martedì 31 agosto 2010

IL NUMERO DUE



Di solito, risultare "il numero due" viene percepito come qualcosa di avvilente. L'idea di essere secondi a qualcuno fa storcere il naso. Tuttavia, sono convinto che, quando si ha a che fare con delle produzioni seriali, siano esse collane di fumetti o di libri, o serie di telefilm, il numero due sia più importante del numero uno. Ovviamente, tutte le prime uscite di una qualche testata da collezionare devono essere folgoranti, se no è la fine. Però, un bell'albo d'esordio di per sé non basta per creare la fidelizzazione dei primi lettori. Il numero uno lo comprano in tanti, anche soltanto per vedere com'è la nuova proposta. Ma poi, è la seconda uscita che deve confermare l'acquirente nella decisione di proseguire la collezione. Se il numero due delude, il numero tre è a rischio. Fermo restando che tutti i numeri dovrebbero essere all'altezza delle aspettative, un quarto, quinto o sesto numero un po' scarsi si possono perdonare. Ma il secondo no. Il giorno che scriverò anch'io una miniserie, perciò, aspettatemi pure al varco e cercherò di non deludervi, perché sono consapevole del problema.
Del resto, una consapevolezza del genere dovrebbe essere ovvia e di solito il programma delle uscite di molte collezioni da edicola è ben studiato rispettando appunto queste considerazioni. Si comincia sempre con il botto. Infatti, ripercorrendo con la memoria varie proposte allegate ai quotidiani o alle riviste in anni passati, ricordo le collane uscite con Repubblica e con Panorama, e tutte cominciavano o con Tex, o con l'Uomo Ragno, o con Diabolik, o con Corto Maltese, insomma, un grande nome e subito dopo un altro altrettanto grande. Gli eroi "minori" scivolavano verso il fondo. Si poteva persino pensare a una specie di classifica di merito o di popolarità: il massimo riconoscimento era figurare nella top ten.
Ciò detto, non posso che dirmi assolutamente soddisfatto del calendario di uscite di una nuova iniziativa editoriale, reclamizzata persino in TV: si tratta della serie di statuine "Fumetti 3D Collection", distribuita in edicola dalla Hobby & Work. Il primo numero era dedicato a Diabolik, e va bene. Ma il secondo, quello ugualmente importante, è riservato a Zagor! A seguire, come terza uscita, Tex. Una bella soddisfazione: per una volta lo Spirito con la Scure batte Aquila della Notte. La collezione continuerà con Mister No, Martin Mystère, Dylan Dog, Eva Kant, Mefisto, Miele, Ginko, Cico, Julia, Kit Carson, Magico Vento, Grande Blek, Valentina, Dampyr, Lo Sconosciuto, Zora, Comandante Mark e altri personaggi per un totale previsto di venticinque minisculture e altrettanti fascicoli. Sottolineo, con gioia e compiacimento, la presenza anche di Cico!
Il prezzo? Dopo un esordio scontato a 4,99 euro, e 7,99 richiesti per Zagor, le successive uscire costeranno 10,99 euro. Potevano fare cinque, otto e undici e saremmo stati tutti più contenti. Per maggiori informazioni, si può cliccare qui. In fondo, inserisco il video promozionale dell'iniziativa.

Vale la pena fare la collezione? Ognuno valuterà per sè, ovviamente. Personalmente, non potei perdere per niente al mondo le statuette dello Spirito con la Scure e quella del suo fido pancione, però capisco che si tratti di uno sfizio, di un gioco, di un trastullo. Del resto, come sanno i frequentatori dei forum dedicati all'eroe di Darkwood, c'è una incredibile richiesta di gadget zagoriani, tanto che su eBay fiorisce un floridissimo commercio di oggetti del passato (come il portachiavi del referendum Bonelli, o i ricercatissimi "calcarelli") e del presente (poster, cartoline, magliette, realizzate in occasioni di mostre e raduni). Immagino che non mi farò mancare neppure le statutette di Zora, Miele e Valentina. E certo, se perdessi quella di Dampyr, Mauro Boselli mi toglierebbe il saluto. Da magnusiano della prima ora, mai e poi mai mi priverò dello Sconosciuto, e visto tutto quello che ho scritto su Tex, come rinunciare ad Aquila della Notte e Kit Carson? Ma, a pensarci bene, io ho scritto anche diverse storie del Comandante Mark, e il Grande Blek era uno dei miei eroi da bambino. Una volta acquistate tutte queste statuette, però, accidenti, me ne mancheranno poche per avere la serie completa. E allora, che fare? Ci penserò. Ma se ho cominciato la mia carriera scrivendo le storie di "Battista il Collezionista" ci sarà pure un motivo. Il morbo del collezionismo, ahimè, rovina più gente del videopoker (in realtà, no: anzi, non di rado è una forma di investimento, ma del resto anche a poker si può vincere - argomento, questo, di cui potremo tornare a parlare).
Rispetto alle statuette del "Mondo di Tex" della Hachette, la collana della Hobby & Work ha il pregio di proporre oggetti in metallo (dunque più resistenti, rispetto alla fragilità degli altri) e meno ingombranti. Attenzione, però: prima dell'estate la Hobby & Work ha fatto un test un alcune città italiane, distribuendo in edicola alcune copie-campione del prodotto, tra cui anche quelle di Zagor. Ebbene: la statuetta del test è diversa da quella dell'edizione definitiva. Immagino che i fortunati possessori di un pezzo della prima tiratura abbiamo fatto un buon affare. Quanto alla qualità dell'opera e alla finezza della lavorazione, il prodotto non offre nulla di più di quanto il prezzo lasci intuire. E' chiaro che chi pretendesse delle sculture di qualità non dovrebbe cercarle in edicola.

Per rifarvi gli occhi, potete andare a visitare il sito di Infinitestatue, una azienda benemerita che un anno fa ha iniziato a distribuire una Limited Edition di una scultura di Zagor, di grande formato, tirata in 361 esemplari, al prezzo di 165 euro. L'oggetto è decisamente di maggior pregio, come dimostra la foto in alto accanto al titolo. Io mi sono preso una copia di questa edizione (avrei dovuto pagarla, ma poi me l'ha regalata Sergio Bonelli, che ringrazio di cuore), mentre ho rinunciato alla Ultra Limited Edition, in bronzo, solo 61 esemplari, al prezzo di 399 euro (quieta qui a sinistra), confezionata in una cassa di legno (nella foto più sotto).

Grazie al consueto entusiasmo degli zagoriani, la statua Limited è in esaurimento (è scritto sul sito, dove si invitano i ritardatari ad affrettarsi) e il titolare mi ha detto di stare pensando di accoppiare alla prima una seconda scultura dedicata a Cico. 165 euro sono tanti, sono pochi? Chissà, io non mi permetto di contestare a nessuno il diritto di spendere soldi in costosissimi videogiochi o telefonini, dunque meno che mai farò i conti in tasca a chi li investe in una statua da rimirare tutte le sere sullo scaffale di fronte al letto.


Ho citato poco sopra le statutette della Hachette della serie "Il mondo di Tex". Si tratta di una collana di quaranta uscite distribuita in edicola tra il 2005 e il 2007, a cui anch'io ho collaborato, scrivendo con Graziano Frediani i testi dei fascicoli allegati (destinati a venire rilegati in un libro).
Anche in questi caso esistono varianti dei primi quattro personaggi che furono distribuiti come test in alcune città italiane. Per saperne di più cliccate qui. Se ne parla infatti nel sito "Collezioneggio", da cui sono tratte le due foto delle statue Hachette che vedete più sotto.
Dato che il numero due è così importante, allego di seguito (per la curiosità di qualcuno) un esempio delle quaranta schede che ho scritto all'epoca, e ovviamente ho scelto quella della seconda uscita, dedicata a Kit Carson (la prima, ovviamente, era appannaggio di Tex).


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KIT CARSON
di Moreno Burattini

Il primo incontro fra Tex e Kit Carson? Una rapida stretta di mano nella terza avventura della serie, e arrivederci a presto. Per quanto breve, è l'incontro che segna il passaggio di Willer nelle fila dei Rangers, e la sua trasformazione da preda in cacciatore, visto che fino a quel momento lo avevamo conosciuto come ricercato, sia pure braccato ingiustamente dalla Legge. Tex, però, aveva aiutato il ranger Jeff contro El Diablo, un possidente messicano messosi alla testa di un esercito personale, e si era guadagnato così la stima di Herbert Marshal, capo dei Texas Rangers, e di Kit Carson, appunto, uno dei suoi uomini migliori. Proprio Carson propone a Tex l'arruolamento. Come prima missione, deve castigare Bill Mohican, un bieco rapitore di fanciulle. Per questo il futuro Aquila della Notte non ha tempo per approfondire la conoscenza con Carson. L'amicizia, incrollabile e virile, nascerà in seguito: adesso c'è una ragazza da salvare!

