mercoledì 2 novembre 2011

SOLLUCCHERO

Le Lucche mi mandano in sollucchero. Resta da capire se, etimologicamente, “sollucchero” deriva appunto dal divertimento che dà partecipare alle varie edizioni di Lucca Comics, oppure c’è un’altra e più improbabile spiegazione. Fatto sta che sono ormai trent’anni che non salto un appuntamento e ancora non mi è venuto a noia. A dire il vero, a volte mi sorprendo a pensare come sarebbe bello tornare a godermi la kermesse con la spensieratezza di un tempo, quando, poco più che ventenne, ero felice di girare fra gli stand del Palazzetto dello Sport (là dove una volta era confinata la manifestazione) da perfetto sconosciuto, meravigliandomi di ogni cosa e con centomila lire in tasca, messe da parte durante l’estate, pronte per essere spese. Adesso che faccio parte dell'organizzazione, sia pure in veste di collaboratore occasionale ed esterno, e dovunque vada vengo fermato da qualcuno che mi saluta, mi chiama, mi invita, mi omaggia, mi chiede, e ho degli orari da rispettare per riuscire ad arrivare in tempo là dove la mia presenza è stata richiesta e annunciata, il sapore delle mie Lucche è diverso. Ma sempre speciale, più di quello di ogni altra manifestazione fumettistica.

La prima cosa che balza all’evidenza è l’impossibilità di seguire tutti gli eventi. E’ semplicemente non fattibile presenziare a ogni incontro, partecipare al calendario completo delle conferenze, non perdere nessuna novità, vedere tutti gli ospiti. L’unica cosa da fare è selezionare ciò che più ci interessa e poi tentare di portare a casa il maggior bottino possibile. E' difficile, perciò, anche fare una cronaca lucida e completa degli avvenimenti. In mancanza di un preciso filo conduttore, qui di seguito procederò in ordine sparso, buttando giù una sorta di glossario alfabetico e commentando alcune foto (scatti miei o rubati ad altri), come fossero frammenti di memoria.

Colori e Sapori. Lucca non è soltanto comics e games. Quando succede di trovarsi a mangiare in una osteria tipica in cui si cucinano piatti come la zuppa alla frantoiana o i tortelli con il sugo di coniglio e servono il rosso locale, e capita di poter suggerire qualche piatto agli amici facendo da padrone di casa in qualità residente nei paraggi, beh… mi rendo conto che nel sollucchero lucchese c’è da mettere in conto anche la qualità della cucina. Lo stesso si può dire anche del paesaggio offerto dalle splendide mura i cui alberi sono colorati dall’autunno, e dallo spettacolo delle torri e dei tetti che si gode camminando sulla cinta. Non mi meraviglio che uno degli ospiti di quest’anno, l’attore James Phelps, che ha impersonato uno dei due gemelli Weasly nei film di Harry Potter, abbia scritto sulla sua pagina Twitter “Oggi sono a Lucca in Italia, ho fatto un magnifico tour in questa città. Dovete vederla se siete in Toscana''.

