sabato 31 luglio 2010

GIOVENTU' BRUCIATA





Gli impiegati dell’anagrafe sono sempre increduli, quando uno sceneggiatore di fumetti si materializza di fronte a loro per la carta d’identità. “Professione?”, chiedono. “Sceneggiatore di fumetti”, rispondo. Sobbalzano con gli occhi sgranati, come se uno avesse risposto “pilota d’astronave” o “serial killer”. Non hanno mai preso in considerazione l'idea che qualcuno possa fare un mestiere del genere. A volte ho pensato di definirmi viticoltore (mi occupo di piccole vigne, le vignette) o tabaccaio (vendo fumo: le nuvolette dei dialoghi). Più o meno è lo stesso per i disegnatori. Si racconta che una volta Fernando Tacconi, uno fra i più grandi autori italiani, alla domanda dell’impiegato dell’anagrafe su quale fosse la sua professione, abbia risposto: “Illustratore”. E l’impiegato: “E che cosa lustra?”.

Recentemente, mi è successo qualcosa di simile. Dovete sapere che a casa ho appeso alle pareti alcune cornici con dentro tavole originali o disegni fatti per me dai fumettisti amici o che mi è capitato di conoscere. Nelle foto, vedete gli schizzi di Lina Buffolente (con il Piccolo Ranger) e di Moebius. Oltre a questi, ho qualche tavola di Alan Ford, di Zagor, di Nathan Never e così via. Un giorno, arrivano due tecnici del gas per fare un controllo al contatore. Sono un signore di una certa età (che è sempre un'età incerta, come diceva Marcello Marchesi) e un ragazzo piuttosto giovane, sui vent'anni. Mentre il più anziano ignora completamente i disegni alle pareti, quello giovane sgrana gli occhi affascinato. Lo vedo che si guarda attorno con meraviglia, passa da una cornice all'altra. Soddisfatto, penso: "Ecco uno che se ne intende! Ha riconosciuto Magnus! Leone Frollo! Moebius! Meno male che c'è ancora un giovane che legge fumetti, forse il mondo non è perduto!". Mi chiedo se, per caso, possa anche sapere chi sono io e di che cosa mi occupo.
A un certo punto, il ragazzo si decide. Mi si rivoge. Ecco, mi dico, adesso mi chiederà se per caso non sono "quel" Moreno Burattini che lavora alla Bonelli. No. Ciò che mi domanda è: "Ma te che fai? ...Il tatuatore?". Ho così capito che la cosa più vicina a un fumetto che conoscono i ventenni, sono i tatuaggi.

venerdì 30 luglio 2010

POVERO POLLICELLI

Nel post di ieri ho citato il nome di don Anacleto Bendazzi, prete ravennate, uno dei più geniali autori italiani di giochi di parole. Talmente geniale che, per fare un esempio, se credete che la parola italiana più lunga sia precipitevolissimevolmente, di ventisei lettere, identificata nel 1677 da Francesco Moneti, vi sbagliate. Don Anacleto ne ha trovate tre più estese: incontrovertibilissimamente, particolareggiatissimamente e anticostituzionalissimamente (di ventisette e ventotto lettere). E ancora, talmente geniale da aver scritto una “Vita di Cristo in mille anagrammi”. Uno è questo: “Nell'orto di Getsemani, - sento dolenti lagrime”. Immaginate dunque un racconto di senso compiuto composto da mille frasi che si anagrammano a vicenda. La maggior parte dei giochi del Bendazzi sono contenuti in un libretto rarissimo, stampato in sole duemila copie, intitolato “Bizzarrie letterarie”. Il libro, pubblicato a spese dell’autore, risulta finito di stampare “il 15-1-‘51", una data scelta apposta perché palindroma (si legge anche da destra a sinistra) e ambigrammatica (si legge anche capovolgendo il sotto e il sopra). Sulla sua tomba, c'è l’epitaffio che don Anacleto si scrisse dice: Putredine - di un prete / storico di - Cristo Dio. Ovviamente, la seconda parte di ogni frase è l’anagramma della prima. Ma la cosa più incredibile è che Bendazzi è morto all'età di 99 anni (numero palindromo) in una data anch'essa palindroma e ambigrammatica, il 28-2-’82. Altro che madonnine che piangono sangue, sono questi i veri miracoli.
Mi è venuto in mente chi fu il primo a parlarmi di don Anacleto. Fu Giuseppe Pollicelli. Il nome non dovrebbe essere nuovo ai lettori di fumetti, dato che Giuseppe è stato, ed ancora è, uno dei più attivi, intelligenti ed acuti critici del nostro medium preferito, autore di molti libri e articoli, curatore di riviste, collaboratore di case editrici. Ho il forte sospetto , e non lo dico per farmene un vanto ma per la mia stessa curiosità di sapere se sia vero, di essere stato io il primo a scoprirlo facendolo scrivere non so se già su “Collezionare” o direttamente su “Dime Press”, un po’ come è accaduto per Stefano Priarone, comunque ha poca importanza: sicuramente era molto giovane quando l’ho conosciuto (è del 1974, dunque di dodici anni più piccolo di me), e ne ho subito ammirato la grande capacità di analisi e di scrittura, e per il poco che ho potuto ho cercato di valorizzarlo. Il merito non è mio, ma suo. Gli zagoriani, poi, dovrebbero dedicargli un monumento, o almeno un busto, visto che ha fondato il primo “Zagor Club” (ora ne esiste un altro) e ha diretto quella bellissima rivista chiamata “Darkwood Monitor” (oggi ricercatissima dai collezionisti). Chi segue un po’ quello che scrivo, si sarà accorto che è sua la prefazione al libro mio e di Graziano Romani dedicato a Gallieno Ferri, pubblicato da Coniglio Editore.
Pollicelli è anche un poeta (oserei dire pasoliniano, data la sua grande ammirazione verso PPP), e nel 2008 ha dato alle stampe la raccolta “Che quantità d’amore vuoi”, contenuta nella collana “Baguettes” sempre della Coniglio. Libro assolutamente consigliato. Ma, da qualche anno, Giuseppe si occupa soprattutto di teatro, sia come attore che come autore. La compagnia romana di cui fa parte, la AdLP, ha messo in scena, nella scorsa stagione, con grande successo, un suo testo intitolato “Suicide Veejay Show”. In fondo trovate il trailer della commedia, visibile su YouTube. Sempre cercando su YouTube si possono vedere diversi suoi interventi televisivi, in cui si occupa di calcio.
Forse vi state chiedendo (ma anche se non ve lo chiedete, ormai ve lo dico lo stesso) perché mai Pollicelli mi abbia parlato di don Bendazzi. Accadde nel 1997 quando Giuseppe pensò di dare alle stampe, a proprie spese come il sacerdote di Ravenna aveva fatto con il suo testo, un libro intitolato “Quisquilie letterarie”, in cui è evidente il riferimento bendazziano. Conoscendo come anch’io coltivassi la sua passione per i calembour e l’enigmistica basata sulle parole, Pollicelli mi chiese di scrivere una prefazione. Cosa che io feci con grande piacere. Da cosa deriva il nostro comune intetesse per questo tipo di cose? Dal fatto che non si può rimanere indifferenti di fronte alla constatazione che “attore” è l’anagramma di “teatro”, “bibliotecario” è “beato coi libri” e “Saturno” è “un astro”. Vien quasi da credere che non possa essere un caso (guarda la combinazione, anagramma di caos) ma che ci sia dietro un disegno divino, o una legge scientifica su cui forse potrebbe illuminarci Piero Angela (il cui anagramma, del resto, è “apre al genio”, definizione che si adatta quanto mai alla sua missione di divulgatore del sapere). Il sottoscritto, Moreno Burattini, non più bellissimo ma sempre inmnamorato, può del resto mescolare le lettere del proprio nome ottenendo la calzante bollatura di "bruttino in amore".
Scrive Umberto Eco: “Alle origini, enigma, poesia e metafora sono strettamente intrecciati, Aristotele lo sapeva. La più alta delle metafore poetiche e il più meccanico degli enigmi hanno in comune il fatto che le parole possano dire più di quel vogliono dire. Tra giochi di parole, lapsus, sogno e invenzione corrono legami sottili”. Uno dei miei autori preferiti, Isaac Asimov, scrisse una volta: “considero il gioco di parole la forma più nobile di umorismo”. Voleva dire, se non intendo male, che mentre gli scivoloni sulle bucce di banana o le torte in faccia sono un tipo di humour molto immediato, godibile anche da un analfabeta, il gioco di parole richiede non di rado, per essere perfettamente compreso, una certa cultura, una certa dimestichezza con le lettere, una certa raffinatezza di palato da parte del fruitore. Del resto, a quanto pare, il calembour deve il proprio nome a un conte, dimorante a Parigi sotto il Re Sole e molto dotato in questa ginnastica di parole. Ginnastica dunque praticata più da nobili che da plebei. Ma, come scrissi nella mia prefazione, ciò non significa che anche noi plebei non ci si diverta con dei nostri lazzi verbali. Ci sono calembour di una certa arguzia e complessità che circolano da secoli fra il popolaccio. Natalia Ginzburg, in Lessico Famigliare, ricorda un gioco di parole piuttosto osé che gli fu insegnato da un monello quando era bambina. Bisognava ripetere questa frase: “Il baco del calo del malo”, cambiando ogni volta una vocale: “Il beco del chelo del melo” e così via, fino al risultato (più o meno esilarante a seconda del contesto in cui avviene la ripetizione) che tutti possono immaginare quando si arriva alla “u”. Del resto, sono passate alla storia barzellette come questa: su un bus affollato, un giovanotto va a sbattere contro una signora: - Scusi il cozzo, dice lui, e lei: - Si figuri, a me pioce. E non è un gioco di parole fin dal titolo, il poema goliardico Ifigonia in Culide che fra la plebe è assai più noto della tragedia di Euripide, Ifigenia in Aulide? Non stonano, dunque fra le “quisquilie” verbali le più piccanti e triviali, che anzi fanno riferimento a una tradizione millenaria. La stessa a cui appartiene l’arcinoto indovinello: Berlusconi ce l’ha lungo, Fini ce l’ha corto (cambiare i nomi a piacimento), il marito lo dà alla moglie. Soluzione: il cognome.
Ma tornando ai giochi di parole più sofisticati, Ieri ho minacciato di deliziarvi con le facezie enigmistiche. Oggi, tanto per dimostrare che non minaccio invano, vi propongo quello che ritengo il mio sforzo meglio riuscito. Si tratta di un esercizio in cui mi sono divertito a giocare con le iniziali. E’ un gioco letterario fra i più noti: si tratta di sintetizzare la vita di un personaggio famoso o immaginario usando solo parole con l’iniziale del personaggio in questione. Dovendo riassumere la più celebre opera di Collodi, insomma, si potrebbe incominciare dicendo: “Povero Pinocchio...” e proseguendo il più a lungo possibile, creando un discorso di senso compiuto composto però soltanto da parole che inizino con la “p”. Nella mia prefazione a “Quisqulie letterarie”, ho fatto lo stesso con Pollicelli. Ecco il risultato.

