Fernando Fusco con Gallieno Ferri |
Il 9 agosto 2015, all’età di ottantasei anni, è morto Fernando Fusco. La foto che vedete qui sopra gliel’ho scattata io stesso, nel 2011, a Città di Castello (dove viveva da tempo, umbro d’adozione dopo essere stato ligure di nascita, e dove è scomparso). Accanto a lui c’è Gallieno Ferri, stessa classe (quella del 1929) e stesse esperienze francesi prima di approdare in casa Bonelli. Ricordo Fusco come una persona estremamente simpatica e sorridente, che si scherniva di fronte a me che gli confessavo la mia emozione nel conoscerlo di persona dopo una vita passata a leggere i suoi fumetti. Non soltanto quelli di Tex, peraltro, perché io da ragazzo andavo matto soprattutto per due sue serie che uscivano sull’ “Intrepido” e "Il Monello", intitolate “Lone Wolf” e “I due dell’Apocalisse”, scritte da Luigi Grecchi.
Tex n° 205 |
Dopo averlo ammirato all’opera in una delle più belle (e lunghe) storie di Tex, quella de “I ribelli del Canada” (dal n° 203 al n° 207) , sceneggiata per lui da Guido Nolitta, sono sempre stato felice di ritrovarlo negli albi di Aquila della Notte e ricordo alcune sue avventure davvero memorabili, caratterizzate da quelle sue pennellate vigorose e da un eroe massiccio che imponeva rispetto soltanto a guardarlo. La sua prima prova texiana risale al 1974, con l’episodio “L’idolo di smeraldo” (n° 168), su testi di Giovanni Luigi Bonelli, ma non si può non segnalare come Sergio Bonelli abbia scelto proprio lui per il suo debutto come sceneggiatore texiano, quando, nel 1976, con “Caccia all’uomo” (Tex n° 183), esordisce sulla serie fino a quel momento scritta sempre dal padre. Sull’Almanacco del West 2010 è uscito il racconto “La banda dei messicani” (testi di Claudio Nizzi) con il quale Fusco ha deciso di ritirarsi dalla scena fumettistica per dedicarsi all’altra sua passione, la pittura. Una scelta coraggiosa, perché compiuta quando ancora era in grado, nonostante l’età, di consegnare tavole più che dignitose: tuttavia, evidentemente sentiva di dover salutare i suoi lettori lasciando il migliore dei ricordi possibili. In tutto, sono state quasi settemila le tavole di Tex da lui realizzate (attualmente è il quarto disegnatore più prolifico dopo Ticci, Letteri e Galleppini). Si è trattato sicuramente di uno degli autori che più hanno arricchito il mio immaginario di lettore di fumetti, nei tanti anni in cui mi ha regalato sogni ed emozioni.
Compilando il saggio “Gli anni d’oro di Tex”, comparso nel 1998 sul volume “Tex, un eroe per amico” (Federico Motta Editore), ho esaminato, fra l’altro, anche il momento dell’ingresso di Fusco nello staff di Aquila della Notte. Riporto qui di seguito quel che ho scritto. So long, Fernando.
NOLITTA & FUSCO:
I DUE DELL'APOCALISSE
di Moreno Burattini
La prima avventura nolittiana di Tex, "Caccia all'uomo" (n° 183) fu realizzata in coppia con un altro quasi esordiente nell’ambito della serie, il disegnatore Fernando Fusco. L’illustratore, nato a Ventimiglia nel 1929, disegnava fumetti fin dal 1948, lo stesso anno della nascita di Tex. Collaboratore del "Vittorioso", nel 1957 si era trasferito a Parigi dove aveva lavorato per decine di testate, personaggi ed editori diversi, fino al suo ritorno in Italia nel 1970. Qui, si era messo in luce realizzando, su testi di Luigi Grecchi, due serie di grande successo pubblicate su "L’Intrepido" e "Il Monello": Lone Wolf e I Due dell’Apocalisse.
Ma già nel 1974, Sergio Bonelli lo coopta per Tex. Racconta lo stesso disegnatore: “Incontro Sergio Bonelli al mio rientro in Italia da Parigi. In un lasso di tempo di tre anni ho modo di frequentarlo, consolidando la nostra amicizia, dopodiché inizio la collaborazione con la sa casa editrice. Avevo una certa titubanza nell’affrontare la realizzazione di Tex (che Sergio mi aveva già proposto nei nostri primi incontri) dovuta al fatto che non avevo mai, fino ad allora, ripreso un personaggio già creato da altri. Avevo sempre disegnato personaggi miei. Mi preoccupava anche la lunghezza delle storie, dato che ero abituato a disegnare episodi molto corti e storie autoconclusive. Questo mi ha fatto faticare un po’ in principio. Per il resto, il genere western lo disegnavo già da diverso tempo: nel western, un disegnatore trova un po’ tutto quello che ama disegnare: l’avventura, la varietà dei paesaggi, gli animali e infine gli uomini, con le loro passioni, gli ideali e gli inevitabili conflitti” (dal volume "Tex, tra la leggenda e il mito").
Insomma, la Casa editrice già a metà degli anni Settanta sentiva il bisogno di ampliare il parco autori e cercare nuove leve, sia fra i disegnatori che fra gli sceneggiatori, e voleva farlo scegliendo nomi in grado di produrre tavole di qualità. Fusco fu senz’altro un acquisto azzeccato, sia per la sua capacità scenografica di dominare gli spazi, sia per la sua interpretazione dei personaggi, personalissima eppure sempre aderente alle esigenze del racconto e della tradizione, basata soprattutto a una resa grafica estremamente dinamica dei loro movimenti.