martedì 26 febbraio 2013

IL BERRETTO A SONAGLI




Già in altre occasioni ho parlato della mia attività di autore teatrale, e ho confessato di aver avuto anche qualche esperienza come attore e regista di commedie vernacolari. Ci sono un paio di miei lavori che continuano a venire rappresentati dopo oltre venticinque anni dal debutto, sia pure in piccoli teatri di provincia, e non posso che esserne contento. Di recente, mi è stato proposto di tornare a occuparmi di teatro, e io ho accettato con entusiasmo, come se fosse sbocciato di nuovo l’amore per una vecchia fiamma.

Francesco Bellomo
A farlo, è stato il produttore e regista Francesco Bellomo, zagoriano di provata fede ma grande esperto di fumetti bonelliani in senso lato, che si è convinto, dopo avermi letto per anni come sceneggiatore, di vedere in me la persona giusta per realizzare alcuni progetti che aveva in mente, a partire da quello di cui sto per parlarvi, mentre altri vedranno (forse) la luce in futuro. Così, tra metà gennaio e ieri sera (quando ho dato l’ultima aggiustatina al volo a una scena, dato che in teatro i testi vanno calibrati sulla base delle prove sul palco), ho lavorato alla messa in scena della commedia “Il berretto a sonagli”, di Luigi Pirandello, con protagonista il grande Pino Caruso nei panni dello scrivano Ciampa (un ruolo che, in alcuni celebri allestimenti, è stato anche di Turi Ferro e Paolo Stoppa, ma che lo stesso Caruso ha interpretato in altre occasioni, con grande successo). La locandina dello spettacolo è quella che vedete in apertura, e forse avrete già notato che il mio nome vi compare due volte, come adattatore del testo e quale coordinatore artistico.


Paolo Stoppa nel ruolo di Ciampa
Che cosa mi è stato chiesto di fare, sostanzialmente? Innanzitutto, di mettere la mani (con tutto il rispetto dovuto) su alcune scene dell’opera, d’accordo con il regista (lo stesso Bellomo). Poi, di fungere da aiuto-regista nella definizione dei movimenti dei personaggi sulla scena, nella caratterizzazione di atteggiamenti e gesti, nel favorire la giusta lettura delle psicologie. I giochi sono fatti: lo spettacolo è ormai al debutto. Sarà in scena a Roma dal 7 al 17 marzo 2013 (Teatro Ghione), ma ci saranno due aperture di tournée a Latina venerdì 1° marzo e a Pescia (Pistoia) sabato 2 marzo 2013. In questa occasione, in sala sarò presente anche io.

Luigi Pirandello

In che cosa è consistito l’adattamento? Va detto che “Il berretto a sonagli” ha subìto tagli e adattamenti fin dalla prima nazionale del 27 giugno 1917. In quell’occasione venne rappresentata con il titolo di 'A birritta cu' i ciancianeddi, in dialetto siciliano. Il capocomico Angelo Musco operò numerose sforbiciate e diversi aggiustamenti al testo, sostanzialmente per renderlo più umoristico (dato che l’argomento si prestava, trattandosi di una storia di corna). Ma anche in seguito, la manipolazioni sono state innumerevoli, talvolta con il consenso dello stesso Pirandello che suggeriva alle compagnie di verificare il funzionamento delle scene sul palcoscenico, salvo poi adirarsi nel sentirsi dire che di alcune avrebbero dovute essere cambiate perché non funzionavano. Il carteggio del commediografo è istruttivo e interessante a questo proposito. A un certo punto, Pirandello decide di “tradurre” ‘A birritta in lingua italiana, e lo fa partendo non dal suo testo originario, ma da una versione adattata. La prima di questa seconda versione è del 1918 (con la regia di Gastone Monaldi). Esiste anche un celebre adattamento di Eduardo De Filippo in napoletano, datato 1936.

La messa in scena di Francesco Bellomo recupera alcune delle scene tagliate, per esempio quella, a mio parere molto bella, degli scorpioni nascosti nella biancheria, chiara metafora del tradimento che penetra nel sacrario famigliare. Oltre a questo, io, Bellomo e Caruso abbiamo aggiunto altre piccole sequenze di poche battute, sia per facilitare la comprensione (senza tradire in nulla lo spirito originario), sia per caratterizzare meglio certi personaggi (come Nina, la giovane moglie di Ciampa). Sulla scena compaiono anche, fisicamente, due figure che Pirandello nomina molte volte ma che, nel testo originario, non si vedono mai: il Cavaliere Fiorìca e il poliziotto Logatto.

Pino Caruso

Due parole sulla commedia. Va detto innanzitutto che il copione prende spunto da due novelle pirandelliane, entrambe del 1912, “La verità” e “Certi obblighi”, in cui si parla appunto di mariti cornificati in casa dalla moglie mentre sono fuori per lavoro (e tutto il paese mormora, mentre l’interessato fa finta di nulla) e di delitti d’onore, compiuti non perché il tradimento si è compiuto, ma perché si è venuto a sapere. 


Protagonisti assoluti sono Beatrice, moglie del Cavaliere Fiorìca, e lo scrivano Ciampa, dipendente dello stesso. Beatrice, certa del tradimento del marito che da tempo frequenta la moglie di Ciampa, denuncia l’infedeltà (proibita per legge) alle Autorità, e obbliga il Delegato Spanò, amico di famiglia, a cogliere in flagrante il consorte, organizzando l’occasione grazie all’ allontanamento pretestuoso da casa dello scrivano. Costui, ben consapevole del trappolone, cerca di mettere in guardia la padrona, ma non ci riesce. Tuttavia, a scandalo avvenuto, tutta la famiglia della donna (compresi la madre Assunta e il fratello Fifì) concorda nel ritenere una follia il voler mettere i fatti in piazza, e anziché solidarizzare con la cornuta, la màzzia pure dicendogliene di tutti i colori. Ciampa risolve la situazione perché spiega che, finché il tradimento fosse rimasto nel privato, la cosa poteva non provocare danni, ma una volta che si sia saputo, lui viene costretto a uccidere i due amanti, pur essendo uomo pacifico. L’unica via di uscita, suggerisce lo scrivano, è concordare tutti nel dire che Beatrice è pazza, vittima di allucinazioni e di esaurimento nervoso, e farla ricoverare per un periodo di riposo in una casa di cura. Così accade. La morale pirandelliana è, insomma, che non conta ciò che è vero, ma ciò che conviene. Non fa danno il tradimento, ma il fatto che lo si sappia in giro.

Ogni personaggio è, ovviamente, magistralmente caratterizzato e ha le sue motivazioni, io suoi perché. Su tutti, colpisce la lucidità di Ciampa, umile soltanto in apparenza. Una delle trovate più divertenti è quella delle “tre corde” (la seria, la civile, la pazza) che, a suo dire, tutti avremmo in testa.

« CIAMPA: Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa.
(Con la mano destra chiusa come se tenesse tra l'indice e il pollice una chiavetta, fa l'atto di dare una mandata prima sulla tempia destra, poi in mezzo alla fronte, poi sulla tempia sinistra.)
La seria, la civile, la pazza. Soprattutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile; per cui sta qua, in mezzo alla fronte. Ci mangeremmo tutti, signora mia, l'un l'altro, come tanti cani arrabbiati. Non si può. Io mi mangerei per modo d'esempio il signor Fifì. Non si può. E che faccio allora? Do una giratina così alla corda civile e gli vado innanzi con cera sorridente, la mano protesa: "Oh quanto m'è grato vedervi, caro il mio signor Fifì!". Capisce, signora? Ma può venire il momento che le acque s'intorbidano. E allora... allora io cerco, prima, di girare qua la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto, dare le mie ragioni, dire quattro e quattr'otto, senza tante storie, quello che devo. Che se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio! » 

Se andrete a vedere Pino Caruso e il resto della compagnia, in giro per l’Italia, mi farà piacere.



domenica 24 febbraio 2013

L’ARTE DI ESSERE FELICI





Esattamente un anno fa, in un articolo del 22 febbraio 2012, ho fatto una promessa (o, a seconda dei punti di vista, una minaccia). Scrivevo infatti: “Dell’ Arte di essere felici parlerò un’altra volta, adesso concentriamoci sull’Arte di ottenere ragione”. Stavo parlando di due aurei libretti di Arthur Schopenauer pubblicati da Adelphi, intitolati appunto così. I trentotto, geniali stratagemmi proposti dal filosofo tedesco per vincere comunque in ogni discussione li abbiamo appunto già esaminati dodici mesi or sono. Il mio post in proposito ha avuto un certo successo, dato che è stato ripreso anche altrove.  Adesso, arrivo finalmente a spiegare (per come li ho capiti io) alcuni dei suoi consigli per arrivare a godere della felicità. 