Povero Pollicelli (per pochi: Peppe), perenne Peter Pan, Pierino perditempo, perché progetti pervicacemente passatempi paradossali? Per pecunia, per premi? Penso permangano poche possibilità. Per puro piacere? Puah! Piuttosto, per provare piccole prodezze. Perciò prendi parole, poi provvedi perciocché, pian piano, ponderatamente (pasticciando, plasmando) piglino parvenze pittoresche, pungenti, piccanti, parodistiche, proteiformi. Perfino psicanalitiche! Prestidigitazione? Piroette? Pop-art? Palle! Parliamone pure: pare piuttosto piccosa petulanza, persistente presunzione. Peppino: piantala, porca puttana! Pardon, paletta.

E dato che uno degli scopi di questo blog è lasciare qualche traccia e memoria di quel che ho fatto, concludo citando il passo finale della prefazione scritta per Giuseppe: «Mi si farà notare che non tutte le “quisquilie” di Pollicelli sono giochi di parole in senso stretto. Ci sono interviste, testi umoristici, parodie. Appunto, forse non sono giochi di parole in senso stretto, ma lo sono, eccome, in senso lato. Insomma, poco ci manca. Goal? No! Angolo. E, controllare, per credere, “Goal? No!” è appunto l’anagramma di “Angolo”». Applausi. Non per me. Per Pollicelli, scrittore, poeta e attore.






giovedì 29 luglio 2010

CHI STANA SATANIK?





Uno fra i più famosi anagrammi della storia, e che secondo alcuni dimostra l’esistenza di Dio perché certe cose non capitano per caso, è contenuto nella versione latina del Vangelo di Giovanni (18,38). Stando al quarto evangelista, Ponzio Pilato avrebbe domandato a Gesù: “Quid est veritas?”, cioè: che cos’è la verità? La risposta sarebbe stata: “Est vir qui adest”, è l’uomo che hai davanti, cioè una frase che rimescola le lettere della domanda. In realtà, Gesù non rispose proprio così, ma quasi: l’anagramma è il frutto del lavoro di don Anacleto Bendazzi, un prete ravennate scomparso da una ventina d’anni, uno dei massimi esperti italiani di giochi di parole, o di “bazzecole andanti”, come diceva lui anagrammando il suo nome. Io mi accontento del mio anagramma “Monitor e tribuna” che ben si adatta a questo blog. Un giorno pubblicherò un post in cui vi diletterò con le mie facezie enigmistiche, ma intanto potete vedere da soli che il “chi stana” del titolo di questo post, nella versione fonetica “ki stana”, è l’anagramma di “Satanik”. E la risposta alla domanda “chi stana Satanik?” è: quelli di Nocturno, con la loro “Cinekult”, collana di DVD dedicata ai film di genere degli anni Sessanta e Settanta. “Cinekult” che, se fosse un sito dedicato ai film sexy, potrebbe essere anagammato in “Keculi.net”, ma questo è un altro discorso.

Perché ve ne parlo? Il primo motivo è perché è appena uscita, il 13 luglio, proprio in quella collana, una imperdibile versione in DVD del film “Satanik”, di Piero Vivarelli, una produzione italiana del 1968 con Magda Konopka nel ruolo della strega di Magnus & Bunker, e con lo stesso Bunker che figura tra gli sceneggiatori. Erotismo, azione, intrigo, strip-tease e delitti sono garantiti, anche se ovviamente nei limiti degli standard e dei budget del genere. Il secondo motivo è che anch’io sono stato coinvolto nell’operazione. Dopo lo “Speciale Alan Ford” di Collezionare, “Alan Ford Index” edito da Paolo Ferriani, i volumi di “Alan Ford Story” e le decine di articoli scritti dovunque nel corso di venticinque anni, mi sono fatto la fama, immeritata, di massimo esperto vivente della produzione bunkeriana. Così, i redattori della rivista “Nocturno”, che curano i contenuti speciali della collana, mi hanno contattato e abbiamo realizzato una lunga intervista su Max Bunker, Satanik, il fumetto nero e quello erotico, che compare nel DVD. Insomma, chi fosse attratto dalle grazie di Magda Konopka rischia di trovarsi sullo schermo del televisore anche il faccione del sottoscritto. Potete vedere poco sopra appunto le grazie della Konopka e un dsegno di Mgnus raffigurante Marny Bannister, alias Satanik (copyright MBP).

Con me, sono stati intervistati anche Luigi Corteggi, Maurizio Colombo, Lamberto Bava e Corrado Farina. Oltre al film di Vivarelli, il DVD contiene anche “The diabolikal super-kriminal”, un documentario di Ss-Sunda basato sul fotoromanzo sexy-splatter “Killing”, il più censurato del mondo, a quarant’anni dalla sua nascita. Mi piacerebbe dilungarmi sull’importanza di Satanik nel fumetto italiano, ma dato che ho detto quasi tutto nell’intervista, rimando gli interessati ai contenuti speciali del cofanetto di “Cinekult”.

mercoledì 28 luglio 2010

L’EDICOLA NON PERDONA


Nell’ufficio di Sergio Bonelli c’è un cartello che mi impressiona tutte le volte che lo leggo. Dice: “Dio perdona, l’edicola no”. Mi torna in mente quella frase ogni volta che constato il ripetersi il fenomeno della scomparsa di Zagor dalle edicole a pochi giorni dall’uscita di ogni nuovo numero. In realtà, il discorso non riguarda soltanto lo Spirito con la Scure, ma la maggior parte delle testate a fumetti, quelle che non hanno tirature stratosferiche. Per cui diciamo che possiamo prendere Zagor come esempio e paradigma, volendo trattare un tema che riguarda quasi tutte le pubblicazioni del genere. Prima di proseguire, vorrei premettere che, per indole e buona educazione, ho il massimo rispetto per il lavoro altrui. Perciò, non ho niente da insegnare agli edicolanti, ai distributori e agli editori, figure da cui, nella mia ignoranza, ho soltanto da imparare. Tutti, ne sono convinto, fanno il loro lavoro molto meglio di come io faccia il mio. Tuttavia, diciamo che nei panni del semplice lettore, o se vogliamo, del perfetto frequentatore delle edicola (che da sempre mi attirano come le mosche il miele), mi limito a riferire quel che mi è stato detto e a riportare fedele testimonianza di ciò che ho visto con i miei occhi, per poi, dopo essermi fatto delle inevitabili domande, provo a ragionarci sopra e a trarre, se possibile, delle conclusioni, pur destinate a lasciare il tempo che trovano, essendo frutto delle elucubrazioni estive di un perfetto profano. Ordunque, come ho già raccontato, domenica scorsa ho fatto una gita in montagna. Le località che ho visitato erano affollate dalle torme di vacanzieri tipiche della bella stagione.