Cosplay. Mi sono trovato a viaggiare in treno avendo davanti a me una giovane cosplayer vestita con un delizioso costume da non-so-che-cosa, che prevedeva un accessorio di peluche a forma di animaletto non-so-bene-quale. Vedendo che avevo appeso al collo un pass con la scritta “autore”, la ragazza mi ha chiesto chi fossi. Naturalmente lei non aveva la minima idea che esistesse un personaggio chiamato Zagor. Mi pare anzi di non aver colto alcun guizzo di illuminazione nei suoi occhi neppure quando, per spiegarmi meglio, le ho detto che lavoravo per la stessa Casa editrice che pubblica Dylan Dog. Ho approfittato della circostanza per fare alla fanciulla la prima domanda che mi viene sempre in mente quando mi interrogo riguardo al fenomeno cosplay: ma quelli che si travestono, lo fanno perché leggono i fumetti o perché guardano i cartoni animati? Cioè, mi spiego: se vedo una ragazza con il costume di Lamù (l’unico personaggio giapponese che riesco a riconoscere a colpo sicuro), quella lì ha letto il manga della Takahashi (come ho fatto io) o ha soltanto guardato la serie televisiva? C’è, in altre parole, un collegamento fra i cosplayer e i comics o c’è soltanto fra i cosplayer e la TV? La mia interlocutrice ha risposto che lei personalmente sceglie i suoi costumi sulla base dei cartoni animati che ha visto, ma ha sentito dire che c’è anche chi legge i manga. Non so se abbia mai sentito dire che c’è anche chi legge dei fumetti non fatti i Giappone. Non ho approfondito l’argomento, nonostante che la seconda domanda che mi viene in mente pensando ai cosplayer sia appunto perché il novantanove per cento di essi si travesta da personaggi nipponici, pur essendoci una straordinaria e ormai centenaria produzione fumettistica italiana. Al che viene appunto da chiedersi come mai chi legge manga non legga anche qualcos’altro. E’ come se la lettura di prodotti giapponesi fosse totalizzante e impedisse di godere di qualsiasi altra estetica fumettistica. Il che dispiace proprio. Per loro, intendo: per chi, cioè, rimane vittima di questo imprinting. E' come se ci fosse qualcuno che, per una strana malattia, agogni di vedere soltanto film prodotti in Paraguay e non voglia dunque saper niente di Alfred Hitchcock o di Federico Fellini. O come chi, innamorato perso del taleggio, non pensi nemmeno lontanamente ad assaggiare qualche volta il caciocavallo o il gorgonzola.

Non vorrei essere frainteso: penso dei cosplayer tutto il bene possibile. Ho ascoltato volentieri la ragazza conosciuta in treno raccontarmi di come nei giorni lucchesi avesse cambiato più costumi e partecipato a più gruppi, e girando per la città mi è piaciuto vedere le centinaia di travestimenti e interpretazioni, colorate, festanti, fantasiose. Una gioia contagiosa per gli occhi e per il cuore. Cerco soltanto di trovare delle risposte alle domande (forse sciocche) che mi vengono in mente. Poi, se non so riconoscere i costumi cosplay è unicamente colpa mia. La cosplayer del treno mi è parsa avere una straordinaria somiglianza con una attrice americana che ha come nome d’arte Gauge. Confesso, non senza imbarazzo, di aver visto di sfuggita qualche film con costei, interprete estremamente talentuosa nel suo genere (non fatemi spiegare quale). Però, evidentemente, non mi è mai capitato di vedere un cartone animato con un personaggio che avessero il costume della fanciulla seduta davanti a me.

