domenica 5 dicembre 2010

LA', DIO C'E'

Se è vero che Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo, non sarà nominarlo invano far notare come l'anagramma di "edicola" è appunto "Là, Dio c'è".
Peraltro, quelli come me abituati a comprare fumetti proprio dai giornalai, sanno benissimo quanto renda felici la visita quotidiana al proprio edicolante di fiducia. E trovare qualcosa di bello da sfogliare, da leggere e poi da tenere di conto nei propri scaffali, rimirando ogni giorno la fila di costoline che vi fanno bella mostra, dimostra senza dubbio, al pari dell'alba e del tramonto, la bontà e la misericordia del Padreterno.

Proprio a questo pensavo ieri sera, dopo aver finito l'albo a fumetti che avevo sottomano. Era l'ultimo numero di Lilith, di Luca Enoch (la storia groenlandese "Il mantello dell'orso"), ma avrebbe potuto essere una cosa qualsiasi fra quelle che ho letto da quarant'anni a questa parte e che mi sono piaciute. Insomma, mi sono detto, che bello leggere i fumetti. Possibile, che dopo tanto tempo non mi sia ancora stancato? Possibile, che dopo una giornata passata a scrivere sceneggiature e correggere tavole, abbia ancora voglia, la sera, di vedere disegni e balloon? E poi, un'altra terribile domanda: possibile che la maggior parte dei ragazzi coetanei dei miei figli, che mi capita di vedere spesso, non abbiano lo stesso gusto? Perché mai ore interminabili passate a chattare su Facebook o a giocare alla playstation o a guardare la TV dovrebbero essere più attraenti che leggere Lilith o qualunque altro fumetto? L'offerta è vastissima, ciascuno potrebbe trovare il fumetto che fa per lui.

E' chiaro che c'è una disabitudine verso la lettura, una minore disponibilità a concentrarsi nella comprensione di un testo, una richiesta di maggiore fruibilità e immediatezza di qualunque prodotto, un gusto diverso dal mio per l'interattività e la multimedialità e, soprattutto, la digitalità e la fruizione tecnologica.

Però resta il fatto che ci sono dei fumetti dannatamente belli. E le cose belle dovrebbero piacere a chiunque abbia occhi per vedere e cuore per sentire. Sulla gioventù bruciata e sulla percezione (o non-percezione) giovanile della narrativa disegnata ho già raccontato un aneddoto divertente che potete, volendo, andare a rileggere, ma quello era davvero un caso limite. Ho anche già scritto sulla necessità di digitalizzare il più possibile (e il più velocemente possibile) le nostre proposte a fumetti.

Ma c'è qualcosa che mi sembra il caso di aggiungere: non c'è più religione. Nel senso che se Dio c'è, là, in edicola, è proprio là che i ragazzi non vanno più. Cioè, non passano dal giornalaio. A me sembra incredibile, ma è così. Sembra incredibile perché per me è sempre stato un rito di tutti i giorni. Andavo a scuola, alle medie come alle superiori, e ogni mattina mi fermavo, lungo il tragitto, nella mia edicola. Entravo dentro e mi guardavo tutti gli scaffali. Dal primo all'ultimo. Vedevo subito se erano usciti Tex o Alan Ford. Prendevo Urania, o Eureka. Compravo Il Monello o Topolino. Non mi facevo mancare L'Uomo Ragno e I Fantastici Quattro. Se c'era una novità, mi brillavano gli occhi. La sfogliavo lì, dalla prima all'ultima pagina. Le copertine colorati, i loghi delle testate, gli speciali e i supplementi, non mi sfuggiva nulla. Per i più giovani, era impossibile non notare Zagor, con la sua casacca rossa, le mitiche copertine di Ferri, i bei titoli emozionanti. E oggi?

I miei figli e i loro amici non vanno in edicola quasi mai. Non dico che la evitano, ma certo non viene loro in mente di passarci. E se ci entrano, non vedono niente, se non la rivista di videogiochi e forse (molto forse) il manga del cartone animato che vedono in TV (ma che non comprano). Ma in generale, dal giornalaio non ci vanno. Dunque, se anche uscisse il fumetto più bello del mondo, loro non lo saprebbero. Non se ne accorgerebbero.

Il problema, dunque, non è che i fumetti non sono belli e i ragazzi non li comprano perché, avendoli letti, non li apprezzano. Il problema è che i ragazzi non sanno neppure che esistono, quei fumetti che potrebbero loro piacere.

Loro non visitano le edicole, visitano i siti dove si scaricano le app per i telefonini e gli Ipad. Perciò, secondo me, è evidente che non si tratta soltanto di rendere disponibili in formato digitale le nostre storie, ma almeno di trovare il modo di informare i pargoli sul fatto che ci sono delle cose belle, delle figate pazzesche, che escono in edicola, dove qualcuno potrebbe anche andare a cercarle e magari poi parlarne con gli amici su Facebook, condividendo l'esperienza positiva. Continuiamo pure a fare i nostri bei fumetti su carta, ma troviamo il modo di far sapere che esistono ai nostri figli. Come? Ah, beh. Facendogli vedere qualche anteprima là dove vanno loro senza muoversi di casa. Sui social network, sui negozi digitali, nei siti dove si scaricano applicazioni, su Youtube, nel circuito dei blog, rendendo più attraenti e vivaci i nostri siti di fumetti, e chi ha qualche altra idea la tiri fuori.

A me ne viene spesso in mente una, tutte le volte che mi capita di intravedere la pubblicità che va in onda di pomeriggio, subito dopo pranzo, fra un cartone animato e l'altro: essendo mirata a un target giovanile, il più delle volte si vedono spot riguardanti prodotti mirati, come giochi o merendine, ma ci sono anche delle telepromozioni terrificanti in cui degli pseudogiovanissimi (che in realtà avranno tra i venticinque o i trent'anni) sembrano divertirsi un mondo con gli Skifidol o cose repellenti come gelatine piene di vermi, barattoli di vomito, figurine puzzolenti che emano tanfi se grattate e via dicendo. Ora, se ci fossero degli attori veramente ragazzi che invece di pubblicizzare e cose del genere esaltassero la bellezza dell' oggetto fumetto, da acquistare in edicola, sfogliare, leggere e collezionare, non ne guadagnerebbero soltanto i fumetti ma anche il buon gusto e la salute mentale della società.