A Gavinana, un ridente paesino sulle montagne pistoiesi, ottocentoventi metri sul livello del mare, entro nell’edicola affacciata sulla piazza (quella nella foto qui accanto) e mi sorprendo di non trovare Zagor in esposizione, dato che volevo comprare una copia de “Il ritorno di Digging Bill” da regalare a un amico. Il giornalaio, che ben conosco, mi dice che, per carità, arrivano tutti i mesi due copie e dopo un giorno sono già esaurite, acquistate dai due aficionados locali. Questo, dico io, nei mesi invernali, quando nel borgo ci sono mille abitanti. Ma d’estate, quando diventano tremila? Le copie non aumentano? “Non me ne parlare! – si infervora l’edicolante – Io lo chiedo, ma dal distributore locale non c’è da aspettarsi niente! Guarda qua quante copie della Settimana Enigmistica mi hanno mandato! Meno di quelle che mandano a novembre! E io ne ho bisogno di cinque volte tante!”. E giù improperi, dato che lo stesso vale, sembra, per diverse riviste femminili e persino per alcuni quotidiani. Il mio amico si dice insoddisfatto del servizio che riceve: come si può fare del commercio, si chiede, se si è in balia di un fornitore unico che fa come gli pare e non tiene in nessun conto le richieste dei rivenditori?
Ponenendomi anch’io la stessa domanda, e sempre alla ricerca di Zagor, vago per gli altri paesi della vallata. Niente da fare. Zagor è arrivato all’inizio del mese nello stesso numero di copie di sempre, è stato acquistato da chi lo aspettava il giorno esatto dell’uscita e poi è sparito dalle edicole. Chi fosse in vacanza e volesse comprarlo, non lo trova. Mi spingo fino a Fiumalbo, in Emilia Romagna, e anche lì è la solita storia. Oggi, per caso, sono passato dalla grande libreria Mondadori di via Marghera, a Milano, e ho gettato un’occhiata al reparto fumetti. Avevo visto parecchie copie de “Il ritorno di Digging Bill”, una ventina di giorni fa. Non ce n’era nemmeno una. E’ questo un fenomeno che mi capita spesso di notare in molte edicole: Zagor sembra non esserci. Non mi stupisco quando qualcuno mi chiede se esca ancora: in effetti, a degli occhi distratti, non è facile vedere in giro gli albi lo Spirito con la Scure man mano che il mese progredisce, dopo il giorno dell’uscita (che di solito è il due). Parlando con molti lettori, ricevo spesso la stessa testimonianza: Zagor esce, viene acquistato dai fedelissimi, e sparisce. Difficile che si possa aumentare di molto le vendite, nel caso ipotetico ed estremamente improbabile che fosse possibile, se i potenziali lettori non lo vedono esposto quando passano davanti al chiosco. Magari qualcuno dei duecentocinquantamila lettori dell'epoca nolittiana potrebbe essere incuriosito dalla copertina con Digging Bill che c'è questo mese, se la vedesse, e tornare a comprare la testata. Ma se non la vede? Ora, si potrebbe pensare, proseguendo nelle nostre chiacchiere da bar e seguendo la logica comune, che sia un problema di tiratura. Stampando più copie, se ne potrebbero distribuire in maggior numero. Ma non è così: la stampa, ovviamente, costa e l’aumento di vendite che si ricava dall’aumento delle tirature non compensa, pare, il maggior investimento tipografico. Anzi, tutte le case editrici sono molto attente a bilanciare le copie tirate con le previsioni di venduto, e siccome il venduto, in generale, tende a calare, calano anche le tirature. Zagor, per fortuna, sembra godere di uno zoccolo duro che lo fa resistere sopra quota quarantamila, e infatti dalle edicole sparisce. Ma se volessimo far arrivare una copia in più là dove tutti i mesi ne arrivano due e due vengono vendute, giusto per far vedere al mondo che dopo cinquant’anni ci siamo ancora, come possiamo fare? Non tocca al semplice lettore trovare soluzioni a problemi tanto escatologici, ovviamente.
Però, si sa che ogni testata ha delle rese. Le rese sono, peraltro, fisiologiche per qualsiasi pubblicazione, in minore o maggiore percentuale sulla tiratura. Ed è anche evidente che ci sono delle edicole dove, andando a vedere, tre Zagor (o tre Brendon, o tre Lazarus Ledd, o tre Dampyr) erano arrivati e tre ne restano fino all’ultimo giorno prima del ritiro. Ecco, senza saper né leggere né scrivere, mi chiedo perché qualcuna di queste copie date alle edicola dove non si vendono (magari per insipienza o disinteresse dell’edicolante) non venga mandata a quelle rivendite dove, distribuendone due, due vengono vendute. Possibile che i distributori locali non riescano a distribuire le testate sulla base del semplice ragionamento di mandare sempre una copia in più di una rivista là dove quella testata va regolarmente esaurita? Naturalmente, togliendo quella copia da quelle edicola dove invece la stessa testata ha regolarmente delle rese. Il discorso, vale, come si vede, per tutte le pubblicazioni. La regola dovrebbe essere questa: dove una pubblicazione va esaurita, la volta dopo si mandano più copie. Dove non vende, se ne mandano di meno. Dovrebbe essere così. Ma non è. Pur essendo un ragionamento che viene in mente anche a un profano non particolarmente acuto come il sottoscritto, mi sembra che non faccia una piega, o se la fa mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse dove e gliene sarei grato. Però, mi sembrerebbe anche logico mandare il doppio o il triplo di copie della Settimana Enigmistica in un paesino di montagna dove d’estate gli abitanti raddoppiano o triplicano a causa dei vacanzieri, ma per quanto l’edicolante sbraiti, chi lo rifornisce gliene porta la metà. Si vede che ci sono misteri che sfuggono a noi comuni acquirenti di giornali costantemente in cerca delle nostre pubblicazioni preferite.
Non sono l’unico a esprimere questo tipo di perplessità. Proprio oggi, ho letto sul forum di Comicus la lamentazione di un utente che annunciava la sua intenzione di smettere di compare Alan Ford Story, mandato in edicola da Mondadori, con l’ultima storia di Magnus. Scrive il disertore: “Purtroppo la scelta non è dettata dal cambio di disegnatore, bensì dalla pessima distribuzione che ha subito nella mia città questa serie negli ultimi mesi. A volte, per una e anche più settimane l'uscita è saltata, ed io e il mio edicolante ci siamo girati mezza città per trovare una copia da altre edicole, col risultato che adesso ho un buco di un numero nella collezione. Non capisco che senso abbia stampare dei volumi se poi vengono distribuiti così male, sembra quasi che ogni volta qualcuno mi facesse un favore a vendermi una copia.”. Poiché anch’io lavoro ad AFS come prefattore e chiosatore,mi sento frustrato pensando che mi do tanto da fare per svolgere al meglio il mio compito per poi vederlo vanificato dal fatto che non arriva nelle mani di chi è interessato a leggermi.

lunedì 26 luglio 2010

NON C'E' DUE SENZA TRE


Ho letto Tex per anni senza immaginare che venisse scritto a due vallate di distanza dal posto dove sono nato e dalla casa dove ancora oggi vivono i miei genitori. In realtà, le due vallate di distanza corrispondono a un cambio di regione, in Toscana la mia, in Emilia Romagna quella dove si trova Fiumalbo, un bellissimo borgo appenninico in provincia di Modena (quello nella foto). In tutto, comunque, saranno una trentina di chilometri di strada. E’ a Fiumalbo, infatti, che vive per molti mesi dell’anno Claudio Nizzi, lo sceneggiatore con più avventure di Tex all’attivo, e con un curriculum di storie per altri personaggi lungo come un elenco del telefono. Una ventina di anni fa andai a trovarlo per la prima volta. Da allora, ci sono tornato in varie occasioni. Ricordo che parlavamo del Texone di Magnus (qui sotto un disegno appunto di Magnus con il mitico Ranger) mentre era ancora in corso d'opera, Nizzi mi raccontava della maniacalità con cui il disegnatore portava avanti il lavoro. Una volta, insieme a me c’era anche Sergio Bonelli con mezza redazione: fu quando venne inaugurata la mostra “Tex a Fiumalbo”, annunciata da una strepitosa locandina di Giovanni Ticci.

