mettersi in salvo: una fucilata lo abbatte. 

Mi sono sempre commosso come un bambino nel rileggere queste tavole, riguardo alle quali Silver dice: "Farlo migrare sarebbe stato scontato. Si cerca sempre di fare qualcosa di nuovo che scuota un po' il lettore e io in passato ero molto più provocatorio di quanto non lo sia adesso. Il fatto di far entrare la morte nel mio fumetto ha creato molte reazioni forti: sono stato persino minacciato, perché facessi rivivere il povero Uccello, ma per me l’importante era proprio far entrare nella narrazione anche la morte, un elemento sconvolgente, che però fa parte della nostra vita. Insomma una provocazione, ma a fin di bene, per contrastare il perbenismo disneyano, da cui ero profondamente infastidito. La morte di questo passerotto è stata quasi un atto di ribellione a quegli stupidi stereotipi, anche se più vicina a un atto di cinismo, perché premeditata”. 

Perché rievoco questa storia? Perché Anna Teresa Fiori, la maestra elementare romana che ha coinvolto i suoi alunni in un progetto didattico riguardante Zagor, mi ha raccontato, per lettera, un piccolo aneddoto che le è accaduto qualche anno addietro. Un aneddoto che vi ripropongo tale e quale, certo che anche a voi rievocherà la storia di Uccello.

PIGIA
di Anna Teresa Fiori

All'epoca vivevo con i miei genitori, con una gatta e una cagna. Loro hanno l'appartamento a piano terra e in giardino cadde un merlotto. Subito la gatta cercò di papparselo ma Diana si mise in mezzo e il pennuto riuscì a nascondersi dietro i vasi e rimanere lì fino all'arrivo di mia madre, che lo chiuse in tinello. Arrivata a casa, francescana da sempre, presi io in mano la situazione.

Pigia, così chiamai il piccolo volatile, avrebbe vissuto nel tinello, la porta sarebbe stata sempre chiusa e l'avrei nutrita personalmente. Telefonai alla LIPU e mi spiegarono che i merli mangiano vermi, che quando il pulcino è piccolo la madre schiaccia la testa del verme e io avrei dovuto fare lo stesso. Intanto potevo darle (ancora non si sapeva che sarebbe stata una bellissima merla) un po' di scatoletta di Piccola (la mia gatta) e pezzetti di mela. Così ho fatto. Il giorno dopo sono andata in un negozio per pescatori a comprare vermi. Mi ha avuta come cliente per tre settimane, il tempo che Pigia ha vissuto con noi. 

Una volta - mia mamma cuciva in tinello - scambiò un pezzo di filo per un verme e se lo attorcigliò intorno alla lingua. Dovetti prendere le forbici e tagliarglielo: ho sudato davvero freddo! La coda cresceva, il piumaggio cambiava, si cominciò a vedere che era una femmina. La portavo con me in giardino, sollevavo i vasi e lei beccava le formiche. Stava imparando a nutrirsi da sola ma doveva imparare a volare. Qualche svolazzamento lo faceva. Quando entravo nel tinello e la chiamavo mi volava sulla spalla e cinguettava, oppure volava sulla testa del babbo. Ma non sapevo come fare per farla volare via dal nido. Telefonai ancora alla LIPU e mi dissero che i merli buttano i pulcini giù dal nido quando arriva il momento. A volte lo fanno troppo presto, come forse era accaduto a Pigia. Dovevo buttarla giù... Mi avevano anche detto che se fosse tornata sarei stata l'umano che si era presa cura di lei ed avrebbe sempre dipeso da me. Viceversa, sarei stata la sua mamma, avrebbe lasciato il nido per sempre e avrebbe fatto la vita di una merla libera. Così è stato. E' volata via, l'ho vista sul un ramo di un albero. E' tornata indietro sul balcone del tinello (il tinello ha un balcone perché sotto ci sono i garage) ma poi è volata via. Non l'ho più vista e quando penso a lei mi piace pensare che abbia fatto una vita felice...