Essendo un lettore onnivoro e di solito più che disposto a seguire i consigli altrui, un paio di Lucche fa mi capitò di dar retta al mio amico Riccardo Secchi e di investire trenta euro nell’acquisto dei tre volumi di “Ayako”, di Osamu Tezuka, edito dalla Hazard. La cosa andò così: nelle sale di Palazzo Ducale, nel 2009, era stata allestita una bella mostra sui personaggi di Max Bunker (ospite della manifestazione), e si trattava di quella che chiudeva il percorso espositivo. Ad aprirlo, c’era invece una mostra sulle Clamp, un gruppo di autrici giapponesi. Non avevo potuto fare a meno di notare che i mangafan entravano nel Palazzo per vedere le tavole delle Clamp e poi ignoravano tutto il resto, benché collocato sotto lo stesso tetto. Così, dissi a Riccardo che meglio sarebbe stato mettere le altre mostre prima e quella delle Clamp in fondo, in modo da obbligare i lettori nippofili a passare almeno davanti alle tavole di Magnus o di Marini (due degli altri autori esposti), nella speranza che qualcuno di loro si accorgesse che c’erano. Secchi junior mi ha redarguito rimproverandomi una mia malcelata ostilità verso il pubblico dei manga e mi ha consigliato di vincere le diffidenze leggendo almeno i caposaldi della produzione nipponica. Avrei potuto cominciare, mi disse, proprio da “Ayako”. Detto fatto, lo presi in parola ed acquistai il capolavoro consigliatomi. Lo lessi nei giorni seguenti, nonostante il carattere microscopico delle vignette e del lettering e l’assurdità di doverlo sfogliare alla rovescia (un giorno, forse, scriverò le ragioni per cui, unico al mondo, non condivido questa scelta). “Ayako”, in realtà, non è il solo manga che conosco. Al contrario, ne ho letti diversi: addirittura ho cominciato con Golgo 13 su “Eureka” (guarda caso diretta da Secchi senior), e poi Akira, Crying Freeman, Black Jack, Lamù, 2001 Nights, Gon e chissà che altro (fra cui un bel po’ di hentai, che secondo me sono il più importante contributo giapponese alla cultura mondiale). Letture limitate, certo, ma insomma non proprio segno di totale chiusura mentale. Fatto sta che di fronte alla cosplayer incontrata in treno, ho cercato appunto di millantare credito citando “Ayako”. Mi immaginavo di vederla andare in brodo di giuggiole. Macchè. Mai sentito rammentare. “E’ un manga di Osamu Tezuka”, spiego convinta di spingerla a cadere in ginocchio in adorazione del Maestro. Nulla da fare. Mai sentito rammentare neppure Tezuka. Con Gon peggio che andare di notte, Crying Freeman sembrava fosse arabo. Al che mi sono arreso. Evidentemente neppure le cosplayer sono ferratissime sui classici manga.

Da Guido Nolitta all’Avventura. Alle 14 di domanica 30 ottobre, nella sala di Palazzo Ducale, è cominciato l’incontro in ricordo di Sergio Bonelli, intitolato “Da Guido Nolitta all’Avventura”. Si è trattato del momento più bello e più commovente di tutta Lucca Comics 2011, almeno per quanto mi riguarda. La sala era piena, anche nei posti in piedi. Dietro al tavolo, oltre al sottoscritto, Pierluigi Gaspa che coordinava gli interventi e un gruppo di relatori davvero importanti: Mauro Boselli, Alfredo Castelli, Fabio Civitelli, Gallieno Ferri, Claudio Nizzi, Giovanni Ticci e l’outsider Giulio Giorello, filosofo della scienza docente all’Università di Torino, grande conoscitore del fumetto bonelliano. L’onore e l’onere di introdurre il dibattito è toccato a me, in quanto autore del saggio “Guido Nolitta: Sergio Bonelli sono io”. Con l’ausilio delle tante foto contenute nel corredo iconografico del volume, che ho potuto proiettare su uno schermo, ho tracciato un ricordo dello sceneggiatore, dell’editore e dell’uomo recentemente scomparsi. Dopo di me, tutti gli altri hanno fatto lo stesso, dal loro punto di vista. La rievocazione più toccante è stata quella di Ticci, quella più ficcante dal punto di vista filosofico e culturale è giunta da Giorello, oratore di rara sintesi ed efficacia. Ho visto qualcuno arricciare un po’ il naso in un punto dell’intervento di Nizzi, che a taluni è sembrato stonato, come se lo sceneggiatore avesse volito togliersi un sassolino dalla scarpa. Non so. Secondo me, Nizzi è stato frainteso: lo sceneggiatore ha voluto spiegare che negli ultimi tempi c’erano state delle incomprensioni fra lui e Sergio, e si è dispiaciuto di non aver potuto arrivare a un chiarimento. Era convinto che prima o poi si sarebbero rivisti per fumare il kalumet della pace, ma l’improvvisa scomparsa di Sergio non ha reso possibile la riconciliazione.

