Un articolo su questo blog di poche settimane fa, ha celebrato i vent’anni dal primo numero della rivista “Dime Press”, da me fondata insieme a Saverio Ceri, Francesco Manetti e Alessandro Monti. Alla fine di quella rievocazione (che è molto piaciuta, almeno a giudicare dai commenti), ho promesso che avrei ripubblicato alcuni degli articoli migliori apparsi, a mia firma (salvo concessioni di pezzi da parte d altri autori), su quelle pagine.
Come sanno coloro che hanno letto il pezzo in questione, o che addirittura possiedono la collezione completa di “Dime Press”, il primo numero del “magazzino bonelliano”, datato maggio 1992, pubblicò un dossier dedicato ai dieci anni di Martin Mystére. Da pagina 17 a pagina 44, i lettori poterono trovare una introduzione di Francesco Manetti intitolata “Dieci anni fa, qualcuno di nuovo”, una mia intervista ad Alfredo Castelli, un “Who’s Who” con un dizionarietto dei principali personaggi della serie, un articolo dello stesso Castelli sulla nuova (all’epoca) edizione francese del BVZM, una sorta di “essential twelve” con la recensione di quelle che a noi sembravano le migliori storie del Detective dell’Impossibile uscite fino a quel momento (io scelsi “La camera del tempo” e “Operazione Dorian Gray”) e, per finire, un pezzo intitolato “La tana”. Sottotitolo: “Curiosando in casa di Alfredo Castelli”. In pratica, dopo aver fatto visita ad Alfredo (anzi, dopo aver dormito addirittura una notte da lui), scrissi un resoconto giornalistico sul luogo dove nascevano le storie di Martin Mystère, annotando anche tutte le somiglianze fra quell’appartamento e la casa in Washington Mews.
Ora, l’intervista a Castelli, sia pur brillante (ricordo di avergli chiesto se fosse più forte Hulk o Java), è in qualche modo superata dalle mille interviste che negli ultimi vent’anni Alfredo ha concesso in ogni dove, e anche dal bel libro appena uscito su di lui, a cui anch’io ho collaborato con un saggio sulle storie di Zagor a sua firma (il libro, antologico, si intitola “Alfredo Castelli, storie e mysteri di un grande narratore”, è a cura di Alino e Glauco Guardigli, ed è edito da Comicon: lo vedete nella foto in apertura).
Invece, “La tana”, nonostante parli di una casa così com’era vent’anni fa, mi sembra ancora del tutto godibile (anche perché lo “spirito” della attuale “tana” di Castelli, che è ancora lì, resta lo stesso). Il tempo passato si nota solo quando si descrivono i gadget tecnologici, ma anche quelli fanno parte della storia e parlarne rende il sapore di un’epoca. L’articolo apparso su “Dime Press” era corredato da cinque foto in bianco e nero, scattate dal sottoscritto. Oggi, potendo godere di maggiore spazio, vi mostro tutti gli scatti a colori realizzati in quell’occasione, e che ho conservato nel mio archivio appunto pensando che prima o poi li avrei potuti tirare fuori. Prima di leggere, godetevi anche il Tex di Milo Manara che inaugurò, a pagina due della rivista, la rubrica "Chi l'ha visto?".
LA TANA
di Moreno Burattini
da "Dime Press" n° 1 - maggio 1992
”Dalla conchiglia si può capire il mollusco”, scrisse una volta Victor Hugo. Fuor di metafora, guardando la casa si conosce l'inquilino. La doveva pensare allo stesso modo anche Giacchino Rossini, se sulla facciata della sua casa a Bologna fece incidere questa frase: “Non domo dominus, sed domino domus”. Vale a dire, non il padrone per la casa, ma la casa per il padrone. Per quanto riguarda Martin Mystère, sappiamo che il suo appartamento in Washington Mews a New York è una sorta di proiezione del suo io e conferma in pieno la teoria di Mario Praz secondo la quale l'arredamento non è altro che una forma indiretta del culto dell'ego. La stessa cosa può dirsi dell'abitazione milanese dove vive e lavora Alfredo Castelli.
