domenica 5 luglio 2020

GLI OCCHI DEL DESTINO



Alla fine di maggio di questo 2020 è giunta in edicola una nuova miniserie intitolata  “Zagor Darkwood Novels”, messa in cantiere dopo il grande successo de “Le origini”. Anche in questo caso si tratte di sei albi, proposti, però, in bianco e nero.  Su ogni numero vengono proposte sessanta tavole a fumetti, tutte con un prologo e un epilogo ambientati alcuni decenni dopo l’epoca zagoriana. A Philadelphia, nel 1860, un giornalista intenzionato a scrivere un libro sullo Spirito con la Scure, Roger Hodgson, intervista un misterioso personaggio che ha conosciuto Patrick Wilding, eroe di cui si sono perse le tracce. Di albo in albo si scopriranno nuovi indizi sull’identità di questa figura, finché nel sesto e ultimo episodio si svelerà chi è. I racconti sono tutti molto drammatici, e scavano, con un taglio moderno e un ritmo vivace, nella parte più intima della personalità dell’eroe. Il primo numero, è disegnato da uno strepitoso Giovanni Freghieri. Negli albi successivi vedremo all’opera altri cinque artisti del pennello, tra cui anche un’autentica guest-star come Franco Saudelli. Ma saranno una gioia per gli occhi e per il cuore anche le tavole di (in ordine alfabetico) Lola Airaghi, Max Bertolini, Anna Lazzarini e Massimo Pesce. Confermato alle copertine, il mirabolante Michele Rubini. Non mancate, dunque, all’appuntamento! 

Dicevamo del successo de “Le origini”, andato oltre ogni rosea previsione: dell’intera miniserie si stanno approntando le edizioni cartonate: da pochi giorni è in distribuzione, in libreria e sullo shop on line della Bonelli, il terzo volume intitolato “Il demone cannibale” (disegni di Giuseppe Candita), e non ci vorrà molto perché la collana venga completata. L’iniziativa editoriale ha dimostrato che il pubblico degli zagoriani è pronto ad accogliere anche prodotti innovativi (per formato e linguaggio narrativo), e che questo tipo di proposte trova il consenso anche fra chi, magari per motivi generazionali, non si è mai accostato prima allo Spirito con la Scure. 



Però, per non ricalcare troppo da vicino le caratteristiche de “Le Origini”, ma volendo sperimentare qualcosa di diverso, “Zagor Darkwood Novels” si propone in un bianco e nero teso a valorizzare il tratto dei sei grandi disegnatori chiamati a illustrare i vari numeri, e nel formato che ha portato fortuna alla testata “Tex Willer”, quella in cui vengono raccontate le avventure di Aquila della Notte da giovane (quando ancora non aveva un nome indiano). La grafica della copertina e delle rubriche interne non a caso ricorda le pubblicazioni note come dime novels, quelle che ispirarono a Sergio Bonelli uno dei nomi della sua Casa editrice, Daim Press. 



Perché “Darkwood Novels”?  Il principale riferimento è ai dime novels,  espressione che significa “romanzi da dieci centesimi”. Furono un fenomeno editoriale diffuso negli Stati Uniti a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, che però trova le sue radici in una analoga e precedente produzione inglese, quella dei penny dreadful, cioè “orrore da uno spicciolo”. Si trattò di un tipo di narrativa che, a partire dagli anni Trenta del diciannovesimo secolo, proponeva storie a puntate, con periodicità perlopiù settimanale, al costo di un penny per fascicolo. La definizione comprende una grande varietà di pubblicazioni, specializzate in romanzi avventurosi, a volte molto truculenti, sempre comunque scritti in tono sensazionalistico, puntando a sorprendere, inorridire, commuovere o comunque turbare il pubblico, composto soprattutto da acquirenti delle classi povere. Gli agili opuscoli potevano essere venduti a buon mercato anche perché venivano stampati su carta molto scadente, ricavata dalla cosiddetta “polpa” di cellulosa, la stessa da cui deriva il termine pulp. La risposta americana ai penny dreadful furono appunto i dime novel. Le caratteristiche erano molto simili, ma le tematiche furono adattate ai gusti dei lettori del Nuovo Mondo. In particolare, si inaugurò un filone di storie avventurose e drammatiche ambientate nelle terre di frontiera, e in particolare fra i pellerossa. Quello che viene considerato il primo esempio di dime novel, datato 1860, si intitolò “Malaeska: la moglie indiana del cacciatore bianco”. Si tendeva a rivolgersi a lettori giovani e facilmente impressionabili e si narrava l’eterna lotta del bene contro il male, condita con truci elementi orrorifici. Questi racconti finirono presto per essere seriali, cioè per proporre sempre nuove avventure di uno stesso eroe, come Buffalo Bill o Davy Crockett. Ovviamente la produzione non riguardò soltanto tematiche western, ma anche quelle poliziesche, e molti titoli riguardavano ambientazioni da bassifondi urbani. 



