martedì 12 gennaio 2016

CENTODIECI E LODE





Il 21 dicembre 2015, presso la sede l'Università Uninettuno, è stata discussa una tesi di Laurea su Zagor, che ha fruttato al candidato Massimo Barison il 110 e lode. Il titolo esatto dell’elaborato è “L’evoluzione del linguaggio del fumetto popolare italiano: Zagor, dal 1961 ad oggi”, la Facoltà quella di Scienze della Comunicazione. Barison individua nelle “dime novels”, o comunque nel pulps magazines, il punto di origine del percorso che ha portato alla nascita dello Spirito con la Scure, personaggio che comunque poi ha seguito una evoluzione in grado di rappresentare un perfetto specchio dello sviluppo del linguaggio del fumetto. Singolarmente, anche io mi sono laureato in Lettere con una tesi simile (sul sottofondo letterario nella sceneggiatura dei comics) e con lo stesso voto. 

Il dottor Barison (mi fa piacere chiamarlo così, anche se siamo diventati amici durante i mesi in cui Massimo ha redatto la sua Tesi) è venuto a consegnarmi in redazione il suo elaborato, che contiene anche una intervista al sottoscritto (oltre che una ditta disamina di molte mie storie), che pubblico qui di seguito.

La Laurea di Massimo Barison


Moreno Burattini e Massimo  Barison
INTERVISTA A MORENO BURATTINI

1) Nel suo blog “Freddo cane in questa palude”, lei afferma che lavorare nel campo dei fumetti è stato un sogno che si è avverato, ma con  Zagor si è cimentato anche nella scrittura di un vero romanzo, “Le mura di Jericho”. Che differenze ha riscontrato nello scrivere opere così diverse tra loro, anche se con  lo stesso protagonista? 

La principale differenza è consistita nella maggior fatica nel portare avanti la narrazione. Ogni medium ha il suo codice espressivo caratterizzato da regole proprie, e non è detto (anzi, è detto il contrario) che un autore sappia padroneggiare allo stesso modo i vari mezzi di comunicazione, anche qualora si tratti di usare tecniche in qualche modo paragonabili. Sceneggiando fumetti, io descrivo la scena da illustrare a un disegnatore, e gli indico i dialoghi perché lui possa far “recitare” i personaggi. Si potrebbe pensare che passando a scrivere la stessa scena in una prosa letteraria, il passaggio sia tutto sommato semplice. Non è così. Lo scrittore deve far “vivere” al lettore quel che racconta (mostrandoglielo davanti agli occhi e suscitandogli emozioni)  usando la suggestione delle parole, e serve un talento specifico. Io riesco a “vedere” la scena che verrà disegnata prima ancora che l’illustratore impugni la matita, e ho l’esperienza che serve per scegliere il numero giusto di vignette che sappiamo dare il ritmo più adatto a ogni sequenza: anche per questo serve un talento specifico. Sono tanti i casi in cui degli sceneggiatori di fumetti hanno scritto pessimi romanzi e altrettanti quelli di romanzieri anche famosi che non si sono rivelati in grado di sceneggiare un buon fumetto. Non mancano comunque esempi di autori bravi in entrambi i campi (Gianfranco Manfredi ne è uno, Tiziano Sclavi un altro). Mauro Boselli, di recente, ha scritto un’ottima novelization della vita di Tex Willer con la narrazione in prosa delle sue principali avventure collocate in ordine cronologico, e del resto Giovanni Luigi Bonelli si definiva “un romanziere prestato al fumetto e mai più restituito”. Nel mio piccolo, io ho provato a passare da un campo all’altro e credo di aver ottenuto un risultato dignitoso. Tuttavia, appunto, sudando sette camicie prima di potermi dire soddisfatto, e faticando su ogni riga.

 
La parte della Tesi in cui l'autore si occupa di Mortimer
2) Roland Barthes, semiologo del novecento,   definisce “scrivibile” la narrativa contemporanea, marcando una profonda differenza tra il modo classico di fare letteratura, dove la comunicazione narrativa tra Narratore (sorgente) e Lettore (ricevente) è di tipo bivoca e lineare e al lettore viene lasciato un ruolo passivo. In questo contesto, il testo narrativo è perfettamente “leggibile” e verosimile, ma non “scrivibile”.?Con il testo narrativo contemporaneo il lettore può “accedere pienamente all’incanto del significante”, alla “voluttà della scrittura”, sempre secondo Barthes, in quanto la comunicazione è multilineare, polifonica, ipertestuale e multilivello. A tal proposito si pensi alla narrazione dei videogames. Nello scrivere il fumetto di Zagor, che tipo di approccio ha con il lettore finale, “classico” o “contemporaneo”? 

