E’ uscito in edicola “Sangue su Bahia”, lo Zagor n° 570 (Zenith 621) datato gennaio 2013. Si tratta della quarta parte di una storia iniziata nello scorso ottobre con “Sulle rive del grande fiume”, proseguita in novembre con “Le donne guerriere”, portata quasi a termine in dicembre con “Piranhas!” e adesso finalmente giunta a conclusione dopo quasi trecento tavole, scritte da me e illustrate da Mauro Laurenti. A pagina 41 dell’albo inizia una nuova avventura, sceneggiata invece da Luigi Mignacco e disegnata da Raffaele Della Monica. Una curiosità: il racconto ambientato a Bahia è stato il primo della trasferta sudamericana a venir messo in lavorazione. Quando demmo il via agli autori, non sapevamo ancora nei dettagli come si sarebbe svolto il viaggio e il progetto complessivo era tracciato soltanto a grandi linee. Perciò, tutti gli agganci con il prima e il dopo sono stati realizzati in un secondo tempo: credo (e spero) che nessuno si sia accorto del taglia e incolla.
Riguardo alla mia sceneggiatura amazzonica, invece, molto ho già detto negli articoli pubblicati su questo blog nei mesi precedenti. Si tratta perciò soltanto di tirare le somme. Per farlo, partirò da un paio di lunghe e informatissime recensioni pubblicare in rete, e più precisamente l’articolo “Pink Power: Zagor e le Amazzoni”, di Francesco Manetti, apparsa su Dime Web, e “Intanto…”, di Cristian Di Clemente, leggibile su uBC.
Manetti conclude così il suo intervento: “L'avventura del più puro marchio bonelliano si sposa con il sense of wonder nolittiano reinterpretato da Burattini in chiave moderna con massicce spennellate di fantascienza e horror. Il finale è davvero tipico del fumetto popolare - e sa molto di anni '50, con i cattivi costretti al subire la pena del contrappasso, come nella migliore tradizione degli EC Comics, guardati a vista da inflessibili virago che richiamano alla memoria le superbe eroine di Eric Stanton”.
Poco sopra, il critico aveva giustamente notato le reminiscenze kinghiane (“La Torre Nera”), con il richiamo al Medio-Mondo dove “tutto sta andando in polvere, dove ben poco degli antichi fasti e delle antiche scienze rimane, se non in luoghi pericolosi e tabù, in leggende e in ricordi familiari sempre più sbiaditi”. Oserei aggiungere anche gli agganci alla Gesebel di Magnus & Bunker ma, soprattutto, a Martin Mystére (le civiltà perdute): si noti anche che ho cercato di non contraddire la storia in cui proprio il BVZM si reca in Amazzonia a indagare sul mito delle donne guerriere. Tutto ciò, vorrei sottolineare, è anche perfettamente in linea con la lezione nolittiana. Sergio Bonelli, che del resto ha fatto in prima persona incontrare Mister No con Martin Mystère, attingeva alla pozza dei miti e contaminava le sue storie con le suggestioni più disparate, mescolando i film, i fumetti, i romanzi che prediligeva, e documentandosi per dare al tutto una spruzzata di verosimiglianza (su questo sto scrivendo spesso nelle mie introduzioni alla Collezione Storica di Repubblica). Non dimentichiamo il riferimento alla figura storica di Richard Spruce, il botanico che affianca Zagor e Cico fin dall’inizio. Dunque, mi sono sforzato di seguire la tradizione, ricorrendo agli stessi espedienti di Guido Nolitta, il quale predicava non già l’aderenza ai rigidi codici di un genere (per esempio, il western) ma la ricerca continua del sense of wonder in grado di spiazzare i lettori.
