sabato 11 dicembre 2010

PICCOLI MANIACI

Ho letto da qualche parte che i "temi" delle collezioni praticate dai raccoglitori di tutto il mondo siano circa 700, dalle lamette da barba ai santini, passando per i biglietti d’ingresso a palazzi e musei, le auto d’epoca e i sacchetti per vomito delle compagnie aeree (passione, questa, che a quanto mi risulta è coltivata però soltanto da Alfredo Castelli).
Di solito, il collezionismo viene considerato (da chi collezionista non è) come una sorta fissazione patologica. Addirittura, le enciclopedie mediche lo segnalano come sintomo delle forme di più gravi di idiozia. Per chi non ci credesse, trascrivo fedelmente un passaggio tratto dalla Gedea: «Le tendenze caratteristiche degli idioti sono la clastomania (distruzione di determinati oggetti), l'esibizionismo e il collezionismo». E se i medici tenderebbero a curare i collezionisti con psicofarmaci, gli scrittori li bollano e li condannano fin dai tempi di Balzac, che li definiva, senza mezzi termini, “maniaci”. Quasi negli stessi anni, del resto, nelle sue “Passeggiate Romane”, Stendhal dichiarava testualmente: «Nulla rende lo spirito angusto e geloso come l'abitudine di fare una collezione». E più di recente, Mario Praz ha scritto, ne “La casa della vita”: «Sottoposta alla psicanalisi la figura del collezionista non ne esce bene, e dal punto di vista etico c'è certamente in lui qualcosa di profondamente egoistico e limitato, di gretto addirittura».
Però, stranamente, non tutti i generi di collezioni vengono ugualmente vituperati. Per esempio, quasi mai si ha da ridire verso chi colleziona francobolli di valore, Ferrari o quadri di Picasso. Questo perché, nel sentire comune, si associa il collezionismo alla perdita di tempo e di denaro, o all’interesse verso cose inutili. Certi oggetti comunemente considerati di valore, invece, non sono mai inutili né fanno perdere tempo, anzi, sono un investimento di denaro.

Il collezionismo delle cosiddette “carte povere” (come Ermanno Detti, in un sui libro, definiva questo tipo di oggetti) appunto essendo povere, non gode di molta popolarità presso i profani e i non adepti. I fumetti rientrano nel novero, anche se tutti sanno che il numero uno di Topolino, di Diabolik o di Tex valgono qualche soldino. E so per certo che anche uno Zenith 52 (il primo albo gigante di Zagor) supera, se in buone condizioni, i tremila euro. Una collezione sta crescendo sotto i miei occhi in uno scaffale davanti al tavolo dove di solito scrivo quando sono a casa in Toscana (il tavolo cioè nella foto qui sopra), è quella delle statuette metalliche dei Fumetti 3D della Hobby & Work, di cui vi ho già parlato qualche mese fa.


Quando ho collocato la nona riproduzione sulla mensola che vedete nelle foto qui accanto, sono stato particolarmente soddisfatto perché si tratta di quella di Cico. Non soltanto, dunque, un personaggio legato a Zagor ma anche perché il messicano, benché possa essere considerato una “spalla”, è rientrato pur sempre nella top ten dei personaggi presi in considerazione dagli artefici delle miniature, prima cioè di molti altri titolari di testata. In realtà, Cico ha goduto anche per molti anni (dal 1979 al 2007) di una collana tutta sua, durata ben ventisette albi quasi tutti con cadenza annuale, di cui diciannove (se non ho contato male) sono opera del sottoscritto (gli altri otto se li sono divisi nientemeno che Nolitta, Sclavi e Faraci). Sommando le 2280 tavole che ho sceneggiato per questa collana con gli sketch nelle storie dello Spirito con la Scure posso dire con relativa certezza di essere stato colui che ha scritto più pagine di Cico in assoluto e dunque sono contento per la statuetta.

Poiché non c’è collezionista che tragga soddisfazione dal mostrare gli oggetti della sua collezione, ho deciso di fare anch’io il maniaco e vi mostro non soltanto i pezzi dei Fumetti in 3D finora in mio possesso, ma anche le altre statuette zagoriane che ho nel mio studio. E cioè, innanzitutto la bellissima scultura di Infine Statue, di cui già vi ho detto. Poi ho una statua grande circa quanto la prima, realizzata da un artigiano e fuori commercio, bella comunque da vedere. Infine, ci sono le miniature di Zagor e Cico realizzate nel 1991 da una ditta specializzata toscana, la Abilità Model Design, che le espose durante la mostra “Un’avventura lunga trent’anni” dedicata allo Spirito con la Scure alla Fortezza da Basso di Firenze. Alte circa 5 centimetri, sono state prodotte, su autorizzazione Bonelli, in cinquecento esemplari.
Ma, come vedete nelle foto, ho tante altre statuette legate al mondo dei fumetti, tra cui i cinque deliziosi Garfield. Il Cocco Bill raffogurato in fondo al post è invece il “trofeo” del Premio Cartoomics che ho ricevuto una volta come miglior sceneggiatore di fumetti.