Capelli d'Argento

Solo dopo qualche tempo il primo fugace incontro, Tex e Carson si ritrovano per vivere insieme la prima di una lunghissima serie di avventure. Carson non è ancora il "vecchio cammello" che impareremo a conoscere: per il momento i capelli, la barba e il pizzo del nostro sono di colore corvino, e il volto ha tratti giovanili. Un primo indizio delle future, e divertentissime, scaramucce verbali fra i due pard si ha sul finire dell'episodio, quando Tex chiama Carson "vecchio bacucco". In seguito, solo dopo la nascita e la crescita di Kit Willer, Carson vedrà imbiancare la chioma e il pizzetto, e si guadagnerà il nome indiano di "Capelli d'Argento".

Il vero e il falso

Gianluigi Bonelli trasse il nome del personaggio da una figura storica: uno scout dell'esercito, che ebbe effettivamente a che fare con i Navajo (ma come avversario), appunto Kit Carson, passato dalla realtà del West alla leggenda del western, su cui sono stati ricamati decine di romanzi, racconti e dime novels. Tuttavia, nessun collegamento è possibile tra il Carson della saga di Tex e quello della storia, al di là del nome, appunto, e del fatto che sono entrambi eroi dell'epopea del Lontano Ovest.


Attenti a quei due

L'accoppiata tra Aquila della Notte e Capelli d'Argento, la più frequente all'interno della serie (non tutte le volte i pards agiscono tutti e quattro insieme, ma Carson è quasi sempre a fianco di Tex), è una tra le più riuscite nella storia del fumetto, e sicuramente uno dei motivi del successo delle avventure texiane. Per quanto estremamente in gamba, al punto da essere indubbiamente anch'egli un eroe a tutto tondo, Carson rappresenta in qualche modo il referente del lettore all'interno del racconto e nei confronti del protagonista, che resta comunque Tex: è al vecchio amico che Aquila della Notte spiega i suoi piani e illustra le sue ipotesi, così che il lettore ne sia informato, e così come verrebbe di fare a chi legge, Carson sbotta ritenendo pazzie gli audaci progetti dell'amico - ma poi è ben lieto di seguirlo in azione. Abile e coraggioso al punto da essere senza dubbio anch'egli un eroe a tutto tondo, Capelli d'Argento non ruba mai la scena a Tex, che resta comunque, indiscutibilmente, il protagonista, come capita a Yanez con Sandokan. Aquila della Notte riconosce al vecchio amico la saggezza e l'esperienza maturate con l'età e le missioni compiute, e Capelli d'Argento, dal canto suo, sa che Tex vince sempre le scommesse con il destino anche quando puntano tutto su piani così audaci da sembrare degli azzardi. Perciò, dopo aver fatto qualche richiamo al buon senso, anche Carson si getta nella mischia seguendo il pard in azione, oltre ogni ostacolo.

Una donna nel passato

Eterno brontolone ma nello stesso tempo gran simpaticone, non insensibile al fascino femminile, amante delle buona tavola e delle bistecche alte due dita sepolte sotto una montagna di patatine fritte, Carson ha un passato che ci è stato rivelato da un lungo racconto di Mauro Boselli e Carlo Raffaele Marcello sui numeri 407, 408 e 409 della serie. Vi si racconta, in flashback, che intorno al 1850 di un Kit Carson trentenne con una lunga giacca di pelle scamosciata, già famoso come pistolero e come ranger, che tra una missione e l'altra corteggiava nei saloon del West le belle ragazze che gli capitavano a tiro. All'epoca Tex Willer non aveva più di quindici anni. Nel corso di una delle sue imprese, Kit conosce Lena, moglie dello sceriffo di Bannock, Ray Clemmons, insospettabile capo di una organizzazione criminale nota come la "Banda degli Innocenti". Anni dopo, nell'avventura "Il passato di Carson", scritta da Mauro Boselli, Lena torna in scena con una figlia, Donna. Lo sceneggiatore - con maliziosa abilità narrativa - lascia sospettare al lettore che il vero padre di Donna potrebbe essere Carson. Anni prima, nel flashback, avevamo visto Lena offrire a Kit di passare la notte sotto il suo stesso tetto e Carson aveva accettato. Forse proprio in quell'occasione diventando padre, a sua insaputa. Certo, quelli di Lena, sono solo ammiccamenti, sottintesi, doppi sensi, mezze parole, ma... E per uno gioco del destino, un quarto di secolo dopo, Donna si innamora dell'altro Kit, figlio di Willer.















