Gli albi di Zagor usciti tra il luglio e il settembre del 2019 ("Mistero sul Monte Naatani", "I discepoli" e "Il destino di Hellingen": Zenith 699-701) hanno ripreso i fili della saga di Hellingen, rimasta in sospeso quattro anni fa (quattro anni che sono niente, rispetto ai tempi intercorsi fra le altre precedenti apparizioni del Mad Doctor). In tutto, si è trattato di 282 disegnate dalla coppia formata da Gianni Sedioli (matite) e da Marco Verni (chine), già autori della parte grafica della precedente "puntata". I testi sono miei, le copertine dei Alessandro Piccinelli.
Il mio scopo nel realizzare questa lunga e complessa saga dipanatasi tra il 2015 e il 2019 è stato uno solo, come è risultato evidente a quasi tutti alla fine della lettura: eliminare il Wendigo dall’universo zagoriano e riportare Hellingen nelle esatte condizioni delle prime avventure sceneggiate da Sergio Bonelli. Restituirlo cioè alla dimensione di scienziato pazzo, senza addentellati magici, senza magie e sortilegi, senza demoni e perfino senza extraterrestri. Credo che questo fosse il desiderio di tutti i nostalgici: sono lieto di averlo realizzato nel festeggiare i miei primi trent’anni al servizio dello Spirito con la Scure, dato che l'anniversario è caduto il 12 ottobre. Chi poi, fra i nostalgici, ha comunque trovato motivo di lamentarsi nonostante la restituzione del villain allo stato delle sue origini, o non ha capito la storia (succede) o non ha voluto capirla (succede ancora di più). In ogni caso, pazienza. Ringrazio piuttosto i tantissimi che mi hanno fatto giungere il loro plauso e il loro incoraggiamento.
La precedente avventura,
“Resurrezione!” si era conclusa con il clone del mad doctor “rapito” dal
Wendigo al pari dell’originale, in seguito a un rito eseguito a Zagor dopo una
visione inviatagli da Kiki Manito. Ho cercato di spiegare meglio ai lettori
l’accaduto, perché se è vero che c’è chi contesta lo spiegazionismo, è
altrettanto ero che se non ci si spiega c’è chi non capisce. Bisogna
innanzitutto sottolineare come il Wendigo sia un enigma insoluto. E’
stato inserito nella saga da Mauro Boselli, che lo a preso in prestito dalle
leggende indiane, ma non esistono “istruzioni per l’uso” in cui siano spiegate
chiaramente le “regole d’ingaggio”. Ricorderò poi che, in seguito ad alcuni
scontro raccontati da Boselli, il demone aveva
un conto in sospeso con Zagor ed è questo uno dei motivi per cui a un certo
punto, in una storia di Mauro, riporta in vita Hellingen recuperando gli atomi
del suo corpo sparsi nello spazio: per scagliarglielo contro. Ma solo: c’era anche il perverso desiderio del Wendigo di
seminare caos, male e dolore su tutta la Terra. Poiché, però, il mad doctor
riportato in vita si era ribellato al suo ri-creatore, il demone lo aveva
esiliato in una dimensione, ultraterrena, il mondo del Caos. Questo l’antefatto
boselliano.
Ne “L’eredità di Hellingen” e in “Resurrezione!”, però, abbiamo scoperto che già al tempo degli Akkroniani il professore
aveva cominciato a creare un esercito di guerrieri meccanici: era riuscito a
costruirne decine e decine di esemplari facendoli realizzare da androidi
programmati apposta per replicarsi anche in sua assenza! In questo modo, il
clone di Hellingen emerso dalla vasca akkroniana si trova a disposizione un
vero e proprio esercito pronto a conquistare e dominare il mondo. Ma quando
niente sembra poterlo fermare, Zagor trova il modo di evocare il Wendigo! Ora:
come si spiega l’aiuto del demone? Non è uno spietato nemico? Potremmo rispondere
dicendo che è impossibile cercare di spiegare il comportamento di un demone
dell’Oltremondo: la sua logica è aliena! Tuttavia, credo che qualche spiegazione
si possa azzardare. Tanto per cominciare, il rito con cui lo Spirito con a
Scure evoca il Wendigo è stato suggerito da una visione ispirata da Kiki
Manito, che l’eroe capisce e decifra soltanto all’ultimo momento utile. La
visione indicava di usare il coltello della mummia di Rakum, l’eroe rosso, come
strumento magico a cui affidarsi in quel crocevia fra mondi paralleli che sono
le grotte del monte Naatani.
E’ impossibile sapere quali misteriose dinamiche
regolino la guerra fra Kiki e il Wendigo nelle dimensioni a cui appartengono, ma
evidentemente Kiki sapeva che l’effetto del rito sarebbe stato quello voluto, e
non un altro. Del resto, il clone aveva appreso, dai rapporti di Altrove che
Quaritch gli aveva fornito, che il vero Hellingen era finito nella dimensione
del caos e si era riproposto, confidando nel proprio genio, di trovare il modo
per liberarlo. Il rito eseguito con un’arma del bene quale il coltello di
Rakum, ha evidentemente permesso al Wendigo di compiere soltanto un’azione
positiva, quella appunto di imprigionare nel suo inferno anche il secondo
Hellingen, impedendogli qualsiasi altra iniziativa. Un rito magico “buono” non
poteva che sortire effetti benefici e il Wendigo era impossibilitato ad
approfittarne in senso negativo! Perciò, costretto dalle leggi a noi ignote a
cui obbediscono lui e Kiki Manito nella loro dimensioni diverse dalla nostra,
ha fatto buon viso a cattivo gioco e si è “accontentato” di portarsi via il
clone di Hellingen.
