giovedì 18 dicembre 2014

MORTIMER: ULTIMO ATTO



Dunque, è calata la tela. E’ giunto infatti in edicola “Mortimer: ultimo atto”, l’albo di Zagor n° 593 (Zenith 644) datato dicembre 2014. I testi sono miei, i disegni di Marco Verni e la copertina di Gallieno Ferri. Si tratta della quarta e ultima puntata di una storia iniziata a metà dell’albo di settembre, “Tornando a casa”. Di tutte le precedenti puntate (comprese quelle intitolate “Vendetta trasversale” e “L’incendio della ‘Golden Baby’”) abbiamo già parlato in questo spazio. Non c’è molto da aggiungere, se non che questo racconto sembra aver, una volta tanto, accontentato tutti, o quasi. Il “quasi” lo aggiungo perché non si sa mai, ma i riscontri di cui mi è giunta l’eco sono positivi. Durante i miei numerosi incontri con i lettori ho ricevuto complimenti calorosissimi, e lo stesso si può dire dei tanti messaggi via SMS, Facebook, Twitter. Persino Cristian Di Clemente, il recensore di uBC, mai tenero nei miei confronti, stavolta inizia il suo commento, intitolato “Qualcuno deve morire”, scrivendo: “Senza troppi giri di parole, diciamolo subito: Mortimer: ultimo atto, dove va in scena, appunto, lo scontro finale tra lo Spirito con la Scure e il suo nemico più rilevante degli ultimi duecento albi, sfiora il capolavoro”.

Uno degli albi della prima storia con Mortimer
Proprio mentre sulla serie regolare assistiamo all'ultimo atto, in edicola arriva la ristampa del primo: sulla Collezione Storica a colori esce infatti la riproposta de "I bassifondi di New York", il primo capitolo della lunga saga mortimeriana (iniziata sull'albo "Le armi fatali", Zagor n° 394, del maggio 1998). Il blog zagoriano di Marco Corbetta se ne è occupato con un articolo che vi invito  a leggere cliccando qui. Proprio lo stesso Corbetta mi ha voluto regalare il bastone che vedete nella foto qui sotto (in cui compare anche lui), identico a quello di Mortimer: un dono bellissimo per cui non lo ringrazierò mai abbastanza.

Il bastone di Mortimer, regala di Marco Corbetta (con me nella foto)

Se non avete ancora letto l’albo, fatelo prima di proseguire la lettura di questo articolo, che contiene indicazioni sul finale. Già, perché la domanda che tutti mi fanno è: “Ma è davvero morto?”.  Già altre volte, in passato, il diabolico Mortimer si era fatto credere passato a miglior vita (una volta lo avevamo addirittura visto finire impiccato, un’altra sembrava affogato in un fiume, in una terza occasione Zagor si illude che sia stato divorato dagli squali). Uno come lui, chissà cosa può aver concegnato per cavarsela ancora. Tuttavia, lo Spirito con la Scure e Cico non sembrano aver dubbi davanti al suo cadavere, al punto che lo seppelliscono. Dunque? Dunque, per me, come per l’eroe di Darkwood, il criminale è morto e non c’è motive di dubitarne. C’è chi si è lamentato della cosa, chi se ne è rallegrato, chi ha comunque apprezzato il mio “coraggio” nel sacrificare un avversario così importante. 

Va detto, però, che non sono mai mancati agli sceneggiatori di fumetti gli espedienti per far risorgere i villains più richiesti dal pubblico. Tutte le saghe degli eroi di carta sono pieni di ritorni impossibili. Talvolta sono gli stessi protaginisti a morire e risorgere. In ambito letterario, è celebre l’esempio di Sherlock Holmes, morto cadendo nelle cascate di Reichenbach in Svizzera, in un racconto intitolato "L'ultima avventura" (1893) con il quale il suo creatore, Arthur Conan Doyle, intendeva liberarsi di lui, salvo dopo venir costretto a tornare sui suoi passi a furor di popolo, dato che i lettori pretendevano il ritorno sulla scena dell’investigatore. Guarda caso, Sherlock Holmes muore precipitando insieme al suo acerrimo nemico, un genio del male (il "Napoleone del crimine") chiamato Moriarty. Ed è proprio a James Moriarty, come ho già spiegato, che Mortimer deve il suo nome. Dunque i due criminali finiscono allo stesso modo: cadendo giù da un balzo d’acqua (ovviamente non è un caso: la mia è una citazione). Dalla stessa caduta, Holmes si salva, con un espediente (un po’ forzato) escogitato dal suo creatore. Qual è questo espediente? Beh, vi lascio il gusto di andarlo a scoprire rispolverando i vostri volumi dell’opera omnia di Conan Doyle. Prometto che non utilizzerò mai quel trucco lì per far risorgere Mortimer. Però sappiate che è stato possibile, al detective di Baker Street, sopravvivere con un escamotage alla stessa caduta che ha ucciso (forse) sia Moriarty (il cui corpo non è mai stato ritrovato) sia Mortimer (il cui corpo è stato sepolto). 

Infine, due parole sulla volpe a pallini. In tanti mi hanno detto di essersi commossi leggendo l’ultima tavola del racconto. Su Twitter, un lettore ha scritto: “Lo sapevo che esisteva”. Al che mi sono commosso anche io, perché l’idea che qualcuno per anni e anni, in mezzo ai guai e ai problemi della vita, conservasse dentro di sè il pensiero che la volpe di Doney esistesse davvero, è commovente. Se è vero che io ho ucciso un personaggio nolittiano, appunto Doney, è altrettanto vero che ne ho inserito nella serie un altro, la volpe a pallini, che tutti sapevamo esistere, ma che non si era mai visto.