lunedì 18 marzo 2013

CINEMA AL CINEMA - 6


Proseguono le recensioni cinematografiche di Giorgio Giusfredi, esperto cinefilo oltre che cuoco sopraffino (ma anche scrittore, sceneggiatore di fumetti, organizzatore di eventi e sosia di Che Guevara), è la guida a cui mi affido per chiedere consiglio sui film da vedere. 



CINEMA AL CINEMA 
di Giorgio Giusfredi

marzo 2013





Educazione siberiana

Un film di Gabriele Salvatores. Con Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Eleanor Tomlinson, Jonas Trukanas, Vitalji Porsnev. Drammatico, durata 110 min. - Italia 2013. - 01 Distribution

Qualcosa si muove, se questo è un film italiano: già solo il tema trattato e l’ambizione della produzione andrebbero premiati a priori. Si tratta di una smaccata storia di formazione – come dichiarato già dal titolo, identico a quello del libro da cui è tratto - quella dei due ragazzi e del loro nonno Kuja (il sempre bravo Malkovich), boss del clan dei siberiani, che li educa. Le regole sono poche e riguardano il rispetto e la fratellanza. Nella prima parte, molto bella, la più bella, l’attenzione è catturata appunto dalle sequenze in cui, in momenti cruciali, i ragazzini imparano qualcosa tramite le loro avventurose marachelle. La voce del patriarca siberiano condisce aspramente ogni scarto di carriera tra le nevi, dal furtarello innocuo alla lotta all’arma bianca. Gli inseguimenti, nei costumi degli anni Ottanta con automobili a noi sconosciute prodotte dell’ormai ex regime, sono veramente belli e meritavano forse più spazio e ricordano certi capolavori alla Di Leo degli ingiustamente canzonati "poliziotteschi" all’italiana: complimenti a Gabriele Salvadores. Nella seconda parte, quando i ragazzi sono diventati grandi, si riallacciano le due trame che scorrono parallele fin dall’inizio: l’una nel tempo reale e l’altra in flash back. Si ricongiungono come le vite dei due protagonisti e il drammatico cerchio tracciato dal sangue in quelle terre dure e sperdute si chiude. C’è un traditore, uno che ha trasgredito i sacri dettami del nonno, e fino a un certo punto gli autori ammiccano verso l’uno, ma poi si capisce subito molto bene che si tratta dell’altro. Questo piccolo falso switch è l’unico piccolo difetto che rallenta la suspence nella seconda parte un po’ più romantica e meno avventurosa, ma nel complesso i risultato è divertente e apre un nuovo spiraglio nella produzione cinematografica italiana.



Argo

Un film di Ben Affleck. Con Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber. Titolo originale Argo. Drammatico, durata 120 min. - USA 2012. - Warner Bros

Il film è tornato nelle sale sullo slancio del successo agli Oscar: non annoia e conferma che la capacita visionaria di Ben Affleck è di gran lunga migliore delle sue capacità di attore. È proprio la mancanza di qualche personaggio che "rimanga dentro" il difetto di una storia che merita tutti gli onori, ma che non è, però, più poetica di Vita di Pi e non è neanche il capolavoro di divertimento che è Django Unchained. Quando si parla di civili americani impegnati in luoghi militari, del conflitto tra la pretesa americana di "esportare democrazia" e i fallimenti, l’Academy ha sempre un occhio di riguardo. Certe cronache sociali mandano un sollucchero i giurati. Detto questo l’idea di produrre un film fasullo per permettere l’estradizione di alcuni ricercati da un paese in guerra è geniale. E sono molto belle tutte le parti che, per l’appunto, raccontano i retroscena della produzione. Arkin e Goodman sono perfetti nei loro ruoli – in fono al film vediamo anche delle diapositive dei veri protagonisti della vicenda da cuoi è tratta la pellicola. I fumetti la fanno da protagonista perché l’agente C.I.A Mendez (Afflek), nella sua missione, porta sempre con se gli storyboard disegnati con uno stile post Alex Raymond – la sceneggiatura del ‘fake film’  è una storia di fantascienza alla Flash Gordon) – per dimostrare l’effettiva esistenza dell’intenzione di iniziare le riprese in quella location esotica, l’Iran. I due momenti più toccanti hanno a che fare con quei disegni: il primo, quando lo scettico del gruppo, quello che pensa: “non ce  la faremo mai!” in un momento di tensione alla dogana li illustra ai soldati paragonando la loro storia nazionale a quella inventata e raccontata da quelle immagini; il secondo, quando il protagonista occulta un storyboard per regalarlo al figlio, appassionato di Star Wars, da cui nasce la geniale idea.