Durante le mie due ultime visite nel suo paese, a distanza più o meno di un anno l’una dall’altra, Nizzi non era in casa (giustamente, in altre faccende affaccendato altrove), ma il borgo si presta per essere goduto anche in sua assenza e anzi lo raccomando per una gita, estiva o invernale che sia. Però, un segno della presenza sono riuscito comunque a coglierlo sia l’anno scorso,che questo.
Ieri, infatti, passando per l’edicola del centro storico, ho comprato (con mia grande soddisfazione), il terzo romanzo dello sceneggiatore texiano, da qualche anno convertitosi alla narrativa. E’ appena uscito, si intitola “Il pretino”, ed è pubblicato da Mobydick nella collona “I libri dello Zelig”. Formato tascabile, centosessanta pagine, tredici euro. Come i precedenti, è ambientato nell’immaginario paesino di Borgo Torre, negli anni Cinquanta. Immaginario per modo di dire, perché poi è facile identificarlo proprio in Fiumalbo oppure, come Nizzi sostiene, in uno dei piccoli borghi del Frignano, l’appennino modenese all’ombra del Cimone, monte che infatti viene citato fin dalle prime righe.

Qualunque sia la vostra opinione sullo sceneggiatore di fumetti, non dovreste perdervi le sue prove come scrittore. La sua prosa è brillante, godibile, puntuale, ficcante, essenziale e senza fronzoli ma straordinariamente efficace. Ma soprattutto, sono divertenti le trame. Nizzi , qui accanto nella foto al centro, si colloca fra Giovanni Guareschi e Andrea Vitali ma si capisce che, come quest’ultimo, ha per modello Piero Chiara. Il primo romanzo nizziano, "L'epidemia", edito da Mobydick nel 2008, è giunto alla seconda edizione e ha vinto Premio “Frignano”. L’epidemia a cui si allude è quella di una improvvisa facilità sessuale da parte delle donne, giovani e meno giovani, di Borgo Torre: il primo ad accorgersene è il parroco a cui improvvisamente i più bizzarri peccati carnali vengono confessati, ma a complicare le cose ci sono di mezzo anche la politica e un delitto. Il secondo libro, del 2009, è “Il federale di Borgo Torre”, con una divertente satira dell’opportunismo politico abilmente mescolata con trame e sottotrame tutte assolutamente intriganti.

Adesso ecco “Il pretino” (l'elegante copertina è nella scansione qua accanto) che ho cominciato a leggere in metropolitana oggi a Milano e ho perso la mia fermata non riuscendo a staccare gli occhi per il divertimento. A Borgo Torre ci sono le elezioni comunali e a contendersi la carica di sindaco sono in tre: l'ex podestà riciclatosi tra i democristiani, un trinariciuto comunista giunto da Modena, inviato dalle gerarchie del partito, e una lista di "liberi pensatori". Sembra subito importante il ruolo giocato dal parroco, che però si è fatto male cadendo e la Curia ha inviato un giovane sacerdote a sostituirlo, un "pretino", appunto. Subito si innesca una girandola di intrighi, come nei romanzi precedenti.

Due annotazioni. Sono sicuro che anche Mobydick distribuisce il romanzo in maniera che tutti riescano a procurarselo, ma perché Nizzi non viene pubblicato da Mondadori, Rizzoli o Feltrinelli? Infine, la mia collezione di romanzi scritti da sceneggiatori di fumetti si arricchisce sempre più. Cito a memoria: Bepi Vigna, Lorenzo Bartoli, Claudio Chiaverotti, Paola Barbato, Tiziano Sclavi, Hugo Pratt, Alfredo Castelli, Lee Falk, Neil Gaimam, Chris Claremont, Mauro Boselli, Diego Cajelli, Max Bunker, Bonvi, Gianfranco Manfredi, Marcello Toninelli, Giuseppe Ferrandino e chissà chi mi sono dimenticato.


venerdì 23 luglio 2010

MI DISPIACE, DEVO ANDARE

Sto lavorando al cinquantesimo articolo di introduzione e commento alla collana Alan Ford Story, edita da Mondadori e in edicola ogni settimana allegata, a richiesta, a TV Sorrisi e Canzoni e a Panorama. Si tratta di quasi 15.000 battute a pezzo, cioè 8 cartelle settimanali. In tutto, finora, di cartelle ne ho dunque composte più o meno 400. Un vero e proprio libro di discrete dimensioni. E non è finita. Per il momento, i volumi previsti sono sessanta: devo lavorare, perciò, ancora ad altri dieci. In edicola, in questo momento (dal 21 luglio), c’è il numero 38: un punto cruciale, per la collana. Infatti, dato che ogni cartonato contiene due episodi di Alan Ford, vengono presentati gli albi originali n° 75 e n° 76, ovvero quelli in cui avviene il traumatico passaggio di consegne fra Magnus e Paolo Piffarerio. « “Chiunque abbia amato, porta una cicatrice”, scriveva nel 1850 Alfred de Musset, nelle sue Poesie nuove. E chiunque abbia amato Alan Ford, ha nel cuore la cicatrice dell’abbandono di Magnus»: così comincio il mio pezzo introduttivo, intitolato “Mi dispiace, devo andare”. Quando, un anno fa, fui contattato da Pasquale Ruggiero della Magic Press, che cura per Mondadori quella che è non tanto una ristampa quanto una edizione definitiva, i volumi previsti erano trenta: cioè, si intendevano ristampare soltanto i primi sessanta episodi di Magnus & Bunker. Il successo dell’iniziativa editoriale ha portato, già a metà del programma, al raddoppio. Da più parti mi chiedono se di nuovo ci sarà una proroga. Per il momento, non lo so. Tutto dipende, ovviamente, da come il pubblico accoglierà le storie disegnate da Piffarerio. Quando Magnus ruppe il sodalizio con Bunker, nel 1975, io avevo tredici anni. Per me, fu un trauma (qui sotto, il Gruppo TNT in un poster di Magnus, copyright MBP).
Oggi riesco a capire che il bravo Paolo (un signore che conosco e a cui, bontà sua, posso dare del tu) fu chiamato a un’impresa che avrebbe fatto capitolare chiunque, perché era impossibile uscire vincitori da un confronto con un disegnatore così amato come Roberto Raviola. Soltanto con il tempo il trauma si è riassorbito. In seguito, grazie alla trasmissione “SuperGulp” (dunque nel 1977 e nel 1978), Alan Ford acquistò una grande platea di nuovo pubblico, arrivato quando la gestione piffareriana era già cominciata, e dunque in grado di apprezzare il disegnatore di per sé e non sulla base della sua vicinanza allo stile magnusiano. Da quel momento in poi Piffarerio fu accettato, anche se lo scotto da pagare fu un abbassamento del target. Concludendo la mia introduzione ad Alan Ford Story n° 38, scrivo: «Il tempo passato permetterà anche ai più critici di rileggere con occhi diversi, alla luce dei fatti, le storie troppo frettolosamente giudicate all’epoca della loro prima uscita, riuscendo a valutarle con maggior ponderazione e magari a riscoprirle. I volumi di Alan Ford Story che seguiranno quello che avete in mano potrebbero riservare molte sorprese, perché se le storie disegnate da Magnus sono state lette e commentate un’infinità di volte, e su di loro sono scorsi i tradizionali fiumi di inchiostro, molto meno analizzati sono gli episodi successivi, su cui tante e interessanti sono ancora le cose da dire. Perciò, continuate a seguirci: il viaggio sarà ancora lungo e, credeteci, molto divertente».
In attesa di sapere se le riedizioni alanfordiane continueranno, so che sono state prorogate quelle di Kriminal: la collana Mondadori che ha ristampato sedici episodi in otto volumi, raddoppia visto il buon esito (qui accanto, la prima copertina originale di Luigi Corteggi, copyright MBP). Devo dire che curare Alan Ford Story, per quanto sia estremamente faticoso (dovendo sommare questo impegno a tutti gli altri da cui sono oberato e soprattutto dovendolo fare senza soluzione di continuità, a scadenze settimanali, da quasi un anno), mi sta dando molte soddisfazioni. Chi legge le mie note resta soddisfatto, e da più parti ho ricevuto apprezzamenti. Per quanto abbia tanto scritto, non mi scopro mai a corto di argomenti e, anzi, ogni volta devo tagliare del testo scritto in più. Ho fatto anche molte scoperte interessanti, come quella dell’insospettabile identità bonelliana di uno degli inchiostratori di Alan Ford che si nascondeva sotto lo pseudonimo di Enrico Fanti. A proposito di Bonelli, quando sono andato a riferirgli della proposta della Mondadori per una mia collaborazione come chiosatore alanfordiano, Sergio mi ha detto che non c'erano problemi e ha aggiunto: "Se diventerai famoso, ne saremo tutti contenti". Inutile il dire che mi piacerebbe fare lo stesso lavoro commentando una riedizioni definitiva e cartonata di Zagor. In mancanza di una iniziativa del genere in Italia, lo faccio per quella serba.
A titolo gratuito, per passione, non avendo altro da fare.