sabato 28 agosto 2010

SO MANY BOOKS

Sono rientrato da una settimana di vacanze all'estero con una paginetta di appunti su vari argomenti di cui trattare su questo blog nei prossimi giorni, settimane o mesi. Ieri, però, non avendo il tempo di scrivere di più, mi sono limitato a un post di una decina di righe, con un testo buttato giù giusto per far capire che ero tornato e invogliare chi si fosse allontanato a controllare gli aggiornamenti previsti per i dì a venire. Ho scritto perciò un rapido pensiero, intitolato "The final countdown" , in cui mi limitavo a fare il conto di quanti libri avrò letto quando farò il bilancio della mia vita steso sul letto di morte (se avrò in sorte di morire novantenne con la testa appoggiata su un cuscino).
Il prevedibile totale, ottenuto moltiplicando ottanta anni di letture per cento libri l'anno, è di ottomila titoli. Essendo già nel mezzo del cammin di nostra vita, posso ipotizzare di averne dunque letti quattromila e di averne altrettanti da leggere. Da qui l'urgenza di scegliere bene i titoli, perché insomma bisogna pur chiedersi se sia meglio trascurare Balzac o Federico Moccia, o se Faletti possa sostituire Stephen King. Sarebbe interessante discutere anche delle scelte che si impongono, ma per il momento limitiamoci a parlare del numero di libri che si leggono in una vita, in un anno o in un mese. La quantità che ho indicato riportando la mia esperienza è di due libri a settimana.
So little time, so many books: così poco tempo, così tanti libri.
Adriano Sofri, una volta, in un suo articolo, aveva contato quanti cani un uomo può avere nella sua vita (sostituendo con un cucciolo nuovo il precedente appena morto) ed era arrivato alla conclusione di stare accudendo, all'epoca, il suo penultimo cane.
L'argomento, con mia grande sorpresa, ha suscitato diversi commenti.
Un amico mi ha risposto: "Ho fatto un po' di calcoli molto sommari. Calcolando un libro in media di 400 pagine dove si impiegano due minuti per pagina ci vogliono 13 ore e mezzo per leggerlo interamente. Due libri sono quasi 27 ore alla settimana, cioè quasi quattro ore al giorno di lettura.Considerando la giornata di 24 ore, un minimo di 5 per dormire, almeno di 10 di lavoro fra redazione e ideazione/scrittura di fumetti... non vedo come sia possibile leggere tanto. Non consideriamo poi un minimo di vita sociale, mangiare e altre funzioni vitali...".
Un altro, Pierangelo, scrive: "Complimenti, però deve spiegarmi il suo trucco: io tra la mia ragazza che richiede continue attenzioni, gli studi, mi fermo alla miserrima cifra di due libri al mese (e dopo aver letto il suo post me ne vergogno un po'!), e di passione per la lettura ne ho comunque tanta... quindi: per favore, mi sveli il suo segreto!".
Confesso che anch'io vorrei tanto conoscere il segreto di tanti altri straordinari lettori di mia conoscenza. Mauro Boselli, per esempio, riesce a leggere un libro ogni sera, e in lingua originale se sono in inglese, francese o spagnolo. Luca Crovi, un mio collega in Bonelli che si occupa degli Almanacchi, è un critico letterario esperto in letteratura gialla e conduce un programma su Radio Due: legge praticamente tutti i gialli che escono in Italia e molti di quelli che escono all'estero. Conosco Giuseppe Lippi, direttore di Urania, che sembra aver letto tutta la fantascienza del mondo. Ascoltando Loredana Lipperini su Radio Tre, nel suo programma dedicato ai libri ("Fahrenheit"), sembra che lei legga tutto ciò che s pubblica, e la stessa impressione ho ascoltando, per esempio, Daria Bignardi.
Dunque, di fronte a questi mostri divoratori di libri, che cosa sono mai i miei otto/nove libri al mese? In generale, ho sempre l'impressione che i miei colleghi leggano molto più di me. Per fortuna, non c'è una gara.
Però, ci sono alcune cose da dire. Leggere è un piacere e dunque ognuno deve farlo come, quando e quanto gli piace. I famosi dieci diritti del lettore elencati da Daniel Pennac nel suo saggio "Come un romanzo" stabiliscono fra l'altro che è lecito non leggere, saltare le pagine, non finire il libro, spizzicare, e fruire di qualunque cosa (anche di Moccia, dunque).
Nessuno può obbligare me o voi a leggere più di quello che ci riesce o di cui abbiamo voglia, neppure l'invidia verso chi legge più di noi. Io, però, oltre ai diritti che hanno tutti, ho dei doveri che molti non hanno. Sono obblighi dettati dalla deontologia professionale: quello di documentarmi, quello di informarmi, quello di confrontarmi con gli altri scrittori, quello di sapere che cosa legge la gente. Il dovere di documentarsi è fondamentale se si scrivono delle storie ambientate in luoghi geograficamente identificabili e in epoche storiche più o meno ben definite. E, aggiungo, più si legge più vengono idee: dunque, anche se non mi piacesse farlo, dovrei leggere ugualmente così come un atleta deve allenarsi anche se non ne ha voglia, in vista di un impegno agonistico. La mia gara è quotidiana, e consiste nello scrivere sceneggiature.
Ciò detto, ci sono, in effetti, dei trucchi per leggere di più. Non vi parlerò delle tecniche di lettura veloce, che vengono insegnate in appositi corsi o spiegate in appositi libri (ne ho sfogliato uno, una volta, ma non sono mai riuscito ad applicarne le regole), tuttavia è chiaro che più si legge più ci si allena a leggere velocemente. Tutto si fa più velocemente se si è abituati. Io riesco a scrivere una pagina in un decimo del tempo che impiegherebbe, per esempio, il mio figlio quindicenne: lui però è velocissimo con i videogiochi. Chi legge poco, legge piano. Io scorro con gli occhi sulle righe e afferro al volo i concetti: non è che sono più intelligente, sono più allenato.
Anni fa, tornando a Firenze da Milano, comprai in stazione il bel romanzo di fabtascienza "Garibaldi a Gettysburg", di Pierfrancesco Prosperi (in passato, sceneggiatore di Martin Mystére). Iniziai a leggerlo, ne rimasi affascinato, chiusi l'ultima pagina dopo tre ore di viaggio, quando già stavamo per arrivare a Santa Maria Novella. C'era una ragazza accanto a me, che vedendomi rimettere il libro nella borsa mi chiese: "Mi scusi, ma davvero l'ha letto tutto?". Sì, effettivamente l'avevo letto tutto e avrei saputo fargliene il riassunto. Ma è soltanto questione di allenamento. E' chiaro che, comunque, bisogna trovare un po' di spazio da dedicare alla lettura: se qualcuno sceglie di trascorrere l'intera serata chattando su Facebook o giocando alla playstation, non può lamentarsi di "non avere tempo per leggere".
Questo mi porta a spiegare il secondo trucco: portarsi sempre un libro dietro per leggere dovunque. Se voi avete un libro con voi, potete non solo leggere in treno, ma approfittare della coda alla Posta o dal dottore. Io leggo in metropolitana e in autobus nel tragitto fra casa e l'ufficio. Potrà sembrare incredibile, ma venti minuti all'andata e venti al ritorno, moltiplicati per i giorni di lavoro fanno un sacco di tempo da dedicare alla lettura. Il terzo trucco è leggere più libri contemporaneamente. Il libro da portarsi dietro dovrà essere un'edizione tascabile, a casa sul comodino verranno invece appoggiati i libri cartonati più pesanti. Io tengo un libro anche in bagno, ovviamente, e lo scelgo con capitoletti brevi. In questo momento sto leggendo, con grande ritardo rispetto alla data di uscita, "La bustina di minerva" di Umberto Eco. Dunque, sommando il libro da passeggio, il libro da comodino e il libro da bagno già siamo a tre titoli che si possono seguire in contemporanea. Personalmente, ne aggiungo altri perché ogni sera leggo magari alcuni capitoli di due libri diversi (uno per piacere, uno per dovere) oppure li leggo a giorni alterni. Se poi compro un libro appena uscito che mi piace troppo per aspettare a leggerlo, interrompo tutte le altre letture e do la precedenza a quello.
Quarto trucco: gli audiolibri. E' strano come siano sottovalutati. Io guido ogni settimana tra Milano e la Toscana e viceversa, e poi mi sposto spessi fra la Versilia e Firenze. Diciamo che trascorro circa dieci ore alla guida ogni sette giorni. Regolarmente inserisco il mio bravo CD nel lettore o ascolto l'iPod in cui o gli stessi autori o dei bravi attori mi leggono un romanzo. Di solito, la pagina scritta ci guadagna nell'essere letta da qualcuno che sa recitarla bene. Ho trovato straordinaria la lettura dello stesso Camilleri del suo recente romanzo "Il nipote del negus", ma anche Sandro Veronesi o Andrea Vitali sono ottimi interpreti dei loro testi. In altri casi, degli attori strepitosi danno voce a grandi storie che non perdono niente del loro valore letterario se fruite ascoltando invece che leggendo. Peraltro, se compro un audiolibro, compro quasi sempre anche il corrispondente cartaceo. Infine: non tutti i libri sono di quattrocento pagine. Se è vero che in primavera ho letto le 750 pagine di "Questa creatura delle tenebre" di Harry Thompson (la biografia romanzata di Robert FitzRoy, il comandante del Beagle), di recente ho divorato in mezz'ora il libro-intervista di Sabelli Fioretti a Piergiorgio Odifreddi (130 pagine di domande e risposte), in un'ora l'autobiografia di Bud Spencer (poco di più) e in due ore "Il pretino" di Claudio Nizzi (160 pagine). Tutte letture molto agili. E' chiaro che "L'anima e il suo destino" di Vito Mancuso mi obbliga a più concentrazione e mi occupa più tempo. Naturalmente, oltre a leggere libri leggo anche fumetti. La carta che mi circonda sta cominciando ad assumere una mole spaventosa. Guardo con terrore la tavoletta dell'iPad pensando che un giorno, tutta potrebbe finire concentrata là dentro. Non sarebbe, temo, la stessa cosa.
PS - Due parole sulle foto. La prima mi mostra intento a leggere nell'albergo a Praga di cui è proprietario Giorgio Bonelli, fratello di Sergio. La seconda fa vedere le dimensioni di un bruco (o quel che è) confrontate con i miei occhiali da lettura: la stupefacente bestia strisciava a terra vicino a dove stavo leggendo questa estate sull'Appennino (rappresenta la lentezza della lettura, evidentemente). La terza mi immortala di fronte alla locandina (disegnata da Joevito Nuccio) della manifestazione "Leggere aiuta a crescere", svoltasi nel novembre 2008 a Ragusa.

venerdì 27 agosto 2010

THE FINAL COUNTDOWN

In media, due libri a settimana. Cento all'anno. Sono quelli che leggo io, da quando avevo dieci anni. Posso sperare (o temere) di vivere fino a novanta anni. Di conseguenza, quando morirò avrò letto ottomila libri. Angosciosamente pochi, pensando a quanti ce ne sono. Adesso sono a metà del guado. Ne ho letti quattromila e me ne rimangono altrettanti. Vago in libreria per scegliere quali. Conto i libri che mancano alla mia morte. E quelli che, esclusi per mancanza di tempo, mancheranno alla mia vita.

martedì 17 agosto 2010

PECORELLE SMARRITE

“Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”, dice Gesù nel Vangelo di Luca (per la precisione, e a beneficio dei più pignoli, nel capitolo 15). Insomma, si fa sempre festa per il ritorno all’ovile delle pecorelle smarrite.
Per questo, sono stato più soddisfatto per quel che ho letto sul blog di Chemako che per i tanti complimenti ricevuti dal Maxi Zagor “L’uomo nel mirino” sui forum dedicati allo Spirito con la Scure.
Credo che anche gli zagoriani di SCLS e ZTN saranno felici di queste parole: «Attraverso il suo divertente ed interessante blog, Moreno Burattini mi ha consigliato di leggere il Maxi Zagor attualmente in vendita nelle edicole, dal titolo "L'uomo nel mirino". Erano passati più di 20 anni da quando avevo acquistato il mio ultimo albo di Zagor: la scelta di non proseguire dipese allora da motivi economici. In quel periodo infatti ero uno squattrinato studente universitario e, fra tutti i fumetti che leggevo, dovetti fare delle scelte, ahimè dolorose, escludendo alcuni albi bonelliani, tra cui lo Spirito con la scure. E' da un po' che non sono più studente ( ahimè aggiungo...) e avrei potuto quindi ripermettermi Zagor, ma si sa... ci vuole un'occasione. E questa è arrivata, come dicevo, per mezzo del blog del curatore e sceneggiatore di Zagor stesso. Devo dire che dopo 20 anni ho ritrovato il signore di Darkwood come l'avevo lasciato: un eroe senza macchia e senza paura, che non si abbassa a compromessi, che non si tira indietro di fronte alle angherie (come afferma lui stesso nella storia). Direi che ho trovato anche qualcosa in più, che non mi aspettavo e che mi ha fatto piacere, ovvero la citazione di un incontro avvenuto in una storia precedente fra lo spirito con la scure e niente popodimeno che Alexis de Tocqueville.»
Alessandro (questo il vero nome di Chemako) ripercorre poi la trama della storia e sottolinea anche l’incontro fra Zagor e il presidente Jackson (quello sulla banconota da venti dollari qua a fianco). «Mi piace quando un protagonista di fantasia di un fumetto si incontra con personaggi storici – aggiunge - perché viene data una certa veridicità al protagonista stesso e alle sue avventure: l'incontro contribuisce a renderlo reale, quasi vivo. Se poi il presidente (ex generale) non ci fa una bella figura, gongolo ancora di più. Infatti lo stesso uomo politico ricorda un fatto precedente quando Zagor, invitato alla Casa Bianca, aggredì il padrone di casa perché si era reso responsabile della deportazione dei Cherokee (storia raccontata in un altro Maxi “La lunga marcia”). Il presidente continua poi nella sua parte “andreottiana” quando, pur di imbrigliare lo spirito con la scure gli offre un posto al dipartimento degli affari indiani, sdegnosamente rifiutato dal nostro eroe che impartisce al politico di Washington una lezione su che cosa significa essere leale ai propri principi, senza scendere a vili compromessi».
Ora, a parte gli scherzi sulle pecorelle smarrite (come scrivo negli Aforism My, io sono fuggito dal gregge) ringrazio Alessandro e gli faccio i miei complimenti per il suo spazio in rete che è davvero bello da seguire per chiunque ami i fumetti. L'illustrazione di Ivo Milazzo in apertura è tratta proprio dal suo blog. Certo, sarebbe bello se tutti i lettori di venti, trenta, quaranta anni fa tornassero a leggere Zagor, ma è vero che ogni aficionados di oggi ne vale cinque del passato. Ricordo comunque che de “L’uomo nel mirino” avevo già parlato qui .

