lunedì 16 luglio 2018

NON ASSOMIGLIA




Fabio Civitelli una volta mi ha raccontato un divertente aneddoto riguardante il Texone di Magnus, e dunque risalente al 1996. Da anni tutti gli appassionati di fumetti aspettavano a gloria l’albo gigante che Roberto Raviola stava realizzando con cura certosina, su testi di Claudio Nizzi, e che finì per uscire postumo pochi mesi dopo la morte del disegnatore. Si trattò, come ben si sa, di un capolavoro. Ebbene, Civitelli si reca in edicola il giorno dell’uscita del volume, per poterlo leggere appena distribuito, e con soddisfazione ne acquista una copia. Vede dietro di lui un suo conoscente, vecchio lettore di Aquila della Notte, anch’egli arrivato davanti al chiosco. “Guarda!”, gli dice raggiante di entusiasmo, “è uscito il Tex di Magnus!”. Il vecchio lettore, che si bada bene dal comprarlo a sua volta, dà un’occhiata distratta,  e commenta freddo: “Non assomiglia”.

Cioè, il Tex di Magnus non sembrava Tex. Chi se ne frega se è di Magnus, “non assomiglia” a un modello grafico standardizzato che si vorrebbe immutabile nonostante il passare degli anni e l’alternanza delle mani.

In questo episodio c’è il perfetto ritratto di un certo tipo di lettore superficiale e misoneista con cui gli addetti ai lavori e i fruitori più consapevoli ed evoluti devono fare i conti. E se questo vale per Tex, figuriamoci per Zagor. Il Tex di Galep “non assomiglia” al Tex di Villa. Quello di Villa è diversissimo da quello di Fusco, che non c’entra niente con le versioni di Letteri o di Nicolò, lontanissime da quelle di Ticci o di Civitelli. Qual è dunque il vero volto di Tex? 

Per i lettori di Zagor, quelli almeno più monolitici e tetragoni di fronte a ogni variazione su tema, la figura dello Spirito con la Scure è solo e soltanto quella di Gallieno Ferri. Ogni altri disegnatore viene valutato positivamente o negativamente in funzione della sua aderenza al modello ferriano. Ora, è indiscutibile che Ferri sia un maestro: figuriamoci se non sono il suo primo ammiratore io che lo consideravo un secondo padre. Però, un eroe leggendario come il Re di Darkwood è appunto tanto più mitico quanto più attrae omaggi da artisti diversi e si incarna un diverse interpretazioni. Se una figura si cristallizza rischia di mummificarsi, un personaggio vive se sempre nuovi autori lo proseguono e lo tengono al passo con i tempi. La fortuna di un eroe, e a volte la ragione stessa della sua sopravvivenza, consiste nel trovare disegnatori in grado di portarlo avanti grazie al loro talento e alla loro personalità: personalità che si esprime appunto attraverso uno stile inevitabilmente riconoscibile. La rovina di altri eroi, invece e al contrario, è dipesa dal mancato apporto di successori all’altezza del creatore.

Forse l’Uomo Ragno di oggi è rimasto uguale a quello di Steve Ditko dei primi anni Sessanta? E che dire di Tarzan, di Zorro o di James Bond? Qual è il volto dell’Agente 007, quello di Sean Connery o quello di Daniel Craig? E Zorro ha i baffetti come Guy Williams o è rasato come Antonio Banderas?
Zagor non esiste, ma si incarna attraverso il pennello di chi lo disegna; tuttavia se esistesse e chiamassimo cento artisti a raffigurarlo, avremmo cento versioni diverse. Ma c’è di più: lo stesso Ferri, tra il 1961 e il 2016, ha cambiato il suo stile e ha disegnato Zagor in vari modi diversi, com’era inevitabile. Dunque qual è il vero Zagor di Ferri, quello della “Foresta degli agguati” o quello dello Zagorone “La storia di Betty Wilding”?
Peraltro, una delle cose belle del fumetto è che consente, ai lettori più consapevoli, di apprezzare appunto le diverse interpretazioni.
Su Zagor siamo fortunati perché possiamo contare su alcuni autori in grado di proseguire la serie disegnando in modo simile a quello di Ferri, ma non si può chiedere a tutti di avere uno stile uguale a quello altrui, per cui ci sono altri disegnatori che interpretano il personaggio alla loro maniera, senza tradirne lo spirito (altrimenti non sarebbero stati selezionati). 

Lo Zagor di Walter Venturi

Si tratta anche di accontentare gusti diversi, perché c’è chi apprezza stili differenti. Molti dei lettori più giovani vengono da letture di altro tipo, così come sono cresciuti al ritmo di film, telefilm e videogiochi che proponevano inquadrature, deformazioni prospettiche, fisicità di eroi di un tipo più moderno. Credo che lo staff dello Spirito con la Scure sia in grado, grazie all’alternanza delle mani, di offrire un menu appetibile da tutti. Credo anche che Alessandro Piccinelli sia un eccellente copertinista in grado di mediare fra le istanze della tradizione e la necessità di un indispensabile rinnovamento (quello che stiamo percorrendo senza strappi e che ci ha permesso di essere ancora in edicola con buoni risultati). Dovunque sento levarsi apprezzamenti per lui e ringraziamenti per me per averlo scelto (io in realtà l’ho soltanto proposto ai dirigenti della Casa editrice). Anche gli scettici della prima ora si stanno ricredendo. 
Ecco però gli irriducibili giapponesi, quelli rimasti a combattere nella giungla a guerra finita, che si lamentano perché “non assomiglia”: è troppo muscoloso, i capelli non devono essere pettinati così, il mento non va fatto cosà, il naso è più lungo di un centimetro, lo zigomo più alto di uno zinzino. Signori: quando da Galep si passò a Claudio Villa, Villa provò a sembrare Galep in modo da non farsi accorgere di essere un altro, o cominciò a disegnare meglio che sapeva convinto anche che di Galep ce n’è un uno solo e che chi cammina sulle orme degli altri non lascia le proprie?
Lo Zagor di Marco Torricelli

Anche di Ferri ce n’è stato uno solo, uno straordinario artista. Ha fatto sognare milioni di lettori, tra cui anche i disegnatori che oggi proseguono Zagor. Ferri non ha imitato pedissequamente un suo predecessore, ha creato un suo stile che si è evoluto nel tempo, dopo aver fatto tesoro della lezione di certi maestri che si è scelto ed essere giunto a un risultato originale. Lasciamo essere originali anche i suoi allievi, nel rispetto dello spirito del personaggio. Peraltro che Franco Donatelli non si è appiattito su Gallieno ma ha percorso una sua strada,  e lo stesso si può dire che Franco Bignotti, per citare i tre disegnatori a cui maggiormente è legata la leggenda di Zagor delle origini – e che non sono, o non sono più, contestati. Lo Spirito con la Scure non deve “assomigliare”, deve “essere”. E per essere, deve avere personalità: a dargliela può essere solo la personalità di un disegnatore. Uno di quelli che a distanza di quasi sessanta anni continuano a fargli incarnare la leggenda grazie alla loro appassionata interpretazione.

Una cover di Alessandro Piccinelli