Quando, poco più di due anni fa, ho comprato il mio primo Ipad (sono già al terzo, dopo che il primo si è rotto cadendo per terra e il secondo mi è stato rubato), credevo di poterlo usare anche per scrivere in treno, o durante una scampagnata, i miei articoli o le mie sceneggiature. Mi sbagliavo, perché non sono in grado di digitare velocemente senza una tastiera e soprattutto non ho mai trovato il modo di installare una app che avesse tutte le funzioni di Word e producesse dei file .doc trasferibili altrove con un click. Ce ne saranno sicuramente, sono io che non sono stato capace di risolvere questo problema (come infiniti altri, tipo quello di vedere dei film sul tablet - invidio molto chi riesce a farlo addirittura in treno, quando io è già tanto se riesco a mantenere la connessione per due minuti ogni quindici). Del resto, la "storia delle mie disgrazie", divisa in due puntate, è uno dei testi che più ha divertito e fatto sghignazzare i lettori di questo blog e dunque le mie difficoltà con la tecnologia non sono un segreto.
Ma non è di questo che voglio parlare, quanto raccontare il seguente aneddoto. Nella vana speranza di trovare l'app per scrivere testi adatta a me, ho scaricato (pagando s'intende) due diversi programmi e ho buttato giù dei testi di prova, assolutamente assurdi e inventati sul momento. Valutate le difficoltà e le controindicazioni, ho abbandonato le applicazioni fino a che, pochi giorni prima del furto che me ne avrebbe privato per sempre, ho ritrovato i due scritti e sono riuscito a spedirmeli per posta. giusto per conservarli. Li ho riletti e ho deciso che li avrei pubblicati qui, per farli vedere anche a voi.
Il primo è un divertissement sull'Ave Maria che però, ci tengo a sottolinearlo, non parla affatto della Madonna. Infatti, il personaggio che parla è una donna incinta che avrà una femmina di nome Grazia e che fa la badante di un certo signor Rossi. Dunque, nessuna blasfemia. Solo giochi di parole. Mi sono fermato lì dove vedrete, e non credo sia necessario andare avanti.
AVE MARIA
di Moreno Burattini
«Cognome?»
«Ave.»
«Nome?»
«Maria.»
«Bene. Ave Maria. Vedo che lei è incinta.»
«Sono al nono mese, sì.»
«Sarà maschio o femmina?»
«Femmina.»
«Ha già deciso il nome?»
«Sì. Si chiamerà Grazia.»
«Bene. Ave Maria piena di Grazia. Professione?»
«Sono la badante del signor Rossi.»
«Il signore é con te?»
«Si, si, nell'altra stanza. Sta bene ma non c'è più con la testa. È
convinto che io sia sua sorella Benedetta, che in realtà é morta da
cinquant'anni. Se ci parlerà, cerchi di assecondarlo e non lo contraddica.
Chissà perché con tutte le donne che ci sono al mondo avrà deciso di
identificarmi con quella poverina.»
«Va bene: tu sei Benedetta, tra tutte le
donne.»
Il secondo testo, invece, potrebbe essere l'incipit di un romanzo. Gli ho persino dato un titolo, "Il tucano", che non c'entra assolutamente niente ed è venuto fuori dalla marca della borsa che conteneva l'Ipad. Ho scritto di getto quel che veniva, ed è venuto fuori quello. Naturalmente non ho la minima idea di come andare avanti ma, nel caso all'ascolto ci fosse un grosso editore disposto a chiedermi di farlo anticipandomi del denaro, lo farò molto volentieri.
IL
TUCANO
di Moreno Burattini
Capitolo
1
Quando lei gli disse di chiamarsi Elisa
Basile, lui sgranò gli occhi.
«Non è possibile».
«Perché no?»
«Perché il tuo nome é un palindromo
perfetto.»
«Cos'é un palindromo?»
«Una parola o una frase che si leggono
allo stesso modo sia da destra che da sinistra. Per esempio, ”ossesso”.»
«E secondo te il mio nome...»
«Leggilo tu stessa al contrario, qui sul
modulo che hai compilato. Vedi? Resta Elisa Basile, anche se lo rovesci.»
«E' vero! Non me ne ero mai accorta.»
«Dunque papà e mamma non ti hanno chiamata
così apposta per creare un gioco di parole?»
«Ma no! Certo che no!».
«Allora è una gran bella coincidenza.»
«E tu come hai fatto ad accorgertene?
Provi a leggere alla rovescia tutti i nomi chè ti capitano sott'occhio?»
«No, ma ho il pallino degli anagrammi e
dei giochi di parole e mi é subito balzato agli occhi che c'erano delle lettere
che si ripetevano.»
«É bastato questo?»
«Si, è più che sufficiente. Ho letto
”Elisa Basile' ed é evidente che la elle, la esse, la i e la e ci sono due
volte.»
«Che occhio clinico.»
«li per li ho pensato che forse il nome
anagrammava il cognome, cosa che invece non é. Poi ho visto il palindromo. Che
però vale solo con il cognome messo dopo il nome.»
«Già... Basile Elisa non ha senso letto
al contrario.»
«Meglio cosi. Non li sopporto quelli che
si presentano dicendo prima il cognome. Pensa che evito persino di entrare nei
negozi che scrivono prima il cognome nell'insegna.»
«Ma dài.»
«È verissimo. C'è un grande negozio di
abbigliamento a Viareggio che si chiama 'Ferri Giancarlo' e io non ci vado
mai.»
«Solo per quello?»
«Eh si. E non vado neppure nei posti con
il "due" nel nome.»
«Questa me la devi spiegare.»
«Hai presente, non so, quelle pizzerie o
quei ristoranti che hanno una sede 'madre' e poi delle succursali con lo stesso
nome ma con l'aggiunta del numero due? Tipo "Pizza OK" che diventa
"Pizza OK due"?»
«Ah! Vicino a casa mia c'é un forno che
si chiama "Carlotta due" perché ha la stessa gestione di un altro che
si chiama "Carlotta" e basta.»
«Ecco, io li non ci andrei.»
«Questo l'ho capito, ma non ho capito
perché.»
«Perché non voglio frequentare luoghi di
seconda scelta. Un posto con il "due" nel nome sa di duplicato.»
«E allora che devono fare quelli che
hanno già negozio o un locale e ne vogliono aprire un altro?»
«Gli trovano un altro nome o ripetono il
primo senza metterci accanto il due.»