lunedì 2 gennaio 2012

INDIANA TEX


Il numero 199 di Fumo di China, da qualche settimana in edicola, contiene un dossier dedicato a Sergio Bonelli. All'interno, articoli di Spiri, Brunoro, Cantarelli, Cuccolini e anche uno mio, intitolato "Gli scarabocchi di Nolitta". Da segnalare anche un ricordo di Graziano Romani. Ci sono però anche un paio di interventi di Stefano Priarone, tra cui uno dedicato ai film tratti dai fumetti bonelliani, a cominciare dai due turchi ispirati a Zagor di cui mi è capitato più volte di parlare anche su questo blog. Da lì, il collegamento di idee mi ha portato subito a ripensare alla più celebre tra le pellicole sugli eroi di via Buonarroti, ovvero “Tex e il Signore degli Abissi”.

E' opinione diffusa che l'unico motivo per cui valga la pena di vedere quel film sia per il cameo di Giovanni Luigi Bonelli che, nel prologo, compare nei panni di un vecchio stregone. Qualcuno si lamenta che fosse doppiato: sarebbe stato bello sentirlo parlare con la sua vera voce. Forse, invece, sarebbe stato meglio doppiare Giuliano Gemma, interprete (peraltro dignitoso) di Aquila della Notte. Secondo me, i commenti ipercritici sono troppo ingenerosi, soprattutto a distanza di tempo: resta pur sempre un film con un cast accettabile e una regia professionale (anche se da mestierante). Dopo aver visto quel che è successo con Dylan Dog c'è persino da tirare un sospiro di sollievo pensando che avrebbe potuto andare peggio. Tuttavia, resta il rimpianto di una occasione sprecata.

Stupisce la scelta del soggetto: un'avventura di Tex dalle sfumature fantastiche e raccontata per giunta alla maniera di Indiana Jones. La locandina francese del film sottolinea l'accostamento, che non sarebbe di per sé avvilente se non fosse che i fumetti di Aquila della Notte non hanno proprio niente a che vedere con i film del personaggio interpretato sul grande schermo da Harrison Ford. La cosa sa di artificioso e di posticcio, come gli scenari del film che sembrano una parodia delle scenografie di Spielberg e Lucas. E' un po' come se i produttori non credessero nel possibile successo di un western ben fatto e abbiano voluto investire piuttosto in una brutta copia delle tante pellicole "jonesiane" che hanno imperversato dopo il successo dei primi due episodi dell'archeologo con la frusta. In un mio saggio apparso sul volume della Motta "Tex, un eroe per amico", ho dedicato una lunga disamina anche al film di Tessari. La ripropongo qui di seguito, con qualche minimo aggiustamento.

Di "Tex e il Signore degli Abissi" scriveva Franco Fossati: “Di un film si parlava da tempo, ma Giovanni Luigi Bonelli si era sempre opposto ai vari progetti che di tanto in tanto gli venivano sottoposti. A un certo punto fondò addirittura una propria casa di produzione, che avrebbe dovuto occuparsi della cosa, ma poi non se ne fece mai nulla. Sembra che Charlton Heston e Jack Palance si fossero dichiarati disponibili a interpretare Tex e Kit Carson e che la stessa Warner Bros fosse interessata a un film sulle avventure di Tex. Finalmente, all’inizio degli anni Ottanta, Duccio Tessari (sceneggiatore di alcuni film di Sergio Leone e regista di spaghetti-western di un certo successo come Una pistola per Ringo e Il ritorno di Ringo) acquista, per conto di Rai 3, i diritti di riduzione cinematografica (si è parlato di 300 milioni)”.