L' accostamento fra il creatore e la sua creatura non è casuale, in quanto la casa di Castelli è la casa di Martin Mystère. Dove si trovi esattamente questo piccolo attico perfettamente attrezzato per sopperire alle esigenze di un single, preferiamo non rivelarlo. Tuttavia possiamo fornire un indizio “mysterioso”: quando, nel film “Miracolo a Milano”, i barboni escono per la prima volta dalla loro bidonville per inseguire il rappresentante del proprietario del terreno che vuole sfrattarli, il primo edificio della cosiddetta civiltà che essi incontrano (e che sullo schermo si vede benissimo) è quello in cui è collocato l'appartamento del Buon Vecchio Zio Alfy. “Credo che la mia sia l'unica 'casa di terrazza' al mondo. - dice Alfredo Castelli - Mi spiego: a Milano esistono le cosiddette 'case di ringhiera', come quelle che si vedono nei film di Nichetti, in cui si accede agli appartamenti passando per uno stretto ballatoio in comune che dà sul cortile. Per entrare in casa mia, invece, occorre passare per una terrazza abbastanza ampia che dà sulla strada, divisa a metà con i vicini: quando piove o nevica è una vera delizia”.
Chi sia riuscito a penetrare nella roccaforte castelliana anche solo una volta, non può non riconoscere come decine e decine di particolari accomunino la finzione e la realtà: angoli, oggetti, mobili, soluzioni architettoniche finite a far parte dell'universo di Martin Mystère, provengono direttamente da lì.
Il robottino protagonista delle tavole iniziali de “I misteri di Londra”, per esempio: ce n'è uno simile in un angolo del salotto dello sceneggiatore, ed è stato programmato per muoversi lungo percorsi prestabiliti fra le stanze dell'appartamento. Oppure la collezione di oggetti kitsch che Martin Mystére mostra a Diana ne “Il teschio del destino”: cianfrusaglie del genere sono sparse su tutti gli scaffali di Alfredo Castelli. Addirittura, un vero semaforo, trovato in un mercatino di Arezzo, pende dal soffitto.
Oppure un busto di Fernandel acquistato a Cassis, un paesino dalle parti di Marsiglia in cui c'è un vero e proprio culto per l'attore che interpretava Don Camillo, nato da quelle parti. “Il busto giaceva in un negozietto da non so quanti anni - ride Castelli - e sono convinto che il proprietario abbia fatto suonare le campane dal parroco per festeggiare la vendita”. Lì vicino, c'è una raccolta di oggetti kitsch di stampo religioso: reliquiari con pezzi d'ossa di una infinità di santi e addirittura un piede di cera ex-voto comprato a Lisbona (“le riproduzioni di pezzi anatomici sono tradizionali ex-voto portoghesi, da qualche parte devo avere uno stomaco iperrealista piuttosto inquietante”, spiega il padrone di casa).
Ma soprattutto, dappertutto straripano i libri. I problemi di stivaggio dei volumi incontrati dal Detective dell'Impossibile nel racconto “Condominium”, apparso sull'Almanacco del Mistero 1990, sono senza dubbio gli stessi affrontati dallo sceneggiatore. “Ho dovuto disegnare di persona tutti i mobili di casa, in modo da non sprecare un solo centimetro di spazio”, racconta Castelli. A scorrere con lo sguardo sulle costoline dei volumi stipati negli scaffali, c'è da farsi venire il mal di testa. Libri di ogni genere, tra cui quelli in italiano sono probabilmente la minoranza in confronto alle centinaia di titoli in lingue che vanno dall'inglese al giapponese. A parte i soliti romanzi inscrivibili più o meno nella sfera dei classici, ci sono testi di antropologia culturale, di trivia e curiosità, sul cinema e sulla televisione, sulle scienze più disparate. Sorprendentemente pochi (ma pochi per modo di dire) i fumetti. Particolarmente ricca la sezione dedicata al Giappone: manga, riviste di animazione, dizionari, opere su tradizioni, usi e costumi.
Oltre ai libri, numerosissime sono le videocassette: molte di animazione, tra cui anche materiale antico e raro, soprattutto in NTSC; intere collezioni di serie TV americane, inglesi e francesi. E poi videodischi laser e addirittura una cinquantina di videodischi RCA (a puntina) con relativo lettore: autentica archeologia industriale, dato che il sistema RCA non esiste più da almeno dieci anni. A proposito di archeologia industriale, Castelli possiede anche due antidiluviani giradischi perfettamente funzionanti, uno a trombone, uno a scatola. Li usa per suonare una inverosimile catasta di dischi a 78 giri recuperati sulle bancarelle.
