Un lettore, di cui non conosco il nome ma che ringrazio per il garbo con il quale mi si è rivolto, mi ha posto due domande al termine di un incontro con il pubblico, tenuto da me e da Alessandro Piccinelli, svoltosi venerdì 28 febbraio 2025 a Sesto San Giovanni, nei pressi di Milano. L’incontro, organizzato per il Comune di Sesto dal bravo Sergio Tulipano, è stato coronato da un grande successo di pubblico, con molte domande da parte degli intervenuti. Tuttavia, il lettore che ha avanzato le sue due per ultimo lo ha fatto parlando soltanto con me, a conferenza già finita, e mentre ero impegnato nel firmare, con Piccinelli, le copie di una stampa data in omaggio agli intervenuti (riproducente un disegno dello stesso Alessandro, che vedete qua sopra). Mi pare pertanto utile riferire qui le mie risposte, a vantaggio di avesse gli stessi dubbi e perplessità o, più in generale, fosse interessato all’argomento.
Proverò a riassumere con parole mie il senso delle domande, almeno per come le ho capite, assicurando la mia completa buona fede nel riferirle. La prima questione riguarda la storia “Una ragazza in pericolo” (Zagor n° 685 e n° 686, del 2022), di cui ci siamo occupati con due articoli pubblicati su questo blog - e che potete leggere o rileggere cliccando qui e cliccando qua. Una storia che ha suscitato molte reazioni, e che, a giudicare dai commenti raccolti, ha emozionato parecchi lettori.
Secondo il lettore, un aspetto di quel racconto rappresenterebbe uno dei punti più bassi della mia attività di sceneggiatore. Egli sarebbe stato infastidito dalla velocità con cui Zagor passa dal rifiutare la relazione d’amore dopo la dichiarazione di Jenny, al sembrare straziato dalla sua morte come il più coinvolto degli innamorati. “Ma se la conosceva appena!”, dice il lettore, ritenendo che per innamorarsi così sarebbe stata necessaria una frequentazione ben più assidua.
Ora, l’obiezione è alquanto bizzarra per tutta una serie di motivi. Il primo, che riferisco quasi per scherzo (ma in fondo scherzo non è), è che esiste il colpo di fulmine, spunto per infiniti romanzi, racconti, poesie, film, canzoni e aneddoti raccontati fra amici. Persino Sandokan si innamora della Perla di Labuan al primo sguardo, addirittura avendone soltanto sentito parlare (lascia Mompracem pur di andarla a vedere dopo che Yanez gliel’ha descritta). Il secondo motivo è che se io chiedessi allo stesso lettore perplesso qual è la storia d’amore riguardante Zagor rimasta nella memoria e nel cuore di tutti gli zagoriani, inevitabilmente (credo) mi risponderebbe: quella con Frida Lang. Ecco, vorrei sapere in che modo si potrebbe definire “assidua” la frequentazione fra lo Spirito con la Scure e la nobildonna austriaca.
Ma arriviamo al terzo motivo, quello più importante.Prima di arrivare a “Una ragazza in pericolo” mi sono impegnato, come sceneggiatore e come curatore, a costruire tutto un percorso di avvicinamento alla dichiarazione d’amore di Jenny prima di baciare Zagor e prima che questi gli dica di no. Percorso iniziato nel 2020 con l’albo “La figlia del mutante”, in cui scopriamo che Jenny è innamorata del nostro eroe. Poi, in varie altre avventure l’innamoramento si è fatto sempre più palese, al punto che lo stesso Spirito con la Scure si è sorpreso a riflettere sui suoi sentimenti verso la ragazza. Quindi la storia d’amore era in sospeso da due anni, al punto che alcuni lettori scrivevano sollecitando che si arrivasse al dunque.
Sottolineo poi che rifiutando la relazione con Jenny, Zagor non dice di non amare la ragazza ma di non potersi impegnare con lei, per una scelta fatta da anni: lui ha una missione da compiere, da cui non può essere distratto e che metterebbe in pericolo una compagna o un figlio. Zagor fa capire benissimo che Jenny non gli è indifferente, ma ritiene di non poter venire meno al suo voto, chiamiamolo così. Mi accorgo che “fa capire benissimo” forse non è l’espressione più giusta da usare, visto che il lettore sembra non averlo capito, quindi aggiungo: “almeno nelle mie intenzioni”. C’è da dire, o da ripetere, che peraltro non sono stato io a stabilire che Zagor debba restare single, ma Guido Nolitta. Lo ha fatto in tante dichiarazioni, ma basterebbe andare a rileggersi il discorso con cui il nostro eroe scarica Frida Lang scappando addirittura dalla finestra.