Tra i nomi da aggiungere alla lista c’è anche quello di Roy Scheider che (secondo Gigi Vesigna) sarebbe stato interpellato da un produttore italiano mentre girava Il maratoneta. Pare che la Rai avesse addirittura commissionato un sondaggio per stabilire quale fosse l’interprete ideale. Risultato: Giuliano Gemma batte Paul Newman. C’è però un problema: Gemma non se la sente, sconsigliato dal suo agente (la testimonianza è di Massimo Moscati), oppure risulta impegnato (come sostiene Massimo Lastrucci). Allora, Tessari e la delegata Rai Gabriella Carosio interpellano Patrick Wayne, figlio del grande John. Il quale accetterebbe, ma si tratta comunque di una incognita vista la sua scarsa popolarità.

Improvvisamente, Giuliano Gemma si rende disponibile, rompendo ogni indugio. “Tex è una lettura che mi porto dentro dall’infanzia - dichiara l’attore - L’ho abbandonato vent’anni fa, ma riprendendolo adesso mi accorgo che non è poi molto cambiato. Assomiglia un po’ al personaggio che ho interpretato per il mio ultimo western, Sella d’argento, poca ironia, un uomo che tiene tutto dentro”. Le riprese possono iniziare. Del cast fa parte lo stesso Giovanni Luigi Bonelli, nei panni di un vecchio stregone che introduce la storia. Il set è in Spagna, a Tecisa, una località a pochi chilometri da Almeria.

A Massimo Lastrucci che lo intervista sul n° 3 di Ciak (luglio 1985), chiedendogli il perché di questa location, Tessari spiega: “Per due ottime ragioni. Da un lato il paesaggio è assai più simile a quello del confine texano-messicano che non l’Italia. E poi perché effettivamente qui si trovano delle professionalità che da noi non ci sono più: i cavalli da caduta, ad esempio, oppure gli stunt-man che sanno cadere da cavallo. Insomma, qui è rimasta la tradizione dello spaghetti-western”. Vale la pena di riportare altri passaggi dall’intervista. Il giornalista chiede quali accorgimenti siano stati adottati nel tradurre in immagini il fumetto. “Sto appunto cercando di usare nei limiti del possibile una tecnica da fumetti - risponde il regista - Raccontare a immagini fisse, con personaggi che quando parlano stanno fermi, con inquadrature che hanno assorbito le tecniche dei disegni da riproporre. Io cerco di frenarmi e condizionarmi per non mettere cose mie. Il mio sfogo ironico me lo sono trovato solo in Kit Carson, per il resto sono più realista del re”.

Una scelta discutibile, sia sulla carta che, a maggior ragione, visti i risultati. Il cinema e il fumetto sono medium diversi, ciascuno con propri codici espressivi. Il punto non è filmare come se si disegnasse o disegnare come se si filmasse, è tutt’altro: raccontare nel miglior modo possibile una storia. Chi fa cinema è bene che lo faccia in maniera cinematografica, chi fa fumetti ricorrendo alle tecniche fumettistiche. Quando si dice che il fumetto non ha potenzialità inferiori agli altri mezzi di comunicazione, basterebbe citare il film di Tessari per dimostrarlo. Eppure, Tex è un personaggio dal successo ormai cinquantennale, e la storia del Signore degli Abissi è un classico dei classici. Perché sul grande schermo il racconto non dà le stesse emozioni che garantisce sulla carta, considerando che si aggiungono sonoro e movimento? Appunto perché il fumetto gode di potenzialità proprie che gli permettono di sopravanzare, in alcuni casi, la magia del cinema.

Le immagini di un film, per quanto suggestive, sono più univoche di quelle disegnate, alle quali ogni lettore è chiamato ad aggiungere un quid di proprio, e dunque risultano più evocative. La breve apparizione del monaco rosso, impegnato a rimestare nel fango bollente in una caverna piena di fumo e crateri incandescenti, é molto più inquietante così come la disegna Letteri che come la filma Tessari. E quando, nel fumetto, il Signore degli Abissi scopre il suo cappuccio rivelando la faccia mostruosa (la scena più indimenticabile di tutta la storia, per quanto ne rappresenti soltanto un passaggio), il brivido é assicurato. Al cinema, fa soltanto ridere.



