domenica 12 gennaio 2014

CINEMA AL CINEMA 15


Proseguono le recensioni cinematografiche di Giorgio Giusfredi, mio personale consulente, nonché scrittore, sceneggiatore di fumetti e cuoco sopraffino. I pareri che esprime sono sua responsabilità, ma di solito li condivido. In ogni caso, i complimenti e le critiche vanno indirizzate a lui.

CINEMA AL CINEMA 15
dicembre 2013
di Giorgio Giusfredi


LO HOBBIT - LA DESOLAZIONE DI SMAUG

Un film di Peter Jackson. Con Ian McKellen, Martin Freeman, Richard Armitage, Benedict Cumberbatch, Orlando Bloom. Titolo originale The Hobbit: The Desolation of Smaug. Fantastico, durata 161 min. - USA, Nuova Zelanda 2013. - Warner Bros

L’avidità è il peccato capitale che muove tutta la poetica di Tolkien. Ne “Il Signore degli Anelli” il simbolo ne è, ovviamente, l’anello. Ne “Lo Hobbit” (che, al contrario della trasposizione cinematografica, precede, come romanzo,  l’opus magnum dell’autore) è rappresentata dal drago Smaug, la cui unica soddisfazione è quella di dormire nell’oro accumulato dagli altrettanto avidi nani. La trasposizione cinematografica di Peter Jackson rende il prequel tolkieniano  visivamente molto più simile alla trilogia dell’Anello di quanto le due opere letterarie fossero già. In più, abbiano soltanto la storia d’amore interraziale e dei personaggi già visti nell’impresa di Frodo e company, come nel primo capitolo di questa seconda trilogia. Costellato dei soliti bellissimi paesaggi della Nuova Zelanda ripresi a volo d’uccello, il film non manca d’azione; anche se, la parte più bella, è quella che inquadra il lungo dialogo tra Bilbo, l’hobbit, e il drago Smaug. Un drago impressionante e bellissimo simbolo della storia,  vero motivo per andare al cinema, la cui voce viene dal lanciatissimo Benedict Cumberbatch, reso famoso dalla serie inglese Sherlock, doppiatore nella versione originale. 



BLUE JASMINE

Un film di Woody Allen. Con Alec Baldwin, Cate Blanchett, Louis C.K., Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay. Commedia drammatica, durata 98 min. - USA 2013. - Warner Bros Italia

In ogni film di Woody Allen, più o meno, il protagonista interpreta sempre il solito paranoico, egocentrico e logorroico personaggio che poi incarna il regista stesso. La splendida Cate Blanchett non fa eccezione. Quello che più colpisce della sua splendida isteria è la continua asimmetria nel darsi la matita per gli occhi. La bellezza del trucco in stile francese dei puntini sotto le ciglia inferiori viene, infatti, mal distribuita e conferisce allo sguardo disperato e sexy della protagonista un finto strabismo di venere assolutamente elegante. Come elegante è la canzone da cui proviene il titolo del film e ogni singola cosa che ha a che fare con la donna. La spirale di autodistruzione stessa è lieve, sembra confezionata in un negozio di haute couture a Rue de Rivoli e porta lo spettatore delicatamente nell’oblio della donna. Un oblio a cui, si percepisce fin dall’inizio, mancherà qualsiasi tipo di edulcorante. Da segnalare la presenza di Bobby Cannavale, strepitoso interprete della terza stagione di Boardwalk Empire, che interpreta l’unico personaggio veramente sincero della storia (non a caso è anche il più gretto). Come se l’educazione e l’emancipazione passassero attraverso la corruzione. Quella di un Alec Baldwin di nuovo in forma, sembra Mazzarri, l’allenatore dell’Inter. È quella di Peter Sarsgaard che, tristemente, non si innamora della donna ma di quello che rappresenta. Anche la sorellastra della protagonista non si esime da un comportamento alquanto disperante. Non una storia di amore, ma una storia di sopravvivenza con colpo di scena, anche se un po’ telefonato.





I SOGNI SEGRETI DI WALTER MITTY

Un film di Ben Stiller. Con Ben Stiller, Kristen Wiig, Shirley MacLaine, Adam Scott, Kathryn Hahn. Titolo originale The Secret Life of Walter Mitty. Commedia, durata 114 min. - USA 2013. - 20th Century Fox