Festa del cinquantennale. I 50 anni dello Spirito con la Scure sono stati festeggiati anche a Lucca. Subito dopo l’incontro in ricordo di Nolitta, è cominciato quello per celebrare il traguardo dei dieci lustri del suo personaggio di maggior successo, appunto Zagor. La gran parte del pubblico dell’appuntamento precedente si è trattenuto e la sala è rimasta piena, nonostante le quasi due ore già trascorse. Avevo preparato decine e decine di immagini e di foto da proiettare, convinto che un’ora e mezzo di attenzione fosse difficile da catturare ma poi, al contrario, il tempo è volato e non ho potuto mostrare che un terzo del materiale a disposizione. Anzi, c’è stato da correre nelle presentazioni delle pubblicazioni del cinquantennale: il volume ANAFI, il romanzo di Zagor, l’albetto Anubi Voodoo, le due "cartoline da Darkwood" della Cartoon Club (che vedete qua sopra).
Abbiamo cominciato dando la parola a Luca Raffaelli, di Repubblica, a cui è stato ufficialmente chiesto se dopo la Collezione Storica di Tex sarebbe cominciata quella di Zagor (risposta: “non si sa”), ma subito dopo il piatto forte è stata la proiezione di un trailer (allestito da Domenico Di Vitto) con alcune tra le scene più divertenti dei film turchi di Zagor interpretati da Levent Cakir, compresa la clamorosa comparsa di un nudo femminile che ha strappato un applauso a scena aperta. Erano presenti Paolo Bisi, Mauro Boselli, Marcello Mangiantini, Jacopo Rauch, Massimo Pesce, Gianni Sedioli, Marco Torricelli, Marco Verni. Ma, ovviamente, il pubblico ha tributato una standing ovation a Gallieno Ferri, a cui gli organizzatori Riccardo Moni e Giorgio Giusfredi hanno fatto dono di una cornice con una speciale edizione in oro della medaglia realizzata dall’Antica Zecca di Lucca. Una analoga cornice, destinata originariamente a Sergio, è stata affidata a Mauro Marcheselli per essere portata in redazione e consegnata a Davide Bonelli. Tra le anticipazioni fatte: il ritorno di Takeda, di cui si occuperanno Rauch e Pesce, autori anche della bella (davvero) storia che sarà contenuta nell’Almanacco dell’Avventura in uscita nel settembre 2012; il secondo zagorone affidato a Marco Verni; l’inizio della trasferta sudamericana con la proiezione di alcune tavole in anteprima; la nuova storia con Meyer e Kruger disegnata da Sedioli. Alle 17 siamo stati cacciati dalla sala perché doveva cominciare la conferenza successiva, ma il pubblico si è stretto attorno a noi autori per altre strette di mano, altri autografi, altre foto insieme, altre chiacchiere. In moltissimi si sono detti affezionati lettori di questo blog. Tutti mi hanno incoraggiato data la grande responsabilità che grava sulle mie spalle, ora che Sergio non c’è più per pararmele. Grazie, di cuore, a ogni singolo.

Firme. Nello stand bonelliano, dove era stata allestita una commovente mostra di omaggi grafici alla memoria di Sergio Bonelli, come al solito si sono succeduti gli autori a firmare i loro disegni. Continuo ad avere l’impressione che da quando le copie sono fatte su un cartoncino con il timbro a secco che le garantisce come originali, le illustrazioni siano diventate più belle, come se i disegnatori si fossero sentiti responsabilizzati. So che esiste un vero e proprio collezionismo dei “disegni da stand” e alcuni di coloro che li raccolgono possono ormai vantare di averne quasi un migliaio. Non credo che ci sia qualcuno che abbia la raccolta completa, e forse neppure negli archivi Bonelli ci sono tutti. Sarebbe interessante approfondire l’argomento e magari lo faremo. Per questa Lucca ho pensato di invitare due autori di Zagor fra i meno presenzialisti, di quelli che si sono visti meno in giro per le ferie, perché il loro carattere schivo li ha spesso portati a rifiutare precedenti inviti. Così, dato che il 2011 è stato l’anno del primo Zagorone, ho convinto a partecipare il bravissimo Marco Torricelli (qui accanto nella foto); e visto che la storia più apprezzata degli ultimi mesi è stata “La progenie del male”, ecco portato alla ribalta il talentuoso Massimo Pesce (nella foto più in basso lo vedete, in secondo piano, in compagnia di Marcello Mangiantini).