Da questo punto di vista, vengo rincuorato dal parere di Di Clemente: “Nulla da eccepire sulle sequenze d'azione e sul sense of wonder suscitato, tra la selvaggia foresta amazzonica e le rovine della tecnologica città sotterranea delle amazzoni, sapientemente illustrate dal tratto dinamico ed esplosivo di Mauro Laurenti, da sempre a suo agio anche con le bellezze femminili come Marie Laveau (della quale non a caso ha disegnato tutte e tre le apparizioni)”
Prosegue invece Manetti: “La protagonista assoluta della storia è la donna. Da sempre sensibile al lato romantico dello Spirito con la Scure, lo sceneggiatore e curatore della serie Burattini - complice un sempre più valido Laurenti - arriva quasi a deificare l'altra metà del cielo. In questo episodio a 'portare i pantaloni' sono sicuramente loro! Sono forti, invincibili, bellissime, giovani, alte, dalla chioma fluente, sensuali, autoritarie, vendicative, giuste. Nel profondo della foresta fluviale si cela quello che rimane di un'antica sorellanza di Atlantide. Da loro, e da altri distaccamenti simili, sparsi in tutto il globo, è scaturito l'archetipo dell'Amazzone, la superdonna che ha ispirato tradizioni orali, racconti, romanzi, tragedie, musiche, film e finanche fumetti”.
Escludo la “deificazione” e vorrei ribattere che i pantaloni li porta anche Zagor, sempre al centro dell’azione e protagonista di scene sia dinamiche che drammatiche. Tuttavia, mi piace che si sia notata la non-banalizzazione delle Amazzoni, che rivelano addentellati con lo sciamanesimo femminile alla base delle leggende di tutto il mondo e logica sintesi di tutte le “streghe” incontrate dallo Spirito con la Scure in tante storie precedenti. Lo sforzo di costruzione di una impalcatura avventurosa coerente dovrebbe essere evidente anche ai critici. Se poi c’è chi preferisce che l’eroe di Darkwood, rinnegando peraltro se stesso, lotti soltanto con i trafficanti di armi e i mercanti di whisky, ogni opinione è lecita.
Da questo punto di vista fa abbastanza sorridere la critica del pur bravo e attento Cristian Di Clemente che, su uBC, scrive che le Amazzoni di questa storia non lasciano il segno. E perché? Leggiamo: “Si limitano a parlare di tecnologie in rovina che nessuno sa più riparare, del cataclisma che distrusse Atlantide, della sorellanza di donne scienziato le cui conoscenze sono state ereditate, nei millenni, da sciamane e sacerdotesse”. Cioè, si limitano (sic!) a parlare di argomenti interessantissimi che suscitano riflessioni, che invitano ad approfondimenti, che aprono squarci, che risolvono dubbi e altri ne creano. Dunque, per “lasciare il segno” bisognava che tutti questi rimandi, queste eco, questi sottintesi, queste rivelazioni non ci fossero? Per “lasciare il segno” non basta tutta l’impalcatura che si scopre risalire fino all’Abisso Verde di Giovanni Luigi Bonelli? All’anima! E che deve fare, allora, un povero sceneggiatore per convincere il suo esigentissimo critico?
Peraltro, non è neppure vero che le Amazzoni “si limitano a parlare”, se è questo che si intende. Io, sfogliando la storia, le vedo lottare, difendersi, attaccare, fuggire, inseguire, correre, tendere agguati, venire torturare, morire, vendicarsi. Se poi altri hanno letto un’avventura diversa, non saprei. C’è da notare che una sorta di “impenetrabilità empatica” delle guerriere è assolutamente voluta. Sono donne misteriose, fanno parte di una algida sorellanza, le loro parenti più vicine sono quelle della taciturna comunità di creature clonate di Macchu Picchu (altro addentellato che forse non lascerà il segno in Di Clemente, che pure aveva lodato il racconto in cui comparivano, ma che c’è). Se non scoprono i loro sentimenti, se non si rivelano, se di loro sappiamo solo il poco che esse ci consentono di scoprire è perché sono Amazzoni e non ragazzine in un romanzo di Moccia. Liberi tutti di preferire queste ultime, ovviamente, però sia consentito a un narratore una scelta stilistica e letteraria. Resta senza spiegazioni, e per certi versi mi diverte, la differenza di valutazione tra il giudizio tra i due critici riguardo alla rilevanza delle figure femminili nella storia, che a uno sembrano essere “protagoniste assolute” e a uno paiono non lasciare il segno.