giovedì 22 luglio 2010

CABARET BONELLIANO



Si scherza, eh. :-)


- Che giudizio dai di BERETTA?
- Uno sceneggiatore di grosso calibro!

Bonelli non sopporta gli sceneggiatori indisciplinati che fanno di testa loro. Li vorrebbe tutti obbedienti come BURATTINI.


- Qual è stata la primi richiesta di Berardi quando Bonelli gli ha
commissionato Julia?
- SOLDI.

- Da che cosa di vede che Bonelli è ricco?
- Dal fatto che ha SOLDI, VILLA e CASTELLI.

Martin Mystere è disegnato così male che ce lo scrivono perfino sopra. Ieri ho comprato l'ultimo numero e c'era scritto "Disegni: TORTI".


Tutti gli sceneggiatori di Martin Mystere si sono ritrovati a Cortina.
Bonelli non c'è andato perché non sopporta LA NEVE.

Tutti i disegnatori di Zagor si sono ritrovati in un ristorante sul mare.
Bonelli non c'è andato perché non sopporta il PESCE.

- Com'è FERRI?
- Del mestiere.

Ieri ho visto FONT.
Lo credevo più grande, invece ha un corpo piccolo.

Antonio SERRA corteggia Elena PIANTA.
Sono fatti l'uno per l'altra.

- I disegni di Cico sono troppo statici. Secondo te, com'è GAMBA?
- Di legno.

Ai tempi in cui si preparava Dylan Dog. Bonelli: "Per il tuo nuovo personaggio, Tiziano, ci serve un tratto grafico nuovo e originale… devi stanare un disegnatore con queste caratteristiche!". E Sclavi: Lo STANO.


I nuovi disegnatori di Nathan Never ad Antonio Serra: "E’ meglio se rifacciamo Castellini o se rifacciamo De Angelis?". E Serra: "Basta che non facciate Casini".


In redazione avevano preparato spumante e bicchieri per festeggiare il successo dell’albo a colori di Dylan Dog “Finché morte non vi separi”. Ma proprio mentre aspettavano che il disegnatore arrivasse, giunse la notizia che non sarebbe venuto. - Niente BRINDISI – disse Bonelli.


Fra donne. "Come sono i disegnatori di Nathan Never?". "BONAZZI". "E quelli di Martin Mystere?". "PICCOLI e TORTI".


- Questa storia di Nathan Never non l’ho digerita! Ingredienti stantii, manca di pepe, davvero insipida! -

- Strano, l’ha disegnata l’ARTUSI.


- Julia è un personaggio molto dolce.

- Per forza, la disegna Laura ZUCCHERI!


Maurizio Colombo esce dalla redazione sbattendo la porta e dice infuriato: "Adesso l’ho capito! In questa casa editrice io conto come il due di picche! ". Gli altri redattori commentano: "COLOMBO ha scoperto l’America".

Bepi VIGNA e la moglie hanno avuto una bambina. In pratica, una Vignetta.


Qual è la caratteristica degli autori della Scuola Salernitana? Tipici meridionali, COPPOLA in testa.


- Che cosa pensi dei disegni dello staff di Tex? –

- Che a volte hanno DEL VECCHIO. -


- Che cosa ne pensi di quel pessimo imitatore dello stile di DISO? -

- Che è un DISastro -


**

A proposito di cabaret, la mia commedia "Il vedovo allegro" continua a essere rappresentata dalla compagnia RECREMISI di Ancona.

Le prossime date:

23 luglio a San Sabino di Osimo (pochi km da Ancona)

7 agosto Villa Beer un parco di Ancona

11 settembre Priolo Gargallo in provincia di Siracusa

10 ottobre Montefano (paese vicino a Macerata)

mercoledì 21 luglio 2010

L'UOMO NEL MIRINO


Stando ai primi commenti che si possono leggere in rete sui forum di Zagor, il Maxi appena uscito, “L’uomo nel mirino”, sembra essere stato accolto in maniera decisamente positiva. Io e Gianni Sedioli, che abbiamo allevato e fatto crescere la storia con un lavoro paziente e segreto durato due anni, ne siamo molto soddisfatti. Non riesco mai a prevedere se qualcosa che ho fatto piacerà o non piacerà ai lettori, ma questa volta sentivo che i più avrebbero apprezzato questo racconto. L’albo resterà in edicola tutta l’estate ed è autoconclusivo, per cui chi volesse provare a leggerlo pur non essendo un abituale lettore dello Spirito con la Scure, avrà tutto il tempo di procurarselo e io, ovviamente, lo consiglio. Ci sono un sacco di aneddoti da raccontare e credo che lo farò un po’ alla volta per non scrivere troppo tutto insieme. Vorrei però cominciare con il ringraziare Sedioli per i suoi disegni. Sono un ammiratore di Gianni fin dai tempi in cui, da solo, realizzava “The Witch”, e poi, quando è entrato in Bonelli, l’ho seguito su “Jonathan Steele”. Quando si è proposto per Zagor con delle prove molto efficaci, sono stato lietissimo nel vederlo entrare nel nostro staff e ho voluto sceneggiare io la sua prima storia ambientata a Darkwood. Gianni ha un grande pregio: l’umiltà di mettersi al servizio della vicenda e del personaggio. Non si atteggia a “grande autore” e accetta ogni suggerimento, capisce al volo dov’è il problema e cerca costantemente di migliorarsi. Per quanto “L’uomo ne mirino” dimostri il suo talento, io che ho visto tutte le sue matite posso assicurare che la resa tipografica non rende ragione della freschezza e dell’efficacia della sua traccia a grafite.

Potete vedere qua accanto la grazia con cui fa fare un inchino ai due cavalli nella tavola che vi mostro in una scansione realizzata prima del passaggio a china. Ci sono molti disegnatori con cui ho una buona intesa, ma Gianni è uno di quelli che meglio visualizza, subito e con efficacia, la scena che ho in mente e che cerco di descrivergli a parole. Nel realizzare il Maxi, abbiamo sperimentato per la prima volta la tecnica di consultarci su ogni matita una volta che lui l’avesse schizzata. Così, è stato possibile aggiustare il tiro vignetta dopo vignetta.

