domenica 27 novembre 2022

IL PROFESSIONISTA


E' usito in edicola il 24 novembre 2022 il n° 22 del Color Tex, di cui potete vedere qua sopra la copertina opera di Andrea Venturi. Si tratta di una antologia di 5 storie autoconclusive, di 32 tavole ciascuna, caratterizzate, oltre che dalla brevità, anche dalla policromia. Storie a colori, insomma, e di solito colori molto suggestivi. L'albo si intitola "Yavapai e altre storie" e fra queste "altre storie" ce n'è una mia: "Il professionista", illustrata dal bravo Frederic Volante (colori di Erika Bendazzoli). Si tratta della mia quarta sceneggiatura di questo tipo, dopo tre precedenti realizzate con Giuseppe Camuncoli (Tex Color n° 6), Michele Rubini (Tex Color n°10) e Raffaele Della Monica (Tex Color n°16).  Qui sotto, una delle tavole.



La storia è ambientata a San Francisco e racconta la caccia a un infallibile sicario a pagamengto di origine tedesca, assoldato per far tacere i testimoni in un processo contro un mammasantissimsa della città caloforniana.

Di questo albo è stata proposta a Lucca Comics & Games una variant cover, che vedete qua sotto (vedendolo dal vivo, si scopre che il disegno è "animato").


"Il professionista" è la mia quinta storia di Tex pubblicata, dato che nel corso del 2021 è uscito anche il racconro "Il ponte minato", realizzato nel formato a striscis di un tempo. Ve ne ho parlato qui:

http://morenoburattini.blogspot.com/2021/12/lultimo-articolo.html


Ci sono altre due mie storie di Aquila della Notte in attresa di pubblicazione, una delle quali segnerà il mio debutto sulla serie regolare nei primi mesi del 2023. E' sempre un'emozione scrivere per Tex, per quanto faticosp e complicato sia.




 

venerdì 4 novembre 2022

UNA RECENSIONE IN RIMA

 

 


 

Come potete vedere nella foto sottostante, sul numero 323 di “Fumo di china” il decano Gianni Brunoro recensisce i miei  "Versacci" in un modo molto originale: in rima. Essendo recensore di lungo corso (lui c'era, alla conferenza di Bordighera del 21 febbraio 1965 in cui nacque la critica fumettistica italiana), immagino che il mio libro gli abbia offerto lo spunto per una disamina condotta in maniera diversa dal solito, e da uomo brillante qual è ne ha subito approfittato.  
 
Se non sapete che cosa sono i "Versacci", cliccate qua:
 

 

Qui di seguito trovate il testo di Brunoro proposto in modo più leggibile. Più sotto ancora, altre considerazioni ancora.





Altre considerazioni, dicevamo. Intanto, anche io ho voluto ringraziare Gianni con una risposta in rima (del resto, la regola che mi sono dato per ogni dedica che firmo sulle copie del libro è che sia in rima con il nome dell'autore, sperando che non mi capitino mai dei Galeazzo o dei Gargiulo). Ecco cosa ho scritto:

Caro Gianni,

una recensione in rima
non l'ho mai avuta prima!
Grazie mille amico mio
e ti dedico pur io
un saluto qui dai monti
tra i castagni e fresche fonti

Poi, c'è da dire che le presentazioni che so facendo di "Versacci" mi danno grande soddisfazione, perché il pubblico che interviene davvero si diverte ma anche si commuove (del resto gli epigrammi, tradizionalmente, hanno un doppio registro: quello che muove al riso e quello che spinge alla riflessione).

 

Gianni Brunoro


A questo punto, però, dato che l'argomento si presta, pubblico di seguito le recesioni di Brunoro (pubblicate su "Fumetto", la rivista dell'ANAFI) ai miei due precedenti libri, "Mi ritiro per delirare" e "Io e Zagor" (Cut-Up Publishing). Cliccando sui titoli evdenziati troverete maggiori informazioni al riguardo).