A questo punto, non posso fare a meno di segnalare qualche altro blog in cui si è citato “Freddo cane in questa palude”. Uno fra i primi ad averlo fatto è stato Stefano Piani, nel suo “Ad un tratto echeggiò uno sparo”, titolo che ben si intona, sia per la frase che per l’immagine scelta a rappresentarla, al vulcanico sceneggiatore di tanti Nick Raider e oggi affermato screenplayer televisivo e cinematografico: addirittura, sarà lui a firmare il copione del prossimo film di Dario Argento.
Così scrive Stefano: «Conosco poco Moreno Burattini: ci siamo incrociati qualche volta quando lavoravo alla "Sergio Bonelli Editore" e abbiamo scambiato giusto qualche parola, ma lo apprezzo moltissimo sia come sceneggiatore che come studioso di fumetti. Confesso che è per le sue note e i suoi commenti - dato che possiedo già gli albi originali - che sto comprando in edicola la serie di "Alan Ford Story". Di recente Moreno ha aperto un blog che promette di essere molto interessante. Si chiama "Freddo cane in questa palude", titolo davvero notevole e azzeccato. A voi lettori non dico altro: so che vi divertirete a seguirlo. A Moreno auguro un sincero benvenuto nella blogosfera». Grazie, Stefano!

A seguire, ho scoperto la segnalazione di Patrizia Mandanici, che interviene spesso nei commenti ai miei post (grazie!), e che a sua volta gestisce uno spazio assolutamente gradevole intitolato “La fumettista curiosa”.
Scrive la disegnatice: «Gli appassionati di Zagor conosceranno bene Moreno Burattini, curatore della testata, sceneggiatore di numerosissime storie, ma oltre a lavorare in Bonelli è curatore di mostre, autore teatrale, critico, e non so cos'altro. Ora parte delle sue conoscenze dietro le quinte del mondo del fumetto le dividerà coi lettori del suo blog che consiglio caldamente». Di Patrizia, il cui lavoro seguo dai tempi di Agenzia Scacciamostri e Ossian, e che incontro di tanto in tanto in Bonelli (e mi sorride sempre), posso rivelare una curiosità zagoriana: c’è anche il suo zampino in un angolino della saga dello Spirito con la Scure.
Infatti, alcuni anni fa, quando stava per uscire una storia “fantascientifica” scritta da me e disegnata da Sandro Chiarolla, intitolata “Minaccia aliena”, ci fu la necessità di aggiustare un paio di tavole in cui compariva un’astronave in decollo. Non c’era assolutamente il tempo perché il disegnatore (che abita a Rieti) potesse intervenire personalmente, e dunque, con il suo permesso, chiesi a Patrizia di lavorare un pomeriggio in redazione sotto la mia supervisione, per sistemare alcune spettacolari inquadrature. Il lavoro venne eseguito alla perfezione e riuscimmo a rispettare le scadenze di uscita (queste lotte contro il tempo sono, comunque, abbastanza frequenti avendo a che fare con fumetti seriali).
La Legs che vedete poco sopra è opera sua, mentre qui accanto c'è la copertina di Gallieno Ferri dell'albo di Zagor a cui l'autrice ha collaborato nelle ultime pagine. Peraltro, è una storia a cui sono molto affezionato perché parte, secondo me, da una buona idea e alla fine c'è la più terribile punizione per il "cattivo" della storia che io abbia mai concepito (a dimostrazione di come non io non sia la pasta d'uomo che sembro).


Ho citato Agenzia Scacciamostri, una serie scritta da Marcello Toninelli. Anche Marcello ha un su blog, “Io e Dante” e proprio lì ho trovato questa notizia, che in qualche modo mi riguarda (dato che si cita anche il mio nome).

Scrive Marcello: «ZigZagor ha attirato l'attenzione dell'editore turco Emre Senses che ha deciso di proporlo nel suo paese col marchio della 1001 Roman, casa editrice specializzata in fumetti e saggi fumettistici. In Turchia Zagor è un personaggio di successo, tale da giustificare anche la pubblicazione della mia piccola rilettura umoristica. Emre, visionando il materiale che gli ho mandato per la pubblicazione, ha optato per la copertina che avevo disegnato inizialmente (potete vederla qui sopra). Sono curioso di visionare anche l'interno della pubblicazione, che riceverò direttamente dalle mani di Emre fra qualche mese quando sarò ospite della Fiera del Libro di Istanbul insieme ad altri autori italici del calibro di Laura Scarpa, Moreno Burattini e Tito Faraci. E, se ci sarà il tempo, mi farò anche spiegare come gli amici turchi siano riusciti a tradurre i miei giochi di parole e le battute più legate alla realtà culturale italiana, compito sicuramente non facile!»
Avevo già accennato alla trasferta in Turchia, che coinvolgerà anche Graziano Romani, in un mio precedente post.

A proposito di amici fumettisti, ecco che cosa scrive Mirko Perniola (sceneggiatore di Zagor, Martin Mystere e Nathan Never) nel suo blog “Artigiani delle Nuvole”. «Moreno Burattini, uno “dei miei capi bonelliani”, curatore di Zagor... ha aperto un Blog! E lo scrivo con meraviglia, la stessa che ho avuto quando lui in redazione, me lo ha mostrato orgoglioso e gongolante. Perché meraviglia? Sia che si abbia un motivo per aprirlo, o no, tutti oggi hanno un blog! Beh, la mia meraviglia nasce dal fatto che, in quasi cinque anni di collaborazione con Moreno, una cosa, tra me e lui, era assodata: Moreno ha un DNA anti-informatico! Tra le sue mani, qualunque oggetto sia lontanamente imparentato con un computer, impazzisce, operando misteriosamente e con risultati diametralmente opposti alle necessità burattiniane! Il risultato era che, ogni settimana, venivo subissato di richieste d’aiuto per riattare macchine che con me (e penso anche con chiunque altro) riprendevano a funzionare perfettamente!Più di una volta ho pensato di aver rischiato il licenziamento solo per aver esordito con un: “ma guarda che qui non c’è nulla che non vada, funziona tutto alla perfezione!” ». Ahimè, delle mie difficoltà con la tecnologia avevo parlato proprio in uno dei post di apertura di questo blog, intitolato “Gremlins” , ma caro Mirko, se c’è un VERO motivo per cui rischi il licenziamento è per l’orrenda foto che hai messo a corredo del tuo articolo! Te ne sei scelta una in cui compari tutto bellino e tirato a lucido, e io invece sembro essere appena stato travolto da un’auto.
Provvedi a cambiarla subito con una di queste da strafigo che metto a lato! Hai tempo fino al 30 agosto.

Già, perché sto per partire per una breve vacanza all’estero, durante la quale mi guarderò bene dall’avvicinarmi a computer e schermi televisivi in genere! Dunque, abbraccio tutti i miei ventitre lettori (venticinque diceva di averne Manzoni, di ventiquattro si accontentava Guareschi): l’appuntamento è per il primo di settembre, giorno più, giorno meno.

lunedì 16 agosto 2010

CERCHI NEL GRANO



Ieri mi trovavo sulle montagne pistoiesi per fare, come ogni anno, da speaker e da intrattenitore durante i festeggiamenti ferragostani organizzati nel mio paese natale. Come al solito, sono stato con il microfono in mano per quasi tutto il giorno e ho avuto modo di conoscere anche una lettrice di Zagor donna e della mia stessa età, Cinzia, che saluto, a dimostrazione del fatto che qualche mutazione genetica può dar vita a forme devianti della specie mulier fumettorum odiatrix.

