Il 21 dicembre 2015, presso la sede l'Università
Uninettuno, è stata discussa una tesi di Laurea su Zagor, che ha fruttato al
candidato Massimo Barison il 110 e lode. Il titolo esatto dell’elaborato è
“L’evoluzione del linguaggio del fumetto popolare italiano: Zagor, dal 1961 ad
oggi”, la Facoltà quella di Scienze della Comunicazione. Barison individua
nelle “dime novels”, o comunque nel pulps magazines, il punto di origine del
percorso che ha portato alla nascita dello Spirito con la Scure, personaggio che
comunque poi ha seguito una evoluzione in grado di rappresentare un perfetto
specchio dello sviluppo del linguaggio del fumetto. Singolarmente, anche io mi sono laureato in Lettere con una tesi simile (sul sottofondo letterario nella sceneggiatura dei comics) e con lo stesso voto.
Il dottor Barison (mi fa
piacere chiamarlo così, anche se siamo diventati amici durante i mesi in cui
Massimo ha redatto la sua Tesi) è venuto a consegnarmi in redazione il suo
elaborato, che contiene anche una intervista al sottoscritto (oltre che una ditta disamina di molte mie storie), che pubblico qui
di seguito.
La Laurea di Massimo Barison |
Moreno Burattini e Massimo Barison |
INTERVISTA A MORENO BURATTINI
1) Nel suo blog “Freddo cane in questa palude”, lei
afferma che lavorare nel campo dei fumetti è stato un sogno che si è avverato,
ma con Zagor si è cimentato anche nella scrittura di un vero romanzo, “Le
mura di Jericho”. Che differenze ha riscontrato nello scrivere opere così
diverse tra loro, anche se con lo stesso protagonista?
La principale differenza è consistita nella maggior
fatica nel portare avanti la narrazione. Ogni medium ha il suo codice
espressivo caratterizzato da regole proprie, e non è detto (anzi, è detto il
contrario) che un autore sappia padroneggiare allo stesso modo i vari mezzi di
comunicazione, anche qualora si tratti di usare tecniche in qualche modo
paragonabili. Sceneggiando fumetti, io descrivo la scena da illustrare a un
disegnatore, e gli indico i dialoghi perché lui possa far “recitare” i
personaggi. Si potrebbe pensare che passando a scrivere la stessa scena in una
prosa letteraria, il passaggio sia tutto sommato semplice. Non è così. Lo
scrittore deve far “vivere” al lettore quel che racconta (mostrandoglielo
davanti agli occhi e suscitandogli emozioni) usando la suggestione delle parole, e serve un talento
specifico. Io riesco a “vedere” la scena che verrà disegnata prima ancora che
l’illustratore impugni la matita, e ho l’esperienza che serve per scegliere il
numero giusto di vignette che sappiamo dare il ritmo più adatto a ogni
sequenza: anche per questo serve un talento specifico. Sono tanti i casi in cui
degli sceneggiatori di fumetti hanno scritto pessimi romanzi e altrettanti
quelli di romanzieri anche famosi che non si sono rivelati in grado di
sceneggiare un buon fumetto. Non mancano comunque esempi di autori bravi in
entrambi i campi (Gianfranco Manfredi ne è uno, Tiziano Sclavi un altro). Mauro
Boselli, di recente, ha scritto un’ottima novelization della vita di Tex Willer
con la narrazione in prosa delle sue principali avventure collocate in ordine
cronologico, e del resto Giovanni Luigi Bonelli si definiva “un romanziere
prestato al fumetto e mai più restituito”. Nel mio piccolo, io ho provato a
passare da un campo all’altro e credo di aver ottenuto un risultato dignitoso.
Tuttavia, appunto, sudando sette camicie prima di potermi dire soddisfatto, e
faticando su ogni riga.
2) Roland Barthes, semiologo del novecento,
definisce “scrivibile” la narrativa contemporanea, marcando una profonda differenza
tra il modo classico di fare letteratura, dove la comunicazione narrativa tra
Narratore (sorgente) e Lettore (ricevente) è di tipo bivoca e lineare e al
lettore viene lasciato un ruolo passivo. In questo contesto, il testo narrativo è perfettamente
“leggibile” e verosimile, ma non “scrivibile”.?Con il testo narrativo
contemporaneo il lettore può “accedere pienamente all’incanto del
significante”, alla “voluttà della scrittura”, sempre secondo Barthes, in
quanto la comunicazione è multilineare, polifonica, ipertestuale e
multilivello. A tal proposito si pensi alla narrazione dei videogames. Nello
scrivere il fumetto di Zagor, che tipo di approccio ha con il lettore finale,
“classico” o “contemporaneo”?
