E' in edicola da più di un mese, ormai, il n° 15 della collana a colori bimestrale dedicata dalle Edizioni If alla riproposta degli albi di Cico in ordine cronologico (quelli originariamente usciti, in bianco e nero, sotto il marchio Bonelli tra la fine degli anni Settanta e il 2007). Si tratta di "River Cico", con testi mie e disegni di Francesco Gamba. A mio parere, ci sono alcune gag degne di nota: quello del ricco che cade in disgrazia, e quello della vedova inconsolabile del povero Pancrazio Parkinson, per esempio. A corredo del racconto a fumetti c'è, come di consueto, un mio commento. Eccolo qui di seguito.
“River Cico” risponde a una delle
domande lasciate senza risposta da Guido Nolitta all’epoca in cui scrisse la
prima avventura di Zagor, “La foresta degli agguati” (1961). In quel racconto
avviene il fatidico incontro fra lo Spirito con la Scure e il buffo messicano
destinato a diventare suo inseparabile amico, ma al momento in cui comincia la
narrazione, e le strade dei due non si sono ancora incrociate, il pancione è
imbarcato come battelliere a bordo di una chiatta fluviale chiamata “Marybell”,
su cui naviga in compagnia di un terzetto di colleghi. Come è finito là sopra?
E chi sono quei tre che viaggiano con lui? Trentasei anni dopo, ecco il
sottoscritto giungere a spiegare tutti i retroscena: ovviamente, dopo averli
concordati con Sergio Bonelli (alias il Nolitta di cui si diceva).
Anzi, a tal
punto Sergio fu soddisfatto dalle gag che avevo imbastito, da convocarmi nel
suo studio per consegnarmi un foglio su cui veniva raccontato, in poche parole,
uno sketch che gli sarebbe piaciuto vedere inserito nell’albo che avevo
cominciato a scrivere. Si tratta della scenetta in cui un certo Moses Moose
giace ammalato e senza forze e viene rimesso in sesto proprio da Cico, il quale
però ha poi motivo di dispiacersi dell’essersi prestato a fargli da infermiere.
Inutile dire di quanto fui onorato di sceneggiare un pur breve spunto
nolittiano. Oltre a questo intervento, un’altra annotazione che mi preme fare è
quella riguardante Archimedes Zweinstein, lo stralunato ma geniale inventore
che compare a più riprese in questo albo. Il nome Archimedes strizza l’occhio,
com’è evidente, a Archimede Pitagorico, ovvero il Gyro Gearloose
disneyano (fu Guido Martina a forgiare il nome italiano, con una fortunata
invenzione). Altrettanto evidentemente, il cognome Zweinstein fa il verso a
quello del grande fisico Albert Einstein (così come “ein” in tedesco vuol dire
“uno”, “zwein” significa “due”). Mi divertii moltissimo a dar vita a questo
personaggio, e mi è capitato di ricevere riscontri positivi anche da molti
lettori: così, ho provveduto a farlo tornare, con ancora maggior rilievo, in un
altro episodi della saga cichiana, “Cico & Company”, l’ultimo della
serie.