Approfittando della pausa pranzo, però, mi sono messo a leggere il nuovo numero de “Le Scienze”, quello datato Agosto 2010, con il copertina il titolo “12 eventi che cambieranno il mondo”. Lettura che ovviamente consiglio anche perché la rivista non è più pesante e accademica come era anni fa. Benché sempre seria e attendibile, oggi è accattivante e ben illustrata senza scadere ai livelli dell'intollerabile “Focus”.
Bene, fin dal sommario l’occhio mi cade sull’argomento della rubrica “Prospettive” di Telmo Pievani. Il titolo del pezzo è: “UFO, cerchi nel grano e altri incubi”. L’articolista, in modo brillante, se la prende con Roberto Giacobbo e i programmi tipo “Voyager”, ma anche con una delle tracce della maturità di quest’anno, dove si leggevano, quali spunti di riflessione, perle del tipo “la verità è che non possiamo spiegare tutto con la razionalità” e “logica e metodo scientifico non sembrano efficaci”. Condivido quasi tutto quello che scrive Pievani, il quale però non si sofferma in particolare sul presunto mistero dei cerchi nel grano, imitandosi a inserirlo nel “decalogo delle bufale” proposte dalla TV in cerca di audience.

Ora, a me capita spesso di parlare, in seguito alle letture che faccio un po’ per piacere un po’ per dovere professionale, di misteri quali le profezie, l’astrologia, lo spiritismo, la reincarnazione, i fenomeni paranormali, i miracoli, o di quella incredibile ultima moda che consisterebbe nel “chiedere all’universo” qualunque cosa, anche il posto per il parcheggio, nella certezza di venire accontentati. Di solito, dopo aver espresso il mio parere, mi si rimprovera di essere scettico a priori. In realtà, non è così. Il mio atteggiamento è quello di uno disposto a credere qualunque cosa, purché sostenuta da argomenti convincenti. Chiedo, per esempio, che il mio interlocutore risponda semplicemente a qualche domanda che mi sorge spontanea e che, credo, sorgerebbe spontanea in chiunque. Quasi sempre, però, mi accorgo che chi ho davanti non sa rispondere in modo congruo. Dunque, non nego che possa aver ragione: mi limito a sospendere il giudizio in attesa di fonti più attendibili in grado di soddisfare la mia curiosità.
Per fare un esempio, di recente ho visto in TV la testimonianza di una miracolata di Lourdes. Dopo aver ascoltato il suo racconto, mi sarei aspettato che la conduttrice del programma facesse alla fortunata le due o tre domande che a me subito erano venute in mente: niente da fare. Applausi per la signora che ha avuto la grazia, e nessun supplemento di indagine. Che fare? Mai mi permetterei di mettere in dubbio la possibilità di un evento miracoloso, ma non posso dire di essere stato convinto da ciò che ho sentito: sospendo il giudizio in attesa delle risposte mancanti. Non sono scettico a priori: cerco solo di capire, non essendo, per indole, disposto a credere a bocca aperta. Questo, ahimé, dai tempi della feroce delusione ricevuta scoprendo che Babbo Natale non esisteva.
Se mi avete seguito fino a questo punto, forse vi incuriosirà sapere che cosa penso dei cerchi nel grano. Do per scontato che tutti sappiate di che cosa si tratta. Le foto qui accanto sono, del resto, eloquenti. In ogni caso, questo è un sito dove potete trovare le spiegazioni che vanno per la maggiore e che consistono nell’attribuire il fenomeno agli extraterrestri o comunque a cause esoteriche. Questo invece è un articolo di Massimo Polidoro, che spiega i cerchi in modo diverso .

Per quanto mi riguarda, mi limiterò a fare delle considerazioni da uomo della strada, cioè quelle che farebbe chiunque 1) non abbia mai fatto un sopralluogo sui campi di grano in cui sono stati tracciati i disegni, né eseguito personalmente alcuna analisi scientifica; 2) sappia soltanto, attraverso i mezzi di informazione, che le ipotesi “mysteriose” e quelle “scettiche” si confrontano senza che i fautori dell’una e dell’altra si convincano a vicenda (dunque non ci sono extraterrestri che reclamino pubblicamente la paternità dei disegni e d’altra parte le spiegazioni degli scettici non sembrano accettabili dagli altri).

Mettiamo il caso che davanti a casa mia ci sia un grande muro bianco, magari quello che sostiene il terrapieno di una ferrovia o di un raccordo autostradale. Una mattina mi sveglio e lo trovo dipinto con un bellissimo murale. Quali spiegazioni posso dare, sulla scorta della comune esperienza e della normale razionalità? L’ipotesi più probabile è che durante la notte alcuni graffitari, armati di bombole spray, abbiano tracciato quei disegni. Mettiamo adesso il caso che, sempre davanti a casa mia, ci sia invece un grande campo di grano. Una mattina mi sveglio e ci trovo delle figure ottenute abbattendo le spighe. Quali spiegazioni posso dare? Beh, se me lo avessero chiesto prima che la faccenda dei cerchi diventasse un caso, avrei risposto (come, immagino, tutti): quelle figure le hanno tracciate degli artisti perditempo in cerca di svaghi insoliti. Non mi sarebbe venuta in mente l’ipotesi di pensare agli UFO, né in un caso, né nell’altro.

Mi chiedo che cosa possa far supporre che a degli extraterrestri, dopo un viaggio di cento milioni di anni luce, venga voglia di mettersi a fare dei disegni nel campo di un contadino, peraltro scassandogli i maroni. Mi si dirà: la logica degli alieni è, appunto, aliena. Va bene, ma allora posso pensare che siano loro a fare anche i graffiti sui muri della città. Magari sono alieni artisti.Sia ben chiaro che io non voglio negare a priori l’ipotesi che ci sia vita su altri pianeti. Anzi, su questo sono più che possibilista. Non voglio neppure negare l’eventualità che prima o poi avremo dei contatti con civiltà extraterrestri, né che questi contatti siano in realtà già avvenuti. Per carità, tutto può essere e fra tante cose strane questa sarebbe la meno strana di tutte.

Quello che mi lascia perplesso è che degli alieni in possesso di astronavi sofisticatissime e supertecnologiche (e dunque super intelligenti) vengano sulla Terra per disegnare sul grano. Vogliono lasciare dei messaggi? Potrebbero comparire in televisione. Oppure tracciare dei segni in Piazza San Pietro, davanti alla sede dell’ONU, sulla parete nord dell’Everest. Magari, con un piccolo sforzo, potrebbero scrivere in inglese. Ma perché scegliere dei campi di grano? Perché non quelli di cavoli o di fagioli? Non sarà che scelgono il grano perché è facile da abbattere (cioè per lo stesso motivo per cui potrebbero sceglierlo anche degli “artisti” terrestri armati di bastoni)? Ma se hanno le astronavi potrebbero abbattere anche delle foreste di sequoie. Dunque, la scelta è quanto meno sospetta. Poi, il grano non è certo una scelta ecumenica: le civiltà terrestri sono nate anche basandosi sul riso e sul mais. Perché favorire la cultura occidentale invece di quella orientale o centroamericana?
Questo ci porta anche a riflettere sulla collocazione geografica dei cerchi: sono quasi tutti in Inghilterra, come dimostra la foto qui sotto e come si legge in questo sito. Ora, perché degli alieni dovrebbero insistere soltanto nel disegnare nei dintorni di Londra? Non è più facile pensare che siano londinesi gli artisti che disegnano i cerchi, e che i campi sono quelli che più facilmente questi possono raggiungere in automobile? E’ chiaro che se dei “graffitari” del grano disegnano i primi cerchi e ne parlano i giornali, ecco che loro stessi o degli imitatori si divertiranno a proseguire il gioco, e magari si creeranno anche gruppi in competizione in varie altre parti del mondo. E’ sospetto anche il fatto che il fenomeno sia piuttosto recente (anni Ottanta), e coincida con lo sviluppo dell’arte murale metropolitana. Polidoro scrive: “Per un gruppo di artisti/burloni inglesi (vedi: http://www.circlemakers.org/) realizzare disegni nel grano è diventata addirittura una professione! Per questo motivo sono ingaggiati da aziende perché realizzino insoliti disegni al fine di pubblicizzare determinati prodotti”.