Rispondendo ai complimenti ricevuti sul forum ZTN, Sedioli ha scritto: “Sono molto contento e soddisfatto dell'accoglienza avuta dai lettori a questo Maxi. E' stato un lavoro lungo e questa volta realizzato veramente ‘spalla a spalla’ (nonostante le distanze la tecnologia aiuta) con Moreno che, con la sua precisione e meticolosità, mi ha aiutato a soffermarmi anche sui dettagli dei disegni. Chi mi conosce sa che preferisco il lato narrativo del mio mestiere di fumettista a quello puramente estetico da semplice illustratore e invece questa volta Moreno mi ha guidato a curare di più l'aspetto estetico del lavoro e devo dire che aveva ragione. Credo questo sia uno dei miei migliori lavori su Zagor e possa essere considerato un punto di partenza per un ulteriore evoluzione grafica per i lavori futuri. Per i più curiosi: ho usato tantissime fotografie che mia figlia mi ha scattato mentre tentavo di recitare i personaggi della storia per le pose difficili come impugnare le pistole (vedi pag. 130 vig. 6 o pag. 152 vig. 2). Ringrazio tantissimo gli autori del Tarzan classico, dato che veramente non riuscivo a trovare elefanti disposti a farmi da modelli, e idem per i leoni: avevo provato ad appiccicare una criniera al mio gatto ma non ne voleva sapere di stare fermo per farsi disegnare. Infine, sono molto soddisfatto della sequenza del magazzino con incendio e di come Zagor si sbarazza sui tronchi del tipo a pag. 220 che trovo ne sia venuto bene il movimento di braccia. A freddo ho notato ancora diversi 'difetti' soprattutto di resa ad inchiostro ma ci sto lavorando sopra per migliorare in futuro”.

Va detto che “L’uomo nel mirino”, pur essendo perfettamente leggibile come episodio a parte, è collegato alle vicende di altri due Maxi, “La lunga marcia” e “Agenti segreti”. In quest’ultimo, Zagor incontra nientemeno che Alexis de Tocqueville, lo storico e filosofo francese autore del fondamentale saggio “La democrazia in America”, scritto per spiegare agli europei come un grande paese potesse essere governato anche in assenza di un re. L’idea dell’incontro, avvenuto durante il viaggio che Tocqueville fece negli Stati Uniti nel 1832, mi fu suggerita proprio da Sedioli (è lui quello nella foto qui accanto, opera di Marco Andrea Corbetta). Mi procurai il diario di viaggio di Alexis e del suo amico e collega Beaumont, e con mia incredibile sorpresa trovai questa annotazione: «Un miglio più in là, scorgiamo nella boscaglia una seconda carabina. È un bianco, vestito, cappello a parte, più o meno come un selvaggio, ci mostra la sua capanna tra i rami. Vive lì cacciando. Rivolge la parola all’indiano nella sua lingua (il Chippeway). Ci parla con grande entusiasmo degli indiani, che sembra amare come persone e per il loro modo di vivere. Ci invita a passare a trovarlo al ritorno. Ripartiamo al gran trotto. Lui ci segue con lo sguardo». Quell’uomo poteva essere Zagor! Quando, nel 2005, uscì “Agenti Segreti”, Sergio Bonelli era scettico sul fatto che la scelta di far interagire lo Spirito con la Scure con un personaggio come Tocqueville (nel ritratto qui sotto) potesse funzionare.

Invece, ci furono titoli (anche a tutta pagina) su molti quotidiani nazionali: conservo tutti i ritagli, davvero tanti, in una cartelletta che ancora oggi mi meraviglia ripensandoci. Uno dei giornalisti che se ne occuparono fu Vittorio Macioce: il suo articolo potete leggerlo cliccando qui sopra .

Ne “L’uomo con il mirino” Tocqueville non c’è (anche se viene ricordato da Zagor e lo si vede in flashback in un paio di vignette), ma lo Spirito con la Scure incontra un altro importantissimo personaggio storico del periodo, che lo mette di fronte a una difficile decisione da prendere. Non anticipo quale, per non rovinare il piacere della lettura agli eventuali interessati.



Per vedere invece il trailer della mirabolante Zagor TV, cliccate qui sotto.

martedì 20 luglio 2010

BARACK E BURATTINI


La foto che vedete qui accanto e che mi mostra alla Casa Bianca in compagnia del mio amico Barack, l'ha scattata Alfredo Castelli. Non so di quanto, in questi giorni, il Buon Vecchio Zio Alfy sia in ritardo con le consegne dei suoi lavori, ma di solito lo è di parecchio. Tuttavia, trova sempre il tempo per divertirsi con cose di questo tipo e realizzare un fotomontaggio che giustificasse il gioco di parole "Barack e Burattini". La foto, ovviamente, non è stata venduta ai giornali spacciandola per vera, ma ha soltanto fatto il giro della redazione Bonelli. Eravamo noi colleghi il pubblico per cui Alfredo si è esibito. I giochi di parole, del resto, gli vengono bene: lo sanno perfettamente gli estimatori delll'Omino Bufo.Qualche anno fa, nel 2006, sono andato da Castelli a farmi autografare il libro, da lui firmato come Pittore di Santini, che raccoglie appunto le strisce e le gag dell’Omino Bufo, pubblicato da Coniglio Editore (ne vedete qui sotto la copertina).

Mentre Castelli disegnava lì per lì una striscia bufa sul frontespizio del volume, gli ho detto che sarebbe stato bello raccogliere in un opuscolo anche i testi dell’esilarante rubrica “Lombroso aveva ragione”, che ricordavo di aver letto da giovanissimo sulle pagine di Eureka, quando il Buon Vecchio Zio Alfy, allora Giovane Zio, fu chiamato insieme a Silver da Andrea Corno per un estremo tentativo di salvare la rivista (e ancora oggi la dozzina di numeri dell’”Eureka” di Castelli & Silver vengono ricordati con rimpianto, meraviglia e nostalgia). Castelli, che mi è parso apprezzare l’idea, mi ha informato del fatto che “Lombroso aveva ragione” non era una rubrica ideata per “Eureka”, ma compariva lì dopo essere apparsa in precedenza su un’altra rivista, “La bancarella del Gorilla” (almeno, così è se ben ricordo).Mi sono morso le labbra, scoprendo un’altra cosa di Alfredo che non sapevo. E sì che ne so proprio tante. So per esempio che scrisse un articolo proprio sul primo numero di “Eureka”, ancora diretta da Luciano Secchi. So che era lui a disegnare Scheletrino su “Diabolik”. So che è stato uno dei primi fanzinari italiani all’epoca in cui, come suol dire Sergio Bonelli, aveva ancora i calzoni corti (mi piacerebbe vedere una foto di Castelli in calzoni corti). So che ha scritto testi per Antonio Ricci e per Enrico Beruschi, arrivando anche a portare in edicola una rivista dal titolo “Il dottor Beruscus”. So del suo gran lavoro al “Corriere dei Ragazzi”, delle strisce fatte con Carlo Peroni, della sua collaborazione con “Horror”, del fatto che alla fine ha collaborato con tutti i più importanti autori del mondo, ma anche si è volentieri speso e concesso per aiutare la pubblicazione delle rivistine più piccole. So delle sue ricerche e dei suoi studi ormai ventennali, accuratissimi e sterminati, sulla produzione dei fumetti dei primordi. So della sua capacità nel creare eventi, ideare merchandising, vendere diritti all’estero, eccetera eccetera. Le so tutte. Ovvero, credevo di saperle tutte. Non sapevo della “Bancarella del Gorilla”. E chissà dunque quante non ne so. Però, poi, a consolarmi è arrivato un altro pensiero. Quello cioè che per quanto si cerchi di fare un elenco completo delle storie, degli articoli, delle iniziative di Castelli, per quanto ci sia chi si reputi ferratissimo in materia e sappia persino che “Lombroso aveva ragione” apparve sulla “Bancarella del Gorilla”, ebbene si tratterebbe sempre e soltanto della punta dell’iceberg. Perché Alfredo Castelli non si può rinchiudere in una cronologia di opere, per quanto esaustiva e ragionata. Non senza prima, almeno, essersi messi d’accordo sul termine “opere”. Si intende tutto ciò che è frutto di un lavoro professionale destinato a un pubblico? Si sappia allora che Castelli realizza da sempre lavori professionali destinati a pubblici limitatissimi di magari dieci persone, oppure per due o tre, a volte per una persona sola.