Ci sono poi alcune incredibili collezioni. Sorvoliamo su quella di statuette di eroi del fumetto che occupano intere bacheche (sono quelle realizzate in Francia dalla Pixi, che ne ha fatta una anche di Martin Mystère), o su quella di riproduzioni naif di animali (acquistate quasi tutte in Sudamerica); da segnalare ci sono cose ben più curiose. Come una ricchissima raccolta di carte da gioco e di tarocchi (foto sopra). “L'ho iniziata nel 1975 per motivi professionali: - spiega Castelli - mi serviva, infatti, per illustrare il mio volume 'Viaggio curioso nel mondo delle carte' edito da Fabbri”. A ben guardare nello scaffale che contiene tutti i mazzi, notiamo un paio di ripiani dedicati ai giochi di prestigio. “Un hobby che coltivavo parecchi anni fa e che impone un continuo allenamento, - confessa il Buon Vecchio Zio Alfy - ora sono molto arrugginito, ma con i bussolotti e un paio di giochi di carte sarei ancora in grado di stupirvi!”.
Di sicuro ci stupisce la collezione di sacchetti per il vomito (quelli consegnati sugli aerei), ma più ancora la raccolta di cartelli sottratti nelle pubbliche toilettes. “Ciò che mi spinge a impadronirmene sfidando le ire di ristoratori e baristi è il mio interesse per la linguistica. - commenta lo sceneggiatore - Ho notato, infatti, che gli avvisi delle toilettes sono realizzati con uno stile e una grafia comuni: le parole sono separate da trattini, come nelle antiche iscrizioni romane; la costruzione della frase, anche se sovente minacciosa, prevede l'uso iniziale di un cortese ‘Si prega di’ e un ‘grazie’ conclusivo, ed è particolarmente involuta; l'uso delle maiuscole, sottolineature e virgolettature segue una logica sfuggente ma indubbiamente non casuale. Che esista una oscura massoneria di autori di avvisi da toilette, accomunati da un linguaggio identico e segreto?”. I contenuti dei cartelli passano da perentori inviti (“Conservare le urine”, recuperato in un ospedale militare) a oscure minacce (“E' vietato intasare colla carta igienica. Chi verrà sorpreso, verrà severamente punito”). “In che modo verranno sorpresi gli intasatori? - si chiede angosciato Castelli - C'è una telecamera nella toilette? E quali saranno le severe punizioni?”. Il padrone di casa rimpiange però di non possedere un esemplare formidabile sfuggito alle sue grinfie. So tratta di un cartello che, a quanto sembra, recitava testualmente: “Si prega i signori clienti di non fare i maiali, se la toilette è occupata di aspettare e astenersi e non urinare sulle saracinesche dei negozi e non farsi i loro porci comodi, grazie” e non è stato sottratto “perché sorvegliato a vista dal proprietario di un bar in piazza Baiamonti a Milano”. La raccolta di cartelli da cesso è - giustamente - utilizzata per decorare le pareti del bagno. Un tocco di classe la nobilita: un avviso della Giunta Municipale di Milano, datato 16 febbraio 1862, che invita la cittadinanza ad astenersi da “un'abitudine sconvenevole, che la civiltà vuole interamente cessata: quella dell'illecito scompisciamento, universalmente riprovato ma non ancor tolto, malgrado la frequenza dei pubblici orinatoj”.