Chiamiamola crisi di mezza età, se vogliamo. Ma è giusto che ogni uomo, a un certo punto della propria vita, senta il bisogno dell’avventura. Perché l’essere umano sogna. A occhi aperti, come Walter, il protagonista del film, o chiusi non importa. La vita pone di fronte delle scelte le quali possono infrangere le speranze di vita di ognuno. Questo film narra di un riscatto, la riscossione di un debito che un uomo aveva nei confronti della propria dura vita. E parla d’avventura, quella con la A maiuscola. Questo aspetto prettamente avventuroso e di rivincita di un uomo “quasi maturo” diverge leggermente dall’omonimo racconto di James Thurber (The secret life of Walter Mitty) da cui è tratto e dal quale viene anche il neologismo americano “mittyesque”, ovvero persona che spende la maggior parte del suo tempo a sognare stranezze a occhi aperti. Il magnifico film del 1947 di Norman McLeod, che raccontava di un Mitty redattore di Pulp Magazines, era più “borderline” in quanto alcuni dei sogni del protagonista riguardavano addirittura l’incesto materno e quindi il famigerato complesso di Edipo. In questa pellicola diretta e interpretata da Ben Stiller, il protagonista si emancipa vivendo il sogno. Le parti più belle sono quelle in Groenlandia dove troviamo un pilota grasso e ubriaco cantare solo a un Karaoke e in Islanda, con la fuga su di uno skateboard e con l’eruzione di un vulcano. Il film riesce, grazie a una splendida fotografia e a trovate di sceneggiatura molto simpatiche che, alla fine, ti fanno perdonare l’orrendo buco narrativo, che poi è il pretesto di tutta la storia, ovvero la ricerca di un fotogramma mancante da un rullino. Proprio non ci beviamo per come viene giustificata, ma va bene così. 



UN FANTASTICO VIA VAI

Un film di Leonardo Pieraccioni. Con Leonardo Pieraccioni, Serena Autieri, Maurizio Battista, Marco Marzocca, Marianna Di Martino. Commedia, durata 95 min. - Italia 2013. - 01 Distribution

Un altro uomo con la sindrome da Peter Pan. Il soggetto è anche interessante: un uomo in crisi con la moglie esce di casa e si mette a vivere con dei giovani universitari e li aiuta risolvendo il oro problemi esistenziali. Il problema è che tutta la narrazione manca completamente della cattiveria necessaria per divertire. Inutile citare i mostri sacri della commedia all’italiana, ma il buonismo impregnato nella vicenda e il mieloso finale rendono tutto alquanto scialbo, tanto da sembrare che Pieraccioni non abbia veramente qualcosa da raccontare come in passato ma “debba raccontare qualcosa”. Tre cose: Maurizio Battista, divertente; culo a Frisbee, interessante; pancia di Ceccherini, impressionate. Un buon Panariello nei panni dell’impresario razzista. 



INDOVINA CHI VIENE A NATALE?

Un film di Fausto Brizzi. Con Diego Abatantuono, Claudio Bisio, Raoul Bova, Carlo Buccirosso, Cristiana Capotondi. Commedia, durata 90 min. - Italia 2013

Mentre la commedia di Pieraccioni è caratterizzata da luci e ombre, questo film non ha alcun spunto di interesse. Sì, gli attori non sono male, ma non hanno niente di divertente le loro parole o le loro azioni. Ancora una volta dovremmo fare appello alla famosa cattiveria del Fantozzi di Villaggio e Salce quale esempio per un corretto uso della scorrettezza. In questo film si scivola rimanendo con un grosso “beh?” e con tanti sbadigli.



AMERICAN HUSTLE - L'APPARENZA INGANNA

Un film di David O. Russell. Con Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence. Titolo originale American Hustle. Drammatico, durata 138 min. - USA 2013. - Eagle Pictures 

Una magnifica colonna sonora scandisce perfettamente il ritmo di questa storia e immerge lo spettatore nell’atmosfera di fine anni settanta. Citazioni a non finire, come quella nella discoteca in puro stile “La febbre del sabato sera”, con zoomate dal basso verso l’alto su chi balla. Molti attori dal volto antipatico riescono a stravolgere la loro indole. Amy Adams, della serie mai-con-il-reggiseno, è persino sexy con tutto il lavoro che fa di gambe e di piedi ogni volta che è seduta. Jeremy Renner interpreta carinamente un sindaco Italo-americano che si sporca le mani ma lo fa per la gente. La sua pettinatura alla Little Tony – o, per dirla all’americana, alla Conway Twitty – si sposa perfettamente con il suo muso schiacciato; il suo modo di vestire e la sua gestualità costruiscono un personaggio più che credibile. Persino Jennifer Lawrence, solitamente acqua e sapone, interpreta una perfida oca da antologia. Straordinaria è la sua “Live and let Die” cantata in lacrime da perfetta casalinga isterica. Bradley Cooper, invece, riesce ad essere ancora più odioso del solito, anche se la scena in cui lui cena a casa con i bigodini in testa per “farsi riccio” assieme alla madre dalla voce stridula che prega per tanti nipotini come “esercito del papa”, un po’ ci intenerisce. Non importa, poi, quanto Christian Bale si abbruttisca con riporti “articolati” e pancione da buzzurro del Connecticut, lui resta sempre il più sexy e il più bravo. Il meccanismo basato sulle truffe, in puro stile “la stangata”, e sui colpi di scena funziona, ma non è la cosa che interessa nel film. Quello che più conta sono i dialoghi che affrescano dei personaggi veramente sfaccettati e l’attenzione al dettaglio, come, per esempio, le varie inquadrature degli anelli che i personaggi portano al mignolo; o le tappezzerie, o i vestiti, o le acconciature. Per finire è necessario citare un cammeo non accreditato del buon vecchio Bob De Niro e della sua smorfia.



giovedì 9 gennaio 2014

UN PAIO DI ALI


Chiunque abbia letto Lupo Alberto e non si sia solo soffermato a sbirciarne l’icona sul merchandising, sa chi è “Uccello”. “La sconvolgente storia di Uccello”, del resto, è anche il titolo con cui le dodici tavole dove compare (quelle dalla 47 alla 58) vennero raccolte nel 1992 in un unico albo uscito allegato al settimanale “Il Sabato”. 