AH!, FORISMI, EH?
Recensione di Gianni Brunoro
 

Moreno Burattini non si accontenta di imperversare – per la gioia dei suoi fan – con Zagor (in quasi tutte le salse) (per tacer della dilagante presenza sui social – due blog e un account Instagram, oltre a “epifanie” di vario genere). No, Moreno ha deciso di “sfondare” anche nel campo letterario dove – a parte gli ormai numerosi volumi, ben noti agli eventuali lettori sistematici di questa rubrica recensoria, che gli dedica sempre la dovuta attenzione – ha deciso adesso anche di adire, che dico!, “partire all’assalto” anche della letteratura “alta”. Avete mai sentito parlare dei celebratissimi Aforismi di Oscar Wilde? Ebbene: essi impallidiscono di fronte alla raccolta Mi ritiro per delirare (avete letto bene: delirare, non deliBErare...) dove l’autosarcasmo inizia già dall’immagine di copertina [v. qui a lato: ma che bravo il Bonfa!, sempre più degno emulo di grandi artisti, come per esempio Robert Crumb] in cui l’autore è ritratto, ovviamente in caricatura, nella intimità della “ritirata”, dove provvede alla sua attività creativa...
Bene, credo che basti per alludere alla eccellenza fra demenziale ed esilarante di queste migliaia (!!) di aforismi di Moreno, che sono la summa (cioè: il volume comprende) di due precedenti volumi, «ma a quelli ne sono stati aggiunti altrettanti inediti». Si va dai 9 aforismi e battute dell’inizio, enunciati in corrispondenza al lemma Adolescenza, ai 5 - dove si aggiunge anche il gioco di parole – del lemma Zona erogena, e già ce n’è da perdersi; ma poi altre decine continuano nell’appendice finale Rubriche. Un oceano di parole.
Completezza della notizia: il libro (o “enciclopedia”?) è dotato di una spiritosa prefazione dovuta a quel geniaccio della comicità che è Gianni Fantoni [sfruttato anche da me anni fa, per una prefazione a un mio volume su Jac; ne approfitto qui per un “ciao, Gianni!”]. C’è inoltre – da parte dell’autore stesso – un acconcio Istruzioni per l’uso, ma soprattutto un ampio intervento esegetico sulla tradizione letteraria degli Aforismi.
C’è da dare un consiglio, comunque: non tenete questo volume come livre de chevet, non è un libro che concilia il sonno ma al contrario. A qualunque punto lo apriate per cominciare a leggerlo, esso è “peggio” di un giallo di quelli sui quali, per “arcaica” tradizione, si scriveva in fascetta questo libro non vi farà dormire. Perché continuerà a farvi ridere; ma vi suggerirà anche qualche spunto (“sputo”, secondo la lepidezza di Burattini) di meditazione, tipo questi, “uno fra le migliaia”: per esempio, dal geniale, goliardico, alla A di Amici «Certo, che esiste l’amicizia tra uomo e donna. Basta che lei gliela dia»; a quest’altro, alla W di Web «Mi serve un tutorial per cercare in Rete un tutorial». E siamo ancora lontani dalla fine delle 492 pagine del volume (o “enciclopedia”, ma forse l’ho già detto, eh?...). (g.b.)


Moreno Burattini, Mi ritiro per delirare, Ed. Cut-Up, 2021, 492 pp., f.to 15x21, cartonato, Euro 19,90.

 



 



martedì 1 novembre 2022

PUEBLO!

 

 


Moreno Burattini
Bane Kerac
PUEBLO!
Veseli Cetvrtak
cartonato, 2021
330 pagine

La Collana Zenith Gigante, che propone in Italia le storie inedite di Zagor, pubblicò nei primi mesi del 2019, sui numeri dal 693 al 696, una lunga avventura di 314 tavole da me sceneggiata per i disegni del serbo Bane Kerac. Si tratta di una storia alquanto insolita, sia per l'ambientazione (la regione della Monument Valley, decisamente lontana da Darkwood), sia per l'antagonista chiamata a dare del filo da torcere allo Spirito con la Scure (una donna, esperta di greco antico), sia per il fatto di tirare in ballo la figura di Ipazia (filosofa del IV secolo dopo Cristo). A distanza di due anni dall'uscita nelle edicole italiane, la Casa editrice serba che pubblica a Belgrado le avventure dell'eroe nolittiano ha dato alle stampe un volue cartonato di grande formato che raccoglie tutta la vicenda in un unico tomo, con una copertina inedita di Kerac. Naturalmente, al di là della bontà del racconto (sulla cui sceneggiatura non sta a me pronunciarmi ma che, e qui mi pronuncio, è stato magistralmente illustrato), la Veseli Cetvrtak ha voluto rendere un doveroso omaggio al disegnatore, autentica star del fumetto balcanico. Il volume è corredato da una postfazione di Vasa Pavkovic, arricchito da studi e matite preeparatorie di Kerac, e iniza con una introduzione del sottoscritto, che ricopio qui di seguito.
 