Sulla rivista “Dime Press”, a cui collaboravo dopo averla fondata ai tempi in cui anch’io (imitando Alfredo) ero un fanzinaro (ma si è fanzinari per sempre), pubblicavamo spesso le sue battute scritte su fogli di carta volante (che il buon Vianovi intercettava), tra cui un estratto della monumentale raccolta dedicata a Antonio Serra, che ancora oggi è custodita in un album presso la redazione Bonelli. Per chi realizzava quei testi, Castelli? Per chi aveva vicino in quel momento in redazione, magari per Sclavi, per una letterista, per una segretaria, per chi poteva passare e leggere al volo. E le battute erano sempre professionali, mai dilettantesche, per quanto realizzate in fretta. C’era la professionalità, c’era il pubblico. Le battute su Serra si sono salvate, raccolte da qualcuno che ne ha intuito il valore (forse lo stesso Serra?). Ma quanti foglietti volanti saranno andati perduti? E chi potrà farne mai la cronologia? Una volta ho sorpreso Alfredo (qui accanto in una foto del marzo 2010) a fare un fotomontaggio: si era messo in posa, decisamente poco vestito, e si era fatto un autoscatto per poi poter collocare la propria immagine al posto del celebre Menneken pis, la fontana di Bruxelles raffigurante un bambino che fa la pipì. Il lavoro era geniale e impegnativo. Chiesi a chi fosse destinato. Pare che si trattasse di realizzare una falsa foto spiritosa da allegare a una mail destinata a un amico, e naturalmente c’era un motivo (nella mail, assolutamente esilarante, era spiegato il perché del Menneken pis). Che fine avrà fatto quella mail? E la foto, ci sarà ancora? Non si tratta forse di un testo d’autore e di un fotomontaggio professionale? Mi è capitato anche, e ne ho scritto un articolo sempre su “Dime Press”, di andare a casa di Alfredo e di aver bisogno di usare il bagno. Ecco, le pareti della stanza erano coperte dalla sua collezione, rigorosamente incorniciata, di “scritte da cesso”. Si tratta cioè di cartelli vergati a mano da proprietari di bar, ristoranti, negozi o altri locali pubblici, in cui si esorta la clientela (per lo più in modo esilarantemente sgrammaticato) a lasciare pulito il gabinetto. Castelli si impossessa dei cartelli e li incornicia in casa sua (anzi, nel bagno suo). Ora, perché questa vera e propria mostra permanente degna di uno studio di antropologia culturale, non deve essere citata fra le mostre organizzate da Alfredo presso saloni del fumetto, biblioteche o università? C’è la professionalità (quella indiscussa del BVZA) e c’è il pubblico (chiunque abbia bisogno del bagno nel suo appartamento). Appesa alle pareti della redazione di Via Buonarroti c’è poi (sotto cornice) la copertina di uno dei “librini” allegati per anni agli speciali di Martin Mystère. Una copertina assolutamente in stile con tutte le altre, perfettamente mimetizzabile, soltanto falsa e riferita a uno spillato che non è mai uscito: raccoglierebbe l’elenco di tutte le cose che Sergio Bonelli non sopporta (dal pesce all’aria condizionata passando per gli antichi romani) e su cui circolano leggende urbane incontrollabili. Quanta professionalità per realizzare il falso opuscolo! E quanto pubblico: chiunque venga in redazione non può fare a meno di notarlo. Ma esisterà anche il testo o c’è solo la copertina? Mistero. Ma a questo punto, il vero mistero è: quant’è grande l’iceberg delle cose fatte da Castelli e che sfuggono a ogni possibilità di censimento? Mistero. Anzi, Mystero.

lunedì 19 luglio 2010

ISTRUZIONI PER L'USO

Troppo buoni. Davvero, troppo buoni. Per essere il blog di un neofita del genere, gli apprezzamenti ricevuti mi rincuorano. Però, ansioso come sono per invincibile indole, qualcuno mi ha messo pure apprensione. Non soltanto perché i complimenti me li devo continuare a meritare, ma anche perché mi sono reso conto di come, forse per la mia non perfetta conoscenza degli usi e costumi dei blogger, potrebbe non essere chiaro che ci sono diverse sezioni da esplorare, oltre a questo spazio riservato ai post.“Il blog è semplice, essenziale e bello”, mi scrive il primo e illustre commentatore. Ecco, le parole “semplice” ed “essenziale” mi fanno capire che non sono state notate le scritte nella barra nera, in alto sotto il titolo. Meglio dunque se le segnalo a chi fosse interessato.
Cliccando su “I miei libri” e “I miei fumetti” si accede a due pagine dove sono elencate, in ordine cronologico, le mie cose professionali uscite a stampa dal 1990 in poi. Sono una bibliografia e una fumettografia, in altre parole. Quando ho avuto a portata di mano un’immagine per documentare la copertina di un saggio o di una testata, l’ho inserita. Altre, spero di inserirne appena potrò. Ho detto “cose professionali” perché ce ne sono molte altre pubblicate su riviste amatoriali, come la maggior parte delle storie di “Battista il Collezionista” o i testi dello “Speciale Alan Ford” di Collezionare, che non ho ritenuto di citare essendo poco più che le esercitazioni di un dilettante allo sbaraglio. Allo stesso modo, mi sono limitato a indicare i libri ma non i saggi usciti su rivista, per cui non c’è (per ora) nessun elenco degli articoli pubblicati a mia firma su Fumo di China, su Il Fumetto o su If, tanto per citare qualche testata per cui ho scritto. Anche volendo, comunque, sarebbe difficile riuscire a ricostruire un index di tutti questi miei lavori, che sono davvero tanti e sparpagliati per ogni dove, in Italia e all’estero (dato che ho pubblicato decine di pezzi scritti appositamente per Brasile, Croazia, Serbia e Turchia). Ma anche negli elenchi messi a disposizione dei naviganti in rete, può darsi che ci siano inesattezze e lacune. Per esempio, per il momento non ho completato la cronologia di “Occhi di Cielo” e non so se le storie di Cattivik e Lupo Alberto sono state ristampate altre volte oltre a quelle che sono riuscito a indicare. Chi volesse segnalare errori e omissioni, mi sarà di grande aiuto. Grazie in anticipo. A proposito di "Occhi di Cielo", è una tavola (credo) inedita quella che vedete in apertura, opera della bella e brava Lola Airaghi.
La sezione “Aforis my” contiene una selezione degli aforismi che sono andato scrivendo da vent’anni a questa parte. Sono un cultore e collezionista di aforismi altrui, ma mi diletto nell’inventarne di miei, non saprei dire con quali risultati. Per il momento, ho scelto di rendere pubblici quelli meno indigesti. Le foto che li commentano sono opera mia, istantanee colte al volo e senza pretese.
La sezione “A domanda rispondo” raccoglie in un unico testo una quindicina di interviste da me rilasciate nel corso del tempo, così da costituire l’immancabile sezione delle FAQ. A corredo delle mie risposte, foto d’archivio e disegni anche inediti che spero possano incuriosire qualcuno.
Per finire, la sezione “Click” cerca di radunare in un unico elenco i siti Internet dove ho scritto qualcosa o dove mi si presta particolare attenzione. Anche in questo caso, l’elenco è provvisorio e sarò lieto di aggiornarlo in seguito alle segnalazioni dei più volenterosi benevolenti. Ci sono anche dei link, sulla destra della pagina principale del blog, che rimandano a “bei posti” (siti consigliati), ad altri blog e ai forum che frequento. Per il momento, si tratta di un elenco molo ristretto. Non essendo pratico di come ci si comporta, attendo consigli: si deve puntare sulla quantità o sulla qualità? Si segnalano i blog che ricambiano la segnalazione o, come io credo, è sgradevole la logica del “do ut des”? Gli esclusi si offendono oppure vige il fair play? Ci sono regole di buona educazione e di colleganza che sto calpestando?
Mi raccomando, fatemi sapere.

mercoledì 14 luglio 2010

IL RITORNO DI DIGGING BILL


E' in edicola questo mese "Il ritorno di Digging Bill", lo Zagor n° 540 (Zenith 591), datato luglio 2010. Si tratta della prima puntata di una storia in tre albi ottimamente disegnati da Marco Verni, su mia sceneggiatura. Ci sono vari aneddoti da raccontare, al riguardo. Lo faremo, se vorrete, da qui all'uscita dell'ultimo episodio, "Lo specchio nero". Intanto, vorrei spiegare il perché di questo tipo di avventura dal gusto volutamente retrò. Nel mio costante tentativo di variare il più possibile la tipologia delle mie proposte, come se fossi un ristoratore che cambia spesso menu, ho pensato di scriverne una "alla vecchia maniera", dal sapore anni Settanta, ovviamente nei limiti delle mie capacità. La speranza è che un racconto del genere possa piacere al pubblico affezionato ai fumetti di una volta, sperimentando dunque la possibilità, in potenza, di recuperare qualche lettore "estivo" incuriosito magari da Digging Bill in copertina. Una lettura leggera, da ombrellone, vivace e divertente almeno nelle intenzioni. In questo mio proposito ho trovato la perfetta complicità di Marco Verni (lo vedete nella foto più sotto), che di suo ha uno stile da "bei tempi che furono", e che si è trovato estremamente a suo agio, al punto da ripetermi, bontà sua, che questa era la storia più bella da lui realizzata finora.