Zagor curato dalle Amazzoni |
Su Dime Web, Francesco Manetti nota qualcosa che a Di Clemente, invece, è sfuggito. E cioè, il “rigeneramento” subito da Zagor a un certo punto della storia. Leggiamo: “Zagor, salvato da sicura morte, viene rimodellato a nuova vita; gli vengono persino curate vecchie cicatrici e aggiustati altri piccoli malfunzionamenti corporei. Burattini strizza l'occhio divertito a uno dei paradossi del fumetto seriale 'classico': l'eroe che non invecchia mai, anche se il tempo passa, anche se tornano vecchi nemici, anche se si ripresentano situazioni a distanza di anni. L'eroe - in virtù dell'avanzatissima tecnologia atlantidea - riparte così da zero, pronto per altri cinquanta anni di battaglie. E' il mito della Fonte della Giovinezza che si incarna nella macchina; è una nuova nascita, quasi che Zagor fosse partorito una seconda volta, cullato nell'utero hi-tech delle Amazzoni curandere”.
La guarigione di Zagor a opera dello stregone Keokuk in "Magia senza tempo" (testo di Guido Nolitta) |
In effetti, Zagor adesso è tornato come nuovo. Questo giustificherà, in futuro, ogni riflessione su tutte le cicatrici che dovrebbero segnargli il corpo, tutte le ossa rotte di cui non sente il dolore, tutti i denti che non gli mancano nonostante le scazzottate. Attenzione: non si dica che ciò è ridicolo perché da sempre gli eroi dei fumetti escono indenni dalle loro battaglie e non portano i postumi delle ferite e dunque non c’è bisogno di “spiegare” niente. Lo so perfettamente: come dice Manetti si tratta soltanto di una “strizzata d’occhio” al lettore, un invito a riflettere anche su questo tema, quello cioè che per decenni abbiamo creduto che una lancia o una freccia piantata nell’addome o nella spalla non possano fare un male cane pure a distanza di anni o invalidare per la vita anche se non sono letali. Se poi non ci capisce il perché e il percome di questo ragionamento, spero che il rimando alla nolittianità possa, una volta di più, sedare gli animi più esagitati. Svariate volte Sergio Bonelli ha fatto raccogliere il nostro eroe da uno stregone e lo ha fatto guarire ricorrendo a misteriosi intrugli. Tawar lo salva per esempio nella storia de “L’inferno dei vivi”, Molti Occhi in “Guerra”, Keokuk in “Magia senza tempo”. Si badi bene: tutti abbiamo creduto a queste guarigioni senza porci domande, accettandole. Perché la guarigione operata dalle Amazzoni dovrebbe fare eccezione? Si noti ancora: le Amazzoni non ricorrono a nessuna stregoneria. Usano la tecnologia. E siccome all’antica sapienza atlantidea fa riferimento (come abbiamo scoperto) anche Shyer, la sciamana di “Darkwood Anno Zero”, ecco che anche la guarigione che si trova in quell’albo (scritto da me) non ha più, necessariamente, una valenza magica.
La resurrezione di Zagor per opera di un mago, in "L'Orda del Male" (testo di Tiziano Sclavi) |
Se è la magia a dare noia a qualcuno, come si sente dire, mi si vorrà almeno riconoscere il merito di essere rimasto di parecchie spanne sotto il livello raggiunto da Tiziano Sclavi che, ne “L’orda del male”, fa addirittura resuscitare il Re di Darkwood da un mago, dopo che era stato ucciso. Però, di me su dice che avrei trasformato Zagor un uno stregone (e ci si sente offesi se oso replicare dicendo che non è vero), di Sclavi, giustamente e per fortuna, non si lamenta nessuno. A proposito di stregoneria, ecco che cosa fa Nolitta vedere nella vignetta sottostante, che non commento.
Vignetta da "Magia senza tempo". |
Forse dà fastidio vedere Zagor disteso sul lettino di un laboratorio futuribile come quello delle donne guerriere? Ma Nolitta aveva disteso lo Spirito con la Scure su un giaciglio simile, anzi, molto più tecnologico, in “Terrore dal Sesto Pianeta”, dove è addirittura Hellingen a operarlo con tanto di bisturi. Guardate la vignetta qui sotto e ditemi che cosa c'è diverso da quella di Laurenti pubblicata poco sopra, dove Zagor giace sul lettino delle Amazzoni.