Ammetto che parlare di Schopenauer invece che di calcio, di donne e di videogiochi non garantisce l’incremento dell’ afflusso di visitatori al blog. Anzi, potrebbe farlo drasticamente calare. Ma a me, come si suol dire, non me ne cale. Ognuno ha le sue perversioni e io mi diletto anche in questo tipo di discussioni. Del resto, come scrivevo in passato, i sono filosofi simpatici e filosofi antipatici. Socrate è simpatico. Platone, antipatico. Aristotele, simpatico. Plotino: antipatico. Sant’Agostino, antipatico. San Tommaso, simpatico. Hume: simpatico. Kant: antipatico. Hegel: antipatico. Schopenauer: simpatico. Riuscire a spiegare perché quel vecchio misantropo di Arthur, peraltro tedesco e dunque con un pesante handicap di partenza in qualunque gara di simpatia, possa risultare anche solo moderatamente gradevole agli occhi di uno studente liceale, è difficile come cercare di leggere dall’inizio alla fine Il mondo come volontà e rappresentazione, la sua opera fondamentale datata 1819. Un’opera, va detto, che risultò così indigesta persino ai suoi contemporanei da far finire al macero quasi tutte le copie della prima edizione. Tuttavia, tra i pochi lettori di Schopenauer ci furono di sicuro Nietzche (antipatico) e Freud (simpatico) che rimasero fortemente influenzati dal pessimismo cosmico del filosofo di Danzica.

Ovviamente, de Il mondo come volontà e rappresentazione ricordo solo quello che diceva il Bignami su cui mi preparavo per le interrogazioni al liceo, ma rammento che il succo del discorso mi piaceva: lo scopo della vita è soltanto vivere e pretendere che esista un senso ultimo non è che un tentativo di nasconderci questa amara verità.


Ma arriviamo al dunque: la felicità. Chi abbia letto i miei aforismi sa che, secondo me, la felicità è una leggenda urbana e che chi dice di essere felice sicuramente esagera. Tuttavia, non parleremo di ciò che penso io, ma di ciò che dice  Arthur Schopenhauer ne L’arte di essere Felici, preceduto, nella versione proposta dalle Edizioni Adelphi, da un breve saggio di Franco Volpi che informa, molto puntualmente e chiaramente, di come questo breve trattato di Schopenahuer, un prezioso livre de chevet che fa da pendant con L’Arte di Ottenere Ragione, sia, a differenza di quello, un libro mai scritto.  Anzi, compare per la prima volta in Italia, senza essere stato dato alle stampe neppure in Germania. Questo perché lo si è ricavato dagli appunti sparsi e dalle note che il filosofo aveva lasciato in vari suoi quaderni con la chiara intenzione di raggruppare poi le annotazioni e farne un breve trattato di eudemonologia, ovvero l’arte di comportarsi saggiamente allo scopo di condurre una esistenza felice. I suggerimenti del filosofo sono tutti giusti e illuminanti e valgono la pena di essere letti. Perciò, se avete a cuore la vostra felicità, fatelo. Poi, che uno riesca a metterli in pratica, è un altro paio di maniche. Tuttavia, non si tratta di consigli inapplicabili, anzi, sono di una semplicità e di una ragionevolezza estrema.

La definizione di “esistenza felice” la si ricava dalla massima n° 49 (in tutto, il libretto si divide in 50 massime): “un’esistenza che, considerata con una riflessione saggia e matura, sarebbe da preferirsi alla non-esistenza”.  Del resto, nella massima n° 22, Schopenahuer scrive che “‘vivere felici’ può significare solo vivere il meno infelici possibile, o, in breve, vivere passabilmente”. Nella massima n° 17, si legge: “la vita non ci è data per essere goduta, ma per essere sopportata”. 

Giustamente, Franco Volpi annota quanto sia strano andare a lezione di felicità da un maestro del pessimismo come Schopenhauer. “A prima vista - scrive il Volpi – il suo radicale e disincantato pessimismo rende difficile persino associare la sua filosofia all’idea della felicità: essa gli appare una meta irraggiungibile per l’uomo e il termine stesso ‘felicità’, dal suo punto di vista è un eufemismo. Ciò non deve significare, però, deporre preventivamente le armi, cioè rinunciare a sfruttare le regole, gli espedienti e i criteri di prudenza che il nostro ingegno si suggerisce per contrastare le avversità di cui la vita abbonda”. 

L’ingegno, appunto: come nel caso dell’Arte di Ottenere Ragione, è questa la principale arma in dotazione di ogni individuo nella lotta contro il mondo. E del resto la massima n° 10 consiste in una citazione da Seneca: “Se vuoi assoggettare ogni cosa, assoggettati alla ragione”. La ragione suggerisce essenzialmente di limitare i castelli in aria, di almanaccare fantasie, di farsi illusioni. “Il giovane crede che il mondo sia fatto per essere goduto e sia un domicilio della felicità, la quale sfugge solo a coloro che non hanno l’abilità di cercarla; lo rafforzano in questa idea romanzi, poesie, e l’ipocrisia che il mondo continuamente e ovunque produce con la sua parvenza esterna” (massima n° 22).  

Il mezzo più sicuro per non diventare molto infelici consiste nel non chiedere di diventare molto felici” (massima n° 36). Le illusioni, per Schopenhauer, sono “alture da cui si può scendere solo cadendo” (massima n° 5). L’importante è convincersi subito, o il più presto possibile, che “il meglio che il mondo ci può offrire è un presente sopportabile, quieto e privo di dolore; se esso ci è dato sappiamo apprezzarlo, e si guardiamo bene dal guastarlo aspirando senza posa a gioie immaginarie o preoccupandoci con timore di un futuro sempre incerto che, per quanto lottiamo, rimane pur sempre, completamente nelle mani del destino” (massima n° 16). 

Da questo punto di vista, accontentandoci di quanto abbiamo e non coltivando aspettative che la vita difficilmente realizzerà, conviene godere dell’attimo presente senza vivere continuamente nella preoccupazione del futuro. “Coloro che, animati da una continua tensione, vivono solo nel futuro, guardano sempre avanti e corrono incontro con impazienza alle cose che sopraggiungono come alle sole che porteranno la vera felicità, lasciando intanto passare inosservato il presente senza goderne. Costoro vivono sempre solo ad interim fino alla morte. Per  non perdere la quiete di tutta la nostra vita badando a mali incerti e indeterminati, dobbiamo abituarci a considerare i primi come se non giungessero mai e i secondi come se non giungessero certo adesso” (massima n° 14). 

Del presente, dunque, conviene godere subito, se solo c’è da goderne. “Chi è sereno ha sempre motivo di esserlo, che è appunto il fatto di essere sereno. Niente quanto la serenità può sostituire sicuramente e in abbondanza ogni altro bene. Se si vuole giudicare la felicità di un individuo ricco, giovane, belle e onorato, ci si chieda se è anche sereno; viceversa, se è sereno, risulta indifferente se sia giovane o vecchio, povero o ricco: è felice. Dobbiamo quindi spalancare le porte alla serenità, in qualsiasi momento capiti, poiché non giunge mai inopportuna!”. 

Altrove il concetto viene ribadito: “Se si è sereni, non chiedere per giunta a se stessi l’autorizzazione a esserlo, stando lì a riflettere se si ha per davvero motivi di essere sereni da tutti i punti di vista” (massima n° 13).  La serenità si raggiunge anche non pensare più a quanto si è deciso dopo aver riflettuto sul da farsi, “tenendo chiuso il cassetto dei pensieri che lo riguardano e tranquillizzandosi con la convinzione che a suo tempo tutto è stato soppesato a dovere” (massima n° 7).  

Guai a pensare troppo a quanto è già successo: “una volta che è capitata una sventura e non ci si può fare nulla, non concedersi nemmeno il pensiero che le cose avrebbero potuto andare diversamente” (massima n° 11).  Va coltivato, viceversa, il fatalismo: “ci si deve abituare a considerare ogni evento come necessario” (massima n° 39). Del resto, per mantenere la calma in tutte le avversità della vita uno deve considerare “il male presente come una parte minima di ciò che potrebbe capitargli” (massima n° 15), e dunque essere soddisfatto che per quanto le cose vadano male, potrebbero andare peggio. 