Un’altra professione è anche quella di pubblicare libri che raccolgano foto dei cerchi nel grano. Ne ho visti un paio, davvero affascinanti, e la prima domanda che mi sono fatto è: ma sono TUTTE foto vere o sono state modificate al computer? Anche ammettendo che siano tutte foto vere, è chiaro che agli autori dei libri conviene avere sempre nuove foto da scattare e dunque converrebbe anche commissionare disegni sempre freschi. Sospetta è anche l’estrema geometricità dei disegni, che sono quelli ottenibili su un foglio con il compasso o con i goniometri o gli accessori sagomati acquistabili in ogni negozio di belle arti o di forniture da ufficio. Un palo piantato in un punto e una corda tesa disegnano cerchi, ellissi, linee esattamente come quelle delle figure nel grano. Se gli artisti fossero alieni e disponessero di tecnologie evolutissime potrebbero convincerci disegnando figure davvero impossibili da realizzare manualmente.In conclusione, dato che è molto più probabile credere ai circlemaker di origine terrestre piuttosto che a alieni artisti (anche in considerazione delle cose ben più importanti che presumibilmente essi avrebbero da fare), non trovo abbastanza convincente la seconda ipotesi. Almeno, non più convincente che pensare ai folletti, ai fantasmi. Non è che non ci credo. Attendo che mi si convinca con qualche argomento più solido. Tutto qua.

sabato 14 agosto 2010

PSICOPATOLOGIA MULIEBRE

Non tutti sanno che una volta ho rischiato perfino di diventare direttore di "Fumo di China". Capitò quasi venti anni fa, in un momento in cui, se non ricordo male, un cambio di gestione rese necessario trovare al più presto qualcuno che sostituisse il precedente titolare della testata (mi pare che si trattasse di Marcello Toninelli, ma non vorrei sbagliare). Siccome ero un vecchio fanzinaro, collaboravo con illustri riviste fra cui "Il Fumetto" ed "Exploit Comics", facevo parte de gruppo dirigente di "Dime Press", avevo le mani in pasta dappertutto, ero sempre pronto a collaborare gratis e non dicevo mai di no, mi fu chiesto se me la sentivo di dirigere la storica rivista di critica, da me sempre seguita e amata. Tuttavia, nonostante l'invito mi lusingasse, avevo già avuto qualche sgradevole esperienza per il mio coinvolgimento in "Dime Press", quando alcuni colleghi mi avevano ritenuto responsabile delle recensioni non positive scritte da altri (in perfetta libertà) pubblicate sulla rivista, e si era cominciata a fare della dietrologia.

E' difficile per un autore commentare i lavori degli altri (qualunque cosa si dica, si può sempre pensare che lo si faccia per piaggeria, se se ne parla bene, o per invidia, se se ne parla male), percio ho costantemente cercato, oltre che di mostrarmi equilibrato, di fare lo storico del fumetto più che il critico delle ultime uscite. Immaginai che se avessi diretto "Fumo di China", non sarebbe stata credibile nessuna recensione che parlasse di fumetti bonelliani, essendo io un dipendente di Sergio Bonelli e uno fra i suoi più attivi collaboratori. Un giocatore in campo non può fare l'arbitro. Senza contare, poi, che l'impegno richiesto era troppo pesante, andandosi a sommare con tutto quello che già avevo da fare. Così, a malincuore, rifiutai l'invito. Proposi però una soluzione alternativa. Feci il nome di Francesco Manetti, uno dei co-fondatori di "Dime Press" e attivo collaboratore di "Comic Art".
Manetti venne investito (non da una macchina, ma dell'incarico), e come prima mossa da nuovo direttore mi commissionò una rubrica fissa che io pensai di accettare a patto che apparisse sotto pseudonimo e fosse umoristica. La intitolai "Can-can" e la firmai "Fratelli Barks", un gioco di parole così evidente che non sto a spiegarvelo.

Poi capitò l'imprevisto. Manetti fu direttore per un numero soltanto. Non ricordo perchè, ma ebbe da ridire sul meccanismo della collaborazione a distanza fra Bologna (dove si faceva "Fumo di China") e Firenze (dove abitava lui), in anni in cui Internet non era diffuso come oggi, e gettò la spugna. La mia rubrica non continuò. Oggi ho ritrovato il testo del primo pezzo, e ho scoperto che avevo trovato il modo di far capire comunque che ne ero io l'autore, citando qualcosa che avevo già scritto in precedenza sulla fanzine "Kamikaze" (in cui era invischiato anche Giuseppe Pollicelli), un articolo intitolato "Psicopatologia della odia-fumeti", dedicato alle compagne degli appassionati di comics (nella foto in basso un tipico esemplare), e che aveva avuto, all'epoca, un certo successo. Per "successo" intendo che qualcuno mi aveva scritto o telefonato per complimentarsi o per dirmi che era d'accordo ed era tutto vero, che alle mostre mercato mi fermavano per dirmi di essersi divertiti nel leggere quel pezzo, che il mio articolo era stato segnalato su altre riviste. Bene, proprio per commentare questo "successo", rifeci su "Fumo di China" la storia della "Psicopatologia" e aggiunsi altre postille al testo iniziale.
Incredibile ma vero, "Fumo di China" ricevette altre lettere di commenti sul mio scritto, e qualcuna fu anche pubblicata nella "posta" dei numeri successivi. Se siete curiosi, ecco qui di seguito il primo (e unico) pezzo di "Can Can". Ma prima, per consolarvi, potete anche dare un'occhiata a questa notizia in controtendenza .

PSICOPATOLOGIA DELLA ODIA-FUMETTI

Che gli uomini fra loro parlino di donne, lo sanno tutti. Che anche gli autori (uomini) di fumetti e curatori (uomini) di riviste specializzate, fra loro parlino ugualmente di donne, è una conseguenza quasi sillogistica. Ma che anche l'argomento che più ha tenuto banco negli ultimi mesi sulle più diffuse fanzine e riviste del settore sia stato quello delle donne, lascia un po' perplessi. Eppure è così: ha cominciato Moreno Burattini, sceneggiatore di Zagor e Lupo Alberto, che sulle pagine della fanzine "Kamikaze" ha pubblicato un articolo dal titolo "Psicopatologia della odia-fumetti". Che cosa sostiene l'esimio autore? Che le donne degli appassionati fumettofili si dividono in due sole categorie: quelle che odiano i fumetti, e quelle che li odiano ferocemente. Tertium non datur. Egli ipotizza pertanto l'esistenza di due distinte specie di donne, appartenenti al più ampio genere mulier (donna maritata) definibili con il nome scientifico di fumettorum odiatrix nel primo caso, e fumettorum odiatrix ferox nel secondo.
Non è ben chiaro perchè, dato l'odio verso i comics, le due specie di mulier si accoppino proprio con i fumettofili ma tant'è: del resto anche i due opposti poli della calamita si attraggano irresistibilmente.La tesi di Burattini, che essendo ormai sposato da alcuni anni con una mulier del genere risulta oltremodo attendibile, ha suscitato una incredibile quantità di reazioni. Autori di fumetti, fanzinari, semplici lettori si sono affrettati a fargli giungere (secondo quanto egli racconta) innumerevoli testimonianze personali che comproverebbero sembra ombra di dubbio la ferrea divisione in due classi del gineceo loro circostante.
L'articolo è diventato un caso nazionale, e l'attento Luca Boschi ha immediatamente provveduto a divulgare sulle pagine di "Totem Comic" un prezioso estratto che descrive l' etologia della fumettorum odiatrix, in modo che i fumettomani possano confrontarla con quella della propria compagna e portare eventualmente altre osservazioni per la stesura di una studio più completo ed esaustivo. Anche "Fumo di China" si affianca all'opera di divulgazione riportando fedelmente lo stesso brano, secondo il quale i comportamenti della mulier fumettorum odiatrix e della odiatrix ferox sarebbero riconducibili alla seguente fenomenologia essenziale:


1) Insofferenza per le spese in fumetti.

Le donne in questione, come tutte le appartenenti al più ampio genere mulier , hanno una eccezionale capacità di sperpero finanziario in centri di estetica, boutiques, profumerie, calzolerie, pelliccerie, sale da ballo eccetera. In luoghi del genere sono in grado di spendere in un tempo eccezionalmente breve somme di denaro di inusitata rilevanza. Ma se il partner della fumettorum odiatrix acquista un albo a fumetti, il pur minimo esborso gli viene rinfacciato vita natural durante.

2) Insofferenza per le visite alle mostre-mercato.


Le donne odia-fumetti, come tutte le appartenenti al più ampio genere mulier, costringono il partner a seguirle in estenuanti giri per i negozi con una frequenza bi- o tri-settimanale; lo obbligano a visitare con insostenibile assiduità la sterminata schiera del loro parentado, con reiterazione delle visite ai parenti più insopportabili; gli impongono la fruizione di film, spettacoli, conferenze e concerti a loro graditi senza alcuna considerazioni dei gusti del partner; lo trascinano in vacanza nei luoghi da loro selezionati; però se un paio di volte l'anno il partner chiede di essere seguito a una Mostra-Mercato del fumetto esse girano fra gli stand con aria da zombi, allucinate e sconvolte come se mancasse loro l'aria, ripetendo in continuazione: "andiamo via? andiamo via?andiamo via?".


3) Insofferenza verso lo spazio fisico occupato dai fumetti.

Le odia-fumetti, come tutte le appartenenti al genere mulier, richiedono uno spazio vitale del tutto spropositato rispetto alle loro reali esigenze. Occupano mobili e scaffali con cosmetici, spazzole, barattoli; riempiono armadi e scarpiere con uno smisurato numero di capi di abbigliamento e calzature. Però non tollerano che un minimo spazio della casa venga occupato dagli albi a fumetti. Solo dopo estenuanti trattative e costosissimi regali accettano di concedere al partner un microscopico sottoscala, un angolo della soffitta, un inaccessibile recesso del garage. Al di fuori di queste riserve vige il divieto assoluto di collocazione dei fumetti. E anche se in casa esistono ampie librerie e scaffalature, lì vengono collocati vasi da fiori e soprammobili ma non libri o fumetti.