Tornando a parlare di collezionismo, altre a ricordare di nuovo la fanzine “Collezionare” di cui sono stato fondatore e artefice con gli stessi amici con cui poi realizzammo “Dime Press”, mi viene in mente anche che per una ventina di numeri sono stato anche collaboratore di una rivista della MBP chiamata “ Bhang”, uscita negli anni Novanta, dove tenevo una rubrica fissa intitolata, se la memoria non mi inganna, “Fumettomania”. Parlavo di collezionismo di fumetti. Alla prima puntata misi il titolo di “Fumetto: perchè?” in cui cercavo di giustificare i raccoglitori di “carte povere”. Benché apparentemente “poveri” (rispetto alle sculture, i quadri, o gli incunaboli) i fumetti hanno comunque un notevole seguito di collezionisti, peraltro ben organizzati, che danno vita ad un variegato microcosmo che per entusiasmo e ricchezza culturale non ha poi molto da invidiare ad altri più blasonati tipi di interesse. Perché?
Una tesi di laurea sull'argomento, discussa a Pisa nel 1984 da Marzia Mazzanti e di cui dà notizia un numero di Exploit Comics, evidenzia il fatto che il collezionismo di fumetti iniziò a svilupparsi in Italia a partire dal 1960. L’autrice sottolinea la coincidenza temporale di due fattori: l’inizio del cosiddetto boom (dopo le asprezze economiche del dopoguerra) e il raggiungimento della maggiore età di intere generazioni di giovani cresciuti in anni in cui anche il possesso di albi a fumetti era un piccolo lusso, per di più spesso contrastato (raramente assecondato), dalle famiglie. La Mazzanti ritiene che ciò giustifichi la particolare connotazione affettiva che distingue questo tipo di raccolta da altre più tecniche e "fredde": l'adulto che si riaccosta alle proprie letture giovanili lo fa mosso dal desiderio di recuperare la memoria della propria infanzia e la sicurezza psichica di allora. Insomma: nel periodo tra l'anteguerra e l'immediato dopoguerra la maggior parte delle famiglie italiane si dibatteva in forti difficoltà economiche che rendevano problematico l'accaparramento degli albi, per cui quando i ragazzi di un tempo, cresciuti, si trovarono in condizione di destinare somme di denaro all'effimero ed al superfluo, cercarono di rivalersi delle gioie precluse tanti anni prima.
Non solo: se si pensa che nel 1951 fu presentato alla Camera un progetto di legge teso ad istituire una censura preventiva sulla stampa a fumetti, si può avere un'idea della considerazione in cui erano tenuti i comics, che quando non venivano indicati come causa prima di ogni depravazione della gioventù erano guardati con sospetto e disgusto dai benpensanti, e spesso dovevano essere letti di nascosto. Il collezionismo di fumetti assume dunque anche un valore di "riscatto" per tutti quelli che, oltre a raggiungere l'indipendenza economica, pervennero anche a quella intellettuale.

Tuttavia, se tutto ciò è in gran parte vero, o lo è stato, una interpretazione del genere non è sufficiente a dar ragione di una realtà assai più complessa e variegata. Certo, tutti sentiamo forte il richiamo delle gioie infantili, che però non si limitano alle letture degli albi a fumetti e dunque il collegamento non è così immediato. Il collezionismo di fumetti, inoltre, continua a far proseliti anche fra le generazioni che non hanno subito tutte le privazioni dei loro genitori, e in ogni caso riesce a interessare anche chi, da bambino, è stato poco o punto lettore di comics. Oppure finisce per riguardare testate e personaggi che da piccoli neppure si conoscevano. Dunque, c’è dell’altro. Anzi, il risolvere il collezionismo di fumetti in una forma di feticistica nostalgia dell'infanzia non fa che accentuare e accrescere i pregiudizi, e non dà ragione di quanti amano il fumetto con consapevolezza, riconoscendone la capacità espressiva, di comunicazione e mediazione culturale.
In realtà, alla base di ogni collezione c'è, ed è evidente, un grande attaccamento affettivo per gli oggetti collezionati e per ciò che essi rappresentano. Non solo, però, per i ricordi che possono suscitare, ma anche per le emozioni che riescono a trasmettere, la bellezza formale di cui sono portatori, la ricchezza culturale di cui risultano depositari e così via. Insomma, così come si collezionano sculture, quadri, o libri, perché sono belli, perché ci trasmettono, misteriosamente, qualcosa, lo stesso vale per i fumetti. Indipendentemente dalle reminiscenze infantili.



C’è un altro aspetto da considerare. Il collezionismo di qualsiasi genere di oggetti è, in fondo, un piacevole passatempo. Un gioco che deve servire a scaricare le tensioni, e non a crearne. Ecco: collezionare fumetti permette di valorizzare l’aspetto gradevolmente ludico, e perfino catartico, della raccolta. Cioè, se raccogliere francobolli, monete o auto d’epoca caricano il gioco di troppe complicanze relative al prezzo, alla custodia, alla salvaguardia, alle tasse e tutto quanto entra in ballo di fronte a beni di oggettivo valore, il piacere rischia di essere vanificato dalle eccessive preoccupazioni. Il gioco si trasforma in affare; gli interessi cominciano a esulare dalla mera ludicità della faccenda; il divertimento non è più il fine ultimo, e spesso scompare. Benché anche con i fumetti (soprattutto quando si ha a che fare con pezzi rari e preziosi) i rischi del genere non siano esclusi, tuttavia il fatto stesso di avere a che fare con personaggi avventurosi, storie divertenti, racconti fantastici creati appositamente per intrattenere, ecco che la ludicità della pratica collezionista riesce a essere maggiormente presente agli occhi di chi la esercita, e di conseguenza la funzione liberatoria e riposante riesce a esplicarsi con più facilità. Volendo, torneremo a parlarne e magari diremo qualcosa sui pezzi rari zagoriani (come le buste che vedete nella foto). Chissà se interessa.