Senza voler contestare Barthes, non credo che esista un solo lettore “passivo” di fronte alla comunicazione narrativa. Umberto Eco del resto ha scritto un saggio intitolato “Lector in fabula” in cui si analizza il ruolo del fruitore di fronte a una narrazione. Per quanto, indubbiamente, sceneggiando un fumetto come Zagor si usi un approccio “classico”, chi legge sarà chiamato a metterci del suo aggiungendo alle vignette il collegamento logico fra l’una e l’altra, i sonori, il movimento, i colori, la percezione dell’espressività mimica dei personaggi, la loro voce, una certa idea del freddo o del caldo, del vento o della pioggia, eccetera, fino ad arrivare alla simpatia o all’antipia suscitata da un character o da un altro, e dunque al coinvolgimento emotivo che varia inevitabilmente da lettore a lettore. Mi è capitato più volte di constatare, inoltre, come ogni appassionato abbia una sua propria, personale visione dello Spirito con la Scure: per qualcuno è un realistico personaggio western (e si contesta il suo uso in avventure di taglio fantastico), per altri è il protagonista di racconti horror (e si contesta il suo uso in avventure di taglio puramente western), per altri ancora è un cupo character da tragedia greca, con il peso sulle spalle del dramma personale che lo ha reso un dark hero, mentre per qualcuno si tratta di un tipo solare. La verità è, ovviamente, nel mezzo: le avventure di Zagor sono una contaminazione fra generi e lui incarna, in modo originale, le diverse sfaccettature dell’eroe positivo ma anche duro e determinato, facile al sorriso ma pronto a scatenare l’ira funesta del buono che si indigna. Ebbene: ogni lettore vorrebbe però storie scritte solo per lui, secondo la percezione che ha del protagonista. Due parole infine sull’etichetta di “classico” e di “contemporaneo”. Lo Spirito con la Scure è un personaggio nato nel 1961, e dunque nel 2015 ha festeggiato 54 anni di vita. C’è una tradizione da rispettare. I lettori apprezzano la “riconoscibilità” dell’eroe e disapprovano le innovazioni che scardinino troppo le consuetudini. Tuttavia, lentamente, gli autori di Zagor hanno fatto evolvere i loro stili grafici e narrativi in modo da adeguarli ai tempo, senza tradire l’ “ortodossia” nolittiana (Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, è stato il creatore letterario del personaggio).

Massimo Barison


3) Nei fumetti,  in particolare quelli d’avventura, il disegno assume un ruolo fondamentale nel descrivere scene drammatiche e veloci, ma anche lo “spazio bianco” che esiste tra una vignetta e l’altra, quello che Scott Mc Cloud definisce la “clousure” ha la sua importanza. Qual è la sua tecnica nel decidere cosa far disegnare e cosa lasciare  all’immaginazione del lettore?

Non manco mai di citare Scott Mc Cloud delle mie conferenze in giro per le scuole di ogni ordine e grado, e alla “clousure” ho dedicato un capitolo della mia tesi di laurea. Però, quando sceneggio, dimentico la teoria e mi affido alla pratica. Prima di essere uno scrittore di fumetti ne sono un lettore, cresciuto leggendoli. Ho il linguaggio del fumetto nel sangue (in particolare, quello interpretato dalla tradizione bonelliana) e non assecondo il mio gusto e il mio istinto. Immagino la scena disegnata e mi rendo immediatamente conto se può funzionare oppure no. Ho imparato tecnica e mestiere in venticinque anni di attività (pur avendo iniziato con una buona base di partenza dovuta appunto alla mia lunga frequentazione quale divoratore di avventure degli eroi di carta), e oggi riesco a visualizzare in modo piuttosto immediato quel che vado descrivendo nelle mie sceneggiature. Ma che si agisca meditandoci su con il manuale di Mc Cloud aperto sul tavolo da lavoro, o si scriva di getto (come faccio io), alla fine quel che conta è che ogni sequenza conti il giusto numero di vignette (né una di più, né una di meno). Se c’è un movimento, il passaggio da A a B deve essere comprensibile (o manca qualcosa), e non deve essere inutilmente lento (altrimenti, c’è qualcosa in più).


4) Le storie di Zagor che i lettori hanno più amato nel corso degli anni, sono quelle in cui avviene una narrazione odeporica, dove il viaggio e l’allontanamento da situazioni note (per Zagor la foresta di Darkwood) assume il pretesto per ridefinire la propria identità.  Allontanare Zagor da un “non luogo” come Darkwood per calarlo in ambienti geograficamente reali potrebbe aumentare l’identificazione del lettore con il protagonista ma al tempo stesso si rischia di snaturare il “carattere” del personaggio e quindi di renderlo sempre meno credibile di coerenza in un contesto di storytelling. Esiste questa possibilità o a un personaggio dei fumetti è comunque tutto permesso?