4) Insofferenza verso le conversazioni riguardanti fumetti.

Le mulier in questione, come tutte le appartenenti al più ampio genere mulier, amano cicalecciare per tempi biblici con le altre mulier di loro conoscenza su argomenti per lo più futili e insulsi. Però, se nel frattempo il partner osa scambiare qualche parola con il partner fumettomane dell'altra odiatrix e se per caso queste parole cominciano a riguardare gli amati fumetti, subito le mulier si interrompono, guardano schifati i rispettivi partner sostenendo che non parlano d'altro che di fumetti, che sono insopportabili, che sono noiosi, che sono dei maniaci, che sono dei fissati, che non pensano ad altro, che... eccetera.

Qualcuno ha obiettato a Burattini l'esistenza di donne di fumettomani che tutto sommato non hanno poi troppo astio verso i fumetti e che anzi, in alcuni rarissimi casi, giungono addirittura a sfogliare distrattamente qualche albo. "Fumo di China" ha raggiunto telefonicamente lo sceneggiatore, chiedendogli se sia possibile ipotizzare l'esistenza di una terza specie, quella della mulier fumettorum tollerans. "Giammai - ha risposto scandalizzato l'illustre autore - la tollerans non è una specie esistente in natura, ma un prodotto di laboratorio. E' stata ottenuta addomesticando alcuni esemplari di odiatrix, quelli di odiatrix semplice, naturalmente, perchè le ferox risultano, ahimè, irrimediabilmente selvatiche".Questo, a tutt'oggi, lo stato dell'indagine. Se volete farci giungere i vostri contributi, saremo lieti di portarli ad arricchire la casistica.

venerdì 13 agosto 2010

LETTURE ESTIVE

Scusate il ritardo, ma ero in vacanza. Non vi ho avvisati perchè speravo di collegarmi anche dall'eremo in cui stavo per ritirarmi, ma poi le difficoltà logistiche nella connessione si sono rivelate tali da far rimandare l'aggiornamento del blog al momento del ritorno. Davvero di un ritiro spirituale si è trattato, dato che sono andato a trascorrere qualche giorno in un posto magnifico, fortunatamente al di fuori delle più gettonate migrazioni turistiche. Poca gente, clima rilassato, arte, storia, tanta natura, passeggiate lungo la via francigena nei pressi di uno dei più grandi centri culturali dell'Italia medievale, dove sorgeva uno dei più attivi scriptorium in cui gli amanuensi copiavano gli antichi codici. Il luogo lo vedete nella foto, potrebbe essere un gioco divertente cercare di individuarlo.
Naturalmente, ho lavorato un po' tutte le sere, portando avanti un libro per Little Nemo che uscirà, spero, in autunno e di cui avrò modo di parlare in seguito.
Altrettanto naturalmente, ho letto. Nove albi Bonelli, tre numeri di "Animals" (la rivista diretta da Laura Scarpa), un fascicolo de "Le Scienze" e un libro bellissimo ed entusiasmante, "K2, la montagna più pericolosa della Terra", di Ed Viesturs, edito da Corbaccio. Di questo libro, magari, torneremo a parlare. Adesso, vorrei dare qualche consiglio di lettura riguardo ai fumetti di cui vi ho accennato. Sono stati il n° 11 di Greystorm, il n° 10 e 11 di Jan Dix, il n° 598 di Tex, i n° 286 e 287 di Dylan Dog, il Dylan Dog Color Fest con la cover di Manara, il n° 4 di Cassidy, il n° 74 di Brendon. Tutte letture molto gradevoli e divertenti, devo dire, nessuna delusione, anzi. Però, una classifica di gradimento (del tutto personale) è stata inevitabile. La voglio sottoporre a chi fosse interessato a confrontarla con la sua.

Nonostante i disegni di Bruno Brindisi (uno degli illustratori bonelliani che io preferisco in assoluto, sicuramente nella mia personale top ten), il Dylan Dog "I nuovi barbari" è, fra le mie letture vacanziere, quella che mi ha lasciato più freddo, o forse, semplicemente perplesso. Sono un convinto ammiratore di Roberto Recchioni e il suo "Mater Morbi" è uno fra i Dylan più belli della serie, ma questa storia probabilmente non è la sua migliore, forse per via di Lando Buzzanca che smonta la tensione costruita all'inizio. O forse perchè non apprezzo particolarmente le storie troppo "folli". Chissà. Viceversa, davvero bello l'episodio precedente, "Programma di rieducazione", anche in questo caso malgrado di disegni, ma qui in senso opposto: lo stupefacente Piero Dall'Agnol degli esordi alterna purtroppo capolavori di sintesi grafica a vignette sinceramente illeggibili, il che non giova alla fruizione dell'albo, ma i testi compensano ad abundatiam le pecche grafiche. Non me ne meraviglio, ritengo Peppe De Nardo il miglior sceneggiatore dylaniano dopo Sclavi, nel senso che mentre alcuni pezzi da novanta come Medda o la Barbato hanno avuto alti e bassi (sempre comunque mantendosi eccelsi), De Nardo non mi ha mai deluso nè nella costruzione logica della trama, nè nella caratterizzazione dei personaggi, nè nella brillantezza dei dialoghi, cosa in cui è maestro. Sempre bello il "Color Fest". La storia migliore, quella di Cajelli. Tra i disegnatori, l'auspicio è che Nizzoli venga assunto in pianta stabile.

Decisamente ben riuscito il Tex di Ruju, direi che Pasquale sia assolutamente a suo agio con Aquila della Notte. Ruju mi piace anche su Cassidy, anzi, più qui che su Demian. Tuttavia, la sua nuova miniserie è ancora in rodaggio. Dei Dix, va detto che più che la collana è andata avanti, più se ne rimpiange la chiusura. Forse avrebbe dovuto essere impostata fin dall'inizio con maggior continuity e soprattutto con maggior unità grafica. Sempre strabiliante Paolo Bacilieri: assolutamente un must i suoi albi sia di Dix che di Napoleone (ma del resto, è assolutamente un must tutto quello che fa). "La casa dell'impiccato", dove Dix incontra Paul Cezanne, è uno fra i più riusciti albi della serie, secondo solo a un altro numero disegnato da Bacilieri, il n° 7, "La guerra". Sembra che anche Ambrosini licenzi testi migliori, se sa che deve scriverli per Bacilieri. Dispiace ancora di più per la chiusura di Greystorm, prevista ma ugualmente dolorosa. Secondo me, questa è una collana che avrebbe potuto durare all'infinito, o almeno proseguire subito con una seconda miniserie. Peraltro, quant'è bravo Bignamini!
Ma arriviamo a Brendon. Ecco, devo confessare che ho un debole per lui. Mi capita talvolta di restare un po' indietro nella lettura di qualche serie (temo di esserlo, per esempio, con Magico Vento e Nathan Never) ma Brendon lo leggo sempre subito. E non mi delude mai. Ammiro sconfinatamente Claudio Chiaverotti per la sua inventiva, la sua capacità di sorprendere, di emozionare, di divertire, di attingere alla pozza dei miti in modo invisibile, funzionale e intelligente. A differenza di altri, peraltro, non è mai moralista: una qualità che io apprezzo in sommo grado. Del resto, il mio Dylan Dog preferito in assoluto, "Goblin", l'ha scritto lui. "Gothica", disegnato benissimo da Giuseppe Viglioglia, è un albo da non perdere, come da non perdere è il recente speciale n° 8, disegnato da Corrado Roi, "Nel cuore del buio" (ne vedete qui sotto la copertina).
Ma se volete sapere qual è il miglior albo di Brendon in assoluto, è lo Speciale n° 4, del luglio 2004, "Noi siamo leggenda", illustrato da uno strepitoso Giuseppe Ricciardi. E' uno degli albi più belli del decennio appena trascorso. Mi piacerebbe se qualcuno che non l'ha ancora fatto lo leggesse e mi dicesse che cosa ne pensa.
Per saperne di più cliccate qui .

All'epoca dell'uscita del primo numero della serie, cioè nel 1998, intervistai Chiaverotti per la rivista "Dime Press". Giusto per presentare il personaggio a chi non lo conosce e recuperare un testo che a me sembra brillante, la ripropongo qui di seguito, a futura memoria. La foto e il disegno a corredo dell'intervista sono, rispettivamente, di Joe Zattere e di Massimo Rotundo.


