domenica 6 novembre 2011

I TAMBURI DI DARKWOOD

E' da poco uscito lo Zagor Zenith n°607, "Alligator Bayou". Anche se non ve li segnalo tutti, ogni albo dello Spirito con la Scure mi riguarda da vicino, compresi quelli in cui, come in questo caso, non figuro come sceneggiatore. Infatti, quando un nuovo numero giunge in edicola è sempre il compimento di un lungo lavoro da me svolto su ogni vignetta, al fianco del soggettista e del disegnatore, in qualità di editor e di curatore di testata.
Ma il titolo di questo mese è particolare: segna un punto di svolta per la serie e per me. Per la prima volta da quando è stata inaugurato uno spazio dedicato al dialogo con i lettori sul retro del frontespizio, e cioè dal numero 263 del giugno 1987 (guarda caso, proprio il mese del mio primo incontro con quello che da allora l’ha sempre firmato) in calce a pagina non compare il nome di Sergio Bonelli.

La rubrica "Postaaa!" è stata sostituita da "I tamburi di Darkwood". Nuova intestazione, nuova grafica, nuovo estensore. Il sottoscritto, chiamato da Mauro Marcheselli a tentare di sostituire Sergio, cosa chiaramente impossibile, e a firmare ogni mese un editoriale. E' stato difficilissimo scrivere il primo. Credo che, leggendolo, di capisca. Sono abituato a non spaventarmi davanti a nessun foglio bianco, ma riempire quello spazio mi è costato molto, in termini di tempo, di frasi cancellate e riscritte, di investimento emotivo, di timore della reazione d chi avrebbe letto. Il pubblico degli zagoriani è, giustamente, molto legato a Bonelli, che è stato (nei panni di Guido Nolitta) l’amatissimo creatore del personaggio, oltre che suo editore. Si è trattato, insomma, di una doppia perdita. E io mi ritengo nel novero degli inconsolabili. Per cui, sapevo che non ci sarebbero state parole “giuste” per la circostanza: qualunque cosa avessi scritto avrebbe potuto suonare inadeguata o di circostanza. In una riunione redazionale ci siamo trovati d’accordo nel cambiare il titolo alla rubrica: nessuno avrebbe potuto continuare la precedente come se nulla fosse. Facendolo, a qualcuno sarebbe sembrato che ritenessimo Sergio “sostituibile”, quasi bastasse cambiare la firma in calce a un editoriale. Non è così. Da qui, la decisione della discontinuità.

Ho sottoposto una decina di titoli possibili, tra cui il mio preferito “Pleasant Point”, ed altri come “Darkwood Monitor” o “Trading Post”, ed è stato scelto, come avevo anticipato, “I tamburi di Darkwood”. Subito dopo, ho chiesto a Roberto Piere, il nostro grafico che più spesso degli altri si occupa di Zagor essendone anche un talentuoso disegnatore, di realizzare un bozzetto con il tam tam tradizionalmente posto a fianco della capanna nella palude (lo si vede anche nel classico frontespizio di Ferri, in apertura di ogni albo).

Ovviamente qualcuno, sui forum, ha subito trovato da contestare il disegno, rimpiangendo il Drunky Duck ferriano. Si sa che non si può accontentare tutti. La critica più singolare che ho letto riguarda la grandezza delle mazze con cui si suona il tam tam, ritenuta eccessiva nel disegno di Piere. Fa piacere scoprire che ci siano in giro così tanti ferrati percussionisti, esperti di wooden drums al punto da poter fornire giudizi a colpo sicuro, però quelle mazze sono state riprese pari pari da vignette comparse in passato nelle tavole della serie (mai contestate in precedenza) e prima di approvare il disegno io e il grafico abbiamo anche discusso proprio sulle dimensioni dei percussori, per capire se quel che si era già visto poteva andar bene oppure no.

Ora, il nostro punto di vista è stato che più una mazza è grossa, più percuotendo una cassa di risonanza fa rumore. Dovendo il tam tam di Zagor risuonare il più possibile, è logico pensare a delle mazze abbastanza grosse. Non riesco a figurarmi, del resto, il muscolosissimo Zagor che percuote un tam tam con delle bacchette da batteria. Anche graficamente, un randello grosso fa più figura di uno stecco. E che dire del “martello” con cui si suona il gong? Colpire una campana con un cucchiaino, farà meno chiasso che farlo con un batacchio delle giuste dimensioni. In ogni caso, chi può contestare allo Spirito con la Scure il diritto di costruirsi delle mazze grosse come gli pare? E se avessimo messo delle mazze più piccole, dunque contraddicendo disegni precedenti già apparsi sulla serie, non ci sarebbero stati dei contestatori pronti a rinfacciarci il tradimento della tradizione? In ogni caso, verificherò se sia possibile modificare il disegno de "I tamburi di Darkwood" per non scontentare nessuno e dare a ciascuno la mazza che desidera.