Per chi non sapesse di che cosa stiamo parlando, basterà riassumere così la faccenda: Uccello è un pulcino (di passero, dice l'autore, di oca, dicono su Wikipedia) rimasto solo, inavvertitamente abbandonato dalla mamma che è volata al Sud per svernare. Poiché la stagione della caccia si avvicina, Lupo Alberto adotta il piccolo sperando di insegnargli a volare in tempo, prima che le doppiette inizino a sparare. Purtroppo, Uccello non riesce a mettersi in salvo: una fucilata lo abbatte. 

Mi sono sempre commosso come un bambino nel rileggere queste tavole, riguardo alle quali Silver dice: "Farlo migrare sarebbe stato scontato. Si cerca sempre di fare qualcosa di nuovo che scuota un po' il lettore e io in passato ero molto più provocatorio di quanto non lo sia adesso. Il fatto di far entrare la morte nel mio fumetto ha creato molte reazioni forti: sono stato persino minacciato, perché facessi rivivere il povero Uccello, ma per me l’importante era proprio far entrare nella narrazione anche la morte, un elemento sconvolgente, che però fa parte della nostra vita. Insomma una provocazione, ma a fin di bene, per contrastare il perbenismo disneyano, da cui ero profondamente infastidito. La morte di questo passerotto è stata quasi un atto di ribellione a quegli stupidi stereotipi, anche se più vicina a un atto di cinismo, perché premeditata”. 

Perché rievoco questa storia? Perché Anna Teresa Fiori, la maestra elementare romana che ha coinvolto i suoi alunni in un progetto didattico riguardante Zagor, mi ha raccontato, per lettera, un piccolo aneddoto che le è accaduto qualche anno addietro. Un aneddoto che vi ripropongo tale e quale, certo che anche a voi rievocherà la storia di Uccello.

PIGIA
di Anna Teresa Fiori

All'epoca vivevo con i miei genitori, con una gatta e una cagna. Loro hanno l'appartamento a piano terra e in giardino cadde un merlotto. Subito la gatta cercò di papparselo ma Diana si mise in mezzo e il pennuto riuscì a nascondersi dietro i vasi e rimanere lì fino all'arrivo di mia madre, che lo chiuse in tinello. Arrivata a casa, francescana da sempre, presi io in mano la situazione.

Pigia, così chiamai il piccolo volatile, avrebbe vissuto nel tinello, la porta sarebbe stata sempre chiusa e l'avrei nutrita personalmente. Telefonai alla LIPU e mi spiegarono che i merli mangiano vermi, che quando il pulcino è piccolo la madre schiaccia la testa del verme e io avrei dovuto fare lo stesso. Intanto potevo darle (ancora non si sapeva che sarebbe stata una bellissima merla) un po' di scatoletta di Piccola (la mia gatta) e pezzetti di mela. Così ho fatto. Il giorno dopo sono andata in un negozio per pescatori a comprare vermi. Mi ha avuta come cliente per tre settimane, il tempo che Pigia ha vissuto con noi. 

Una volta - mia mamma cuciva in tinello - scambiò un pezzo di filo per un verme e se lo attorcigliò intorno alla lingua. Dovetti prendere le forbici e tagliarglielo: ho sudato davvero freddo! La coda cresceva, il piumaggio cambiava, si cominciò a vedere che era una femmina. La portavo con me in giardino, sollevavo i vasi e lei beccava le formiche. Stava imparando a nutrirsi da sola ma doveva imparare a volare. Qualche svolazzamento lo faceva. Quando entravo nel tinello e la chiamavo mi volava sulla spalla e cinguettava, oppure volava sulla testa del babbo. Ma non sapevo come fare per farla volare via dal nido. Telefonai ancora alla LIPU e mi dissero che i merli buttano i pulcini giù dal nido quando arriva il momento. A volte lo fanno troppo presto, come forse era accaduto a Pigia. Dovevo buttarla giù... Mi avevano anche detto che se fosse tornata sarei stata l'umano che si era presa cura di lei ed avrebbe sempre dipeso da me. Viceversa, sarei stata la sua mamma, avrebbe lasciato il nido per sempre e avrebbe fatto la vita di una merla libera. Così è stato. E' volata via, l'ho vista sul un ramo di un albero. E' tornata indietro sul balcone del tinello (il tinello ha un balcone perché sotto ci sono i garage) ma poi è volata via. Non l'ho più vista e quando penso a lei mi piace pensare che abbia fatto una vita felice...