Zagor si allontanato da Darkwood molte volte. L’ultima, per compiere un viaggio attraverso tutto il Sud America fino alla Terra del Fuoco. Ma è stato anche nell’estremo Nord (in Alaska, Groenlandia, Islanda), sulla costa del Pacifico, in Messico, nei Caraibi, in Scozia, in Africa. Quando lo Spirito con la Scure esce dalla sua foresta incantata, incontra la Storia con la “S” maiuscola, ed eccolo incontrare (per fare un esempio) Charles Darwin; ma percorre anche itinerari geografici rintracciabili sulle carte e sulle mappe cittadine, come nel caso della sua visita in Perù, o in Cile. I viaggi e le trasferte fanno ormai parte del personaggio (fu Guido Nolitta il primo a inaugurare la tradizione di questi spostamenti periodici), per cui non c’è più alcun rischio di “snaturamento”. Del resto, Zagor si comporta da Zagor anche in capo al mondo.

Massimo Barison con la sua tesi


5) In un testo narrativo, e quindi anche in un fumetto, i  personaggi sono molto importanti . Ad essi è attribuita la responsabilità di portare avanti l'azione e  il racconto. Secondo Aristotele, nel personaggio esiste l’unione tra Pratton (colui che agisce) e Ethos (ciò secondo cui diciamo che chi agisce ha una propria “qualità” o Carattere, appropriato e conveniente (harmótt?n) all’azione compiuta  Il personaggio può essere definito statico (quando non cambia mai e sempre uguale a se stesso), dinamico (con cambio di atteggiamento, idea o ideali durante il racconto), piatto (quando la descrizione è sommaria e stereotipata) o tutto-tondo (quando si conoscono tutti gli aspetti, sia esteriori che interiori). Come definirebbe il personaggio di Zagor? Come è cambiato nel corso dei suoi 54 anni di vita editoriale?

Zagor è un personaggio “problematico”, nel senso che, diversamente da Tex, si pone dubbi, non divide nettamente il mondo in buoni e cattivi, ascolta le ragioni degli altri e cerca di capirne le motivazioni, rispetta gli avversari sconfitti e talora si dispiace per la loro morte. Suda freddo, soffre, stringe i denti, non è infallibile. Vince attraverso la sofferenza, non è invulnerabile né tetragono. Questo significa che può, se la storia lo richiede, cambiare idea. A volte lo abbiamo visto lasciar fuggire dei criminali a cui stava  dando la caccia, dopo essersi convinto del fatto che abbiano già espiato o che si meritino una seconda possibilità. Zagor è nato così già dal primo numero, quando si lascia convincere ad accogliere Cico nella sua capanna nonostante inizialmente avesse negato l’evenienza. Nella stessa avventura, senza l’aiuto del messicano lo Spirito con la Scure sarebbe morto più volte, segno appunto dell’ “umanità” del personaggio.


6) Anche il ruolo del personaggio è diversificato in protagonista, antagonista, oggetto, aiutante e avversario. Quanto sono stati importanti per il successo editoriale di Zagor i diversi ruoli dei personaggi? Può fare degli esempi?