Sono stato al loro fianco durante gli orari delle loro firme, e ho potuto ascoltare quel che il pubblico diceva loro: i complimenti al loro lavoro sono stati unanimi e sinceri. Soprattutto Torricelli ha ricevuto lodi sperticate per “Il castello nel cielo”, che in parecchi si sono portati dietro per farselo firmare. Ma a parte i due messi sotto i riflettori, devo ringraziare tutti gli altri che si sono prestati di loro iniziativa (senza rimborso alcuno, dunque) a partecipare agli incontri e alle firme nello stand della Zecca, così come a disegnare per tutti i lettori che glielo chiedessero. Come al solito, la squadra degli zagoriani si è distinta per compattezza e motivazione.


Games. Ormai il binomio Comics & Games, a Lucca, pare inscindibile. Però, per come percepisco io la realtà, si tratta di due universi paralleli che non riescono a compenetrarsi. Accompagnando alla fiera i miei figli e gli amici dei miei figli, e parlandoci durante il viaggio, mi rendo conto di come ci sia gente che si piazza la mattina nel tendone dei games, posto fuori della mura, e ne esca la sera senza essere mai entrata in città, pronta a tornare a provare le consolle e i supermario il giorno dopo, privi della benché minima curiosità verso gli eventi del settore comics. A giudicare dai discorsi che ho sentito, persino i giochi di ruolo o da tavolo, quelli cioè a cui mi piacerebbe giocare se qualcuno mi iniziasse alla pratica, vengono snobbati. Valgono soltanto le manopole per far picchiare dei trogloditi su uno schermo. Ecco un altro esempio di passione totalizzante. Per quel che posso vedere dal mio (limitatissimo) punto di osservazione, i giocatori di playstation, in linea di massima o almeno nel loro stadio antropologico più basso (poi di sicuro ci sono delle lodevoli eccezioni) giocano alla playstation, punto e basta. Di tutto il resto, non gliene può fregare di meno. Sarebbe interessante capire quanti fra quelli che hanno frequentato il tendone dei videogames hanno anche visto le mostre a Palazzo Ducale. Mi piacerebbe anche sapere qual è la percentuale di cosplayer fra i visitatori delle esposizioni. Intendiamoci: ognuno ha il diritto di divertirsi con quel che gli pare e non ho niente, ma proprio niente, contro chi ha passato cinque giorni in mezzo ai monitor e non ha ritenuto di mescolarsi con noi ammuffiti amanti della carta stampata. Lucca Comics & Games, del resto, offre giustamente un menu di offerte ricchissimo tra cui scegliere ciò che ci aggrada. Però, in generale, mi pare che la curiosità di assaggiare più cose e non limitarsi sempre e soltanto alla solita pizza margherita sia cosa buona e giusta e pertanto da incoraggiare. Personalmente, cerco sempre di sbirciare lo schermo su cui i miei figli giocano ad “Assassin's Creed”, mi sforzo di leggere qualche manga, collezioni fumetti francesi e americani accanto a quelli italiani, e così via. Poi, essendo un essere umano limitato dalle umane debolezze, non posso seguire tutto e di tutto appassionarmi allo stesso modo. Così, dopo che tutti gli anni ho fatto almeno un giro nel tendone dei games, questa volta non ci ho messo piede come mia personale polemica contro chi dei giocatori non ha ricambiato il favore passando davanti allo stand Bonelli. A scanso di equivoci: in realtà non sto facendo polemiche ma soltanto dell'ironia, e non ce l'ho con chi gioca alla playstation ma con chi ne è monomaniaco. Immagino che anche i giocatori di videogames più accaniti, ma più intelligenti, non possano difendere le monomanie, dovunque esse si manifestino. Poi, liberi tutti (me compreso) di essere maniaci di qualcosa: ma sono sempre migliori le esperienze stereo, di quelle mono.