Senza voler contestare Barthes, non credo che esista un
solo lettore “passivo” di fronte alla comunicazione narrativa. Umberto Eco del
resto ha scritto un saggio intitolato “Lector in fabula” in cui si analizza il
ruolo del fruitore di fronte a una narrazione. Per quanto, indubbiamente,
sceneggiando un fumetto come Zagor si usi un approccio “classico”, chi legge
sarà chiamato a metterci del suo aggiungendo alle vignette il collegamento
logico fra l’una e l’altra, i sonori, il movimento, i colori, la percezione
dell’espressività mimica dei personaggi, la loro voce, una certa idea del
freddo o del caldo, del vento o della pioggia, eccetera, fino ad arrivare alla
simpatia o all’antipia suscitata da un character o da un altro, e dunque al
coinvolgimento emotivo che varia inevitabilmente da lettore a lettore. Mi è
capitato più volte di constatare, inoltre, come ogni appassionato abbia una sua
propria, personale visione dello Spirito con la Scure: per qualcuno è un
realistico personaggio western (e si contesta il suo uso in avventure di taglio
fantastico), per altri è il protagonista di racconti horror (e si contesta il
suo uso in avventure di taglio puramente western), per altri ancora è un cupo
character da tragedia greca, con il peso sulle spalle del dramma personale che
lo ha reso un dark hero, mentre per qualcuno si tratta di un tipo solare. La
verità è, ovviamente, nel mezzo: le avventure di Zagor sono una contaminazione
fra generi e lui incarna, in modo originale, le diverse sfaccettature dell’eroe
positivo ma anche duro e determinato, facile al sorriso ma pronto a scatenare
l’ira funesta del buono che si indigna. Ebbene: ogni lettore vorrebbe però
storie scritte solo per lui, secondo la percezione che ha del protagonista. Due
parole infine sull’etichetta di “classico” e di “contemporaneo”. Lo Spirito con
la Scure è un personaggio nato nel 1961, e dunque nel 2015 ha festeggiato 54
anni di vita. C’è una tradizione da rispettare. I lettori apprezzano la
“riconoscibilità” dell’eroe e disapprovano le innovazioni che scardinino troppo
le consuetudini. Tuttavia, lentamente, gli autori di Zagor hanno fatto evolvere
i loro stili grafici e narrativi in modo da adeguarli ai tempo, senza tradire
l’ “ortodossia” nolittiana (Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, è stato il
creatore letterario del personaggio).
Massimo Barison |
3) Nei fumetti, in particolare quelli d’avventura,
il disegno assume un ruolo fondamentale nel descrivere scene drammatiche e
veloci, ma anche lo “spazio bianco” che esiste tra una vignetta e l’altra,
quello che Scott Mc Cloud definisce la “clousure” ha la sua importanza. Qual è
la sua tecnica nel decidere cosa far disegnare e cosa lasciare
all’immaginazione del lettore?
Non manco mai di citare Scott Mc Cloud delle mie
conferenze in giro per le scuole di ogni ordine e grado, e alla “clousure” ho
dedicato un capitolo della mia tesi di laurea. Però, quando sceneggio,
dimentico la teoria e mi affido alla pratica. Prima di essere uno scrittore di
fumetti ne sono un lettore, cresciuto leggendoli. Ho il linguaggio del
fumetto nel sangue (in particolare, quello interpretato dalla tradizione
bonelliana) e non assecondo il mio gusto e il mio istinto. Immagino la scena
disegnata e mi rendo immediatamente conto se può funzionare oppure no. Ho
imparato tecnica e mestiere in venticinque anni di attività (pur avendo
iniziato con una buona base di partenza dovuta appunto alla mia lunga
frequentazione quale divoratore di avventure degli eroi di carta), e oggi
riesco a visualizzare in modo piuttosto immediato quel che vado descrivendo
nelle mie sceneggiature. Ma che si agisca meditandoci su con il manuale di Mc
Cloud aperto sul tavolo da lavoro, o si scriva di getto (come faccio io), alla
fine quel che conta è che ogni sequenza conti il giusto numero di vignette (né
una di più, né una di meno). Se c’è un movimento, il passaggio da A a B deve
essere comprensibile (o manca qualcosa), e non deve essere inutilmente lento
(altrimenti, c’è qualcosa in più).
4) Le storie di Zagor che i lettori hanno più amato nel
corso degli anni, sono quelle in cui avviene una narrazione odeporica, dove il
viaggio e l’allontanamento da situazioni note (per Zagor la foresta di
Darkwood) assume il pretesto per ridefinire la propria identità.
Allontanare Zagor da un “non luogo” come Darkwood per calarlo in ambienti
geograficamente reali potrebbe aumentare l’identificazione del lettore con il
protagonista ma al tempo stesso si rischia di snaturare il “carattere” del
personaggio e quindi di renderlo sempre meno credibile di coerenza in un
contesto di storytelling. Esiste questa possibilità o a un personaggio dei
fumetti è comunque tutto permesso?