Proiettato nell’ambito della selezione giovani del Festival di Cinema di Venezia, Tex e il Signore degli Abissi viene accolto con freddezza e perplessità. “Costato almeno due miliardi, il film è di una irritante staticità”, commenta Fossati. E il denaro speso, va aggiunto, non si vede: i massi che rotolano sono palesemente di cartapesta. Il film si era avvalso delle scenografie di Massimo Antonello Geleng, autore di molti film fantastici e horror italiani, e degli effetti speciali dei fratelli Paolucci e di Paolo Ricci: senza mettere in dubbio la professionalità di questi tecnici, i risultati ottenuti nel loro specifico terreno d’azione sono deludenti. “La realizzazione è modesta sotto ogni aspetto. E Giuliano Gemma si rivela del tutto inadeguato”, scrive Pino Farinotti. “La fantasia figurativa è scarsa, la sceneggiatura sprovvista di veri intrecci ed invenzioni”, aggiunge Alberto Frassino.












Secondo Massimo Moscati, il regista “avrebbe fatto meglio a credere maggiormente al rilancio del western e a scegliere una storia di Tex dal taglio più classico e meno rischioso”. Nei progetti di Rai 3, il film avrebbe dovuto servire da trampolino di lancio per una serie di telefilm ma, visti i risultati, il progetto finì nel dimenticatoio. Intervistato da Domenico Denaro sul volume La Storia di Tex (1986, Arca Perduta), Giovanni Luigi Bonelli così si esprime: “Il mio giudizio sul film Tex e il Signore degli Abissi è negativo, per il fatto che il regista, invece di attenersi al mio copione, se ne è allontanato avvicinandosi così al filone degli spaghetti-western”. Un po’ più morbido il commento del figlio Sergio: “E’ indubbio che il passaggio dai comics al cinema, tranne pochissime eccezioni, abbia sempre lasciato con l’amaro in bocca il popolo dei fumettofili. Questa mia affermazione, del resto, trovò conferma quando Duccio Tessari, un regista che pure aveva al suo attivo molte interessanti prove, si attirò i fulmini di critici e spettatori avventurandosi in una versione cinematografica di Tex che, pur non essendo un capolavoro, a mio giudizio non era certo peggiore di tanti western italiani accolti con maggiore favore “ (dal volume di Carlo Scaringi Fumetti di Cinema, 1996, Bariletti Editori).

Va detto comunque che la pellicola, pur criticabile e abbondantemente criticata, non è stata un flop. Al botteghino ha ripagato i produttori e ha avuto molte versione estere. La casa editrice di Sergio Bonelli, in quanto tale, non ebbe ruolo alcuno nella sua realizzazione: i diritti furono gestiti in prima persona dal creatore del personaggio, Bonelli senior. Tuttavia, proprio il fumetto sembra aver beneficiato dell’opera di Tessari. Nel dicembre 1985, infatti, in concomitanza con l’uscita nelle sale del film, viene varata in edicola la collana TuttoTex, destinata a riproporre l’intera saga texiana a partire dalle primissime avventure. “Questo 1985 è l’anno d’oro di Tex. - scrive Sergio Bonelli nel presentare la riedizione - Non c’è quotidiano o rivista che non gli abbia dedicato lunghi articoli, e il nostro ranger è ormai di casa al cinema. Il mese scorso è uscito, con un albo speciale tutto a colori, il numero 300. Un traguardo che nessuna pubblicazione di questo tipo può vantarsi di aver tagliato”.

Già con il numero 32, datato giugno 1988, TuttoTex passa da mensile a quindicinale, forte di una vendita di oltre 120.000 copie a numero. E anche la serie regolare, pur restando rigidamente mensile (i ritmi di produzione non permetterebbero una riduzione della periodicità), pare abbia ottenuto un notevole incremento di vendite grazie al battage conseguente alla promozione del film. Il western languiva, Tex Willer acquistava nuovo vigore.