Interviste. A Lucca Comics & Games sono stato intervistato da due troupe televisive. La prima, della RAI regionale (la mia intervista è andata in onda sul TGR di domenica sera): ho risposto a domande sulla figura di Sergio Bonelli. La seconda, di non so quale emittente: però doveva essere per un programma che si occupa di telefonia high tech. La bella giornalista mi ha chiesto quale telefonino usa Zagor. Non so se avesse ben chiare le caratteristiche del personaggio. Comunque ho risposto che lo Spirito con la Scure usa un apparecchio vecchia maniera, di quelli antiquati e ingombranti. Il tam tam.

Medaglie o monete?
Abbiamo sempre definito “monete”, quelle che l’Antica Zecca di Lucca ha voluto dedicare ai cinquanta anni di Zagor. Invece, il termine giusto è “medaglie”. Fatto sta che la Zecca ha allestito uno stand tutto allo Spirito con la Scure nel padiglione centrale di Piazza Napoleone, al cui tavolo si sono alternati un po’ tutti i disegnatori presenti, per firmare delle stampe inedite o comunque diverse da quelle distribuite allo stand Bonelli (sono stati distribuiti disegni di Laurenti, Sedioli, Verni, Mangiantini, Pesce e Torricelli). Nella foto qui accanto vedete uno degli esemplari bronzati con la borsetta insieme alla quale venivano venduti e al certificato che ne garantisce la qualità e la provenienza.
Le medaglie sono state un vero trionfo. L’edizione limitata in 500 esemplari argentati è stata esaurita, ma anche quelli bronzati sono andati via a centinaia. Alle copie vendute in fiera aggiunte tutte quelle prenotate via Internet. Graziano Marchetti, il “magister monetae” della Zecca e autore della medaglia (da lui scolpita e realizzata) si è detto felicemente incredulo del successo. Sembra che la mattina successiva alla pubblicazione su questo blog, su Af News e sul sito Bonelli dell'indirizzo emaildell'Antica Zecca, scaricando la posta siano piovute giù centinaia di richieste, a cui ne sono seguite altre nei giorni successivi. Una gran bella cosa, a testimonianza della vitalità del fandom zagoriano e dell'interesse suscitato dalle tante, tantissime iniziative organizzate per il cinquantennale. Iniziative che non sono ancora finite, del resto. Pare che una prova di conio verrà messa all’asta per beneficenza in un prossimo futuro. Appena accadrà, ovviamente vi informerò. Marchetti è il simpatico artista nella foto qui accanto. Ci saranno, credo, altre occasioni per parlare di lui.

Mostre. Sono riuscito a vedere soltanto le mostre nel Palazzo Ducale e in San Romano. So che ce n’erano altre a Villa Bottini e al Museo del Fumetto, ma mi sono sfuggite per mancanza di tempo. In San Romano, una delle esposizioni mi riguardava da vicino. Infatti, leggendo sul “Program Book” della manifestazione, si può scoprire che erano in mostra le tavole originali del libro “Dal Risorgimento alla Resistenza: storie di Toscani che fecero l’Italia”. E, nella spiegazione, c’è scritto: “In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Lucca Comics & Games ha prodotto un volume, su incarico della Regione Toscana, dedicato alle vicende che hanno condotto allo Stato unitario, viste dal punto di vista della nostra regione. Dieci storie, ognuna ambientata in una delle dieci provincie toscane. Dieci team di giovani autori toscani,o da tempo residenti in Toscana, assemblati in collaborazione con la Scuola Internazionale di Comics. Più di cento anni di storia, dal 1835 al 1944. Tutor d’eccezione, lo sceneggiatore zagoriano Moreno Burattini”. In effetti, è dal marzo scorso che lavoro nel guidare le talentuose nuove promesse, dopo aver messo a punto il progetto e aver scelto i personaggi (uno per ogni provincia toscana) di cui occuparci. Il volume che raccoglierà queste storie sarà distribuito dalla Regione Toscana agli studenti delle scuole superiori. Una delle storie, quella della provincia di Pistoia, è stata scritta da me e disegnata da Riccardo Pieruccini. Chi ha visto la mostra in San Romano, sa già che cosa racconta. Per gli altri, dedicherò un articolo su questo blog nelle prossime settimane.