I miti e leggende di ogni popolo basano la cosmogonia sull’eterno conflitto del Bene contro il Male. Lucifero si ribella a Dio e diventa il Nemico per antonomasia, il Serpente insidia Eva e dà origine a ogni guaio e dolore che affligge l’umanità. E tutta la Storia del mondo si deve leggere, secondo la Bibbia, come la lotta contro le insidie del demonio. Il finale è già scritto, e forse prevedibile, come nella migliore tradizione dell’happy end: sappiamo che il Bene trionferà nell’ultimo giorno. Passando dal macrocosmo dell’escatologia al microcosmo della letteratura, una delle regole principali della fiction è che i buoni debbano lottare contro dei grandi cattivi, per tenere i fruitori incollati al racconto, sia che si tratti di un romanzo, di un film, di un telefilm o di un fumetto. Chi sarebbe James Bond, se invece di salvare il mondo dovesse occuparsi di piccola criminalità? Un  questurino qualunque. Invece, ogni volta di fronte organizzazioni criminali potentissime, gestite da supernemici pericolosissimi, e in ballo c’è sempre il destino del pianeta. Perché una storia sia interessante, occorre che ci sia una posta in gioco interessante. Se un eroe lottasse contro ladri di galline per recuperare il pollo rubato alla vecchia massaia, chi e ne frega. Ma se la lotta è fra un eroe e un grande cattivo, degno di questo nome, allora sì che il racconto è avvincente. Per questo inventare grandi cattivi è importante quanto inventare dei buoni eroi. E altrettanto difficile. L’esempio di James Bond è paradigmatico perché sottolinea la necessità, per gli eroi cosiddetti “seriali”, di un continuo ricambio di avversari sempre nuovi e sempre più pericolosi. E se molti  personaggi dei fumetti sono, senza dubbio, eroi seriali, sicuramente lo sono quasi tutti quelli bonelliani. Grazie a Guido Nolitta, i mostri incontrati e combattuti dallo Spirito con la Scure sono maneggiati dagli autori con indiscutibile buon gusto e profondo rispetto per il lato oscuro della realtà, senza ricerca gratuita dell'effetto splatter. L'orrore secondo Nolitta non è mai insulso, ma cerca di scavare nell'animo e non di rado lascia un nodo alla gola, proponendoti alla fine il dubbio se anche il mostro non abbia diritto alla pietà. Per convincersene, basterebbe leggere (o rileggere) avventure come "L'uomo lupo", "Acque misteriose" o "L'orrenda magia", dove il licantropo, la creatura della Laguna Nera e l'Uomo Tigre si rivelano alla fine più vittime che carnefici. Nella serie di Zagor, i cattivi che sono rimasti nella mente dei lettori sono assai più numerosi che in quella di Tex. Forse per la natura della serie, più votata al fantastico, gli antagonisti dello Spirito con la Scure, sono decisamente eterogenei: scienziati pazzi, vampiri, stregoni, pirati, avventurieri, alieni, esseri mitologici e sovrannaturali.  Senza dubbio è Hellingen il villain principe della saga di Zagor. Classico scienziato pazzo, ispirato alle fattezze fisiche del Virus di Pedrocchi e Molino, il professor Hellingen, è sicuramente un genio, visto che con un buon secolo di anticipo si è creato televisori, radiocomandi e robot, ma la sua intelligenza e tutta votata al male. Il suo scopo è quello, chiaramente, di conquistare il mondo, e altrettanto ovviamente l’eroe in più occasioni, al termine di mitici episodi, riuscirà a fermarlo.  Il vampiro Bela Rakosi,  si colloca di diritto alle spalle del mad doctor, Non fosse altro perché è il degno protagonista di una delle più belle e terrificanti avventure della serie. Nella sua prima apparizione, il vampiro, grazie ai suoi straordinari poteri, dà del filo da torcere al nostro eroe fino ad un epico scontro all’alba che vede incenerito il malcapitato barone; ma niente paura, è difficile uccidere un non-morto, Rakosi tornerà ancora a scontarsi con lo Spirito con la Scure.
Del periodo classico di Zagor meritano una menzione anche Supermike, che riesce a insidiare il ruolo dello Spirito con la Scure presso i pellerossa, e Kandrax, un potente druido celtico che arriva dal passato dopo essere stato ibernato in una teca di cristallo. Dagli anni novanta il personaggio vive una seconda giovinezza editoriale, rinvigorito dall’ingresso nel cast di nuovi personaggi sia positivi che negativi, Zagor riesce a riconquistare il favore del pubblico. Tra i cattivi di questa nuova ondata segnaliamo un personaggio dalla personalità complessa, l’affascinante avventuriero Nat Murdo, spietato assassino in America, leggendario eroe in Scozia; la bella Madame Laveau, disegnata sulle fattezze di Naomi Campbell, un’intrigante e perfida sacerdotessa vudu  e il diabolico Mortimer,  genio del crimine senza scrupoli, che non esita ad allearsi e poi a servirsi anche di vecchi nemici di Zagor per raggiungere i suoi scopi.

7) Secondo lei Zagor è pronto per essere raccontato all’interno di un graphic novel oppure è possibile individuare delle storie già pubblicate in passato che corrispondono a questo genere?

Dovremmo prima capire che cosa si intenda per graphic novel. Se con questa definizione vogliamo indicare racconti a fumetti che abbiano la lunghezza e la dignità di un romanzo, direi che la maggior parte delle storie di Zagor corrispondano a questa accezione. L’unico problema è dato dalla serialità del personaggio, che non garantisce piena autonomia di lettura delle singole avventure. Ma individuando quelle in cui anche il lettore non “iniziato” riesca a capire il ruolo e le caratteristiche del protagonista e dei comprimari più ricorrenti che, nelle singole puntate della saga, vengono dati per scontati, indubbiamente la serie propone storie di un certo spessore. E, volendo, altre se ne potrebbero scrivere appositamente. I tre “albi giganti”, definiti comunemente “Zagoroni”, sono, secondo me, tre graphic novel.