giovedì 14 aprile 2011

TRENT'ANNI DOPO

Quando l'ho raccontato ai miei figli, sono stato ascoltato con interesse e curiosità. Poi mi hanno sommerso di domande. Alla fine, una delle ragazze ha sospirato: "eeh, non vedo l'ora che capiti anche a me". E il giorno dopo, mi ha detto di aver fatto un patto solenne con alcuni dei suoi compagni di classe, giurando di non perdersi di vista e di ritrovarsi anche a distanza di anni dopo la maturità. Nel giugno prossimo saranno esattamente trent'anni da quando io ho superato la mia: l'occasione è servita a farmi ritrovare con una quindicina dei miei amici con cui ho condiviso per un lustro i banchi del Liceo Classico Cicognini di Prato, all'epoca in cui la città era ancora in provincia di Firenze.

Vi ho già parlato di loro e perciò sapete che c'era nell'aria una reunion. Alcuni, davvero non li vedevo dal giorno dell'ultimo esame scritto. Con altri, c'era stata un'altra cena diciassette anni fa. Pochissimi, un paio, quelli di cui avevo ancora i numeri di telefono. Non perché abbia voluto tagliare i ponti, ma soltanto perché il tempo è passato senza farci rincontrare. Mi sono trovato a percorrere strade diverse, sempre pensando che il giorno dopo, di sicuro, sarei passato a salutare Serenella o avrei telefonato ad Angelo per chiedergli che cosa stesse facendo di bello. Perché, ed è questa la cosa che più mi colpisce, soltanto adesso mi sono reso conto che tra il 1981 a oggi ci sono tre decenni nel mezzo. E' incredibile. Giurerei di aver lasciato i miei compagni in classe ieri mattina, o di avere continuato a vederli e a essere in confidenza con loro esattamente come ai tempi in cui sedevamo tutti insieme nell'aula della terza A. Invece ci sono trent'anni della loro vita che non conosco.

Eppure, è bastato rivederli per azzerare il tempo. Siamo sempre noi. Gli stessi dei tempi del liceo. Stessi occhi, stessi sguardi, stessi sorrisi, stessi gesti, stesse voci. Praticamente non ho esitato a riconoscere nessuno, tranne un paio di casi risolti comunque in dieci secondi, anche se c'è chi ha perso i capelli e chi ha acquistato chili (io, temo, tutte e due le cose). Nel giro di un minuto, eravamo di nuovo una scolaresca. La cameriera del ristorante cercava di zittirci per raccogliere gli ordini, e alzava la voce per far cessare il chiacchiericcio. Ci mancava soltanto che minacciasse di metterci una nota sul registro o di mandarci dal preside.


L'emozione ci ha impedito di sederci seconda una logica o di organizzare il tavolo nel modo più razionale e perfino di scattare foto decenti. Le poche che vedete in queste pagine sono decisamente orribili. O meravigliose, a seconda dei punti di vista. Le ha scattate Oria, che ha gli stessi occhietti vispi di sempre ma non sa strizzarli nel modo giusto per guardare dentro l'obiettivo. Però fu lei a farmi la foto che avete già visto, in cui dormivo come un putto del Tintoretto sul sedile del pullman che ci portò in gita a fare il giro delle ville venete.

Abbiamo preso la parola a turno, con i tempi contingentati, per riassumere come in un bignamino la nostra vita negli ultimi trent'anni. Io per primo, subito invitato a stringere il racconto perché mi sono allargato troppo fin dalla cronaca dei miei bizzarri esami universitari e del mio avventuroso servizio militare.


Ho scoperto che il mio più vecchio amico d'infanzia, Francesco, quello che mi ha prestato le prime cassette di Tozzi e i primi libri di Asimov, e seguendo il quale sono andato al classico (finendoci perché ci andava lui), si è laureato in teologia e ha fatto volontariato in Africa in un lebbrosario, prima di sposarsi e fare due figli: dov'ero io, mentre succedeva? Gli ho detto: c'è gente che scappa in Africa dopo essersi sposato e aver fatto due figli. Oggi comunque, Francesco da Tozzi si dissocia, da Asimov non so.

A proposito, Alessandra (elegante in camicia leopardata nella foto accanto) è diventata avvocata divorzista ma, stranamente, tutti i miei compagni, tranne il sottoscritto e la sprintissima Tiziana, stanno conducendo (suppongo felicemente) il loro primo matrimonio. Forse Tiziana è sprintissima proprio perché non lo sta conducendo.

Simone è il compagno di classe venuto all'appuntamento da più lontano: addirittura da Cuba, dove vive facendo il produttore musicale. Eccolo qui in camicia rossa da rivoluzionario castrista. Nella foto di classe di trent'anni fa aveva un cesto di capelli che nemmeno Caparezza. Andate pure a cercare di riconoscerlo, nella foto della quinta ginnasio. E' quello accanto a me, sempre che a mia volta io sia con un po' di sforzo riconoscibile.

E' riuscito a raggiungerci anche Antonello, eletto più volte in parlamento come deputato. E' stato l'ultimo a presentarsi, dopo una serata passata a mandarci messaggini in cui prometteva di arrivare da un momento all'altro. Le classiche promesse dei politici. Alla fine ci hanno buttato fuori dal ristorante che doveva chiudere e lo abbiamo aspettato in piedi sul marciapiede. E' arrivato che doveva ancora cenare, e non so come, ma gli è bastato bussare alla porta chiusa e dire due parole al cameriere che hanno riaperto il locale per lui. Io al ristorante ho difficoltà persino a farmi portare dell'acqua dal garçon di turno anche durante gli orari di apertura, neppure se mi sbraccio facendo le segnalazioni con le bandierine come i marinai delle portaerei.

Sergio si è ricordato che quando veniva a casa mia per studiare, ripartiva con lo zaino pieno di albi di Zagor che gli prestavo. E alla fine si portava dietro un borsone apposta per prenderne di più. Mi ha chiesto se i ragazzi di oggi leggono ancora i fumetti, dato che lui non conosce nessuno che lo faccia. In realtà sarebbe bello se i fumetti li leggessero ancora i ragazzi di ieri, come lui, che purtroppo ha smesso.

Mi sono trovato seduto accanto a due Daniele, una delle quali è la stessa ragazza che vedete nella foto d'epoca in fondo al post. Guardate la simpatica bionda nella foto al ristorante, e la ragazza con l'ombrello che mi ascolta divertita più in basso. Sono la stessa persona, che per fortuna mi sorride sempre. Le altre sono Paola e Sara, anche loro presenti al rendez vous, e tutte e due praticamente identiche a com'erano la notte prima degli esami. Ma davvero sono passati trent'anni?