C’è, infatti, chi se la passa peggio di noi, ed è buona norma “osservare spesso quelli che stanno peggio di noi” (massima n° 27). Ed è fondamentale “evitare l’invidia” (massima n° 2). “Dobbiamo cercare di arrivare a guardare ciò che possediamo esattamente con gli stessi occhi con cui lo guarderemmo se ci fosse sottratto. Di qualunque cosa si tratti, beni, salute, amici, amata, moglie, figli, per lo più ne percepiamo il valore solo dopo averla perduta” (massima n° 25).  

Nella massima n° 1 si legge: “Perché mai dovrebbe essere folle preoccuparsi sempre di godere il più possibile dell’unico, sicuro presente, se la vita intera altro non è che un frammento più grande di presente, e come tale assolutamente transeunte?”. Dunque, non farsi illusioni e godere di ciò che si ha: bisogna “limitare la propria cerchia, si offre così minor presa all’infelicità” (massima n° 8). E ancora: “la fonte del nostro scontento risiede nei nostri tentativi, continuamente rinnovantisi, per aumentare il termine costituito dalle pretese” (massima n° 4). Limitare le proprie pretese significa che “un uomo deve sapere ciò che vuole e sapere ciò che può. Una volta che siamo perfettamente consapevoli delle nostre forze e debolezze, non tenteremo neanche di dimostrare forze che non abbiamo, non giocheremo con la falsa moneta, perché tale ciurmeria finisce col fallire il suo scopo” (massima n° 3). 

In buona sostanza, occorre “fare di buon grado ciò che si può, e sopportare altrettanto di buon grado ciò che si deve” (massima n° 6). Per capire ciò che si può e ciò che si deve, serve “parlare il meno possibile con gli altri, moltissimo con sé stessi” (massima n° 12). In ogni caso, meglio “non manifestare grande giubilo o grande sofferenza riguardo ad alcun avvenimento” (massima n° 19), e non “lasciare trasparire l’ira o l’odio nelle parole o nelle espressioni del volto”. La massima n° 34 sottolinea come “è facile esagerare con i rimproveri contro se stessi. Il corso della nostra vita, infatti, non è opera nostra in termini così assoluti, ma è il prodotto di due fattori, vale a dire la serie degli eventi e quella delle nostre decisioni”. L’ultima massima, la cinquantesima, conclude: “la nostra felicità dipende da ciò che siamo, dalla nostra individualità, mentre per lo più si tiene conto del nostro destino e di ciò che abbiamo. Il destino può diventare migliore e la moderazione non pretende molto da esso, ma un babbeo rimane un babbeo e un ottuso gaglioffo e un ottuso gaglioffo per tutta l’eternità, fosse egli in paradiso circondato da uri. La personalità è la felicità più alta”.



venerdì 22 febbraio 2013

DICE IL SAGGIO - 1.


Nell’articolo precedente abbiamo parlato dei primi passi mossi dalla critica fumettistica italiana. Fra le altre cose, è stato citato quello che viene considerato il capostipite di ogni saggio sul fumetto  in Italia, "anzi, in Europa", come sostiene Gianni Brunoro. Uscita nel febbraio del 1961, si tratta di piccola opera per un uomo che, però, in quegli anni, rappresentava un grande passo in avanti per l’umanità: il volume I fumetti, pubblicato nella prestigiosa collana tascabile dell' Enciclopedia Popolare Mondadori, opera del giornalista veneziano Carlo Della Corte, allora in forza alla redazione milanese di Oggi. Nel 1962 uscì in edizione italiana, da Garzanti, l'antologia francese I primi eroi, presentata da René Clair e curata da François Caradec; nel 1964 Bompiani pubblicò Apocalittici e integrati di Umberto Eco, contenente il famoso saggio su una tavola di Milton Caniff (di cui magari un giorno torneremo parlare). Prendendo spunto da queste premesse, tempo fa ho inaugurato una rubrica su mio “coso” su Facebook (lo stesso di cui tutti i mesi questo blog occupa un cliccatissimo riassunto). La rubrica si intitola (vi prego di apprezzare la spiritosaggine) “Dice il saggio”, in cui segnalo, in ordine sparso e di tanto in tanto, testi di critica fumettistica utili per una lettura più consapevole del nostro medium preferito, giacché fatti non fummo per viver come bruti. Le rubriche sulla mia pagina facebookiana sono tante e diverse, e di norma i lori contenuti vengono raccolti poi in questo spazio, come è avvenuto per esempio per le sessanta foto-battute degli “Incontri impossibili” (che vi consiglio di recuperare, ovviamente, nello sventurato caso ve le foste perse); perciò, eccomi a presentare la prima antologia delle  mini-recensioni sulla saggistica fumettistica. Si tratta di quelle numerare, in origine, da uno a dieci. Si parte appunto con I fumetti”di Carlo Della Corte, poi si procede assolutamente secondo l’estrazione random della casualità. Si accettano segnalazioni, consigli e contro recensioni. Buona lettura.



Carlo Della Corte
I Fumetti
Enciclopedia Popolare Mondadori
Febbraio 1961

Preistoria della critica fumettistica, in anni in cui poteva sembrare folle che un intellettuale scrivesse di fumetti. Il giornalista Carlo Della Corte traccia una storia molto documentata e autorevole della storia del fumetto mondiale, inserendovi anche quello italiano. Un libro da collezione, senza il quale è lecito sospettare che solo molto più tardi si sarebbe avuto un riconoscimento ufficiale dei comics da parte del mondo della cultura. 





Rudi Bargioni - Ercole Lucotti
TEX WILLER
Analisi semiseria del più popolare fumetto italiano
Gammalibri
gennaio 1979, 140 pagine

Traspare dalle pagine del saggio il rapporto odio/amore dei due autori nei confronti di Tex, di cui viene evidenziata una affascinante ambiguità: da una parte, infatti, Tex è un ribelle insofferente verso l'autorità e la burocrazia, dall'altra invece propone valori di tipo "conservatore" quali la difesa della legge e dell'ordine costituito. In realtà l'ambiguità non esiste, in quanto Tex non è un difensore dello status quo, ma solo della giustizia. Dalla parte del torto o della ragione non si trovano sempre quelli di "destra" (i politici, i militari e i ricchi possidenti) o sempre quelli di "sinistra" (i pellerossa, i bianchi spiantati e diseredati): per questo motivo è ingiusto cercare di applicargli etichette come "progressista" o "reazionario". Casomai si potrebbe discutere sulla sicurezza manichea con cui Tex individua subito e a colpo sicuro (senza dubbi né incertezze) i "buoni" e i "cattivi", ma questo è un altro discorso. Bargioni e Lucotti propongono anche una analisi strutturale delle storie di Tex. Il concetto è il seguente: tutte le avventure del nostro eroe si basano sullo stesso schema, il cui sviluppo è in gran parte prevedibile. Il lettore è quello si trova insomma immerso in un gioco di cui conosce le regole e l'esito, e trae soddisfazione solo dalle variazioni minime attraverso le quali il protagonista giunge ad avere ragione del cattivo di turno. L'apparente varietà delle trame, sostengono Bargioni e Lucotti, si riduce a ben vedere a pochi canovacci fondamentali, riproposti ogni volta con indiscutibile perizia dagli sceneggiatori texiani: ciò non a danno del lettore, ma anzi assecondando le sue attese. Le eccessive innovazioni, infatti, infastidiscono il pubblico piuttosto che stuzzicarlo.  I due autori tentano addirittura di sviluppare una "morfologia di Tex", richiamandosi in questo al fondamentale trattato intitolato "Morfologia della Fiaba" scritto nel 1928 dallo studioso russo Vladimir Propp. Chi sfogliasse il saggio di Propp scoprirebbe con sorpresa come le sue pagine sono piene di quelle che possono a tutti gli effetti essere considerate formule algebriche: il suo intento è infatti quello di dimostrare come qualunque racconto fiabesco sia in realtà costruito sulla base del medesimo schema, costruito grazie a una rigida "grammatica" dell'affabulazione, e riconducibile a una sorta di espressione matematica in grado di tener conto delle variabili. Lo stesso cercano di fare i due analizzatori delle storie di Tex i quali, in maniera molto semplificata rispetto all'esempio proppiano, propongono un elenco di poche "funzioni" principali. Queste sarebbero, essenzialmente: il Danno (il reato o il mistero), la Missione (Tex decide di occuparsi del caso - o è costretto a farlo), il Viaggio (i pards giungono sul luogo), l'Indagine, la Prima Mossa del malvagio (che tenta di ostacolare il nostro eroe), la Lotta aperta con il criminale, la Vittoria di Tex, che coincide con la Punizione del Cattivo. Utilizzando le iniziali maiuscole delle "funzioni" come caratteri algebrici, ecco una formula (qui ridotta ai minimi termini) in grado di riassumere tutte le avventure di Tex: D+M+V+I+PM+L+V = PC.