Zagor si allontanato da Darkwood molte volte. L’ultima,
per compiere un viaggio attraverso tutto il Sud America fino alla Terra del
Fuoco. Ma è stato anche nell’estremo Nord (in Alaska, Groenlandia, Islanda),
sulla costa del Pacifico, in Messico, nei Caraibi, in Scozia, in Africa. Quando
lo Spirito con la Scure esce dalla sua foresta incantata, incontra la Storia
con la “S” maiuscola, ed eccolo incontrare (per fare un esempio) Charles
Darwin; ma percorre anche itinerari geografici rintracciabili sulle carte e
sulle mappe cittadine, come nel caso della sua visita in Perù, o in Cile. I
viaggi e le trasferte fanno ormai parte del personaggio (fu Guido Nolitta il
primo a inaugurare la tradizione di questi spostamenti periodici), per cui non
c’è più alcun rischio di “snaturamento”. Del resto, Zagor si comporta da Zagor
anche in capo al mondo.
Massimo Barison con la sua tesi |
5) In un testo narrativo, e quindi anche in un fumetto,
i personaggi sono molto importanti . Ad essi è attribuita la responsabilità
di portare avanti l'azione e il racconto. Secondo Aristotele, nel
personaggio esiste l’unione tra Pratton (colui che agisce) e Ethos (ciò secondo
cui diciamo che chi agisce ha una propria “qualità” o Carattere, appropriato e
conveniente (harmótt?n) all’azione compiuta Il personaggio può essere
definito statico (quando non cambia mai e sempre uguale a se stesso), dinamico
(con cambio di atteggiamento, idea o ideali durante il racconto), piatto
(quando la descrizione è sommaria e stereotipata) o tutto-tondo (quando si
conoscono tutti gli aspetti, sia esteriori che interiori). Come definirebbe il
personaggio di Zagor? Come è cambiato nel corso dei suoi 54 anni di vita
editoriale?
Zagor è un personaggio “problematico”, nel senso che,
diversamente da Tex, si pone dubbi, non divide nettamente il mondo in buoni e
cattivi, ascolta le ragioni degli altri e cerca di capirne le motivazioni,
rispetta gli avversari sconfitti e talora si dispiace per la loro morte. Suda
freddo, soffre, stringe i denti, non è infallibile. Vince attraverso la
sofferenza, non è invulnerabile né tetragono. Questo significa che può, se la
storia lo richiede, cambiare idea. A volte lo abbiamo visto lasciar fuggire dei
criminali a cui stava dando la
caccia, dopo essersi convinto del fatto che abbiano già espiato o che si
meritino una seconda possibilità. Zagor è nato così già dal primo numero,
quando si lascia convincere ad accogliere Cico nella sua capanna nonostante
inizialmente avesse negato l’evenienza. Nella stessa avventura, senza l’aiuto
del messicano lo Spirito con la Scure sarebbe morto più volte, segno appunto
dell’ “umanità” del personaggio.
6) Anche il ruolo del personaggio è diversificato in
protagonista, antagonista, oggetto, aiutante e avversario. Quanto sono stati
importanti per il successo editoriale di Zagor i diversi ruoli dei personaggi?
Può fare degli esempi?
I miti e leggende di ogni popolo basano la cosmogonia
sull’eterno conflitto del Bene contro il Male. Lucifero si ribella a Dio e
diventa il Nemico per antonomasia, il Serpente insidia Eva e dà origine a ogni
guaio e dolore che affligge l’umanità. E tutta la Storia del mondo si deve
leggere, secondo la Bibbia, come la lotta contro le insidie del demonio. Il
finale è già scritto, e forse prevedibile, come nella migliore tradizione
dell’happy end: sappiamo che il Bene trionferà nell’ultimo giorno. Passando dal
macrocosmo dell’escatologia al microcosmo della letteratura, una delle regole
principali della fiction è che i buoni debbano lottare contro dei grandi
cattivi, per tenere i fruitori incollati al racconto, sia che si tratti di un
romanzo, di un film, di un telefilm o di un fumetto. Chi sarebbe James Bond, se
invece di salvare il mondo dovesse occuparsi di piccola criminalità? Un questurino qualunque. Invece, ogni volta
di fronte organizzazioni criminali potentissime, gestite da supernemici
pericolosissimi, e in ballo c’è sempre il destino del pianeta. Perché una
storia sia interessante, occorre che ci sia una posta in gioco interessante. Se
un eroe lottasse contro ladri di galline per recuperare il pollo rubato alla
vecchia massaia, chi e ne frega. Ma se la lotta è fra un eroe e un grande
cattivo, degno di questo nome, allora sì che il racconto è avvincente. Per
questo inventare grandi cattivi è importante quanto inventare dei buoni eroi. E
altrettanto difficile. L’esempio di James Bond è paradigmatico perché
sottolinea la necessità, per gli eroi cosiddetti “seriali”, di un continuo
ricambio di avversari sempre nuovi e sempre più pericolosi. E se molti personaggi dei fumetti sono, senza
dubbio, eroi seriali, sicuramente lo sono quasi tutti quelli bonelliani. Grazie
a Guido Nolitta, i mostri incontrati e combattuti dallo Spirito con la Scure
sono maneggiati dagli autori con indiscutibile buon gusto e profondo rispetto
per il lato oscuro della realtà, senza ricerca gratuita dell'effetto splatter.