Zagor "scarica" Frida Lang |
Ma c’è dell’altro, e mi pare l’argomentazione conclusiva. Zagor non conosce Jenny ne “La figlia del mutante”, cioè in un albo de 2020 (quello in cui, come ho detto, scopriamo i sentimenti della fanciulla). La conosce da un albo del 1993 intitolato “Ladro di ombre”, sceneggiato da Mauro Boselli e illustrato da Mauro Laurenti, a cui si deve l’inserimento nel microcosmo zagoriano delle tre (in origine quattro) ragazze di Pleasant Point, appunto Jenny, Ellie May e Sara. Ragazze che si sono viste e riviste in numerose avventure e che comunque sembrano essere grandi amiche dello Spirito con la Scure. Quindi la frequentazione assidua c’è stata eccome! Peccato sia sfuggita al nostro lettore, evidentemente per somma incapacità mia e di Boselli, nel corso di trent’anni di storie, di renderla palese. Zagor ha avuto tutto il tempo per cogliere le differenze caratteriali delle tre ragazze, e di apprezzarne una più delle altre. Non dimentichiamo poi quanto raccontato retrospettivamente in un’altra avventura, “Il passato di Jenny”, in cui si mostra il primo incontro fra il Re di Darkwood e la fanciulla con le lentiggini, la più “acqua e sapone” e la meno appariscente delle tre bellezze del trading post, ma appunto per questo in grado di far breccia nel cuore del nostro eroe.
Veniamo alla seconda domanda. Perché, si chiede il lettore di Sesto San Giovanni, su Zagor devono confluire disegnatori che “non c’entrano niente”? Illustratori cioè provenienti da Nathan Never, Martin Mystère o Dylan Dog, bravi magari alle prese con astronavi o scenari metropolitani, ma non altrettanto a loro agio con la foresta, i pellerossa, i trappers e tutti gli elementi dell’iconografia ferriana? Il lettore giudica negativamente “I racconti di Darkwood”, in cui spesso vengono ospitati disegnatori di altri staff, ma contesta anche il passaggio di alcuni di essi sulla serie regolare. Sembra, al nostro interlocutore, che tutti vogliano disegnare Zagor, e accettando tutti si perderebbe l’impronta tradizionale che caratterizza graficamente il personaggio.
Premetto che ho già risposto con dovizia di argomenti a questo tipo di contestazione in un articolo intitolato “Non assomiglia”, che potete recuperare cliccando qua accanto.
Premetto che ho già risposto con dovizia di argomenti a questo tipo di contestazione in un articolo intitolato “Non assomiglia”, che potete recuperare cliccando qua accanto.
Tuttavia, resto perplesso perché la varietà di interpretazioni dovrebbe essere un elemento di merito e non di demerito, un segno peraltro del fascino e dell’attrattiva di un personaggio. Tex è stato raffigurato, nel corso dei decenni, da artisti molto diversi da Galep, che lo creò graficamente, e il ranger di Erio Nicolò è molto diverso da quello di Giovanni Ticci, così come Claudio Villa lo interpreta assai differentemente da Fabio Civitelli. Lo stesso potrebbe dirsi di Dylan Dog. In generale i lettori di questi personaggi sono incuriositi e affascinati nel vederli raffigurati secondo diverse sensibilità artistiche, e di certo se in tanti autori sono interessati a dare il loro contributo a una leggenda, di leggenda evidentemente si tratta. Alcuni lettori di Zagor, invece, sembrano disturbati da ogni minimo scarto dal modello ferriano. Ricordo che una volta, Ferri ancora vivo, un tale telefonò in redazione dicendomi, con fare imbestialito: “Ma insomma, basta con tutti questi disegnatori! Voglio che Zagor lo faccia soltanto Gallieno Ferri”. Al che io risposi: “Sarebbe bello, ma Ferri, con tutta la buona volontà, può realizzare soltanto duecento tavole l’anno, e noi ne mandiamo in edicola duemila. Chi disegna le altre milleottocento?”. “Ah! Mi scusi, non lo sapevo.” Click.
Purtroppo Gallieno non c’è più dal 2016 e inevitabilmente ci sono altri a portare avanti la serie di Zagor, ciascuno dando il proprio contributo. Né più né meno come accade su Topolino, dove c’è del bello nel saper riconoscere e apprezzare il tratto di Romano Scarpa da quello di Giorgio Cavazzano, o da quello di Corrado Mastantuono. Ma, oserei dire, né più né meno di quanto accade con James Bond, dato che Sean Connery a un certo punto ha dovuto venire sostituito e si sono potute apprezzare le diverse interpretazioni di 007 di attori (secondo me tutti bravissimi) come Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan e Daniel Craig. C’è poi da dire che ci sono opinioni molto diverse riguardo al fatto che i disegnatori di Zagor debbano o non debbano attenersi rigidamente all’ortodossia ferriana, e perciò se il lettore di Sesto San Giovanni la pensa in un modo, io ricevo continuamente inviti a osare di più. Rispondo a entrambi allo stesso modo: si procede con prudenza e buon senso, innovando nel rispetto della tradizione. Che è il modo migliore per scontentare tutti, ma anche la cosa più giusta da fare.