IL PUEBLO MISTERIOSO
Introduzione di Moreno Burattini

Ho incontrato per la prima volta Bane Kerac nella città di Kraguievac, in Serbia, nel luglio del 2011. In quella località viene allestita ogni estate una manifestazione fumettistica e in quell’anno io ero stato invitato per festeggiare anche alle falde dei Balcani il cinquantennale dello Spirito con la Scure. Bane, uno fra i più conosciuti e amati artisti serbi, attivo da decenni sia nella sua terra che all’estero, mi parlò della grande popolarità di gode il Re di Darkwood in tutti i Paesi della ex-Yugoslavia e mi spiegò che gli sarebbe piaciuto disegnare una storia di Zagor da pubblicare, in tiratura limitata, soltanto in Serbia, per i suoi ammiratori che da tempo gli chiedevano di cimentarsi con l’eroe di Nolitta & Ferri. Mi mostrò, fra le altre cose, le sue tavole di Tarzan, più alcuni lavori western: ne rimasi molto colpito, al punto da desiderare di fargli fare una storia zagoriana non soltanto per i serbi ma proprio per la serie italiana. Promisi che ne avrei parlato con Sergio Bonelli. Però poi, come si sa, nel settembre di quell’anno Sergio partì per un lungo viaggio, lasciandoci soli.

La seconda volta che ho visto Kerac mi trovavo, invece, in Croazia. Per la precisione, nella località balneare di Makarska, vicino a Spalato, nel maggio del 2012, sempre impegnato per una kermesse dedicata agli eroi di carta. Il rivederlo è servito a concretizzare la proposta: poiché in Italia stava prendendo forma l’idea di una nuova collana di storie autoconclusive tutte a colori, il Color Zagor, era appunto una di queste che Bane avrebbe potuto illustrare, se le sue prove fossero andate bene. Non avevo dubbi che sarebbero state perfette, avendo avuto modo, nel frattempo, di vedere quel che Kerac aveva disegnato nella sua carriera ed essermi convinto del suo grande talento. La Casa editrice si è detta d'accordo con me e, di lì a pochi mesi, gli ho spedito le prime tavole di sceneggiatura.

In seguito siamo stati entrambi ospiti in tre altre manifestazioni in cui sono state mostrate in anteprima le sue tavole zagoriane: a Herceg Novi in Montenegro nel 2014; a Riminicomix nel 2015, dove è avvenuto il suo primo, festoso incontro con i fan di Zagor italiani; in Sardegna per il rendez-vous degli Amici di Zagor, nel 2019. In più, c’é una cosa che, come abbiamo scoperto, ci univa, oltre alla passione zagoriana: la data di nascita. Tutti e due, io e lui, siamo nati il 7 settembre (lui esattamente dieci anni prima di me, nel 1952).

Lavorare con Kerac è sempre stato molto piacevole e gratificante. Bane si è costantemente mostrato disponibilissimo nell’accettare i miei suggerimenti e nel correggere qua e là qualche vignetta ma allo stesso tempo, da esperto narratore qual è, ha migliorato in alcuni passaggi il mio racconto, aggiungendo trovate delle sue sul modo di far combattere il Re di Darkwood.

Il nostro primo lavoro insieme è stato il Color Zagir “Il passato di Guitar Jim” (2015). Leggendo questa storia del Color si scopre chi  ha insegnato a Jim a suonare la chitarra, chi a sparare, perché la prima volta abbia ideato il nascondiglio della pistola nella cassa armonica del suo strumento, come mai un bravo ragazzo dalla faccia pulita come Jim sia diventato un rapinatore ricercato dalla legge. La seconda collaborazione è quella riguardante il racconto pubblicato in questo volume, “Il pueblo misterioso”, uscito in edicola, in Italia, nel 2019. Ha fatto seguito, nel 2020, un altro Color, “La missione di Drunky Duck”. Attualmente è in corso di realizzazione una quarta storia.

Riguardo la lunga avventura (3124 tavole) che vi apprestate a leggere, c’è da dire innanzitutto che si tratta di una storia ambientata nel Sud Ovest degli Stati Uniti. Che ci fa lo Spirito con la Scure così lontano da casa? Chi abbia letto i tre Maxi Zagor pubblicati in Italia nel corso del 2018, sa che lo Spirito con la Scure e il fido Cico hanno compiuto un viaggio fino alla costa del Pacifico, dove hanno vissuto un trittico di avventure che li ha portati a incontrare vecchi amici e a scontrarsi con antichi nemici. Lungo la strada del ritorno, eccoli dunque attraversare la Monument Valley.
Dopo la pubblicazione del Color dedicato a "Guitar" Jim, da lui illustrato, chiesi a Bane Kerac che scenario o argomento avrebbe preferito per una successiva storia. Bane disse: "basta che ci sia un pueblo”. Temo però di aver giocato un tiro mancino al nostro Kerac, giacché per assecondarlo sul pueblo gli ho chiesto di assecondarmi nel tirare in ballo anche la Biblioteca di Alessandria e la matematica e astronoma Ipazia, esponente della filosofia neoplatonica, nata tra il 350 e il 370 dopo Cristo e morta nel marzo del 415, uccisa durante un tumulto di cristiani nemici della cultura "pagana" che lei rappresentava. Fu una donna illuminata che riuscì a ottenere rispetto e ammirazione in un contesto che certo non prevedeva "quote rose" e la si può indubbiamente considerare una martire del libero pensiero. Nel 2009 il regista Alejandro Amenábar ha girato il film "Agora" in cui Ipazia è interpretata da  Rachel Weisz. Questa pellicola mi ha fatto scaturire l'idea da cui poi è nata la storia illustrata da Bane Kerac. Secondo me, Bane se l'è cavata egregiamente anche nella realizzazione delle scene ambientante nel V secolo ad Alessandria d’Egitto. 