Diego Cajelli
SCRIVERE FUMETTI
Un simpatico manuale di sceneggiatura
Saggistica – Punto Zero
Prima edizione marzo 2001
brossurato – 130 pagine - lire 15.000

Cajelli recensisce da solo il suo libro a pagina 56, quando scrive: “Non dovete prenderlo come il manuale. E’ un manuale. E’ un modo, non il modo, nello specifico è il mio modo, probabilmente quello sbagliato. Sono tremendamente giovane, non sono laureato e non ho mai vinto nessun premio. Prendetemi con le pinze e appena assumo il tono di ‘quello che ha capito tutto’, fate finta che stia dicendo quelle cose in mutande e mettetevi a ridere”. E ancora, nelle “Conclusioni” a pagina 124, “Dimentica tutto quello che ho detto. Io sono il primo a non scrivere seguendo queste regole. Io uso principalmente l’istinto, pochissimo la tecnica, combino un sacco di guai. Io non sono in grado di applicare lucidamente la regola. Questo manuale è individuale. Personale. Un punto di vista. E nient’altro”. E infine: “PS. Signor Punto Zero, ho appena finito di leggere On Writing di Stephen King, posso riscrivere tutto da capo?”.




Aurelio Sangiorgio
IN VIAGGIO CON TEX
Edizioni Il Minotauro
Collana In Viaggio Con
Prima edizione gennaio 1998
Prefazione di Sergio Bonelli
brossurato - 142 pagine - lire 26.000

Dov’è nato Tex Willer? In un “piccolo ranch circa tre miglia ad est di Rock Spring nel sud del Texas, poco lontano dalle sorgenti del Nueces”, risponde Bonelli senior nella storia “Il passato di Tex”. Incredibile ma vero, c’è stato chi è andato a controllare se il luogo esiste davvero. Si tratta di Aurelio Sangiorgio, autore di un agile e divertente libretto dal titolo “In viaggio con Tex”. L’autore scopre che c’è sul serio una cittadina chiamata Rock Springs (una “s” in più non modifica la sostanza) a metà strada tra le sorgenti del Nueces e quelle del West Nueces. Ai lettori vengono quindi fornite tutte le indicazioni utili per raggiungerla. Lo stesso avviene per tutte le altre più importanti località della saga texiana, compresa Taos, dove nacque Kit Carson, e poi Kayenta, la cittadina più vicina al villaggio centrale dei Navajo, dove Tex riceve la posta (l’indirizzo esatto di Aquila della Notte è: Tex Willer, Post Office Kayenta, Arizona). Quindi Flagstaff, Nogales, Tucson, Tombstone, Yuma, El Paso. Ma non c’è solo il West: grazie ad Aurelio Sangiorgio possiamo scoprire con curiosità tutto quello che può servire per visitare lo Yucatan (i luoghi di Yama), l’Alaska, le grandi città (San Francisco, Washington). La prefazione è di Sergio Bonelli. Peccato per la scarsa qualità delle illustrazioni.



Luigi Bernardi, Luca Boschi, Graziano Frediani
DESTINAZIONE UTOPIA
Elèuthera, 1988

Tre grandi saggisti, alle prese con tre grandi personaggi, una parte in comune, un grande libro.
Una citazione su tutte: "Dopo un po’ che leggevamo fumetti, ci accorgemmo dell’esistenza delle porte. Ce n’erano dappertutto. Di chiuse, di aperte, di spalancate, di socchiuse. Pagine piene di porte dietro le quali non si vedeva niente, e pareva esserci soltanto il vuoto. Cartapesta. Nient’altro che cartapesta. Non potevamo crederci. Non ci abbiamo creduto. Dopo un altro po’ che li leggevamo, pensammo di averne scoperto il segreto. E iniziammo, prima timidamente, poi con sicurezza, poi ancora con sfrontatezza, ad aprire quelle chiuse , e ad entrare in quelle aperte".



Claude Moliterni, Philippe Mellot, Michel Denni
IL FUMETTO, CENT'ANNI D'AVVENTURA
Electa\Gallimard, 1996

192 pagine di piccolo formato (quello di un bloc notes), di cui 130 a colori su carta patinata, illustratissime. L'excursus storico sul fumetto mondiale è agile ma esaustivo. Un vero vademecum intelligente ed essenziale, per capire senza bisogno di consultare dieci volumi di enciclopedia. Con un'appendice dedicata anche all'Italia e un'intervista inedita a Sergio Bonelli, opera di Dario Campione. Tra le molte chicche, come questa citazione da Burne Hogarth: “Comico e tragico, avventuroso e romantico, prosaico e poetico, il fumetto è tutto e il contrario di tutto. E’ contraddittorio e paradossale, è cosa finita e indefinita, è conformista e insieme ribelle. Osservatela bene quest’arte. Vi troverete la luce e l’ombra, la verità che andiamo cercando e il lato oscuro di ognuno di noi”.



Franco Busatta
COME TEX NON C'E' NESSUNO
Punto Zero, 1998

Si tratta della prima edizione dell'omonimo saggio (successivamente ristampato, rivisto e aggiornato, anche negli Oscar Mondadori), ma qui c'è una diversa copertina doppia con proseguimento anche nei risguardi che vale da sola tanto quanto il contenuto del libro. Che è imperdibile, trattandosi della più lunga, completa ed esaustiva (oltre che riccamente illustrata) intervista a Sergio Bonelli che parla di se stesso, dei suoi personaggi e della sua Casa Editrice.




Angelo Palumbo - Stefano Priarone
ZAGOR
INDEX ILLUSTRATO 1-100
Paolo Ferriani Editore
Prima edizione 1997
brossurato - 100 pagine - lire 20.000


Il primo Index zagoriano analizza una per una tutte le storie dello Spirito con la Scure contenute nei primi cento numeri della serie. I due autori hanno registrato con minuzia certosina e acume critico tutte le trame, le curiosità, i dati salienti, le cose notevoli, e quindi anche dato un giudizio, quasi sempre condivisibile, su ogni singola avventura. Alla validità dei testi si unisce la cura grafica con migliaia di illustrazioni messe a corredo delle schede. Una autentica bibbia per ogni zagoriano che si rispetti.



Filippo Scozzari
PRIMA PAGARE POI RICORDARE
Castelvecchi
Prima edizione 1997
brossurato - 242 pagine - lire 18.000

Il senso del titolo viene spiegato a pagina 128: "Andrea e io facemmo molto cose insieme, a volte duellando. Disegnò una tavola muta del mio Absolut, un foglio con alcune vignette slegate tra di loro, sfidandomi a intervenire con un testo che desse ai suoi disegni un senso compiuto. Fatto. Disegnò uno che esce di corsa da una casa elegante e con l'ombrello levato urla al suo autista 'Gino, al ministero'. Mi sfidò a inventare la risposta di Gino, che gli fornii fulmineo: 'Prima pagare, poi ministero'. Ero certo che in due saremmo arrivati al Nobel molto in fretta. Poi, siccome non mi basta mai, nelle settimane successive gli suggerii una serie infinita di Gini che rispondevano cocciuti: 'Prima pagare, poi...' a qualsiasi richiesta. E lui giù, a disegnare tutto. Divenne un tormentone e subito dopo un nostro refrain, recitato in qualsiasi occasione. 'Ciao Filì. Che fai stasera?'. 'Prima pagare, poi stasera'". L'Andrea a cui si fa riferimento è, naturalmente, Pazienza. Filippo Scozzari rivisita con questo suo libro gli anni tra il 1975 e il 1990, un quindicennio denso di avvenimenti e di personaggi. Provoca e urta i nervi, è un gradasso dedito al turpiloquio. Però sa scrivere. Eccome. Il vero scrittore è quello che quando cominci a leggerlo ti avvinghia alla pagina e non ti fa scollare gli occhi da lì sopra. Che riesce a descriverti ambienti, personaggi, situazioni e atmosfere trasportandoti dove vuole lui e aprendoti davanti agli occhi uno scenario più ampio ancora di quello descritto alle pure e semplici parole. Ecco, Scozzari sa fare tutto questo con un linguaggio personale, preso in prestito dalla lingua di tutti i giorni ma filtrato in modo intelligente fino a creare una prosa del tutto originale ed efficacissima. In questo modo riusciamo a seguirlo dai suoi inizi (un peregrinare fra le case editrici in cerca di pubblicazioni) fino al suo ingresso nello staff di Alter Alter, poi in quelli di Cannibale, Il Male e Frigidaire, di cui fu anche fondatore. Il tutto attraverso una serie di contatti che ci vengono resi attraverso acuti ritratti di persona, da Oreste del Buono a Fulvia Serra, da Massimo Mattioli a Vincenzo Sparagna, da Stefano Tamburini ad Andrea Pazienza. Non solo: riviviamo anche il clima di anni formidabili e terribili, con la contestazione a Bologna, le occupazioni giovanili, l'arrivo della droga. Scozzari non è indulgente né con i suoi ex-compagni invasati dall'ideologia, né con chi si è perso per strada caduto vittima dell'eroina. C'è anche da aggiungere che l'autore non parla mai, o quasi, del fumetto. Sì, ci dice che rubava i pennarelli, che realizzava "figate", che ebbe complimenti per quella storia o come fece a inventare quell'altra. Ma solo perché gli serve per descrivere e descriversi, non accenna minimamente a come ha imparato a disegnare, quali furono i suoi maestri ideali, che cosa gli piaceva leggere, quale era la sua concezione del fumetto, quali sono le sue opere migliori e perché, che cosa voleva dire con quelle. Ma in fondo è giusto così: il libro, in effetti, è un libro perfetto come pochi altri.