L'orrore secondo Nolitta non è mai insulso, ma cerca di scavare nell'animo e
non di rado lascia un nodo alla gola, proponendoti alla fine il dubbio se anche
il mostro non abbia diritto alla pietà. Per convincersene, basterebbe leggere
(o rileggere) avventure come "L'uomo lupo", "Acque
misteriose" o "L'orrenda magia", dove il licantropo, la creatura
della Laguna Nera e l'Uomo Tigre si rivelano alla fine più vittime che
carnefici. Nella serie di Zagor, i cattivi che sono rimasti nella mente dei
lettori sono assai più numerosi che in quella di Tex. Forse per la natura della
serie, più votata al fantastico, gli antagonisti dello Spirito con la Scure,
sono decisamente eterogenei: scienziati pazzi, vampiri, stregoni, pirati,
avventurieri, alieni, esseri mitologici e sovrannaturali. Senza dubbio è Hellingen il villain
principe della saga di Zagor. Classico scienziato pazzo, ispirato alle fattezze
fisiche del Virus di Pedrocchi e Molino, il professor Hellingen, è sicuramente
un genio, visto che con un buon secolo di anticipo si è creato televisori,
radiocomandi e robot, ma la sua intelligenza e tutta votata al male. Il suo
scopo è quello, chiaramente, di conquistare il mondo, e altrettanto ovviamente
l’eroe in più occasioni, al termine di mitici episodi, riuscirà a
fermarlo. Il vampiro Bela
Rakosi, si colloca di diritto alle
spalle del mad doctor, Non fosse altro perché è il degno protagonista di una
delle più belle e terrificanti avventure della serie. Nella sua prima
apparizione, il vampiro, grazie ai suoi straordinari poteri, dà del filo da
torcere al nostro eroe fino ad un epico scontro all’alba che vede incenerito il
malcapitato barone; ma niente paura, è difficile uccidere un non-morto, Rakosi
tornerà ancora a scontarsi con lo Spirito con la Scure.
Del periodo classico di Zagor meritano una menzione anche
Supermike, che riesce a insidiare il ruolo dello Spirito con la Scure presso i
pellerossa, e Kandrax, un potente druido celtico che arriva dal passato dopo
essere stato ibernato in una teca di cristallo. Dagli anni novanta il
personaggio vive una seconda giovinezza editoriale, rinvigorito dall’ingresso
nel cast di nuovi personaggi sia positivi che negativi, Zagor riesce a
riconquistare il favore del pubblico. Tra i cattivi di questa nuova ondata
segnaliamo un personaggio dalla personalità complessa, l’affascinante
avventuriero Nat Murdo, spietato assassino in America, leggendario eroe in
Scozia; la bella Madame Laveau, disegnata sulle fattezze di Naomi Campbell,
un’intrigante e perfida sacerdotessa vudu
e il diabolico Mortimer,
genio del crimine senza scrupoli, che non esita ad allearsi e poi a servirsi
anche di vecchi nemici di Zagor per raggiungere i suoi scopi.
7) Secondo lei Zagor è pronto per essere raccontato
all’interno di un graphic novel oppure è possibile individuare delle storie già
pubblicate in passato che corrispondono a questo genere?
Dovremmo prima capire che cosa si intenda per graphic
novel. Se con questa definizione vogliamo indicare racconti a fumetti che
abbiano la lunghezza e la dignità di un romanzo, direi che la maggior parte
delle storie di Zagor corrispondano a questa accezione. L’unico problema è dato
dalla serialità del personaggio, che non garantisce piena autonomia di lettura
delle singole avventure. Ma individuando quelle in cui anche il lettore non
“iniziato” riesca a capire il ruolo e le caratteristiche del protagonista e dei
comprimari più ricorrenti che, nelle singole puntate della saga, vengono dati
per scontati, indubbiamente la serie propone storie di un certo spessore. E,
volendo, altre se ne potrebbero scrivere appositamente. I tre “albi giganti”,
definiti comunemente “Zagoroni”, sono, secondo me, tre graphic novel.