La vicenda è sostanzialmente western, ma contaminata da spunti mysteriosi (alla Marin Mystère, cioè) , dato che ruota attorno a una scoperta archeologica legata al viaggio di antichi navigatori che nel V secolo dopo Cristo avrebbero nascosto in America un carico di papiri della Biblioteca di Alessandria. Numerosi sono i riferimenti alla filosofa greco-alessandrina Ipazia, ispiratrice del viaggio tra cui l'annotazione del perfezionamento dell'astrolabio (ideato da Ipparco di Nicea seicento anni prima) da parte appunto di Ipazia e di suo padre Teone, valente matematico. Il nome del pueblo al centro del racconto, Teon, parrebbe (questa l'ipotesi di Julia Schulz e di Angus McFly, due studiosi dell'università di Harvard) derivare proprio da quest'ultimo.
Qualche parola invece sulla  controversa figura di Julia Schulz, studiosa dell'Università di Harvard, artefice di un piano criminale e responsabile della strage dei componenti della spedizione archeologica di cui faceva parte. C'è stato persino un recensore che l'ha ritenuta dalla parte della ragione, mossa da principi condivisibili, e dunque non riusciva a considerarla una "cattiva". In effetti alla base delle azioni di miss Schulz c'è il senso di rivalsa di una donna che sente di non poter avere, proprio per la differenza di genere, le stesse possibilità di carriera dei colleghi uomini, si sente emarginata o poco tenuta in considerazione, nonostante la sua preparazione e suoi meriti, in un ambiente quasi del tutto maschile. Proprio per questo crede di poter ottenere i riconoscimenti desiderati facendo del tutto propria l'incredibile scoperta dello staff del professor Stone, di cui entra a far parte. La scoperta in questione consiste in un carico di papiri della Biblioteca di Alessandria giunto in modo fortunoso, nell'antichità (nel V secolo dopo Cristo), sul continente americano.
Per quanto la battaglia per i pari diritti delle donne (cominciata da Olympe De Gouges durante la Rivoluzione Francese, e approdata negli Stati uniti negli anni Quaranta del XIX secolo, dunque in epoca zagoriana, con Elizabeth Cady Stanton) sia sacrosanta, Julia Schulz però la conduce per il proprio personale tornaconto e non facendosi scrupolo di uccidere. Inevitabilmente deve considerarsi una "cattiva". Peraltro, a giudicare dai commenti letti, una "cattiva" che ha particolarmente colpito i lettori, per merito anche della efficace caratterizzazione di Bane Kerac.


Il rischio, su cui ho riflettuto a lungo mentre pensavo e scrivevo la storia, era quello di sembrare sessista senza volerlo essere. Cioè, mi dicevo, non parrà mica che raccontano di una criminale "femminista" (anche se sono l'ambizione e il desiderio di successo a muoverla,  più che le istanze ideologiche) possa essere accusato di dipingere come "cattive" le donne che rivendicano le stesse opportunità degli uomini?
La soluzione a questo dubbio mi è parsa evidente allorché ho contrapposto a Julia un'altra, potente, figura femminile: la filosofa Ipazia. Ipazia è il contraltare di miss Schulz. Della filosofa abbiamo parlato nei precedenti articoli dedicati su questo blog alle scorse puntate della storia, e il personaggio compare in varie scene ambientate ad Alessandria d'Egitto, là dove Ipazia visse tra il 350 e il 415 dopo Cristo (a cui è stato dedicato il bel film "Agora"). Il confronto con la positiva Ipazia dimostra la negatività di Julia Schulz: la studiosa greco-alessandrina si può davvero considerare una paladina dell' emancipazione femminile, avendo dimostrato come una donna possa  dimostrarsi valente al pari e di più degli uomini; Julia cerca invece la sua emancipazione comportandosi da uomo, cioè con l'arroganza e la violenza. Dal confronto fra queste due figure femminili scaturisce la "morale" della storia, se una morale proprio ci deve essere.