Raffaele Del Falco - Pino Di Genua
TEX: TRA LA LEGGENDA E IL MITO
Tornando Press
1994
Prefazione di Stefano Marzorati
Interventi di Moreno Burattini e Franco Fossati

Dal fervore di talentosi appassionati quali Raffaele De Falco e Pino Di Genua nasce questo volume tesa a ripercorrere le tappe della vita editoriale di Aquila della Notte (quelle, s'intende, fino al 1994). Assolutamente degna di nota è la sezione iconografica che vede Tex interpretato da vari disegnatori estranei allo staff del personaggio. Corredano l'opera le interviste a tutti gli autori della testata e le appendici dedicate al Tex vivo anche al di fuori dei chioschi, al cinema e nel merchandising (quest'ultimo articolo, opera mia).

mercoledì 20 febbraio 2013

CRITICONI


Fra le mie tante collaborazioni con riviste specializzate in critica fumettistica durante trent’anni di attività come saggista, vanto anche una rubrica intitolata “Fumettomania”, tenuta per diciotto mesi su Bhang, una testata della MBP uscita in edicola agli inizi degli anni Novanta. In una delle puntate mi occupai proprio della saggistica dedicata ai fumetti, e scrissi un articolo che cominciava così:

"Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza", dice Ulisse ai suoi compagni nel ventiseiesimo canto dell' Inferno di Dante. E lo stesso, si parva licet componere magnis, vorrei qui raccomandare a tutti gli appassionati di fumetti. Per uscire subito da questo complicato gioco di citazioni classiche, traduco immediatamente il concetto in termini più chiari: chi si limita ad accumulare albi e giornali fruendone in maniera isolata e personale, non potrà godere in maniera adeguata del grande piacere e degli enormi stimoli che il fumetto è in grado di trasmettere. In altre parole, occorre leggere il più possibile saggi e articoli di critica del settore arricchendo il nostro bagaglio culturale sul mondo dei comics. Attraverso le interviste agli autori e le loro biografie, le analisi del significato e dell'importanza dei personaggi, le ricostruzioni filologiche, si riescono a meglio capire e più a fondo gustare quei fumetti che sono l'oggetto del nostro hobby. Non che questo sia assolutamente indispensabile, intendiamoci. Uno può tranquillamente leggersi un albo di Kriminal o un'avventura di Tex divertendosi come un matto senza altre complicazioni, però è innegabile che chi sia consapevole della rivoluzione operata dai neri di Magnus & Bunker nell'ambito del fumetto italiano e dell'influenza che questi hanno avuto anche a livello sociologico potrà penetrare più a fondo nelle pieghe del racconto traendone maggior soddisfazione. Allo stesso modo, chi abbia una qualche idea dell'analisi strutturale delle storie di Tex Willer proposta da Rudi Bargioni e Ettore Lucotti, le leggerà con un occhio del tutto diverso probabilmente divertendosi ancora di più. La critica fumettistica, praticamente inventata nel nostro Paese da Umberto Eco, Oreste del Buono, Gianni Brunoro e pochi altri nel corso degli Anni Sessanta, sta crescendo e maturando grazie al contributo di sempre nuovi studiosi che non di rado si sono fatti le ossa alla scuola delle fanzine. Tuttavia,  rispetto alle incomprensibili elucubrazioni che spesso caratterizzano la critica specializzata ed accademica di altri settori dell' arte e del linguaggio, gli scritti riguardanti il fumetto hanno in genere un grande vantaggio: sono piacevoli a leggersi - e non di rado, grazie alle belle illustrazioni, anche a vedersi.

Di recente, sul mio profilo fan su Facebook, ho varato una rubrica intitolata “Dice il saggio”, in cui recensisco i testi critici più interessati riguardanti la storia e gli autori del fumetto. Proprio questa rubrica sarà oggetto del prossimo post su questo blog, con il quale comincerò a raccogliere, dieci titoli per volta, i saggi da me segnalati, in modo da andare compilando, volta dopi volta, un catalogo di questo tipi di testi. Naturalmente si accettano suggerimenti.
Ma, prima di cominciare, chiediamoci: quando esattamente è cominciata l’avventura della critica fumettistica in Italia e quali ne sono stati i pionieri? Per rispondere, riporto qui di seguito il capitolo della mia tesi di laurea che ne parla. Buona lettura agli interessati.

Da "Sottofondo letterario e linguaggio di comunicazione nella sceneggiatura dei fumetti", 
tesi di laurea di Moreno Burattini, 
discussa presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Firenze.

Benché tardivo, l' interessamento da parte degli eruditi verso i fumetti, iniziato a metà degli anni Sessanta,  ha già prodotto  una rispettabile bibliografia internazionale sulla storia, l'estetica e la sociologia dei comics. Forse, il primato nell’apertura dell’intellighenzia allo studio del fumetto va attribuito a Elio Vittorini. Lo scrittore  (ma anche critico, traduttore, giornalista, politico e organizzatore culturale) dichiara, in una intervista raccolta da Umberto Eco e apparsa sul primo numero della rivista “Linus” (aprile 1965): 

Elio Vittorini
Io mi sono sempre interessato di fumetti da tempi lontanissimi, da quando ero ragazzo. Me ne occupavo anche ai tempi del “Politecnico” (“Il Politecnico”, prima settimanale e poi mensile, fu un periodico culturale diretto da Vittorini ed edito da Einaudi dal settembre 1945 al dicembre 1947) e ricordo che una volta ho pregato Del Buono di intervenire su certi fumetti americani parlandone non soltanto sotto il profilo sociologico, come succede di solito, ma anche sotto il profilo storico (...) Del resto, uno «spirito di fumetto» c’era anche nel tipo di impaginazione che usavo per il «Politecnico» dove poi c’era una appendice interamente dedicata ai fumetti. Trevisani vi curò la pubblicazione di Li’l Abner e di Barnaby, il ragazzo afflitto dalla psicanalisi. Le storie di Barnaby erano uscite durante la guerra e noi su «Politecnico» ne riportammo due o tre.  (Intervista raccolta da Umberto Eco su “Linus” n° 1, Milano,  Rizzoli, aprile 1965).

Eco, successivamente, avrebbe ricordato quell’intervista meglio inquadrando il tipo di rapporto esistente tra Vittorini e i fumetti: 

Umberto Eco
La forza di Vittorini stava in questo: leggeva i fumetti, si divertiva con freschezza, ne ragionava con rigore critico, cercava di capirli, di farli capire, di giudicarli, nel bene come nel male, senza false compiacenze, senza snobismi. Non li «accettava», li affrontava perché esistevano, e dunque dovevano significare qualcosa, e lui non poteva sottrarsi, doveva gettarsi anche in questa mischia, per chiarire, per capire, per far capire.  (Umberto Eco, “Ricordo di Vittorini”, su Il meglio di Linus, a cura di FULVIA SERRA e CLAUDIO CASTELLACCI,  Milano, Rizzoli-Milano Libri, 1985, p.10).