Broken city

Un film di Allen Hughes. Con Mark Wahlberg, Russell Crowe, Catherine Zeta-Jones, Jeffrey Wright, Barry Pepper. Titolo originale Broken City. Thriller, durata 109 min. - USA 2013. - 20th Century Fox

Questa pellicola è un Hard Boiled mascherato da ‘new wave spy story’. Tutta la fantapolitica – o la politica reale a tono cronistico – è solo un contorno a una domanda che muove il film: Chi tra Wahlberg e Crowe è più duro. Infatti il protagonista de Il Gladiatore si ritaglia un ruolo da super villain, laido e spietato e, per giunta, di destra, in una New York di pulizie, demolizioni e ricostruzioni che ricorda molto la reale Grande Mela. Ovviamente il più duro sarà il detective privato impersonato dall’attore già pugile in The Fighter. Ma lo farà comunque sorprendendo con alcuni piccoli colpi di scena da ‘ordinaria amministrazione’ comunque efficaci. Dei temi a sfondo sociale, conclamati o meno, non nel manca uno: da l’alcolismo e la dipendenza alle droghe alla etica di caccia, dal fallimento dei rapporti familiari a sommesse omosessualità, dalle speculazioni edilizie alla criminalità etnica di periferia.




Die Hard - Un buon giorno per morire

Un film di John Moore. Con Bruce Willis, Jai Courtney, Sebastian Koch, Rasha Bukvic, Cole Hauser. Titolo originale A Good Day To Die Hard. Azione, durata 97 min. - USA 2013. - 20th Century Fox

Bruce Willis, chi? Colui che, in ogni modo, ti fa passare del tempo felice al cinema. Certo paragonare i primi tre film di questa serie con il quarto e con questo ultimo suonerebbe come un eresia agli orecchi dei puritani – gli unici che lo saranno andato a cercare nella mala distribuzione, peraltro. Si può riconoscere John Maclane solo perché John Maclane è Bruce Willis e viceversa. Infatti, in sede di sceneggiatura, i meri tentativi di imitare le battute brillanti, autentico marchio di fabbrica dei primi film, e di quasi tutti i film d’azione del periodo d’oro degli anni novanta holliwoodiani, si possono considerare falliti. Come quelli di proporre delle scene d’azione che rendano il film degno di essere ricordato. Cosa tiene in piedi tutto? Bruce: sì, lui! E ce la fa? Ma certo, lui è un duro! L’idea di un figlio nella C.I.A dello spericolato agente della NYPD, non è affatto male. Lo interpreta l’irriconoscibile Varro, l’amico di Spartacus nell’omonima serie, dopo aver rasato i boccoli biondi alla riccioli d’oro. Ci sa quali sono state le raccomandazioni di questo attore che ha recitato nel ruolo che moltissimi avrebbero voluto fare: il figlio della leggenda fatta poliziotto. 




Warm bodies

Un film di Jonathan Levine. Con Nicholas Hoult, Teresa Palmer, Analeigh Tipton, Rob Corddry, Dave Franco. Horror, durata 97 min. - USA 2013. - Lucky Red

In un momento di revival (si passi il termine) degli zombi romeriani – vedi The Walking Dead – c’era bisogno di nuove idee. E questo film ne ha una – dovuta alla traduzione in film di un fortunato romanzo – molto interessante: e se gli zombi potessero tornare a essere umani? Purtroppo la risposta positiva regalataci dalla storia non ci soddisfa, pur andando incontro a un’altra esigenza di mercato: storie d’amore impossibili tra adolescenti. Ogni buona idea ha la necessità di essere supportata da una struttura logica ed emozionale. La narrazione non ha evoluzioni comprensibili, o perlomeno, sono raccontate in maniera stridente e anche il più generoso e comprensivo degli spettatori può alzarsi in diversi momenti della proiezione gridando: “ma che idiozia è questa?”. Peccato perché alcuni spunti, come detto, sono buoni e come al solito si manca di bravi sceneggiatori che possano far diventare verosimili qualsiasi storia inventata. Bella quando si mangia il cervello e assimila i ricordi della vittima.




