sabato 18 settembre 2021

IL MIO LIBRO PIU' BELLO

 

Ho perso il conto di quanti libri ho scritto e pubblicato, ma c'è un tasto qui sopra, sotto il titolo del blog, che rimanda (se ci cliccate) a un elenco. Se però mi domandate qual è il mio più bello, risponderò con certezza: "Mi ritiro per delirare", da poco pubblicato da Cut-Up. Ne vedete qui sopra la strepitosa copertina di Massimo Bonfatti, che vale da sola il prezzo d'acquisto del volume, al pari dell'esilarante prefazione di Gianni Fantoni (un grazie a tutti a due questi amici).  

Il libro è già stato presentato in anteprima in luglio nel corso di Riminicomix, ma giunge in distribuzione in libreria e sulle piattaforme on line soltanto adesso, in settembre. Ecco la foto del momento in cui, appunto a Rimini, ho avuto in mano la prima copia. Foto che rende bene l'idea del contenuto del volume.


Contenuto di cui ho letto degli estratti, cercando di strappare un sorriso, in questo video pubblicato sul mio canale YouTube (cliccate per vederlo - mi pare divertete).

https://youtu.be/JDE88vZtS-U

Qui sotto una foto del libro in mano ad Alfredo Castelli, che sembra esserne divertito (e il BVZA si è detto d'accordo a che si usasse la sua immagine per fare da testimonial),


Ecco il testo con cui la Casa editrice Cut-Up cerca di imbonire gli acquirenti esitanti:

Aforismi, battute, facezie, giochi di parole, riflessioni sarcastiche o poetiche, frutto della penna corrosiva e dello sguardo controcorrente di uno dei più noti sceneggiatori italiani di fumetti.
Frasi a effetto, brevissime e fulminanti, divise per argomento come in un dizionario universale, da leggere tutti insieme o saltando qua e là, puntando il dito a caso in cerca di una folgorazione. Senza necessariamente dover essere d'accordo.
L’antologia riunisce il meglio delle precedenti raccolte e più di 1500 aforismi inediti, scelti tra le migliaia pubblicati dall’autore sul suo seguitissimo account Twitter.

 



Nel caso voleste smettere di esitare e procedere all'acquisto, Cut Up fa spedizioni gratuite (mi dicono) ed ecco come procedere all'ordine (cliccare):

https://cut-up-publishing.ecwid.com/MI-RITIRO-PER-DELIRARE-Dalla-A-di-Aforismi-alla-Z-di-Zagor-di-Moreno-Burattini-SPEDIZIONE-GRATUITA-p368910859

Qui di seguito la mia dotta (ma spero comunqie godibile) introduzione.


IL SENSO DELLA FRASE
di Moreno Burattini


Non ho un millesimo del talento che aveva Andrea G. Pinketts come scrittore,  perciò non provo neppure a imitarlo. Lui, in verità, avrebbe potuto benissimo sceneggiare fumetti, rubando il mestiere a me, e infatti esiste da qualche parte l’abbozzo di un soggetto per una storia di Zagor che una volta iniziammo a scrivere insieme (faceva visita spesso alla redazione Bonelli, in via Buonarroti). Però, forse, ho qualcosa, in centesima parte, di un suo peculiare talento: il senso della frase. “Il senso della frase”, del resto, è un suo romanzo, uscito nel 1995. Una miniera di aforismi. Pinketts, che purtroppo se ne è andato nel 2018, spiegava così quel titolo:

Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho il "senso della frase". Il senso della frase è Privilegio poiché, se lo possiedi, permette a una tua bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata. Non so se si nasca con il senso della frase. Di sicuro ci si muore.


Ho sempre idolatrato gli scrittori con il senso della frase. Oscar Wilde, per esempio, di cui sono stati pubblicati libri di aforismi mai scritti, semplicemente estrapolati dai suoi racconti o dalle sue commedie. Fin da giovanissimo, mi sono appuntato sui dei quaderni le frasi che più mi folgoravano, in cui mi imbattevo leggendo. L’ho fatto prima ancora di scoprire che esistevano gli aforismi scritti proprio come tali, e che costituivano un vero e proprio genere letterario.  Nel 1994, i Meridiani Mondadori hanno addirittura dato alle stampe una antologia in due volumi “Scrittori italiani di aforismi”, curata da Gino Ruozzi, comprendente cinquanta autori distribuiti su oltre seicento anni di storia, da Taddeo Alderotti (1223-1295) a Pietro Ellero (1833-1933). Il principale motivo per cui ho pubblicato alcune raccolte di aforismi miei (questa che avete in mano è la terza) è, lo avrete capito, la segreta speranza di entrare a far parte dell’aggiornamento di quei due Meridiani, nella parte che va dalla Prima Guerra Mondiale ai giorni nostri, anni in cui gli aforisti hanno imperversato. 