La critica fumettistica italiana ha comunque una precisa data di nascita: il 21 febbraio 1965.   Scrive il saggista Gianni Brunoro, uno dei padri fondatori della critica fumettistica stessa, rievocando quel giorno in un articolo sulla rivista specializzata "If":

Fino ad allora il fumetto s'era trascinato dietro la nomea di intrattenimento adatto solo ai bambini, se non addirittura ai subnormali. Fumetto uguale incultura fu per decenni un'equazione inespressa ma inevitabile, specie nel mondo accademico, amministratore ufficiale della cultura e della critica. Tutto ciò fino a quel famoso appuntamento del 21 febbraio 1965.  (Gianni Brunoro, Io c’ero su “If” n° 4, ottobre 1995, Milano,  Epierre Editrice, p. 46).

Gianni Brunoro (foto: Goria)
In quel giorno, a Bordighera, si aprì il Primo Salone Internazionale dei Comics: la prima manifestazione dedicata alla "letteratura disegnata" nel nostro Paese. In precedenza, interventi occasionali e sporadici di natura critica ce n'erano pur stati, ma senza nessuna precisa volontà di gettare i presupposti per uno studio scientifico della materia, senza l'intenzione di organizzare una sua disamina tale da costituire la base per ulteriori approfondimenti, senza la forte convinzione che l'argomento meritasse tanta attenzione.   Esattamente quattro anni prima, nel febbraio 1961, era stato presentato quello che oggi dobbiamo considerare il capostipite di ogni opera critica sul fumetto  in Italia, "anzi, in Europa", come precisa Brunoro.:

Una piccola opera che, per quei tempi, esigeva un grande coraggio: era il volume I fumetti, pubblicato nella prestigiosa collana tascabile dell' Enciclopedia Popolare Mondadori, opera del già citato giornalista veneziano Carlo Della Corte, allora in forza alla redazione milanese di “Oggi". Senza quel libro, è lecito sospettare che solo molto più tardi si sarebbe avuto un riconoscimento ufficiale dei comics da parte del mondo della cultura. Nel 1962 era uscita in edizione italiana, da Garzanti, l'antologia francese I primi eroi, presentata da René Clair e curata da François Caradec; nel 1964 Bompiani aveva pubblicato Apocalittici e integrati di Umberto Eco.  Però, solo l'occasione fornita da Bordighera servì a gettare le fondamenta per una strategia comune intesa a strutturare verso i comics un tipico approccio critico degno di tale nome. 

Proprio nel corso di quel Salone, infatti, si tenne il primo convegno di studiosi, sotto forma di una "Tavola Rotonda Internazionale sulla Stampa a Fumetti", svoltasi sotto l'egida di un importante ente culturale come l'Istituto di Pedagogia dell'Università di Roma, diretto da Luigi Volpicelli, uno tra i primi accademici a interessarsi dell'argomento. 

Racconta ancora Gianni Brunoro:

Per parteciparvi s'erano dati convegno fior di nomi della cultura, dallo stesso Volpicelli al suo assistente Romano Calisi, alla loro collega francese Evelyne Sullerot, da Ernesto Guido Laura a Claudio Bertieri, a Roberto Giammanco a vari altri, compresi Umberto Eco e Gioacchino Forte. 

Sergio Bonelli
L’editore Sergio Bonelli ricorda quei giorni con queste parole, contenute nella sua prefazione al volume Eroi di Inchiostro, di Antonio Serra, Giovanni Garbellini e Alberto Ostini: 

Fino a pochi anni fa, difficilmente il fumetto era considerato un medium a tutti gli effetti, quindi difficilmente qualcuno lo analizzava o lo studiava, sia come fenomeno sociale, sia nelle sue strutture narrative e grafiche. I fumetti sono stati considerati per anni «roba da bambini», un fenomeno relegato all’adolescenza, con risvolti anche diseducativi e quindi potenzialmente «pericolosi». Poi, però, le cose sono cambiate. Dallo storico salone di Bordighera del 1965, in cui l’Università di Roma organizzò per la prima volta un incontro dedicato ai fumetti, molta acqua è passata sotto i ponti: il fumetto è maturato sia dal punto di vista stilistico e strutturale, che da quello contenutistico, diventando spesso in grado, più di altri media, di interpretare la realtà che ci circonda e i desideri e le aspirazioni di diverse «fasce» di pubblico, dai più giovani agli adulti. E così sul mio tavolo sono apparsi articoli, saggi, tesi di laurea... un florilegio di interventi critici che mi hanno inorgoglito come editore e come parte di un mondo che è sempre vissuto in sordina.  (Sergio Bonelli, prefazione al libro di ANTONIO SERRA Eroi di Inchiostro, Milano,  Euresis Edizioni, 1996, p.9).

Il n° 1 di Linus
Pochi mesi dopo la manifestazione bordigherese, usciva in edicola la prestigiosa rivista di fumetti “Linus”, diretta da Oreste Del Buono, altra importantissima figura del criticism di casa nostra. L'anno successivo, nel 1966, il Salone si spostò da Bordighera a Lucca, città che da allora è rimasta la capitale italiana del fumetto. 

Un testo destinato alle scuole medie inferiori, uscito in prima edizione nel 1977 e intitolato Comunicazione di massa, dimostra come lentamente si sia recepito in pieno, anche in ambito pedagogico e scolastico, il mutato atteggiamento della critica e della cultura nei confronti del fumetto. Gli autori, Cristina Lastrego e Francesco Testa,  dedicano il capitolo iniziale proprio ai comics, prima di parlare di quotidiani, rotocalchi, pubblicità, cinema e televisione: 

Ci sono ancora delle persone che parlano dei fumetti in generale e dicono che sono “diseducativi”. Ma è una cosa seria? Se uno dice «fumetti» in generale non chiarisce di cosa sta parlando (...). Chiunque abbia letto qualche racconto o qualche romanzo, capisce che ce ne sono dei belli e dei brutti, degli autori che lo interessano e degli altri che gli sono indifferenti o anche antipatici. La stessa cosa succede per i fumetti. Non si può fare finta che non ci siano, perché in realtà ci sono, vengono seguiti da un grandissimo numero di persone, fanno circolare idee e modi di interpretare il mondo. (CRISTINA LASTREGO, FRANCESCO TESTA, Comunicazione di massa, Bologna, Zanichelli, 1977, p.9)

La "letteratura disegnata" cominciava a uscire dai ghetti e andava conquistandosi il riconoscimento di una sua non più negabile dignità culturale come mezzo di comunicazione e come manifestazione artistica.




lunedì 18 febbraio 2013

IL COSARO NERO

Continuo, come tradizione, con gli  articoli con il "coso" nel titolo. Le regole del gioco sono queste: più o meno una volta al mese raduno in un unico post le cose più divertenti o interessanti (testi, immagini e facezie, segnalazioni) pubblicate sulla mia "pagina fan"su Facebook.  I testi che seguono hanno il pregio di essere brevi e scollegati fra loro, e dunque si possono leggere solo quelli che hanno il titolo più divertente o l'illustrazione più accattivante.  Questa raccolta riguarda il mese di gennaio 2013. I precedenti potete cercarli cliccando sul link che rimanda di volta in volta a quello prima. Il penultimo articolo di questa serie è stato "Vietato cosare", l'ultimo, "Cosino Royale".







SENNA DISSENNATA
3 gennaio. Anche sulla Senna i lucchetti come a Ponte Milvio. Chi ha cominciato prima?




SULL'ORLO DEL VULCANO
8 gennaio. Moreno Burattini, vulcanologo. 
Almeno secondo il blog di Alberto Camerra.


CIAO DECIO
8 gennaio. Decio Canzio alla sua scrivania in una foto di José Carlos Moreira.
Per leggere il mio ricordo sul grande Direttore scomparso, cliccate qui.



IPSE DIXIT
8 gennaio. Mi è stata segnalata una citazione di Decio Canzio, il quale avrebbe scritto: "Sono sempre stato dell'idea che l'autore debba essere schivo, sfuggente e refrattario ai dibattiti sui contenuti della sua opera. Il libro (o il fumetto) parlano per lui". Lo sento come un suggerimento rivolto anche a me.


L'OMAGGIO
9 gennaio. Stefano Babini. Omaggio a Decio Canzio.


L'ANTEPRIMA
9 gennaio. Walter Venturi. Matita in lavorazione dal primo Zagor Color (agosto 2013), "Il passato di Fishleg".


L'UOMO VENUTO DALL'ORIENTE
9 gennaio. Una delle ultime tavole di Zagor che Massimo Pesce ha consegnato in redazione. Riconoscete il guerriero con la katana di spalle nell'ultima striscia?



GENI AL LAVORO
9 gennaio. Mauro Laurenti e Antonio Zamberletti discutono della loro nuova storia "Il ritorno di Blondie".