Di fronte ai pannelli di questa mostra, ce n’era un’altra dedicata al concorso per illustratori dedicato a Emilio Salgari, la cui opera era al centro dell’attenzione fin dal bellissimo manifesto di Don Maitz con Sandokan a cavallo di una tigre per i vicoli lucchesi. Vedere così tanti bei disegni dedicati al “Capitano” mi ha fatto sciogliere il cuore. Alcuni erano davvero straordinari. Ugualmente bella la mostra salgariana in Palazzo Ducale, quella a cui ho dedicato più attenzione di tutte fra le sei raccolte (felicemente) nello stesso luogo. In esposizione anche due tavole e due copertine di Zagor, tratte da due albi dello Spirito con la Scure chiaramente ispirati a Salgari, “La dea nera” e “Thugs!”. Quest’ultimo, sono orgoglioso di dirlo, sceneggiato da me. A seguire, ho apprezzato molto anche le altre esposizioni dedicate all’opera di Manuele Fior, Davide Reviati, Jiro Taniguchi, David Lloyd, Juanjo Guarnido e Juan Diaz Canales. Alcuni di costoro, se non tutti, erano anche ospiti, così come, secondo il “Program Book” lo erano Silver, Jeff Smith e Miguel Angel Martin, tre autori che avrei voluto incontrare. Niente da fare. Non ci sono riuscito. Non ne ho visti neanche uno.

My name is Tex. Alle 12 di domenica 30 ottobre è iniziato il tour de force del mio giorno più lungo. Insieme a Stefano Munarini, Alex Bertani e Michele Masiero abbiamo presentato il CD di Graziano Romani “My name is Tex”, edito da Panini e da oggi in tutte le edicole e le fumetterie del Bel Paese (ma il disco dsarà distribuito anche all’estero). Graziano Romani non c’era, assente giustificato perché stava per diventare papà e il pargolo era lì per lì per venire al mondo proprio durante i giorni lucchesi. L’incontro è stato affollato da un pubblico caloroso che ha tributato un lungo applauso a Graziano quando è intervenuto telefonicamente. Sono stati fatti ascoltare alcuni brani, sia originali che traditional, e sono state proiettate foto e immagini sul maxi schermo. Dato che mi sono trovato a gestire io il microfono, ho chiamato a parlare anche Mauro Boselli, autore di un interessante articolo sulla musica del West pubblicato sul libro allegato al CD. Poi è stata la volta di Giovanni Ticci, che ha firmato la bella copertina doppia del disco: nel suo intervento si è dimostrato entusiasta delle canzoni arrivando a dire che ascoltandole gli sembra che Tex sia vivo, sia vero. Sono intervenuti anche Gallieno Ferri, Claudio Nizzi e Fabio Civitelli. L’unica lamentela da parte del pubblico si è avuta perché alla fine della conferenza non è stato possibile acquistare il blister lì in quella sala (se ne sarebbero potute vendere alcune decine) ma bisognasse recarsi allo stand Panini.