Fra tutti gli autori contemporanei citerò Gesualdo Bufalino (1920-1996), il quale diceva: “un aforisma ben fatto sta in otto parole”. Contate quelle di questa frase, sono appunto otto. Non ne servono molte di più per colpire immediatamente nel segno con maggior efficacia di qualunque lungo discorso. Del resto, “quando non si sa scrivere, un romanzo riesce più facile di un aforisma”, aggiungeva l’austriaco Karl Kraus (1874-1936), altro nume tutelare di tutti gli aforisti. Si parva licet componere magnis, mi permetto di suggerire, però, un perfezionamento della frase di Bufalino: un buon aforisma sta in sette parole. Ecco: contate pure queste, prego.

Ho parlato di due mie antologie precedenti a questa. La prima è uscita nel 2015 con il titolo “Utili sputi di riflessione”, edita da Allagalla. Il buon successo di quell’iniziativa mi ha convinto a riprovarci nel 2017 con una seconda silloge, intitolata “Sarò bre”, della stessa casa editrice. Questa terza raccolta, pubblicata invece da Cut-Up Publishing, presenta il meglio delle prime due, raddoppiando la proposta con una gran quantità di aforismi nuovi, apparsi originariamente su Twitter, un social che ben si presta, basato com’è su un ridotto numero di caratteri a disposizione, a permettere agli utenti di esibire il loro “senso della frase”.

In Rete le mie riflessioni, facezie, arguzie e stupidaggini hanno finito per radunare un piccolo pubblico che le apprezza e addirittura le attende o le va a cercare. Tutto ciò che scrivo va innanzitutto considerato una provocazione, un pungolo, e non propugno tesi o verità rivelate. Anzi, sono gradite le contraddizioni, perché dai contrasti nascono i dibattiti. Mi piace l’idea che da un concetto, talvolta paradossale, si possano trarre lunghe riflessioni. Talvolta i miei aforismi riescono a mettere a nudo la mia anima, anzi, in certi casi la scarnificano. Del resto si sa che Arlecchino si confessò burlando. Mi diverte, anzi, dipingermi peggio di come sono per la soddisfazione di sentirmi dire: “ma no, non è vero che sei così”. E che delusione quando non me lo dicono e temo di essere così davvero. Poiché ai buffoni si perdona tutto, anche le parolacce, mi sono permesso di usarne qualcuna a scopo ludico: tenete però il libro fuori portata dai bambini, mi raccomando. In ogni caso, come scrisse Stan Laurel in una sua poesia: God bless all clowns, Dio benedica i clown. Non è obbligatorio pensarla come me su Dio, Patria e Famiglia per apprezzarne la mia presa in giro, che fa parte degli stilemi del genere. Del resto neppure io la penso come me. Talvolta si tratta di riflessioni riguardanti temi importanti, altre volte di ignobili facezie: fa parte del mio carattere, alternare i registri. Del resto, la vita stessa offre ai nostri sguardi aspetti sublimi e altri triviali. Mi illudo però che anche dalla battuta da caserma si possa trarre, sforzandosi, un qualche motivo di riflessione in grado di elevare chi è così bravo da coglierlo. In ogni caso, gli aforismi sono una forma d’arte paragonabile alla poesia: ogni singola parola ha un peso e il loro significato va incredibilmente al di là delle dimensioni del testo con cui lo si esprime.

Permettetemi, per finire, di fingermi dotto e dimostrare che ho fatto il classico. Le parole “aforisma” e “orizzonte” hanno la medesima etimologia. Derivano infatti dal verbo greco horíz?, “separo”. Apó e horíz? significano “separo da” ma anche “circoscrivo” e dunque aphorismós  vale come “definizione”. L’orizzonte è ciò che lo sguardo circoscrive separandolo dal tutto, e l’aforisma è ciò che poche parole possono contenere in uno spazio limitato. Il primo a usare la parola “aforisma” fu Dante, nel Convivio e nel Paradiso, dove scrive: “Chi dietro a iura e chi ad amforismi / sen giva, e chi seguendo sacerdozio”. Vale a dire: c’è chi studia legge, chi medicina e chi si fa prete. Gli “amforismi” sono dunque precetti medici. Quelli di Ippocrate, senza dubbio, i cui detti e le cui sentenze venivano tramandate da secoli come base della scienza medica. Ma anche quelli di Taddeo Alderotti, contemporaneo dell’Alighieri, che abbiamo già citato: si tratta dell’autore di un “libello per conservare la sanità del corpo”, scritto in volgare. Per dare un esempio, ecco cosa raccomanda l’Alderotti: “quando ti levi la mattina de letto distenderai le tue membra, perché la natura ne prende conforto, e il naturale caldo se ne conforta e fortifica le membra”. Insomma, appena alzati bisogna fare stretching . Da questo tipo di aforismi, si passa gradatamente a quelli delle epoche successive che prima propongono massime religiose, poi morali. Dai consigli per la salute a quelli per lo spirito. In ogni caso, “medicina per l’uomo, questa è l’essenza dell’aforisma”, scrive Giuseppe Pontiggia. A partire dalla seconda metà del Seicento, per merito dei francesi, gli aforismi cominciano a diventare anche spiritosi. Meno male, perché tra il serio e il faceto, preferisco il faceto.



mercoledì 8 settembre 2021

L'ULTIMO CON IL CINQUE

 

Ieri, 7 settembre 2021, ho compiuto 59 anni. E' il mio ultimo compleanno con il 5 davanti. Il prossino, quello del sessantennale, dovrà essere a colori o con un gadget allegato. Quello che vedete qui sopra è il disegno che ha realizzato per l'occasione, di propria iniziativa e sorprendendomi, Alessandro Piccinelli. Sono stati tanti i messaggi di auguri che ho ricevuto, e vi ringrazio uno per uno.