“Novel”, in inglese, non significa “novella”, ma “romanzo”. Tuttavia, i dieci centesimi della parola “dime” rimandano alla brevità del racconto, dato che per essere venduta a quel prezzo, la pubblicazione non poteva certo contare troppe pagine. Le storie di Zagor che verranno proposte nella nostra miniserie sono di sessanta pagine: non troppo lunghe, ma nemmeno troppo corte. Potremmo dire che si tratta di “romanzi brevi”, un’altra definizione da bibliofili. Del resto, il nostro titolo rimanda anche ai graphic novels, per usare la definizione sdoganata da Will Eisner nel 1978 con  "A contract with God", un volume che aveva in copertina la dicitura “romanzo a fumetti”. Con Eisner, che non fu il primo ma fu il più importante, e con il successo di autori come Art Spiegelman (un nome fra i anti che meriterebbero di venire citati), alcuni fumetti hanno a essere concepiti e proposti come veri e propri libri, scollegati dall’appartenenza a una serie, liberi da vincoli grafici e narrativi. Dato che gli autori di fumetti italiani non hanno niente da invidiare a quelli del resto del mondo, e anzi costituiscono una delle scuole più folte e talentuose, in Italia già nel 1968 usciva “Una ballata del mare salato” di Hugo Pratt, vero e proprio graphic novel ante litteram anche se inizialmente pubblicata a puntate su rivista. Nel 1969 lo scrittore Dino Buzzati, peraltro apprezzato anche come pittore, riproponeva in un suo libro il mito di Orfeo ed Euridice attraverso un adattamento fantastico in chiave moderna intitolato "Poema a Fumetti", vero e proprio romanzo realizzato non in prosa ma secondo il codice fumettistico. Da noi, si discute se graphic novel sia maschile o femminile. In inglese, “novel” è parola neutra. Perciò, se si intende come “romanzo”, ne parleremo al maschile. C’è però chi si lascia sedurre dall’assonanza che “novella” e ne parla al femminile. 

Di sicuro, le storie della nostra miniserie si rivolgono anche a un pubblico di donne, e “Gli occhi del destino”, il primo albo proposto, lo dimostra. Viene proposto un forte personaggio chiamato Kendra, protagonista della vicenda al pari di Zagor. Il fatto di trovarci al di fuori della serie regolare ci ha permesso qualche libertà in più riguardo il nudo e l’atteggiamento dello Spirito con la Scure verso l’altro sesso. Niente di trascendente, figuriamoci: nulla in più di quanto già facessero Berardi & Milazzo con Ken Parker. Il minimo indispensabile volendo rivolgerci a un pubblico più ampio di quello della vecchia guardia. Peraltro, anche Boselli con il giovane Tex Willer sta tentando la stessa operazione. Nel secondo episodio l’unico personaggio di sesso femminile sarà una cavalla, per cui rientreremo subito nei ranghi (ma ci saranno altre trasgressioni – delicate, ma ci saranno). Spero non sia sfuggita a nessuno la citazione da "Pericolo Biondo" nella scena iniziale con la ragazza che fa il bagno (a testimonianza di come anche ai tempi di Nolitta ci fosse qualche trasgressione). E’ comunque cominciata la caccia al Personaggio Misterioso che racconta a Roger Hodgson le avventure delle “Novels”: saranno parecchi gli indizi disseminati qua e là nei primi cinque episodi. Vedremo, nel sesto, chi avrà indovinato.

Qui la recensione di Marco Corbetta sul suo  blog "Zagor e altro":
http://zagorealtro.blogspot.com/2020/05/zagor-darkwood-novels-n-1-gli-occhi-del.html