L'ARTISTA ALL'OPERA
9 gennaio. Luigi Corteggi al lavoro sui titoli degli albi Bonelli (foto di Marco Corbetta).



L'AVVENTURA DI VENTURI
9 gennaio. Nel suo blog, Walter Venturi parla del suo prossimo Zagor Color. E la passione, si sente.



IL PALADINO DELLA LIBERTA'
10 gennaio. Consigli per gli acquisti. Stefano Mercuri, "Il Grande Blek, il paladino della libertà", volume 6, Editoriale Mercury. E' un volumone cartonato tutto a colori di 220 pagine, dedicato all'esame dettagliato di tutto ciò che riguarda il trapper della EsseGEsse, impegnato nella lotta contro gli inglesi ai tempi della Guerra di Indipendenza americana. Alla fine del percorso (destinato a proseguire con altri volumi), l'opera darà vita a una vera e propria enciclopedia. In questo sesto tomo si prosegue l'esame di tutte le avventure di Blek (episodi 78-104) e vengono riprodotte tutte le copertine delle edizioni francesi e quelle italiane della "If". Inoltre, troviamo degli omaggi al personaggio da parte di altri disegnatori, tra cui quello di Alessandro Chiarolla che lo raffigura accanto a Zagor e Cico. Il libro è uscito, purtroppo, in tiratura limitata di soli 500 esemplari, per cui chi lo desidera dovrà cercare di procurarselo prima che si esaurisca. Per saperne di più: www.editorialemercury.it .



10 gennaio. Il solito Franco Lana.



10 gennaio. Emanuele Barison. Illustrazione inedita.




BURATTINATE
10 gennaio. Dato che mi diletto a scrivere filastrocche, mi è venuto di buttar giù i primi venti versi di una riduzione in endecasillabi del Pinocchio di Collodi. Il metro tipico della filastrocca sarebbe l'ottonario, ma l'endecasillabo è più narrativo. Mi fermo qui, è soltanto un gioco, un passatempo, ma dato che ormai le cinque quartine sono scritte, eccovele.

LE AVVENTURE DI PINOCCHIO
Versi di Moreno Burattini
Dal romanzo di Carlo Collodi

C'era una volta... "un Re!", mi direte,
dato che tutti di certo sapete
che nelle fiabe si son sempre messi
Re, Principesse e Sposi Promessi.

Ma nella nostra, che non è normale,
manca persino il Palazzo Reale,
e protagonista, senza ritegno,
è solamente un pezzo di legno.

Era un bel tronco che il vecchio Geppetto,
un falegname assai poveretto,
voleva scolpire come un bambino
per tramutarlo in burattino.

Gli fece la bocca, il naso e poi gli occhi
e anche i capelli, senza pidocchi,
e poi le gambe, i piedi e le braccia
dicendo fra sé: "Speriamo che piaccia!

Il legno è di pino, ha un bel colpo d'occhio,
lo chiamerò per questo Pinocchio!".
Ma a un certo punto, non so come fosse,
il burattino di colpo si mosse.




THE END
15 gennaio. Gallieno Ferri e Moreno Burattini mostrano la striscia finale del loro prossimo Zagorone, "La donna venuta dall'Irlanda", in edicola a maggio.



LA PAGELLA
16 gennaio. Il lettore Massimo Manfredi è noto agli zagoriani per essere apparso su varie "poste" con le sue lettere scritte in redazione. Una delle sue consuetudini è quella di spedire alla fine di ogni anno le sue dettagliatissime analisi di tutti gli albi dei dodici mesi precedenti. Con la sua lettera del dicembre 2012 ha festeggiato i venti anni ininterrotti di disamine. Gli dedicherò presto un articolo sul blog. Intanto, per la vostra curiosità, ecco i suoi voti per l'annata appena trascorsa.

Alligator Bayou: testi 6,5 - disegni 7,5.
Il mistero dell'isola: testi 7,5 - disegni 8.
L'uomo che sconfisse la morte: testi 9 - disegni 9,5.
Rotta verso Panama: testi 8,5 - disegni 8.
Sangue nero: testi 6 - disegni 5,5.
La mummia delle Ande: testi: 8 - disegni 8.
La prigione sul lago: testi 7 - disegni : 9.
Labirinto verde: testi 5 - disegni 10.



CIAO PAOLO
16 gennaio. E' morto ieri Paolo Morales, grande sceneggiatore e disegnatore di Martin Mystère. La sua ultima opera sarà un albo de "Le Storie", da lui firmato per testi e disegni, di prossima pubblicazione. Lo ricordo con commozione, come semplice lettore sempre ammirato dai suoi lavori.



CAPACITA' NASCOSTE
17 gennaio. Consigli per gli acquisti. "Capacità nascoste", a cura di Sergio Rilletti e Elio Marracci, è una raccolta di racconti noir sul tema della disabilità. "La prima antologia diversamente thriller", recita il sottotitolo. Si tratta di 25 brevi (e talvolta fulminanti) storie scritte da autori noti e meno noti, ma tutti molto bravi, tra cui Andrea G. Pinketts, Andrea Carlo Cappi, Claudia Salvadori, Mario Spezi, Luca Crovi, Andrea Scotton e molti altri. In ciascuno, il protagonista è un diversamente abile che, proprio grazie al proprio handicap, o in ragione di esso, viene a capo di una situazione drammatica o vi si trova coinvolto. Uno dei curatori, Rilletti, è appunto un tetraplegico (a cui è accaduta realmente una disavventura che sarebbe stata degna di un romanzo di Stephen King). La casa editrice è No Reply, l'anno il 2012. Il prezzo, 12 euro, vale 250 pagine di emozioni. Per saperne di più: www.noreply.it




BENE BRAVI BIS
17 gennaio. Le due lettere arrivate oggi sono piene di complimenti! E' quel che ci vuole per cominciare bene la giornata.


18 gennaio. Il mio calendario 2013.



DOCUMENTAZIONE AL SANGUE
20 gennaio. Documentazione allegata alla sceneggiatura. Ecco che cosa mangiano Harlan e Kurjak in una trattoria nel quartiere di Santa Croce, nella mia storia di Dampyr ambientata a Firenze.


SFIZIO FIORENTINO
20 gennaio. Comunque Harlan e Kurjak assaggiano anche questa: la mitica finocchiona. Chi non sa che cosa sia, non sa che cosa si è perso.




QUELLO CHE DISEGNAVA I FUMETTI
22 gennaio. Un documentario (assolutamente da non perdere) sull'arte di Alessandro Baggi (Dampyr, Dylan Dog e milli altri strepitosi deliri grafici).



WORK IN PROGRESS
22 gennaio. Walter Venturi. Tavola in lavorazione per l'albo "Il passato di Fishleg", il primo Zagor Color (agosto 2013).



NERI NON PER CASO
22 gennaio. Consigli per gli acquisti. Luca Crovi presenta il suo nuovo saggio: "Noir: istruzioni per l'uso", Garzanti, 372 pagine, 16.90 euro. Sottotitolo: "Un atlante del delitto che si legge come un thriller". Ottantadue capitoli dedicati ciascuno a un grande del poliziesco, con una netta prevalenza dei contemporanei (quasi tutti intervistati).


23 gennaio. Emanuele Barison, disegno inedito.


MI SENTO SEGUITO
24 gennaio. Il mio 700° follower su Twitter è stato così festeggiato da Fabio Rossi, un disegnatore ai cui, a quanto pare, piacciono i miei tweet. Grazie! 



ARSWOOD
24 gennaio. Artigianato darkwoodiano.
Branislav Crvenkovic
Artisan Crafts / Ceramics, Pottery & Clay / Miniatures ©2010-2013 ~BranislavCrvenkovic



PASSATA IN RIVISTA
25 gennaio. Il nuovo numero della rivista "SCLS Magazine Gold", l'ottavo della serie, è in arrivo! Il magazine avrà 56 pagine interamente a colori in formato A4 con rilegatura brossurata.
Ecco il sommario:

Un anno a COLORI di Moreno Burattini - NEWS
Aggiungi un posto a tavola di Stefano Bidetti - APPROFONDIMENTO
Segna Pini di Francesco L. P. 013 - L’OPINIONE
Zagortenayde di Francesco Pasquali, Stefano Bidetti e Pierfrancesco Collalto – RENDEZ-VOUS
Intervista a Paolo Bisi a cura di Pierfrancesco Collalto - INTERVISTA
Echi dal forum a cura di Stefano Bidetti – APPOROFONDIMENTO
Le indagini di Bat Batterton a cura di Filippo Tassi – COLLEZIONISMO

La rivista sarà inviata con raccomandata.
Per info: sclsmagazine@gmail.com
I redattori contano di essere a Milano per la presentazione a Cartoomics e per la consegna a mano, eliminando le spese di spedizione.