Vignetta da "Terrore dal sesto pianeta" (testo di Guido Nolitta) |
E arriviamo al gran finale: Marie Laveau. Non è del tutto esatto dire che Cristian Di Clemente trova prive di spessore tutte le donne di questa storia. Fa eccezione per Marie Laveau. Leggiamo: “La lunga saga sudamericana di Zagor si sta rivelando una ghiotta occasione per ritrovare alcuni indimenticabili personaggi della serie nelle nuove ambientazioni. E' il caso di Marie Laveau, la bella ed affascinante sacerdotessa avversaria dello Spirito con la Scure in due appassionanti episodi ormai classici, 'Vendetta Vudu' (1996) e 'L’impero di Songhay' (2000). L'avevamo lasciata in Africa, infine pentita delle sue colpe, ed è negli inediti panni di alleata dello Spirito con la Scure che Moreno Burattini la ripropone ne Le donne guerriere, a sorpresa inserita nella comunità di Amazzoni che Zagor sta cercando. Memore dell’antica, reciproca attrazione fisica, Marie non rinuncia comunque a stuzzicare Zagor con gesti seducenti, ai quali tuttavia lo Spirito con la Scure, che ha giustamente in testa solo la salvezza dei suoi amici da un manipolo di sanguinari mercenari, si sottrae. La presenza di Marie, nelle pagine conclusive, regala una memorabile sequenza di emozione allo stato puro, quando i fuochi della battaglia si sono spenti e i protagonisti si stanno accomiatando”. A qualunque scrittore fa piacere leggere giudizi così lusinghieri sul proprio lavoro, e dunque ringrazio commosso.
Pagina 38 di "Sangue su Bahia" |
Peraltro, vorrei far notare che la “memorabile sequenza di emozione allo stato puro” finisce a pagina 38. In un mio intervento su Facebook avevo appunto suggerito che quella tavola avrebbe potuto suscitare qualche commento emozionato, e così è stato. «Non vi sfugga pagina 38 di "Sangue su Bahia" – avevo scritto - Ci potrebbe essere, chissà, qualcosa che farà discutere». Di che cosa si tratta?
Attenendoci a quel che si vede e si legge, la cosa più importante è l’addio fra Zagor e Marie Laveau suggellato da un bacio (che si vede nella pagina precedente). Faccio notare che, se la memoria non mi inganna, si tratta del primo bacio che faccio dare a Zagor in quasi venticinque anni di irreprensibile servizio. Nolitta ne ha fatto dare uno dopo soltanto quindici. Boselli e Colombo non si sono posti problemi. Io ho atteso fino a ora. E questo perché so che i baci sono una cosa seria e Nolitta era geloso dei suoi. Dunque, mi sono trattenuto e comportato bene. Adesso, mi pare che l’evento di tavola 38 sia appunto il fatto che Marie Laveau diventa a tutti gli effetti la donna più importante nella vita di Zagor. Lo si vede da mille particolari, e anche dal turbamento che il nostro eroe lascia trapelare al momento del distacco, ben diverso dalla guasconeria con cui aveva detto addio a Frida. Però, e anche qui vorrei essere chiaro, non sono stato io a rendere così importante Marie nella saga zagoriana. Io ho preso in consegna il personaggio reduce da altre lunghe saghe molto tormentate scritte da Mauro Boselli. Saghe che, sottolineo, sono rimaste nel cuore di tutti, e tutti hanno sempre chiesto a gran voce il ritorno della mambo. E’ nei fatti, che Marie Laveau è una figura di primo piano nel partenone zagoriano. Non si può contestarlo a me, che ho soltanto tratto le conseguenze di qualcosa di già scritto. Peraltro, il fatto che il rapporto tormentato che lega lo Spirito con la Scure alla sciamana sia importante è significativo proprio perché un personaggio come quello nolittiano si merita una storia con una ragazza sui generis, per giunta di colore, a testimonianza della vocazione multietnico dell’engagement zagoriano.