Il principe abusivo

Un film di Alessandro Siani. Con Alessandro Siani, Christian De Sica, Sarah Felberbaum, Serena Autieri, Nello Iorio. Commedia, durata 97 min. - Italia 2013. - 01 Distribution

La trama è quella di Pretty Woman con un ribaltamento di genere: lui al posto di lei. Anche in questo film queste evoluzioni dei personaggi non sono supportate da una scrittura decente e, di punto in bianco, lo switch ci cambia il personaggio lasciandoci solo con un sonoro ‘eh?’. Certo Siani è simpatico e De Sica è un grande attore e questo basta per 7,5 euro, ma con qualche sforzo di più potremmo ambire anche in Italia la produzione di film che non siano solo il piccolo divertimento del momento.




Les Misérables

Un film di Tom Hooper. Con Amanda Seyfried, Hugh Jackman, Helena Bonham Carter, Russell Crowe, Anne Hathaway. Musical, durata 152 min. - Gran Bretagna 2013. - Universal Pictures

Esistono dei film musicali più o meno cantati. Questo musical, che è anche lungo, lo è quasi completamente. Le canzoni sono in lingua originale – inglese come il musical originale nato a Londra e poi esportato a Broadway – sottotitolate, mentre i pochi dialoghi normalmente recitati sono doppiati e si sente un poco la differenza tra la voce propria dell’attore e quella del suo alter ego italiano. Tuttavia la pellicola non è affatto noiosa. Le ore scorrono attraverso le emozioni. L’avventura attinta dall’omonimo romanzo di Hugo non si disperde tra le e le coreografie teatrali. Le scene da kolossal hanno la maestosità di vecchi peplum. Inquadrature in campi lunghi dall’alto o dal basso rendono il ciclopico effetto di azione anche quando l’azione non c’è. I piani sequenza con zoomate donano profondità a una coreografia pensata per i teatri ma già molto cinematografica per i palcoscenici dal vivo. Come in ogni musical i motivi tendono a ripetersi per correttezze del media utilizzato. E anche quando alcuni toni risultano familiari sorprendono ed entusiasmano. Bellissime le canzoni dei ragazzi rivoluzionari durante le scene della resistenza alla barricata. Le ‘marcette’ incalzanti invogliano ad alzarsi dalla poltrona e battersi il petto assieme a quei giovani baldi e ricchi unicamente di problemi romantici. Specialmente la canzone che assegna ai colori nero e rosso i significati delle loro esistenze. Anne Hathaway vince l’oscar interpretando il ruolo che, quarant’anni orsono, lancio sua madre e il musical stesso. Hugh Jackman aveva già dimostrato le sue straordinarie capacità. Persino il bistrattato Crowe che molti critici hanno deriso ha la tronfia possanza vocale utile a interpretare alla perfezione Javert. La regia non sovrasta gli interpreti che in un caso di film come questo devono essere in grado di esprimere il loro talento, e lo fanno.   





Gangster Squad

Un film di Ruben Fleischer. Con Ryan Gosling, Emma Stone, Sean Penn, Anthony Mackie, Josh Brolin. Thriller, durata 113 min. - USA 2013. - Warner Bros

Il wannabe di The untouchables. L’aspirante L.A. Confidential. Una squadra di duri contro un boss spietato. Una serie di star a servizio di una pellicola con alte pretese che soddisfa in parte. I capolavori come quelli di De Palma sono molto lontani dalla realtà di questo film che pure delle buone cose regala agli occhi dello spettatore. Sean Penn supercattivo fa la parte di un ex pugile ebreo – storia vera – che pretende impadronirsi di Los Angeles. L’attore gigioneggia come spesso gli capita esagerando negli ultimi film. Storce la bocca in basso ricordando la classica smorfia deniriana e, nonostante ciò, riesce a suscitare il carisma necessario  per un ruolo fondamentale un una storia del genere il cattivo di carisma. Il protagonista buono infatti, Josh Brolin è soltanto un tipo che non riesce a togliersi la seconda guerra mondiale di dosso. La femme fatale, Emma Stone – che poco tempo fa avevamo visto interpretare una ragazzina con metà degli anni di questo personaggio in The amazing Spider-man – è in understatement. Questo e altri accorgimenti – anche molto piacevoli – come la morte dell’unico membro veramente puro della squadriglia, un ispirato Giovanni Ribisi – toglie al film la nomea di Hard Boiled, tenendo una giusta violenza pulp, però. Scene come la divisione con due macchine di un uomo vivo, i duelli con il revolver – e il vecchio cow boy che insegna al giovane ispanoamericano come sparare – e anche la scazzottata finale, elevano la narrazione a toni di puro western, divertendo e dando motivo allo spettatore di ricordare ciò che ha appena visto.