Nippofilia. Mi chiedo perché nel Program Book di Lucca Comics & Games ci siano due pagine tutte dedicate al Giappone ma non due pagine tutte dedicate all’Italia, due alla Francia, due agli Stati Uniti e così via. Ed è mai possibile che Lucca abbia organizzato lezioni di lingua giapponese, incontri informativi per andare a vivere e studiare in Giappone e addirittura un corso per lanciare la “stella ninja”, lo shuriken? Tutte cose interessanti, ma allora dove sono i corsi di inglese o francese, i master di wrestling o le informazioni per trovare casa a Parigi o New York? Insomma: perché tutto quello che è nipponico deve sempre essere messo sul podio e i nippofan devono sentirsi i padroni del mondo e vivere in un loro universo scollegato da tutto il resto? Quella giapponese è senza dubbio una delle più importanti scuole fumettistiche del mondo, ma non l'unica. Perché chi legge manga per forza amare senza limiti e senza riserve la way of life del Sol Levante, desiderare di vivere a Tokio, voler imparare il giapponese e agognare di vestirsi da collegiale? E soprattutto, perché a Lucca si devono assecondare questi desideri extrafumettistici? Liberi tutti di organizzarsi un viaggio alle falde del Fusijama, ma che c'entra con i fumetti? Ottima cosa imparare il giapponese (come qualsiasi altra lingua), ma ognuno lo farà per proprio conto, mica a durante una fiera denominata comics & games. Spesso, chi legge fumetti USA è critico verso la cultura statunitense, chi ama il fumetto franco-belga non è che sogna di vivere a Bruxelles, chi segue quello italiano lo fa per evadere dall'Italia. Di nuovo si tratta di non essere monomaniaci, di evitare le passioni totalizzanti. Scendete dal pero, o dal ciliegio, amici cari, e facciamo in modo di scambiarci letture ed esperienze senza sentirci qualcuno in serie A e qualcuno in serie Z, che tanto poi arrivano quelli dei videogames che considerano minus quam merdam pure voi.

Visitatori. Tanti, tantissimi, forse troppi. In certi momenti è stato praticamente impossibile persino muoversi tra un padiglione e l’altro. Una cosa, comunque, meravigliosa. Lucca Comics & Games 2011 ha registrato 155.000 presenze in cinque giorni. E' ormai il terzo festival più importante al mondo dopo il salone di Tokyo e Angouleme, superando San Diego. Il bel sole che ha baciato tutti e cinque giorni della manifestazione ha poi contribuito a far raggiungere presenze da record, in barba alle Sovrintendenze e agli altri potentati pubblici che hanno cercato irragionevolmente di mettere i bastoni fra le ruote: purtroppo noi italiani siamo maestri nell’arte di remare contro le poche cose che funzionano. Fra i tanti che hanno cercato di rovinare la festa (senza riuscirci, per fortuna) ci sono i vigili urbani. Magari non l’hanno fatto di loro iniziativa ma perché comandati, fatto sta che ho letto sul giornale di un incredibile numero di multe elevate a danno dei visitatori della kermesse. Ora, se c’è una manifestazione che richiama in città quasi centocinquantamila ospiti, che riempie alberghi e ristoranti in tutta la provincia, che fa parlare i giornali e le TV, c’è proprio bisogno di mettersi a controllare se tutti i parcheggi sono fatti a regola d’arte e di fare i pignoli e i precisini sulle ruote fuori dalle strisce o sul ciglio del marciapiede? C’è proprio bisogno di cercare di scoraggiare i visitatori, invece che mostrarsi ospitali, sorridenti, accoglienti e anzi benedicenti verso coloro che vengono a portare, fra l’altro, anche della ricchezza in città? Vogliamo davvero fare la figura dei briganti, di quelli che rapinano il viandante di passaggio? Non si potrebbe, per cinque giorni, limitarsi a controllare che si possa arrivare, circolare e ripartire senza piccarsi di fare quelle multe che magari sarebbero giuste in circostanze normali, ma che sono ridicole e spregevoli in circostanze eccezionali? Se a Lucca ci fossero parcheggi sufficienti per tutti, giustamente andrebbe punito chi parcheggia dove gli pare. Ma non essendoci, non mi sembra giusto infierire contro chi viene a casa nostra su nostro invito, non gli facciamo trovare posto e lui, pur di stare con noi, si arrangia come può. Basterebbe un po’ di buonsenso. Ma già che il buonsenso di solito chi siede dietro le scrivanie del Pubblico Palazzo (qualunque esso sia) non ce l’ha.