Mi metto a discutere su tutto ciò unicamente per far capire come sia difficile fare delle scelte cercando di prevenire le critiche dei lettori, magari su particolari imprevedibili. Nel primo pezzo della nuova rubrica, doverosamente dedicato al ricordo di Sergio e obbligatoriamente teso anche a riprendere un discorso lasciato in sospeso nella “Postaaa!” dell’albo precedente (quello delle medaglie dedicate a Zagor dall’Antica Zecca di Lucca), ho accennato anche al fatto che le caratteristiche de “I tamburi di Darkwood” si sarebbero viste e scoperte nelle puntate a venire.

Mi è stato chiesto di anticipare quali sarebbero state. E’ evidente che certe cose subiscono un’evoluzione molte volte non programmata dagli stessi curatori, per cui è probabile che gli editoriali finiranno per prendere delle pieghe impreviste e imprevedibili. Tuttavia, ho cercato di immaginare quale direzione avrei dovuto imboccare per dare all’ appuntamento mensile aspetti e contenuti che mi somigliassero ma al tempo stesso non rinnegassero la tradizione pluridecennale precedente, non deludessero troppo gli attenti lettori e fossero utili alla causa zagoriana intesa come soddisfazione del pubblico sulle nuove storie ma anche come mantenimento e se possibile miglioramento dei risultati di vendita (quest’ultimo, un risultato decisamente difficile da raggiungere ma è più probabile riuscirci provandoci che affidandosi soltanto alla buona sorte).

Innanzitutto, ho chiesto se fosse possibile aprire un indirizzo di posta elettronica dove gli zagoriani potessero scrivermi direttamente in redazione. Questo perché di lettere su carta ne arrivano sempre di meno (dato che sempre di meno se ne scrivono in generale da quando esistono le email) e volevo facilitare il compito a chi desiderasse fare domande o avanzare richieste. Tuttavia, mi è stato detto che era meglio di no, in rispetto di una tradizione che a molti poteva sembrare bruscamente interrotta proprio quando servono, invece, dei segnali di continuità. Una innovazione del genere, poi, avrebbe dovuto coinvolgere tutte le testate e l’intero sito della Casa editrice, dove invece da molto tempo viene spiegato il perché l’indirizzo di posta elettronica non è previsto, e tutto ciò avrebbe comportato una riorganizzazione interna difficile da gestire in un momento di passaggio come quello che stiamo vivendo. Dunque, per ora, niente indirizzo “ufficiale” o aziendale. Però, come avete visto, ho inserito la possibilità di scrivermi in privato con un indirizzo reso pubblico su questo blog, e ho inaugurato uno spazio su Facebook da cui potrò attingere spunti di discussione. Uno dei miei propositi è appunto quello di “captare” le domande che sono nell’aria e circolano in rete per cercare di trattare proprio quegli argomenti, quando siano di interesse collettivo. Ovviamente, non saranno citati nomi i nickname se non giungono lettere scritte su carta, ma almeno le questioni sollevate nel web potranno essere riprese senza riferimenti a singoli, solo come problematiche generali degne di nota.

Inoltre, dedicherò una certa attenzione ai contenuti delle storie che mese per mese andremo a pubblicare: come già accade negli editoriali di altre testate, approfondiremo i temi trattati dimostrando così dietro ogni fumetto ci siano documentazione e rimandi storici, geografici, antropologici, culturali. Spiegherò anche come sono nate le idee di certi racconti, o quali fossero le intenzioni o i punti di partenza degli autori, approfittandone per rafforzare ancora di più lo spirito di squadra che anima sceneggiatori e disegnatori zagoriani e tentando di far “tifare” ancora di più i lettori per chi è in campo e chi si sta scaldando in panchina. Un lettore soddisfatto e motivato parla con gli amici e il suo entusiasmo è contagioso.

Cercherò ogni volta il punto della situazione: da dove veniamo, dove siamo, dove andiamo: vorrei riuscire a “preparare” gli eventi, come quello del secondo Zagorone o il ritorno dalla trasferta sudamericana, in modo da creare attesa attraverso la giusta dose di anticipazioni. Per finire, darò notizia di saggi, albi, riviste, iniziative, mostre, gadget, incontri che riguardano l’eroe di Darkwood. Non utilizzerò la rubrica, invece, per parlare di film o recensire libri che esulino dal contesto zagoriano: per quello ci sono, per fortuna, molti altri spazi. Quello de “I tamburi di Darkwood” è limitato e mi pare che la carne al fuoco sia tanta. Fatemi sapere che cosa ne pensate: anche ciò che commenterete qui di seguito sarà tenuto in considerazione per le prossime puntate.