Alla fine della nostra fatica, non ho la minima idea se i nostri intenti saranno coronati da successo e davvero qualcuno in vacanza al mare o sui monti si divertirà leggendo Zagor (non sono mai in grado di prevedere le reazioni del pubblico), però questo è stato lo spirito che ci ha animati. Se poi, ahimè, gli zagoriani non ne saranno contenti, spero che possa piacere di più il Maxi di prossima uscita e sicuramente piaceranno di più le storie future. Per fortuna, ormai ho al mio attivo tante di quelle storie che posso sperare di "diluire" gli eventuali insuccessi nel calderone di una produzione tutto sommato apprezzata dai lettori.

Per vedere un video della Zagor TV dove io intervisto Marco Verni, potete guardare qui.






Per il trailer de "Il ritorno di Digging Bill", invece, guardate qui.




GREMLINS


Una volta deciso che avrei aperto un blog, si è posto il problema di come crearlo. Purtroppo, per qualche motivo misterioso, io e i computer non ci intendiamo. Parliamo due lingue diverse. Ordino una cosa, loro ne fanno un’altra. O non fanno nulla: si piantano, rifiutano di obbedire. Credo di essere stato a lungo l’unico al mondo a non riuscire ad aprire il sito dei Pooh. Ora, ci sarà un luogo più nazional-popolare di quello, a cui riescono ad accedere anche le fan dei Pooh della prima ora ormai vecchiette settantenni?
A me, il computer diceva che per aprire quel sito dovevo avere non so quale programma, qualcosa con la parola “flash” nel nome, che non avevo. E, badate bene, stavo usando un portatile Toshiba ultima generazione, pagato in contanti e dunque potenzialmente accessoriato di tutto (anche perché così avevo preteso dal venditore). Ci sarà stato pure tutto, ma non c’era quel che serviva ad accedere al sito dei Pooh. Mi è stato spiegato che avrei dovuto scaricare da Internet quel che mancava. Il che mi lascia basito ancora oggi, a pensarci bene: perché se uno paga per acquistare un computer, dentro non ci deve essere quel programma lì, se è così indispensabile per navigare in rete e per entrare, non nel sito del Pentagono, ma in quello dei Pooh? E le vecchiette fan della prima ora che vogliono tentare la mia stessa impresa, quel programma ce lo avevano o se lo sono scaricate da sole? In ogni caso, ho seguito tutte le istruzioni per il download dell’accessorio mancante. Peccato che non mi si installasse. Niente da fare, scarica e riscarica, ma il sito dei Pooh non si apriva. Dopo un paio di mesi di disperati tentativi, con mail scritte per ogni dove e consigli chiesti a colleghi e amici, ho dovuto far venire un tecnico: lui ha fatto sotto i miei occhi il download del programma mancante, eseguendo esattamente le cose che avevo fatto io, dopodiché ha provato ad aprire il sito e gli si è aperto subito. Immediatamente. Come se fosse la cosa più conseguente del mondo. Lo stesso vale per i programmi per vedere qualunque filmato in rete: a me manca sempre qualche codec e non posso vederlo. Il computer mi chiede: vuoi che cerchi su Internet quello che ti serve? Sì, grazie, che bravo, dico io. Macché, arriva il messaggio di risposta: ricerca fallita, non esiste niente di utile. E così, non vedo i filmati. Però so di gente che vede la TV, sul computer. Che vede addirittura i film in streaming, qualunque cosa voglia dire. Che li scarica nientemeno! Se provo a farlo io, il PC si blocca o procede a sobbalzi. Questo vale, ovviamente, anche per i telecomandi della TV. Ho appena comprato un nuovo televisore e sullo schermo ho, fissi, i sottotitoli dei film e dei telefilm. E durante gli altri programmi, vedo un fastidioso box che copre le immagini, con la dicitura che è possibile vedere i sottotitoli a non so che pagina di non so che televideo. Ma io non voglio i sottotitoli, e chi ha mai detto al mio televisore di impostarsi, appena tolto all’imballo, come se li volessi? Fatto sta che ho provato con tutti i tasti del telecomando, e le scritte non vanno via. Devo subirle. Non c’è niente da fare. Se devo scrivere sul cellulare un numero in un messaggio SMS, non so come si fa a far comparire le cifre invece delle lettere, e dopo una serie di inutili ed estenuanti tentativi mi risolvo a scriverle con le parole: tre sette nove uno. Quindi, pur coltivando l’idea del blog, mi è subito sembrato chiaro che avrei dovuto chiedere aiuto. Per fortuna, è giunto in mio soccorso l’angelico (anche nell’aspetto) Roberto Banfi, grafico informatico di prim’ordine, che ha impostato “Freddo cane in questa palude” sulla base delle mie esigenze e indicazioni. Mi ha spiegato, con lunghe sessioni didattiche, come dovevo fare per inserire i contenuti e allegare le immagini, e quindi mi ha lasciato al divertimento di scrivere le varie sezioni del blog. Dopo una settimana, l’ho chiamato disperato: i font dei miei testi cambiavano di loro iniziativa quando io ero voltato a guardare altrove, i colori a pubblicazione avvenuta erano diversi da quelli che io avevo impostato in fase di editing, se mettevo una immagine a destra si collocava a sinistra, se lasciavo un centimetro di spazio fra un testo e un disegno, lo spazio diventava di mezzo metro alla riapertura della pagina. Insomma, l’anarchia più totale. Roberto era incredulo di fronte ai guai che gli raccontavo, e che lui poi verificava di persona, non riuscendo a capire perché si creassero. Forse, mi ha detto, più che un informatico ti servirebbe un esorcista. Alla fine, è riuscito a rimediare alle magagne più gravi. Sembrava, secondo lui, che nel blog si fosse sbizzarrito un gremlin. Se altri guai si creeranno, non è colpa sua, ma mia che non riesco a farmi obbedire dalle macchine. A un certo punto, ho chiamato il mio amico Mauro Laurenti, disegnatore con cui ho realizzato una storia di Zagor molto apprezzata dai lettori, “La palude dei forzati”. In passato, Mauro aveva disegnato una mia divertente caricatura, pubblicata su Fumo di China e anche altrove, persino all’estero. C’è una foto in cui stringo in mano l’originale e la vedete qui sotto.

La mia idea era di usare quel disegno per la grafica del blog. Però, l’originale sembrava sparito. Non lo trovo da nessuna parte. Ce l’ho avuto e l’ho perso, oppure Laurenti all’epoca mi diede solo una fotocopia, spedita a Fumo di China e dunque non più in mio possesso? Mauro non se lo ricordava, io neppure, né io né lui avevamo fotocopie utilizzabili. Dunque, in attesa che la caricatura tornasse fuori, l’unica era farne un’altra. Allora mi sono messo a spiegare bene all’amico e collega che cosa mi serviva (a gratis, ovviamente): un ritratto divertente e spiritoso che facesse capire immediatamente alla gente, per caso capitata sul mio blog, che sono una persona brillante in grado di scrivere cose intelligenti, invogliandola dunque a leggere. Laurenti dice che ha capito, che non c’è problema, che sarà fatto. Il giorno dopo, ecco il disegno che mi ha mandato: sembro un portiere di palazzo della Garbatella, un parcheggiatore abusivo di Trastevere, un oste della Magliana.

E meno male che dovevo sembrare brillante e intelligente. Niente da fare, non mi capiscono i computer, e neppure gli amici! Comunque sia, ormai il blog è fatto. Il titolo cita, com’è chiaro, Luciano Ligabue e la canzone in cui parla di Zagor. Mi piace perché la palude è una buona metafora della vita in cui tutti siamo impantanati, un posto scomodo, inospitale e spesso gelido. I buoni propositi sono questi: non parlare troppo di caccia al cinghiale (argomenti strani e aneddoti personali) ma tenere un diario professionale, fare resoconti aggiornati sulla mia attività, tirare fuori dal cassetto foto e ricordi di trent’anni trascorsi nel mondo dei fumetti. Le sezioni in cui sono archiviate la mia bibliografia e fumettografia saranno, spero, sempre aggiornate. A esclusivo beneficio degli interessati, ovviamente. Gremlins permettendo.