Conclude Di Clemente: “Il finale tra Zagor e Marie conferma che sono in primo luogo i personaggi, con la loro storia personale e le loro interazioni, da cui echeggiano spunti e valori universali in cui ciascuno si può riconoscere, a rendere emozionante ed appassionante un episodio”. Tutto qui? Per quanto mi riguarda, sì. Se qualcuno vuole vederci qualcosa di più, si accomodi. Talvolta neppure gli scrittori sono consapevoli delle implicazioni delle loro opere. Francesco Manetti, per esempio, non nota altro. La recensione di uBC, invece, sì.
Leggiamo: “Si inizia con Cico, il grande amico, che legge al volo la situazione e si allontana conducendo via il botanico Spruce per lasciare il suo inseparabile compagno di avventure da solo con l’ex-avversaria”. Sono lieto che la finezza (non mia, di Cico) sia stata notata. Continua Di Clemente: “Zagor e Marie, spontaneamente, si avvicinano, si baciano e, restando abbracciati, lei gli spiega finalmente i motivi che l’hanno portata ad unirsi alle amazzoni."Anche questo avresti dovuto averlo capito.[..] Le amazzoni di più antica discendenza non sono più in grado di avere figli.[..] La loro stirpe è destinata a estinguersi." Zagor assume un’espressione assorta e indecifrabile. Forse la sua mente torna ai giorni precedenti, in cui ha ripreso le forze ma dei quali ha solo un vago ricordo, con Marie rimasta sempre al suo fianco. Poi la risposta gli si presenta chiara. La verità lascia Zagor spiazzato. E dopo aver balbettato qualche parola incerta, non può far altro che augurare buona fortuna a Marie, tenendola per mano, mentre lei ricambia accarezzandogli il viso. Infine, l’eroe si allontana, i pugni stretti, verso nuove avventure simboleggiate da uno sfondo di luce abbagliante, mentre con una mano Marie sembra accarezzarsi il grembo. Per un personaggio come Zagor, che ha vissuto parentesi sentimentali con il contagocce, il dubbio insinuato con delicatezza da queste poche vignette è a dir poco "rivoluzionario", anche se si potrà obiettare che questa lettura del finale è figlia (è proprio il caso di dirlo) di un'interpretazione di sottintesi e non detti. L'ambiguità della sequenza rappresenta, a nostro avviso, la ciliegina sulla torta per la redenzione (tematica assai ricorrente nella serie) di Marie Laveau. Lei è il solo personaggio femminile incontrato da Zagor per il quale si potesse concepire (è di nuovo il caso di dirlo) la possibilità di una prole zagoriana senza chiedere nulla in cambio allo Spirito con la Scure e senza, pertanto, stravolgere gli equilibri della serie. Chiudendo la questione qui, l'evoluzione di Marie si può dire completata in maniera perfetta. Se la faccenda si spingerà oltre, invece, tutto si farebbe ben più insidioso, ma si valuterà (nel caso) in futuro. Ad ogni modo, la sequenza, sulla quale valeva la pena dilungarsi, chiude coerentemente il cerchio aperto dall’ampio prologo dell’episodio, in cui è rievocato il primo incontro tra i conquistadores e le amazzoni nel '500”.
Insomma, uBC suggerisce che, fra le righe, si possa leggere che Marie Laveau sarebbe (il condizionale è d’obbligo) incinta di un figlio, o meglio, di una figlia di Zagor. La cosa, peraltro, sembra intrigare il critico. Esaminiamo la faccenda. Chiediamoci: Zagor e Marie hanno fatto l’amore. Non lo si vede, ma lo si può facilmente supporre. Che cosa è successo fra loro due, che risvegliano insieme nello stesso letto? “Ne ho solo un vago ricordo”, dice Zagor. E’ ironico o davvero è confuso? Tutte le ipotesi sono lecite.