A DOMANDA RISPONDO

Intervista a Claudio Chiaverotti
a cura di Moreno Burattini





Dime Press - Claudio, chi è Brendon?
Claudio Chiaverotti - Un eroe del dopocatastrofe.
DP - Quale catastrofe?
CC - Quella del 2029.
DP - Prego?
CC - L’evento che diede inizio alla “Grande Tenebra”.
DP - Ah. Non se ne può sapere di più?
CC - Certo, leggendo l’albo.
DP - Lo faremo. Ma nell’attesa, che cosa ci anticipi oltre al nome del tuo personaggio?
CC - Il cognome: D’Arkness. Si chiamerà Brendon D’Arkness.
DP - Non ci sfugge il sottile gioco di parole. Certo che come anticipazione è un po’ misera. Sei avaro come uno scozzese.
CC - Ecco, appunto. Brendon è uno scozzese. Nasce a Stonehaven, nella Scozia del dopocatastrofe. Quella di cui si diceva.
DP - Okay, fino a qui ci siamo. E poi? Saltiamo l’infanzia e arriviamo all’età adulta.
CC - No, arriviamo ai suoi quattordici anni. Un evento tragico sconvolge la sua giovane esistenza. Sulla sua vita cala l’ombra della Luna Nera, una setta esoterica di feroci assassini, i cui scopi rimangono ancora oscuri.
DP - Tanto per cambiare! Di chiaro non c’è proprio nulla, finora.
CC - C’è che ora Brendon vive nella Nuova Cornovaglia, in un’antica dimora fatiscente ravvivata soltanto dalla presenza di Christopher, una sorta di marionetta a energia solare, ultimo retaggio della Vecchia Era.
DP - Ah, meno male... qualcosa di solare. Siamo in una sorta di Medioevo Prossimo Venturo, dunque. E la Cornovaglia è lo sfondo ideale per le atmosfere medievali. Fa venire in mente il cavaliere del “Breùs” pascoliano. Quello che “viveva con sua madre in Cornovaglia, un dì trasecolò nella boscaglia...”.
CC - Appunto. Anche Brendon è un cavaliere. L’ultimo cavaliere. Cresciuto sotto l’ala protettrice di un maestro d’armi, diventa un mercenario di ventura, che vende i propri servigi a chiunque gliene faccia richiesta.
DP - Anche se a chiederglielo è un farabutto?
CC - Pur svolgendo un mestiere ingrato, Brendon conserva tuttavia una sua umanità, che lo obbliga a schierarsi dalla parte dei più deboli.
DP - Sarà un musone come Nathan Never e Magico Vento?
CC - Sarà crepuscolare, ma non privo di ironia. In ogni caso, uno spirito libero e selvaggio, un eroe che combatte i mostri generati dal sonno della ragione, in un mondo che cerca di risorgere sulle ceneri del precedente, ma non riesce a liberarsi dei propri fantasmi.
DP - Chi saranno i suoi nemici?
CC - Quelli della Luna Nera. Continueranno a proiettare la sa ombra minacciosa sull’esistenza di Brendon, continuamente impegnato in un eterno errare che lo condurrà di avventura in avventura in scenari diversi. Ma non ci saranno solo loro. Nel suo vagabondare, Brendon avrà modo di incontrare una galleria di personaggi bizzarri, alcuni animati dalla volontà di ricostruire una società civile, altri vittime, coscienti e non, della follia che ha sconvolto il mondo, annientando ogni certezza.
DP - Che tipo di scenari ci hai preparato? Se ce lo dici, ci prepariamo anche noi.
CC - Le storie di Brendon avranno come scenari pietrosi deserti battuti dal sole, metropoli desolate e vestigia abbandonate della nostra attuale civiltà. Mescoleranno insieme svariati elementi e generi, da quello avventuroso a quelli fantastico e orrorifico. Spesso il tono si colorerà di tinte sovrannaturali, grazie alla presenza di personaggi e situazioni scaturite da un mondo in bilico fra ragione e follia.
DP - Chi saranno i disegnatori?
CC - Corrado Roi, che sarà anche copertinista. Poi Massimo Rotundo, premio Yellow Kid 1990. Emiliano Simeoni, autore di storie per il mercato francese, pubblicato anche dalla Comic Art. Esteban Maroto, veterano del fumetto fantasy e celebre anche negli States. E poi l’esordiente Giuseppe Franzella, palermitano, cresciuto alla Scuola del Fumetto di Milano.
DP - A che tipo di pubblico pensi di rivolgerti?
CC - A tutto quello pensabile e anche all’impensabile. Perfino ai cinesi.
DP - Che non sarebbero mica male, dato che sono in miliardo. Quante storie hai già nel cassetto?
CC - Tredici. Porterà male?
DP - Porta bene. Pensa alla tredicesima e al tredici al totocalcio.

sabato 7 agosto 2010

SPQR

Che cosa significa l’acrostico SPQR? “Senatus PopulusQue Romanus”, come nelle epigrafi latine, o “Sono Pazzi Questi Romani”, come Marcello Marchesi traduceva l’esclamazione di Obelix: “Ils sont fous ces romains"? Gli zagoriani potrebbero anche tradurre “Siamo Pazzi per Questo Romani”, intendendo il cantautore rock Graziano Romani che ha regalato loro un concept album tutto dedicato allo Spirito con la Scure, intitolato “Zagor King of Darkwood”, uscito in occasione della scorsa Lucca Comics e poi distribuito in edicola da Coniglio Editore (a cui si può richiedere sia nella versione CD che in quella doppio album vinilico). Lo vedete qui accanto in una foto di Marco Andrea Corbetta. Del resto, oggi Graziano potrebbe dire “Suono Per Questi Ragazzi”, dato che proprio in data odierna, sabato 7 agosto 2010, si appresta a tenere un concerto del suo tour “Darkwood to Dreamland” al settimo raduno degli “Spiriti Liberi”, vale a dire il suo fans club, che si svolge a Casalgrande, provincia di Reggio Emilia. Per ulteriori notizie, ovviamente, basta consultare il suo sito http://www.grazianoromani.it/ . Lì, in apertura, potete vedere anche il videoclip ufficiale della canzone “Darkwood”. Non mi dilungherò a raccontare la carriera artistica del rocker emiliano, perché è raccontata nel sito. Mi limito a suggerirvi di fare una ricerca su YouTube alla ricerca di filmati che lo riguardano: vi stupiranno le sue performance live. Uno dei video è linkato in fondo.
Proprio sul sito di Graziano Romani, si può vedere una recensione del mio blog, quello che state leggendo: «E’ davvero ben fatto, sia a livello di contenuti sia di grafica, andate a curiosare negli argomenti “I miei libri”, “I miei fumetti” oppure “Aforism My”. Alla rubrica “click” tra le tante cose da consultare c’è perfino una chiacchierata esclusiva, intitolata “Moreno Burattini intervista Graziano Romani”. Insomma fateci un giro, ve lo consiglio!».
Prima o poi ringrazierò uno per uno tutti coloro che mi hanno segnalato o linkato nei loro blog, da Patrizia Mandanici a Stefano Piani passando per Mirko Perniola e Francesco Matteuzzi, ma lasciatemi cominciare proprio da Graziano perché, ormai, io e lui siamo diventati una perfetta coppia da palcoscenico e anche ottimi amici nella vita.
Tutto è cominciato quando lui ha utilizzato per una strofa della canzone “Darkwood” dei versi da me inseriti in una mia sceneggiatura, e da lì abbiamo finito per scrivere anche un libro insieme, “Gallieno Ferri, una vita con Zagor”, edito da Coniglio Editore. E’ stato un saggio che ci ha dato grosse soddisfazioni: due edizioni in Italia (e speriamo nella terza), tre traduzioni all’estero: Croazia, Serbia e Turchia. In basso, una apparizione televisiva di noi due autori con lo stesso Ferri. Nella foto sotto, invece, Romani si esibisce sotto gli occhi (e per le orecchie) di Sergio Bonelli. Ma non è finita! Io e Graziano Romani stiamo attivamente lavorando a un nuovo progetto. Un secondo libro, tutto dedicato, questa volta, a Giovanni Ticci. Le notizie e le immagini inedite che abbiamo raccolto andando a trovare il maestro senese nella sua casa in Toscana sono entusiasmanti. Se tutto va bene, uscirà a Lucca alla fine di ottobre. Quasi in concomitanza con il Tex n° 600, albo speciale a colori, scritto da Mauro Boselli e illustrato appunto da Ticci.

L'editore sarà ancora una volta Francesco Coniglio, e speriamo di poter presentare anche questa nuova fatica con la presenza di Giovanni al nostro fianco, così come lo scorso anno abbiamo avuto Gallieno Ferri, che ci ha seguito infaticabile anche in molte altre presentazioni. Sempre con Ferri, io e Graziano andremo anche a presentare almeno un paio delle edizioni straniere: saremo in ottobre a Zagabria e in novembre a Instambul. In entrambi i casi, Romani si esibirà in concerto. Un altro appuntamento con entrambi, più vicino nel tempo e nello spazio, è previsto per il 4 e il 5 settembre in un festival letterario abruzzese, di cui presto sarò dirvi di più. Non so se andremo mai anche in Romania, ma se è vero che "in nomen omen", nel nome il destino, l'anagramma di Graziano Romani, scoperto dal nostro comune amico Giampaolo, è "Zagor in Romania". Graziano ha Zagor nel nome. E io, del resto, chiamandomi Moreno, sono un Romeno.