ZAVOR
25 gennaio. Tavola in lavorazione della "baby-parodia" zagoriana di "Cronaca di Topolinia". Il titolo è "Invasione aliena" e le autrici saranno

testi D.Zaccagnino/E. Mirulla
disegni: E. Mirulla
colori: M. Cacciatore

Il volume uscirà ma già il primo giugno alla mostra di Reggio Emilia uscirà un albetto di 16 pagine anticipatore dell'albo con le matite delle prime 10 tavole e qualche schizzo inedito.


IL BIRICHINO
27 gennaio. Sergio Bargagliotti, omaggio a Zagor.
Ho conosciuto Sergio quando ho curato il volume di storie a fumetti dedicate ai toscani che fecero l'Italia, "Dal Risorgimento alla Resistenza", di cui ho parlato anche sul mio blog. Bargagliotti è stato uno degli autori chiamati a realizzare uno degli episodi (dieci in tutto, tanti quante le province della Toscana). A distanza di qualche mese, Sergio mi scrive: "Finita di leggere l'avventura amazzonica, ho pensato di dedicare allo Spirito con la scure un ritratto 'in pausa', con lo sguardo imbambolato, quello per intendersi che un eroe a tempo pieno non può permettersi davanti alla macchina da presa ... una sorta di affettuoso dietro le quinte 'birichino' che spero ti faccia piacere".


28 gennaio. L'attore perfetto per Zagor è un italiano. Giulio Berruti (quello a destra in questa foto).


IL SIGNOR BILOTTA
28 gennaio. Da http://www.facebook.com/signorbilotta: "Quello che mi ha sempre affascinato del fumetto è la passione, la cura, l'attenzione che alcuni fumettisti mettono nelle storie e nei personaggi che creano. Nonostante ormai un certo disincanto, resto ammirato quando guardo Fumettology, la trasmissione di Rai 5. Oltre a ritrovare quella stessa cura in chi la realizza, la leggo nei protagonisti del fumetto. Una puntata che mi ha colpito è quella su Zagor, uno dei fumetti che trasmettono più di altri la passione di chi ne fa le storie e questo emerge chiaramente anche nella trasmissione".



VIVA I ROMANTICI
28 gennaio. Consigli per gli acquisti. "365 storie d'amore", a cura di Franco Forte, Delos Book, 2013. E' il regalo ideale per San Valentino: costa 14.90 euro per 380 pagine. 365 autori, 365 racconti, uno per ogni giorno dell'anno. Ogni racconto, lungo soltanto una pagina. I testi sono stati selezionati fra quelli proposti dai partecipanti al forum www.writersmagazine.it/forum. Fra essi, il racconto del 5 aprile, "Il ragazzo nerd e la ragazza di burro", è firmato da Lorenzo Bartoli e quello del 16 gennaio, intitolato "Chimica relazionale", è opera di Marco Frosali, uno degli abitueé di questo spazio. Per saperne di più, www.delosbooks.it.


NON SPARATE SUL PIANISTA
28 gennaio. Spari sul pianista.
Mi ha divertito la frase "luoghi deputati a sparare sul pianista" contenuta in questa mail che ho appena ricevuto. Il mittente si nasconde fra i nomi che talvolta si leggono in calce ai commenti su i miei interventi su Facebook per cui, se mai qualcuno dubitasse che l'abbia davvero ricevuta, gli chiederò di fornire la sua conferma. La faccio leggere solo perché riassume un po' di cose di cui mi capita di parlare, qui, sul blog e su Twitter. Giusto pourparler.

Caro Moreno, ieri sera ho terminato la lettura dell'ultima parte della storia da te sceneggiata e disegnata da Laurenti incentrata sulle Amazzoni. Posso dirti, in sincerità, che l'ho trovata ottima. Disegni efficaci, Mauro è sempre un Maestro anche se, a livello di tratto, io lo preferivo qualche anno fa. Ora è diventato più "artista" e quindi un po' meno preciso, più istintivo. Ma sono sottigliezze. Non mi sfugge però, da tutto quello che scrivi, specie su Twitter, che il tuo umore a volte sembra non eccelso e, se come penso, ciò dovesse dipendere da qualche critica di troppo su forum ed affini, scusami se mi permetto: fregatene! Ho qualche anno meno di te ma qualche anno in più a livello di luoghi d'aggregazione virtuale, frequentavo i primi forum già nel 1998. Comunque, c'è poco da fare. Per quanto uno intervenga spiegando le proprie ragioni, i forum di fumetti (ma è uguale anche in quelli dedicati ai videogiochi) sono luoghi deputati a sparare sul pianista, sempre e comunque.Allo stato Zagor ha una pattuglia di disegnatori di alto livello ed un team di scrittori di provata bravura. Oltre te mi piace molto Rauch, per esempio. E nonostante le critiche che leggo qui e lì, io con Mignacco non mi annoio mai. Solo i lettori, in senso ampio, daranno il giudizio finale sulla saga che stiamo leggendo. E se non piacerà, beh ... chi è che non sbaglia ? L'importante è essere in buona fede ed avere la coscienza di aver fatto il possibile per rispettare il pubblico pagante.
Un grande abbraccio e buon lavoro!

Io non solo non ho mai contestato l'utilità dei forum, ma anzi ho cercato di favorire in tutti i modi la partecipazione, la discussione, gli incontri dei e fra i forumisti, offrendo notizie e materiali in anteprima, rispondendo ai fili diretti, partecipando ai raduni. Il problema è che fra le tante discussioni simpatiche, giuste e sacrosante trovano spazio le crociate personali degli "haters" di professione, dei troll, degli esagitati senza arte né parte, che approfittano del fatto di avere una tribuna che garantisce la pubblicazione e l'impunità per sfogare i propri livori repressi (dovuti magari ai più astrusi motivi personali su cui, non essendo uno psicanalista, non ho titoli per indagare). Per ogni lettore equilibrato che scrive un messaggio ragionevole (non importa se positivo e negativo), il crociato del rancore ne scrive dieci intimidatori che suggeriscono il prudente silenzio agli altri e dunque l'opinione che si ricava da una visita di certi spazi telematici è apocalittica. Non so come si possa risolvere il problema. Personalmente, avendo sperimentato che i rancorosi (di solito insensibili a ogni tentativo di dialogo, a lungo tentato) mi impediscono di lavorare serenamente, preferisco cercare di non farmi disturbare. Zagor ha bisogno che i suoi autori scrivano liberi da un certo tipo di ansie e di angosce. Ciò non pregiudica in nessun modo il libero funzionamento dei forum. Di recente, rispondendo a una lettera di un lettore che era addolorato (più di me) per i toni di alcuni nei forum, ho citato una massima orientale, di Lao Tze: "Un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce"


28 gennaio.Emanuele Barison. Illustrazione inedita.



ANCHE IN ASCENSORE!
30 gennaio - Il solito Franco Lana fa due volte su e giù il viaggio in ascensore per non interrompere, dovendo uscire, la lettura di una scena. (Foto di Maria Andruetto).


SENZA RESPIRO
30 gennaio - Una tavola originale di un prossimo albo di Tex (quello di aprile) disegnato da Corrado Mastantuono, "Lotta senza respiro", su testi di Tito Faraci.



OMAGGI DIABOLICI
30 gennaio - Lorenzo e Roberto Altariva del Diabolik Club, in visita alla redazione di Zagor, portano doni! Il nuovo numero della Gazzetta di Clerville (appena uscito, datato febbraio 2013) e la maglietta del cinquantennale del Re del Terrore.




31 gennaio - Ciò che tutti gli sceneggiatori vorrebbero fare ai loro critici.




31 gennaio - Diego Cajelli con il Numero Zero di Long Wei, in attesa del primo albo in uscita a marzo, per l'Aurea!


31 gennaio - Mauro Laurenti. Matita inedita (studio per Albissola Comics 2013).



IL FILM
31 gennaio - Ho chiesto al regista Riccardo Jacopino come stia andando il montaggio del suo documentario "Noi, Zagor", di cui uno spezzone è stato presentato a Lucca Comics lo scorso novembre. Si tratta di un film destinato a uscire anche nelle sale. Ecco la sua risposta: "Caro Moreno, tutto bene, il film è quasi pronto e la prossima settimana andrà al mix audio".