Si deve gridare allo scandalo? Di nuovo: avrei tradito Nolitta? Vediamo quel che Sergio Bonelli fa succedere a pagina 42 de “La sabbia è rossa” (edizione TuttoZagor): lo Spirito con la Scure sta facendo la guardia in attesa dell’alba quando gli indiani attaccheranno, e Frida gli si avvicina per baciarlo. Anzi, lo convince a non preoccuparsi dei pellerossa: hanno promesso che non si faranno vivi prima del sorgere del sole, dunque c’è da fidarsi. “E va bene, Frida, fidiamoci”, risponde Zagor. Stacco. Si salta subito al mattino successivo. Che cosa è successo dopo il bacio notturno? Nolitta non lo mostra, come non lo mostro io. Lo Zagor di Nolitta dice una frase sibillina, come la dice il mio. La lezione è rispettata alla lettera. Chi si lamenterà, non può che essere in cattiva fede.
Tavola da "La sabbia è rossa" (testi di Guido Nolitta) |
E’ evidente a tutti (tranne ai critici più prevenuti) che se il nostro eroe avesse fatto l’amore con Marie non si sarebbe trattato di una violenza carnale, non sarebbe stato costretto, così come nessuno l’avrebbe costretto a farlo con Frida. Allora, perché a me è stato scritto, come si può leggere in un commento, che Zagor è stato “violentato nel sonno”? Mah. Non ho una risposta da dare perché non sono in grado di penetrare nei cervelli della gente. Ognuno, evidentemente, filtra ciò che vede alla luce della propria personalità. Però Nolitta viene filtrato in un modo, io in un altro.
Arriviamo al punto. Stabilito che un rapporto sessuale con Marie ci può essere stato, come ci può essere stato con Frida, si tratta forse degli unici due? No. E’ chiaro che il nostro eroe può aver conosciuto biblicamente tutte le donne che vuole fra un’avventura e l’altra (e io glielo auguro), però, di sicuro, è stato a letto con Gambit, in una storia scritta da Maurizio Colombo. Da notare che io, riportando sulle scene la bella avventuriera, mi sono astenuto persino dai baci, per rispetto alla nolittianità.
La storia fra Gambit e Zagor rievocata in una vignetta di Giuseppe Prisco. |
Mi pare chiaro che anche con Marie Laveau potrebbe non essere stata la prima volta, dato che in Africa qualcosa potrebbe, per esempio, essere successo. Aggiungiamo che perfino Virginia Humbold potrebbe aver giaciuto con Patrick Wilding.
E’ chiaro dunque che Zagor ha avuto altre esperienze (non per merito mio, né per colpa). Ma Marie è rimasta incinta? Bella domanda. Risponderò con un’altra: ma Frida è rimasta incinta? Non può essere che, tornata in Austria, la ragazza abbia avuto un figlio dal nostro eroe, e non abbia voluto mai dirglielo? E per Gambit, non potrebbe essere stato lo stesso? Signori, non c’è niente a pagina 38 che già non ci sia nelle storie di Nolitta. Chi vuole vederci qualcosa di anti-nolittiano è in malafede. Se credete che fra nove mesi Zagor dovrà dare il biberon a una piccola mulatta, vi sbagliate. Non c’è niente del genere in arrivo. Nulla cambierà. Allora perché Marie si carezza il ventre? Forse perché ha appena espresso il suo desiderio di maternità, per dare figlie alla Amazzoni. Qualunque donna lo farebbe. Non significa, com'è chiaro, che già sia incinta e che, soprattutto, lo sia di del nostro eroe.
Però, come sottolinea Di Clemente, “Marie Laveau è il solo personaggio femminile incontrato da Zagor per il quale si potesse la possibilità di una prole zagoriana senza chiedere nulla in cambio allo Spirito con la Scure e senza, pertanto, stravolgere gli equilibri della serie. Chiudendo la questione qui, l'evoluzione di Marie si può dire completata in maniera perfetta”. Sono contento di aver messo un po’ di pepe nelle vostre discussioni e avervi fatto prospettare scenari affascinanti o apocalittici a seconda dei gusti. Lo scopo di un narratore è di suscitare l’interesse dei suoi lettori. Talvolta, sono lieto di riuscirci. Poi, il futuro è un’ipotesi.