Per procurarsi molti degli strani oggetti che fanno bella mostra in casa sua, Castelli non ha esitato a rovistare nelle discariche dell'immondizia. “La spazzatura può riservare incredibili sorpresa: - conferma - possiedo un apparecchio distributore di biscotti e caramelle ritrovato insieme al disegnatore Daniele Fagarazzi (altro noto pattumierofilo) in una discarica presso via Palmanova a Milano”. Ma c'è di peggio: vediamo una targa pubblicitaria della Coca Cola che reca la scritta in greco “Pinete Coca Cola pagomeni” (cioè, “Bevete Coca Cola ghiacciata”). Ecco la storia dell'oggetto come la racconta lo Zio Alfy: “La faccenda è andata così. La città più sporca di tutta la Grecia (paese già di per sé non noto per la sua immacolata pulizia) è Ioannina; il luogo più sporco di tutta Ioannina è il mercato. Il luogo più sudicio del mercato sono le latrine (in questo caso il termine ‘latrine’ è un eufemismo). Il punto più lurido delle latrine è un bidone in cui, in assenza di fogne, viene gettata la carta igienica. Ebbene, chi osservasse la targa con attenzione vi scoprirebbe due fori: vi passava un filo di ferro che fungeva da manico e permetteva di utilizzarla come coperchio del bidone di cui sopra. Offrii al sorvegliante dei bagni di riscattare quell' oggetto degradato a un'impiego tanto umiliante per la somma di 300 dracme (3000 lire o giù di lì); credo che questi racconti ancora l'avvenimento ai nipotini. Rischiai di essere ripudiato dagli amici che avevano assistito alla transazione, dopodiché, prima di affrontare l'opera di pulitura, procedetti a una prima disinfestazione piazzando la targa in mare, nascosta sotto un sasso, per una settimana”.
Castelli è innamorato degli oggetti. Lo attraggono perché stimolano la fantasia e perché ognuno di essi ha una storia da raccontare. “Raccolgo ciò che al momento mi affascina - spiega lo sceneggiatore - ogni tanto rivoluziono tutta la casa, metto via (e spesso regalo) un po' di cose, ne tiro fuori altre che ora, magari, si trovano in cantina. Lo spazio è tiranno: possedevo un juke-box Anni Sessanta che ho dato in affidamento a un amico in modo di poterlo andare a salutare di tanto in tanto; lo stesso vale per un contrabbasso mostruosamente ingombrante”. Anche se continua ad accumulare materiale, Castelli non sembra interessato al suo valore. “So benissimo - confessa - che se avessi risparmiato tutti i soldi che ho speso in sciocchezze ora sarei ricco; ma incoscientemente sono contento così. Comunque, gli oggetti che ha in casa, computer a parte, valgono tutti pochissimo”.
Già, il computer: proprio come Martin Mystére, Castelli ne è un cultore. Ne possiede un'intera squadra, a partire da un Amiga 500 Plus che gli serve per verificare le varie fasi di progettazione del “Martin Mystère Game” attualmente in realizzazione presso la CTO. Poi c'è un apparecchio CDTV della Commodore (funziona con CD interattivi, sonori e a immagini, e lo sceneggiatore dice di apprezzarne particolarmente l'atlante elettronico World Vista). Sopra al CDTV c'è un videoregistratore Hitachi multistandard, interfacciato con il computer MacIntosh (quello di Mystére, naturalmente) in modo che sia possibile “catturare” qualunque immagine registrata su nastro o trasmessa via etere, ed elaborarla con vari programmi grafici. Tra il CDTV e il MacIntosh, troviamo una centralina telefonica completa di segreteria e fax. “Al fax - spiega Castelli orgogliosissimo - si può accedere anche tramite computer, grazie a un programma e a un hardware chiamato Hypertel”. A destra del MacIntosh, un hard disk supplementare, un'unità cartucce Mass, e un lettore CD ROM in cui è sistemata l'enciclopedia Grolier (30 volumi in un solo disco). La stampante è una Deskwriter C a getto d'inchiostro, 300 punti di risoluzione e ottima stampa a colori. Non manca, ovviamente, uno scanner: si tratta di un HP ScanJet IIC a milioni di colori.
E' incredibile (quasi al limite di quell'Impossibile su cui indaga Martin Mystère) come tutto questo (e molto altro) sia contenuto in un appartamento che non supera i cento metri quadri di superficie. Forse, l'iscrizione da apporre sulla facciata, anziché quella scelta da Rossini potrebbe essere quella fatta apporre dall'Ariosto sulla sua dimora ferrarese: “Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non sordida: parte meo sed tamen aere domus”. Cioè: piccola, ma adatta a me, e non soggetta a nessuno; decorosa e comprata con denaro mio. Diversamente da Martin Mystère, questa volta, che è in affitto.