Questo qui sopra è uno dei tanti, pubblicato su Facebook dall'amico Nando Esposito (è un privilegio lavorare con colleghi simili, credetemi). Ho cercato di fare un bilancio della mia vita e, tutto sommato, aggiustando un po' le cose, perfino barando, fra luci e ombre, è venuto fuori un conto in positivo. Vedremo come andrà nei prossimi trent'anni. Mi viene da pensare che alla mia età mio padre era già in pensione, e io dovrò invece tirare la carretta fino al 2030 (dice l'INPS). Farò del mio meglio. Senza dubbio scrivere è un mestiere che si fa sempre più complicato e con poche prospettive, dato che presuppone gente che legge, cioè una razza in via di estinzione: pur di non leggere c'è chi ascolta un'ora di sproloqui da uno che parla su YouTube, e io stesso sono diventato youtuber per legittima difesa (scoprendo con mia grande sorpresa di essere più seguito quando parlo che quando scrivo). 


 

Proprio in questi giorni, dovendo preprarare un articolo, ho rispolverato una vecchia intervista a Sergio Bonelli apparsa nel 1990 sullo Speciale Zagor della fanzine Collezionare (pubblicazione in cui, come forse sapete, ci fu il mio zampino).  Interrogato sul perché a un certo punto la firma di Nolitta smise di comparire sugli albi dello Spirito con la Scure (l'abbandono avvenne nel 1980), Bonelli risponde: "Io scrivevo le mie storie quasi sempre di notte, il sabato o la domenica, senza mai rinunciare però a guardare con un occhio la televisione, e mio padre era fra i primi a non capire come facessi. Io dico che lassù Qualcuno mi ama perché se sono riuscito a fare qualcosa di buono è stato anche un po’ casualmente: non ho mai avuto il tempo di pianificare bene le cose, e tutto è nato di slancio, sull’onda del mio divertimento nello  scrivere, nel fare gli schizzi per le sceneggiature. Certe decisioni sono state dettate dal momento: mi ritengo fortunato di essere riuscito a fare una montagna di cose insieme. C’è stato un periodo in cui sceneggiavo contemporaneamente Zagor, Mister No e Tex, lavorando soltanto di domenica e scrivendo perfino trenta pagine al giorno, stracciando solamente un foglio di tanto in tanto. La mia grande fortuna è stata che anche il pubblico, intuendo il mio divertimento, si divertiva anche lui. Io sono uno sceneggiatore solo per caso, il mio vero mestiere è un altro, l'editore. Negli ultimi anni abbiamo aumentato la produzione, pubblichiamo diverse testate in più, c’è un maggior impegno nei rapporti con gli autori e questo mi obbliga a una maggiore attenzione, a un maggior controllo. Ogni tanto la mia vocazione di sceneggiatore torna a farsi sentire e allora scrivo qualche storia di Mister No. Però, mentre negli anni ‘prolifici’ la sera non ero poi così stanco e la domenica neanche, adesso invece dopo una giornata di lavoro non ho troppa voglia di dedicarmi alle sceneggiature, e se lo faccio mi riescono male. Le mie ultime esperienze di editore (Dylan Dog, Martin Mystère, Nick Raider) mi hanno insegnato che il fumetto come lo intendevo io ha fatto il suo tempo. Oggi c’è un modo di sceneggiare diverso, le storie sono più complicate e richiedono una complicità maggiore con il lettore". Quest'ultima frase la intendo così: adesso dobbiamo convncere il lettore a seguirci con molta più fatica, motivandolo a ogni passo - o lui non ti segue.

Ecco, si parva licet componere magnis (e se posso nel mio piccolo paragonarmi a Nolitta), capita sempre più spesso anche a me di pensare a stessa cosa: prima era più facile scrivere per divertimento, oggi tutto viene così tanto criticato e i lettori sono sempre meno complici, che la leggerezza con cui un tempo venivano fuori cose spontaneee e belle è solo un ricordo. Per dirla con Sergio "il fumetto come lo intendevo io ha fatto il suo tempo". Ma, naturalmente, di fronte alla sfida dei tempi (e dei lettori) che cambiano non ci si può tirare indietro. E' tutto più difficile, ma appunto per questo andare avanti è entusiasmante. I progetti ci sono, le idee non mancano, sul fiato ci si può ancora lavorare. E so di poter contare sulla complicità di parecchia gente, grazie a Dio o chi per lui.