Zagor
teorizza, a un certo punto, l’esistenza di una “regola dell’equilibrio”. Anche questa non
l’ho invetata io, anche se è mia la trovata di adattarla al mondo di Zagor: è
la legge fondamentale su cui si basa la contrapposizione tra gli Amesha e i
demoni a loro contrapposti nella serie di Dampyr. Dunque una regola boselliana.
E inserirla nell’universo zagoriano è un primo punto di contatto che forse un
giorno permetterà un team-up o un cross-over fra i due personaggi. L’ipotesi
di Zagor è basata su quanto l’eroe ha visto ogni volta che Kiki o il Wendigo
hanno avuto a che fare con lui: Kiki Manito, qualunque sia la sua vera natura e
da qualunque altra dimensione provenga quando si manifesta, rispetta una legge
che gli impedisce di intervenire nelle cose di Darkwood, eccetto quelle
riguardanti i rapporti di forze fra il suo mondo e quello oscuro del Wendigo. Per
questo i due non scendono mai a combattersi sul nostro pianeta, che pure
considerano una scacchiera su cui confrontarsi, ma ricorrono a emissari o
alleati. Il popolo degli uomini, i pellerossa, da sempre sensibili alle forze
ancestrali, entrano più facilmente in contatto dei bianchi con mondi paralleli
popolati da questi esseri misteriosi. Kiki ha scelto gli indiani come suoi
protetti. E’ evidente che demoni e creature di piani diversa della realtà sono
legati alla foresta di Darkwood, in quanto luogo magico, o più magico di altri,
come mille accadimenti hanno dimostrato.
Fin qui le
spiegazioni che giustificano tutto quanto accaduto in passato. Arriviamo al
presente. Un gruppo di misteriosi individui
incappucciati si riunisce sotto la guida di Jupiter Quaritch, l’ex-assistente
del professor Hellingen, e con lui (che si finge pentito e redento agli occhi
dei maggiorenti della Base di Altrove) preparano un piano che prevede
l’utilizzo di alcuni esoscheletri abbandonati dagli Akkroniani. Tonka,
intanto, convoca Zagor al proprio
villaggio chiedendo il suo aiuto: infatti, alcuni mohawk sono scomparsi sul
monte Naatani. Lo Spirito con la Scure riesce a rintracciarli, dopo che erano
rimasti imprigionati nel deposito segreto akkroniano, là dove erano custodite
le corazze portate via dai complici di Quaritch. Costui, che si definisce
“Primo Discepolo”, fugge dalla Base di Altrove, dove viveva in parziale
segregazione, e raggiunge la base segreta allestita dai suoi complici sotto le
rovine del castello eretto sul monte Naatani dal Wendigo. Zagor e Tonka cercano
di penetrare nel castello, ma sono scoperti dai miliziani arruolati dal
professor Tumblay, braccio destro di Quaritch. Intanto, i Discepoli hanno
attivato la “Vasca della Resurrezione”, un macchinario akkroniano con cui sperano
di dar vita a un nuovo clone del loro Maestro. Concedetemi il vezzo di non proseguire oltre
nel riassunto, in modo che chi non abbia letto questa avventura possa scoprire
da solo cosa succede.
Potrebbe essere utile, piuttosto, rispondere a chi abbia contestato (come mi è stato detto) la "facilità" con cui viene sconfitto il Wendigo. Evidentemente, costoro ritengono che, essendo "facile", loro saprebbero farlo ancor prima e ancor meglio. E' incredibile come si possa accettare l'uso delle armi magiche di Rakum il Rosso (trovata nolittiana) con cui Zagor elimina gli altrimenti indistruttibili Akkroniani "semplicemente" tirando loro una freccia, e non si accetti un sortilegio che preveda il trascinamento del Wendigo nel nostro mondo e l'uccisione da parte di Hellingen di un se stesso come il clone. I detrattori, insomma, nel loro cervello dal singolare funzionamento, dicono: tirare una freccia a un alieno per ucciderlo non è facile, quello che fa Hellingen è fin troppo facile. Ripeto: Hellingen trova il modo di portare il Wendigo sulla Terra e uccide il proprio doppio. E' vero, troppo facile. Però, suvvia, cari detrattori: davvero siete convinti che fra Hellingen e il Wendigo potesse vincere il Wendigo? Signori miei, allora sì che Nolitta si rivolterebbe nella tomba.
Per finire, una nota di colore. Telefona un lettore in redazione e si lamenta perché non gli torna che su Zagor ci siano dei robot, come sarebbe successo negli albi in edicola questa estate. Zagor è un fumetto di soldati, trapper e indiani, non ci devono essere i robot. Ora, all'interno degli albi in edicola questa estate non c'è stato nessun robot. Ma proprio nemmeno uno. Ci sono, casomai, in alcune scene, degli esoscheletri da indossare, che a tutti gli effetti si possono considerare delle corazze. Se uno non capisce la differenza fra un esoscheletro e un robot non credo possa essere ritenuto in grado di esprimere giudizi sufficientemente fondati sui fumetti in generale e su Zagor in particolare. Però ci si chiede: e allora, Titan?